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INVESTIMENTO IN CAPITALE UMANO E COMPETITI VITÀ DELL’IMPRESA AGRICOLA

2.2 Capitale umano e impresa agricola familiare

2.2.1 Capitale umano e conoscenza

Il rinnovato interesse della ricerca scientifica e della politica nei confron- ti del capitale umano proviene, da un lato, dall’affermazione di una visione della crescita di natura endogena (Lucas, 1988; Grossman e Helpman, 1991), in cui la disponibilità di tale risorsa assume valenza primaria e, dall’altro, dalla complessa connotazione assunta dalle dinamiche in atto nello scenario economico globale – riassumibili nelle parole d’ordine della globalizzazione, dell’ICT, del cambiamento climatico e della differenziazione demografica (Visco, 2009) – che impongono posi- zionamenti competitivi fondati anche su qualificate dotazioni di lavoro. Tale presa di coscienza induce, in prima battuta, ad affrontare le implicazioni e gli ambiti di

8 Il volume riproduce i risultati di un Programma di Ricerca di Rilevanza Nazionale, finanziato dal MIUR, sul tema del capitale umano in agricoltura. In questa nota si fa riferimento alle attività svolte in Sardegna, sotto la responsabilità scientifica dell’Autore, da Graziella Benedetto, Roberto Furesi, Lorenzo Idda, Fabio A. Madau, Elia Orrù e Maria Paola Sini.

indagine della cosiddetta “economia della conoscenza”.

Entrando nello specifico, un primo aspetto di assoluta importanza consiste nella natura della conoscenza, nel momento in cui la si assimila ad un bene pub- blico, seppure impuro (Pilati, 2006), la cui disponibilità in capo ad una comunità potrebbe perciò non risultare ottimale. Ai fini dei ragionamenti che seguiranno, oc- corre fin da ora tener ben presente la distinzione che separa la conoscenza espli- cita, codificabile e trasmissibile a distanza, da quella tacita, il cui valore specifico è circoscritto ad un ambito prettamente contestuale. Allo stesso modo, la risorsa co- noscenza vive una propria dinamica di formazione e distruzione in cui, da una par- te, operano le azioni individuali e collettive di apprendimento, mentre dall’altro si osservano gli effetti dell’obsolescenza e dell’efficacia del ricambio generazionale.

Soffermandoci sulla fase formativa (learning), occorre rimarcare come una significativa frazione di conoscenze individuali e collettive possa maturare attra- verso l’azione individuale o l’interazione fruttuosa tra individui con specifico rife- rimento a precisi contesti locali. Ciò implica che tali saperi potrebbero perdere si- gnificato al di fuori di tali ambiti, i quali però sono allo stesso tempo contraddistinti dalla disponibilità di un simile irriproducibile patrimonio rispetto ad altri territori. Pur nei limiti consentiti dalla necessità di non farsi intrappolare in un circoscritto paniere di competenze, che potrebbe ostacolare eventuali introduzioni di innova- zioni tecnologiche ed organizzative a supporto di un percorso di crescita (Lodde, 1999), godere di una ricchezza di saperi contestuali può rappresentare un elemen- to di differenziazione decisivo nel posizionamento competitivo di un sistema locale. Sebbene rappresenti un fenomeno che conduce alla formazione di dotazioni individuali sul piano operativo, l’investimento in capitale umano, al pari della sua conservazione e valorizzazione, assume valenza anche collettiva e sociale, allor- ché si ripensa alla sua natura di bene pubblico ed alla natura interattiva di diversi processi di apprendimento. Proprio nella qualità delle interazioni risiede uno dei presupposti fondamentali dell’efficienza dell’investimento: in altri termini, la for- mazione di capitale umano può avvalersi di favorevoli condizioni relative alla dota- zione di capitale sociale in capo ad un sistema locale. Allo stesso tempo, quest’ul- timo patrimonio si alimenta anche di adeguati apporti di saperi e competenze che favoriscono la formazione ed il perdurare di quel clima di fiducia che dovrebbe permeare l’interazione tra gli individui di una collettività che intende intraprendere un percorso di sviluppo. Si verifica, dunque, la possibilità di instaurare un circolo virtuoso tra capitale umano e capitale sociale (Benedetto, 2011), i quali – alimen- tandosi a vicenda – potrebbero supportare la crescita dei sistemi locali agevolando soluzioni cooperative attraverso l’abbattimento dei costi di transazione. È chiaro

che il clima di fiducia di cui sopra può instaurarsi solo a seguito di una provata af- fidabilità degli individui, della presenza di networks relazionali e della garanzia di istituzioni efficienti (Ostrom e Ahn, 2003; North, 1994): tutte condizioni che esigono un’adeguata qualificazione delle risorse umane coinvolte.

2.2.2 Capitale umano e agricoltura

Passando alle specifiche tematiche inerenti all’agricoltura, alcune conside- razioni di carattere generale suggerirebbero di propendere, in prima battuta, verso una minore esigenza di dotazioni di capitale umano rispetto ad altri settori. Ciò deriverebbe dalla relazione di complementarità che lega i servizi del capitale fisico con il lavoro qualificato, laddove quella con il generico sarebbe di natura preva- lentemente sostitutiva (Griliches, 1969), e dalla oggettiva difficoltà che il settore primario incontra nella concorrenza per il drenaggio di risorse finanziarie desti- nate all’arricchimento del patrimonio di impianti ed attrezzature delle imprese. In realtà, a ben pensarci, anche in campagna – di certo nella zootecnia, ma anche presso le coltivazioni – si è ormai diffuso un processo di specializzazione e divisio- ne del lavoro che esige un non trascurabile apporto di operatori qualificati. Si può a questo proposito affermare con Huffman (2001) che la non adeguata formazione degli operai e degli imprenditori agricoli rappresenta una condizione in grado di escludere determinati sistemi dalla transizione verso un’agricoltura caratterizza- ta dall’introduzione di nuove tecnologie. Le stesse molteplici attività finalizzate a creare ulteriore valore che si aggiunge a quello prodotto dal core business azien- dale, insieme alle sempre più complesse mansioni amministrative imposte dall’in- tegrazione con i mercati dei prodotti e dei fattori e da un’azione progressivamente invasiva e impegnativa della politica agraria, hanno contribuito ad aggiornare il profilo di competenze necessarie alla conduzione ed alla gestione dell’attività agri- cola. A sua volta, lo sviluppo endogeno dei territori rurali presuppone l’adozione di strategie di innovazione tecnologica e di approccio ai mercati senza per questo rinunciare alle specificità consolidate dei sistemi di produzione, tra le quali rien- trano le pratiche agricole ed il patrimonio di conoscenze in capo agli operatori (van der Ploeg, 2006). È anzi proprio la valorizzazione di tali risorse a caratterizzare il posizionamento competitivo dei sistemi territoriali.

Si profila dunque una ben precisa connotazione del capitale umano, la cui dotazione è frutto di scelte multilivello che coinvolgono a vario titolo individui, fa- miglie, aziende, istituzioni e comunità. Nell’ambito rurale assume particolare im-

portanza la dimensione familiare, di cui si darà conto in maniera più dettagliata qui di seguito.

2.2.3 Capitale umano e famiglia agricola

La famiglia del coltivatore continua a rappresentare la spina dorsale dell’a- gricoltura italiana: secondo le ultime rilevazioni censuarie risulta di provenienza domestica oltre l’80% delle giornate di lavoro prestate nelle aziende italiane (Istat, 2012). Nel calderone delle imprese agricole familiari è possibile rinvenire un’am- pia gamma di tipologie di impresa, differenziate per volume d’affari, logiche ge- stionali, relazioni funzionali interne e con i mercati. Tuttavia, possono allo stesso tempo essere rimarcati alcuni tratti distintivi che le contraddistinguono rispetto ad altre forme di conduzione:

- l’obiettivo classico del massimo profitto è affiancato per dignità e rilievo da quelli inerenti la ricerca di un assetto stabile delle condizioni finanziarie e strutturali dell’azienda e della famiglia (Gasson et al., 1988);

- le relazioni fiduciarie interne, insieme alla più fluida circolazione delle in- formazioni, possono consentire significative economie sul piano dei costi di transazione;

- la natura mutualistica che permea l’essenza stessa dell’istituto familiare potrebbe consentire all’azienda il ricorso a fonti di finanziamento interne al nucleo che potrebbero rivelarsi decisive per la sopravvivenza o lo sviluppo dell’unità produttiva; occorre però precisare, a questo proposito, che la suc- citata esigenza di stabilità e tutela del patrimonio familiare potrebbe indurre l’imprenditore ad adottare strategie d’investimento conservative piuttosto che promuovere innovazioni percepite come eccessivamente incerte; - l’accesso per via ereditaria al patrimonio aziendale, ed in particolare alla

risorsa terra, consente a nuove generazioni di agricoltori di superare il più alto gradino che ne ostacolerebbe l’ingresso nel settore.

Ai fini della nostra discussione è bene sottolineare come gli aspetti appena elencati convergano tutti nell’affermare una maggiore rilevanza, per le imprese fa- miliari, ricoperta dalle decisioni di lungo periodo, dal momento che queste spesso si intrecciano con le scelte di sviluppo della comunità domestica. Tra queste ulti- me appare di particolare rilevanza quella relativa al ricambio generazionale nella conduzione e nell’attività agricola e, in quest’ambito, dell’investimento in capitale umano in seno alla famiglia. A questo proposito, si tenga innanzitutto presente che

tale scelta viene maturata spesso non in maniera puntuale nel tempo, ma a segui- to di un lungo ed articolato processo che coinvolge le sfere individuali, interessan- done aspirazioni e propensioni, così come l’ambito collettivo familiare, nel quale potrebbero trovare occasione di manifestarsi posizioni di autorità e potere diffe- renziate che interagiscono con dialettiche non sempre lineari, ma talvolta aspre. A condizionare lo sviluppo e l’esito di un simile processo concorrono le specifiche condizioni della famiglia, ovvero la sua struttura e la fase del ciclo di vita che at- traversa, insieme al contesto economico e istituzionale nel quale l’impresa opera. Appare ormai accertato dalla ricerca empirica che se, da un lato, la scelta del nuovo conduttore avviene prevalentemente all’interno del nucleo allorquando le condizioni di redditività dell’azienda sono più favorevoli (Simeone, 2006), dall’al- tro la presenza di giovani in famiglia preluderebbe all’orientamento verso colture più remunerative (Simeone e Spigola, 2004) e, soprattutto, alla migrazione dalle aree rurali. Questo caso è particolarmente significativo per il tema qui trattato, in quanto tale fenomeno interessa prevalentemente i membri della famiglia che hanno goduto dei più rilevanti sforzi di investimento in formazione e qualificazione. Si verifica insomma una sorta di brain drain, favorito da maggiori rendimenti degli investimenti in capitale umano, ed in particolare attraverso l’istruzione formale e codificata, in settori extra-agricoli. Il vantaggio delle conoscenze contestuali ha modo di prevalere in condizioni di scarsa dinamicità sul piano dell’adozione di in- novazioni tecnologiche (Russo, 2003), tipiche delle aree arretrate, anche se in alcu- ni studi ne è stata evidenziata l’importanza anche in sistemi rurali all’avanguardia, come quello piemontese (Corsi, 2009).

Risulta pertanto innegabile che il processo di investimento in capitale uma- no in agricoltura produce esiti differenziati e, talvolta, avversi in funzione delle specifiche condizioni economiche, sociali ed istituzionali dell’ambiente locale in cui opera l’impresa familiare. Da ciò derivano importanti indicazioni di carattere normativo. Innanzitutto, l’efficacia delle politiche in materia di promozione della formazione di capitale umano in agricoltura esige un’azione non circoscritta al mero aspetto formativo o di tutela e diffusione di saperi e competenze, ma deve inserirsi in una strategia di più ampio respiro volta a far sì che quelle favorevoli condizioni di contesto di cui si è appena parlato trovino opportunità di realizzarsi e protrarsi stabilmente nel tempo. In quest’ambito, per quanto rilevanti e decisive nella differenziazione dei sistemi locali nell’arena competitiva, le conoscenze con- testuali non possono sottrarre spazio ed attenzione dei decisori politici rispetto a quelle codificate, ormai imprescindibili per coloro che intendono affermarsi nelle dimensioni della multifuzionalità, sostenibilità e competitività che caratterizzano

il Modello Agricolo Europeo (European Commission, 2003).

È allo stesso tempo necessario considerare che la dotazione di conoscenze in capo ad una collettività rurale può trovare fonte e collocazione presso ambiti alternativi a quello familiare o comunque prettamente aziendale. Da questo punto di vista, l’assistenza tecnica privata e pubblica assolve già di fatto oggi una funzione operativa di promozione, diffusione e rinnovamento di conoscenze presso la collet- tività degli operatori che risulta produrre una dotazione esterna alle imprese ma interna al territorio rurale. In determinati ambiti ciò conduce a diversi gradi di di- sattivazione delle sfere decisionali in capo all’azienda, soprattutto sul piano dell’a- dozione di nuove tecniche produttive o di vere e proprie innovazioni tecnologiche. Tuttavia, ciò che conta è che attraverso queste nuove fonti di conoscenza condivisa e diffusa è possibile far fronte ai limiti della famiglia e dell’impresa agricola nella promozione degli investimenti in capitale umano. Appare altresì evidente che tale condivisione e diffusione non può prescindere da un livello minimo piuttosto alto della qualità delle interazioni sociali e delle istituzioni locali. Ritorna pertanto im- periosamente la priorità politica di un’attenzione rivolta prevalentemente ai conte- sti economici ed istituzionali nelle azioni di promozione dello sviluppo del capitale umano in agricoltura.

Le congetture teoriche e le risultanze empiriche riportate in letteratura di cui si è dato conto finora sono state sottoposte ad una verifica desk e sul campo in Sardegna. Di tali attività si riferisce qui di seguito.

2.3 Una mappatura dei modelli di gestione delle imprese