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Una mappatura dei modelli di gestione delle imprese familiari italiane

INVESTIMENTO IN CAPITALE UMANO E COMPETITI VITÀ DELL’IMPRESA AGRICOLA

2.3 Una mappatura dei modelli di gestione delle imprese familiari italiane

Preliminarmente all’indagine sul campo si è deciso di ricercare eventuali ricorrenze nella diffusione di manodopera qualificata nelle imprese agricole. Per far ciò si è proceduto ad un’analisi a tavolino dei dati censuari allo scopo di eviden- ziare, da un lato, la relazione tra il fenomeno ed alcuni rilevanti aspetti strutturali e, dall’altro, di caratterizzare i diversi ambiti territoriali sulla base degli stessi pa- rametri. Al momento di chiudere l’indagine non erano ancora stati pubblicati i dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura. Attualmente, peraltro, non si dispone dei dati aggiornati delle altre fonti impiegate. Viene pertanto qui riportato il quadro riferito all’anno 2000, che a questo punto assume un valore storico e, soprattutto, esemplificativo delle argomentazioni di cui si è finora trattato. L’unità territoriale di osservazione adottata è quella provinciale.

Un primo passo della trattazione dei dati ha riguardato l’elaborazione di una regressione logistica, il cui esito è riportato in tabella 2.1.

Tabella 2.1 – Regressione logistica

(variabile dipendente: gg. lavoro agricolo qualificato/gg. lavoro totali)

Variabili Coefficienti Err st t P

costante -3,420 0,834 -4,103 0,000*** sup proprietà/sup totale -0,459 0,500 -0,918 0,361 sup az >50 ha/ sup totale -0,576 0,344 -1,671 0,098* sup az fam/sup totale -0,932 0,471 -1,981 0,051* sup seminativi/SAU 0,401 0,186 2,156 0,034** n allevamenti/n aziende -1,004 0,278 -3,615 0,001*** n az con trattrici/n aziende 2,108 0,266 7,912 0,000*** n lavoratori < 29 anni/n lavoratori agricoli 3,384 1,511 2,239 0,028** n lavoratori maschi/n lavoratori agricoli 0,422 0,429 0,986 0,327

Devianza 11,164 Err st regr 0,346

R2 0,675 R2 corr 0,643

F (9,63) 21,455 Prob (F) 0,000

Log-verosim -31,714 Fonte: Istat (2003); ns elab

Premesso che, in questa circostanza è stato adottato un criterio estrema- mente restrittivo nei confronti della definizione di lavoratore qualificato, riservan- dola esclusivamente a coloro che dispongono di un titolo di diploma o di laurea in Scienze Agrarie, l’esercizio statistico suggerisce alcune interessanti riflessioni: - il parametro, tra quelli introdotti, che risulta più intimamente legato alla

dotazione di manodopera qualificata è la disponibilità di un parco trattrici di proprietà; ciò appare interessante specialmente nel momento in cui si connette la presenza di determinate competenze con un assetto strutturato del patrimonio aziendale;

- altrettanto rilevante appare il legame diretto con l’estensione dei semina- tivi e quello inverso con la diffusione degli allevamenti, a rappresentare un orientamento produttivo di fondo, ancorché non sistematico;

- è invece da considerarsi al tempo stesso banale e pregnante la significati- vità del coefficiente di regressione positivo connesso all’incidenza di mano- dopera giovanile, che conferma la stretta connessione, già evidenziata, tra

ricambio generazionale e investimento in formazione e istruzione;

- sembra di qualche rilievo osservare la relazione inversa dell’incidenza di lavoratori qualificati con la presenza di imprese con manodopera prevalen- temente familiare, che può essere interpretata nel senso di una tendenza a privilegiare l’integrazione con salariati di tale dotazione di competenze op- pure nel ricorso al mercato del lavoro da parte di conduttori familiari quali- ficati.

Ciò che maggiormente premeva nella lettura dei dati era però la dimensio- ne territoriale del fenomeno. Si è pertanto proceduto ad un’analisi discriminante delle 103 province italiane suddividendole a priori in 4 gruppi sulla base di due dimensioni: la prima è la collocazione in una regione del centro-nord o del sud, mentre la seconda riguarda il posizionamento al di sopra o al di sotto della media nazionale del parametro inerente la quota di superficie totale agricola appannag- gio delle imprese a manodopera esclusivamente o prevalentemente familiare. I quattro gruppi sono stati caratterizzati con tre funzioni discriminanti sulla base di diverse variabili esplicative, la figura 2.1 riassume in maniera schematica le indi- cazioni derivanti dall’analisi9.

Figura 2.1 – Mappatura delle province italiane mediante analisi discriminante

Soffermandoci sulle prime due funzioni discriminanti, che spiegano circa il 95% della varianza, occorre subito evidenziare come la massima parte della dif- ferenziazione dei modelli gestionali delle imprese agricole italiane avvenga lungo l’asse nord-sud. In particolare, se nel Mezzogiorno si verifica una maggiore inci- denza dei lavoratori agricoli sul totale degli occupati e delle colture permanenti sulla SAU, al centro-nord le imprese si caratterizzano per la proprietà delle trattri- ci, la maggiore partecipazione degli ultracinquantacinquenni, la più ampia esten- sione superficiale media, la più diffusa attività di allevamento e, non ultima, la più marcata frammentazione in più corpi fondiari. In questi contesti territoriali trovano albergo più favorevole i lavoratori diplomati o laureati.

Le province in cui si ricorre con maggiore frequenza al lavoro familiare ma- nifestano, tra i caratteri prevalenti, la più alta quota di superficie agricola utilizzata e dei seminativi in particolare, nonché il più diffuso impiego di mezzi meccanici in generale. Ma la vera dicotomia che le separa da quelle che arruolano più diffusa- mente salariati riguarda il rapporto con la risorsa fondiaria, acquisita più spesso in affitto.

Le condizioni più favorevoli e appetibili per l’attrazione di manodopera quali- ficata sembrano dunque risiedere nell’agricoltura del Centro-Nord, caratterizzata da maggiori investimenti in attrezzature, presenza di salariati e orientamento pro- duttivo verso i seminativi. L’esito di tale rappresentazione non è banale sul piano normativo, nel momento in cui, per affrontare i problemi relativi alla promozione dell’accumulazione di capitale umano nel settore agricolo, sollecita politiche che non si esauriscano al solo momento formativo e dell’istruzione istituzionale ma che abbraccino strategie di sviluppo mirate per specificità locali, e che contempli- no le più ampie dimensioni sociali, economiche ed istituzionali, imprescindibili per creare le condizioni favorevoli alla dotazione di tali risorse.