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La funzionalit` a con l’esercizio dei diritti fondamentali

3.2 Il terribile diritto e un altro modo di possedere

3.2.3 La funzionalit` a con l’esercizio dei diritti fondamentali

La normativa del 2017 sui domini collettivi, cos`ı come le sentenze della Cassazione sul patrimonio naturalistico, paesaggistico e culturale inteso come bene comune99, lega-no una categoria di beni lega-non lega-nominata nella dicotomia lega-normativa tra beni pubblici e privati100 alla diretta attuazione della Carta costituzionale, citando in particolare gli articoli 2, 9, 42 (comma 2) e 43 della Costituzione.

L’articolo 2 della Costituzione, citato nell’ambito dei beni comuni, pare suggerirne l’elemento ontologico di diritto individuale in chiave collettiva. La norma costituzionale afferma infatti il principio personalista e il principio di pluralismo sociale101. Dunque, da un lato, vengono riconosciuti i diritti inviolabili della persona, dell’essere umano a prescindere dalla cittadinanza102, sulla base dell’idea che “non `e l’uomo in funzio-ne dello Stato, ma quest’ultimo in funziofunzio-ne dell’uomo103”; dall’altro, si coglie come la personalit`a del singolo si svolga nelle “formazioni sociali”. Sia nella declinazione indi-viduale che in quella collettiva, inoltre, la scelta lessicale si volge sui verbi riconoscere e garantire, ossia nella tutela di diritti umani inviolabili che si caratterizzano per la propria anteriorit`a rispetto all’ordinamento giuridico. A tale riconoscimento di diritti viene affiancata la richiesta di adempimento dei doveri inderogabili di solidariet`a politi-ca, economica e sociale, non intesa come controprestazione dei diritti, quanto piuttosto come sforzo collettivo per la loro attuazione104.

D’altra parte, nel riferimento all’articolo 9 della Costituzione si possono ritrovare le diverse declinazioni definitorie dei beni comuni: nella tutela del paesaggio pu`o ri-conoscersi il fondamento della garanzia sui beni comuni naturali, in termini ecologici e ambientali (dunque acqua, aria, flora...), mentre al patrimonio storico e artistico si ricollega il riconoscimento dei beni comuni di carattere socio-culturale, in senso arti-stico, scientifico, linguiarti-stico, storico. Per tornare all’esempio delle valli da pesca della laguna di Venezia, il diritto aperto di fruizione risponde sia alla tutela del paesaggio e delle risorse naturali, sia al sostrato socioculturale insito nella loro gestione comune.

99Cass. civ., S.U., 14 febbraio 2011, n. 3665; Cass. civ., S.U., 16 febbraio 2011, n. 3811, su cui SUPRA. 100Dicotomia che si ritrova sia al primo comma dell’art. 42 della Costituzione, sia nel Libro terzo del Codice civile, non tanto con una categorizzazione esplicita, quanto nella struttura sistematica.

101Ex multis, Emanuele Rossi, Art. 2 in Raffaele Bifulco, Alfonso Celotto, Marco Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, Utet, 2006, 38-51.

102Si tratta infatti di diritti che “spettano ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunit`a politica ma in quanto esseri umani”, come affermato in C. Cost. 105/2001.

103Costantino Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, I, Cedam, 1975, 155.

104Si `e infatti osservato come la garanzia dei diritti inviolabili possa riconoscersi intrinsecamente proprio nel contesto di diritto socialdemocratico, si veda Emanuele Rossi, Art. 2 op. cit., 46.

Peraltro la tutela del paesaggio non pu`o intendersi in senso riduttivo, meramente estetico, dovendo comprendere in generale l’uso sostenibile delle risorse naturali, pe-raltro in rapido esaurimento durante il cosiddetto Antropocene, ossia l’era attuale in cui l’ambiente terrestre risulta condizionato dall’azione umana105.

Nel riferimento al secondo comma dell’articolo 42 e all’articolo 43 della Costituzio-ne emergono, da un lato, il concetto di funzioCostituzio-ne sociale della propriet`a e, dall’altro, la possibilit`a di sottrarre all’appropriazione privata talune categorie di imprese per proce-dere a una loro socializzazione a fini di utilit`a generale. Si tratta insomma di un presidio di democrazia economica. L’articolo 43, in particolare, avrebbe lo scopo essenziale di “eliminazione della eventualit`a che il privato, col peso della propria impresa [...] possa direttamente e profondamente influire su interi settori economici, con le conseguenze di ordine politico e sociale che a tale influenza sono connesse106”.

Queste ultime considerazioni appaiono particolarmente interessanti per la presen-te trattazione. Il dibattito sui beni comuni, come presen-testimonia anche l’unico inpresen-tervento normativo sul tema107, pare infatti spesso relegato al tema ecologico, pure essenziale rispetto alla necessaria gestione sostenibile di risorse naturali via via pi`u scarse e alla reazione, politico-economica prima che tecnica, alla crisi ambientale108. Altra parte del dibattito si concentra invece sulla conservazione del patrimonio culturale, sia circa la tutela e valorizzazione dei beni culturali anche immateriali109, sia rispetto alla fruizione collettiva e comune degli spazi urbani110. Nell’ambito del diritto, pur aperto all’analisi interdisciplinare, appare tuttavia necessario interrogarsi anche sulla possibilit`a di uti-lizzare le elaborazioni in materia di beni comuni e gli schemi organizzativi e ideologici alla base del modello cooperativo come strumenti di democrazia economica attraverso il lavoro, non pi`u inteso in termini di conflitto tra capitale e lavoro, n´e in senso organi-cista o corporativista, bens`ı nell’ottica di fruizione comune del capitale ai fini di utilit`a generale. Tali fini, peraltro, “non sono soltanto quelli connessi al funzionamento del sistema economico, ma sono tutti quelli che vanno ad incidere - direttamente o in via mediata - sugli aspetti fondamentali della vita democratica111”.

Si pu`o quindi notare come gi`a nel testo costituzionale, almeno dal punto di vi-sta teorico, sembri ridotta la supremazia dell’individualismo proprietario e mitigata la dicotomia tra pubblico e privato112. Sotto il primo profilo, la funzione sociale della

pro-105Paul J. Crutzen, Benvenuti nell’Antropocene. L’uomo ha cambiato il clima, la Terra entra in una nuova

era, Mondadori, 2005; Paul J. Crutzen, Eugene F. Stoermer, The “Anthropocene”, in IGBP Newsletter, 2000.

106Cos`ı la sentenza della Corte Costituzionale 58 del 1965. 107La citata legge 20 novembre 2017, n. 168 sui domini collettivi.

108In materia di ecologia e beni comuni, si vedano Fritjof Capra, Ugo Mattei, Ecologia del diritto, Aboca, 2017; Ugo Mattei, Alessandra Quarta, Punto di svolta, Aboca, 2018.

109M.T. Paola Caputi Jambrenghi, Note minime su beni comuni e funzione amministrativa, in

costituzionalismo.it, 1, 2017, 104 ss.

110Sheila R. Foster, Christian Iaione, The City as a Commons, in Yale Law and Policy Review, 34, 2016. 111Antonello Ciervo, I beni comuni op. cit., 156.

112Gi`a la scelta di porre sullo stesso piano la propriet`a privata e quella pubblica avrebbe anzi un “valore politico polemico”, come sostenuto in Massimo Severo Giannini, Basi costituzionali della propriet`a privata,

priet`a privata113 non si limita all’imposizione di vincoli e confini al potere del titolare di un bene, ma prospetta un paradigma partecipativo alle decisioni sull’oggetto della propriet`a quando su di esso confluisca una molteplicit`a di interessi114. D’altra parte, l’alternativa alla gestione privata su imprese strategiche (e dunque su di un bene115

avente impatto sui rapporti economici e politici) non si esaurisce nella possibilit`a di nazionalizzazione e, dunque, di amministrazione pubblica dell’ente, ma pu`o tradursi nell’affidamento dell’impresa a comunit`a di lavoratori o di utenti.

Il riferimento esplicito della normativa sui domini collettivi all’articolo 43 della Co-stituzione sembra dunque allargare la prospettiva all’indirizzo economico strategico dei beni comuni da parte della comunit`a. Difficile risulta non leggere, nella scelta lessicale del Costituente, un richiamo alla cooperativa non tanto come tipo societario, quanto come modello sociale. La comunit`a di lavoratori e utenti sembra dunque rappresentare, al pari dei beni comuni, un ordinamento giuridico primario, che pu`o tradursi in coo-perative di produzione e lavoro e in coocoo-perative di consumo attraverso gli strumenti civilistici. Pare dunque potersi interpretare il termine comunit`a nel senso del rico-noscimento sostanziale della formazione sociale cooperativa, attraverso un complesso equilibrio tra propriet`a (e impresa) privata, strategia pubblica e gestione comune.

La riscoperta dei commons, l’altro modo di possedere tanto presente nelle prassi quanto ignorato dal diritto positivo, pare quindi porsi nel solco di una riscoperta della funzionalit`a degli istituti economici alle esigenze giuridiche116, che a loro volta devono rispondere a necessit`a sociali. Si intende sul punto far riferimento al cosiddetto costitu-zionalismo dei bisogni, inteso come il riconoscimento globale di uguaglianza e dignit`a “in grado di contrapporsi alla volont`a di imporre al mondo una nuova e invincibile legge naturale, quella del mercato con la sua pretesa di incorporare e definire anche le condizioni per il riconoscimento dei diritti117”.

L’attenzione rivolta ai beni comuni, dunque, non si risolve tutta nel-la costruzione di una nuova categoria di beni. L’astrazione proprietaria si scioglie nella concretezza dei bisogni, ai quali viene data evidenza so-prattutto collegando i diritti fondamentali ai beni indispensabili per la loro soddisfazione118.

113Ex art. 42 co. 2 Cost.

114Stefano Rodot`a, Beni comuni: una strategia globale contro lo human divide, in Maria Rosaria Marella,

Oltre il pubblico e il privato op. cit., 315; nonch´e Stefano Rodot`a, Il terribile diritto op. cit., 463.

115Sulla ricostruzione dell’impresa attraverso la categoria della propriet`a si veda Rosario Nicol`o,

Rifles-sioni sul tema dell’impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Rivista del diritto commerciale, I, 1956, 186 ss.

116Contrariamente dunque alla tendenza legittimante il saccheggio su cui Ugo Mattei, Laura Nader, Il

saccheggio. Regime di legalit`a e trasformazioni globali, Bruno Mondadori, 2010, 81 ss.

117Stefano Rodot`a, Il diritto di avere diritti, Laterza, 2012, 94. 118Stefano Rodot`a, Il terribile diritto op. cit., 464.