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Capitolium (Tempio di Venere ?) Fonti archeologiche:

Nel documento Indice Introduzione (pagine 136-140)

Luoghi di culto nelle città portuali delle regiones V e VI. Dossier delle fonti e storia dei siti

CUPRA MARITIMA

1. Capitolium (Tempio di Venere ?) Fonti archeologiche:

La struttura più imponente della piazza forense di Cupra Maritima è l’edificio templare che chiude il suo lato nord, purtroppo parzialmente distrutto da una casa colonica che nel XVIII secolo andò a sovrapporsi al podio a pianta rettangolare, nascondendo le fondazioni della cella del tempio (Figg. 41-42). Il podio si innalza di circa 1 m rispetto all’attuale piano di campagna, misura m 16 in larghezza e m 25,40 in lunghezza e si possono individuare con chiarezza il lato settentrionale e quello orientale, occupato dalla grande scalinata che si apre sulla piazza. Tutta la costruzione è stata realizzata in opera cementizia in origine rivestita da un paramento in opus reticulatum regolare, del quale oggi si conservano solo piccoli settori. Della gradinata è rimasta soltanto la gittata in opera cementizia e le riseghe dove verosimilmente erano alloggiati i gradini; essa ingloba nella parte inferiore, al centro, un basamento che rappresenta una residua porzione dell’altare385. Ai lati del tempio si elevano due archi in laterizio (m 2 di profondità, m 5,66 di larghezza, m 3,88 di luce), staccati di m 2,20 dai bordi del podio. I piloni di questi due archi sono per la maggior parte interrati ed emergono per m 2,45 dal piano di campagna nel caso dell’arco meridionale, e per m 3,30 nel caso di quello settentrionale. É stata utilizzata prevalentemente l’opera cementizia con inserzioni di tegole fratte e sono presenti dei riquadri realizzati con piccoli blocchi calcarei disposti nell’opera reticolata (peraltro molto irregolare) dei fianchi dell’arco meridionale e nel fianco verso valle di quello settentrionale. Quello che attualmente è visibile è il nucleo

      

383 A.É., 1993, 590 = EE, VIII, 1, n° 227.

384 A.É., 1993, 590.

interno dei due fornici che sarà stato certamente rivestito di altro materiale più nobile che potrebbe trovarsi in situ nella parte ancora interrata ai piedi dei due piloni386.

È fuori discussione che il monumento sia un edificio di carattere sacro, anche se è impossibile purtroppo identificarne la divinità dedicataria. F. Mostardi e P. Fortini propongono di riconoscere in questo edificio il tempio di Venere, ipotesi sostenuta in base alla rilevante documentazione ivi rinvenuta riferibile alla dea387, mentre più verosimilmente M. Gaggiotti e S. De Maria propongono di riconoscere nell’edificio il

Capitolium388. Risulta difficoltoso anche proporne una datazione dall’esame delle fasi edilizie. Se ne distinguono chiaramente due: alla prima si può attribuire l’erezione dell’edificio templare e del muro di terrazzamento, databili agli inizi dell’età imperiale per l’utilizzo dell’opus reticulatum, mentre vanno riferiti ad una seconda fase i due fornici in opus mixtum389. Le fasi cronologiche leggibili attraverso la storia edilizia del foro scandiscono la vita amministrativa della città romana: la prima fase corrisponde, infatti, al periodo in cui viene fondata la colonia augustea di Cupra Maritima390, mentre la seconda, databile all’incirca alla metà del II secolo d.C., va messa in relazione con gli interventi evergetici dell’imperatore Adriano in città. Per tentare di ricostruire lo schema architettonico adottato nel settore occidentale del foro di Cupra Marittima, possiamo rifarci a esempi illustri, innanzitutto il Foro di Augusto a Roma, dove ai lati del tempio di Marte Ultore verranno aggiunti in età tiberiana due archi in onore di Germanico e Druso che chiudono il lato orientale del foro, creando una quinta scenografica di grande effetto, lo stesso che probabilmente veniva a crearsi anche nel foro di Cupra Maritima, dove l’articolazione dell’area e la presenza di una parete dipinta che si innalzava al limite nord, scoperta solo di recente, permettono di immaginare la presenza di corpi architettonici laterali alla piazza. Esistono comunque sostanziali differenze tra i due complessi, innanzitutto il diverso rapporto topografico esistente tra i fornici e il tempio. Nel Foro di Augusto, infatti, gli archi sono disposti nella parte posteriore del tempio, mentre in quello di Cupra si allineano con la fronte dell’edificio sacro, accentuando il carattere unitario e regolare del complesso cuprense, mentre questo aspetto nel Foro di Augusto è compromesso dal maggior risalto che

      

386 BACCHIELLI 1993, pp. 38-39.

387 Cfr. MOSTARDI 1977, p. 121 e seg.; FORTINI 1981, p. 32.

388 Cfr. DE MARIA 1988, pp. 58-79; GAGGIOTTI 1993, p. 283.

389 Per le datazioni delle tecniche murarie cfr. LUGLI 1957, pp. 630-650; ADAM 1996, pp. 145-153.

viene dato alla massa dell’edificio templare. Uno schema introduttivo all’area forense perfettamente identico a quello di Cupra Maritima si trova poi anche nel foro di Pompei e nel foro di Cesare a Roma: in entrambi questi due casi i fornici non appartengono al progetto originario, ma ne costituiscono un’integrazione posteriore391. Un’altra struttura monumentale che potrebbe ricalcare una simile disposizione sarebbe il foro di Falerio Picenus, secondo quanto viene ricordato nell’iscrizione CIL IX, 5438 = ILS 5368, che parla di una via, la quale attraverso il foro conduce ad arcum iunctum

Capitolio392. L’adozione di uno schema architettonico non particolarmente diffuso, ma di pregnante significato politico e propagandistico, rivela un livello di romanizzazione pressoché totale. Sappiamo inoltre che il tempio doveva essere decorato da marmi e stucchi dipinti, con le antefisse fittili del tetto a forma di palmetta con testa di Gorgone al centro corredate da iscrizione propiziatoria, di cui possiamo riconoscere un esemplare in un’antefissa conservata al Museo di Ripatransone. Quest’area della Contrada Civita di Marano ha restituito anche altre importanti sculture, oggi conservate nella raccolta del Palazzo Comunale di Osimo, che lasciano supporre che il foro fosse decorato da statue onorarie di personaggi eminenti.

Sappiamo infatti da Paciaudi e da Colucci del rinvenimento, avvenuto negli anni precedenti al 1740, di un raffinato torso di statua loricata in marmo lunense privo della testa (che però era stata lavorata nello stesso blocco), del braccio destro, e di parte delle gambe, dal ginocchio in giù393 (Fig. 52).

La scultura ha dimensioni maggiori del vero e utilizza uno schema compositivo identico a quello dell’Augusto di Prima Porta394: certamente rappresenta un personaggio di spicco, che si tratti di un dio guerriero o di un imperatore, come suggerisce E. Catani395. Sia Paciaudi che Colucci vollero riconoscere in questa scultura

      

391 Cfr. BACCHIELLI 1993, pp. 40-44.

392 Cfr. DE MARIA 1998, pp. 79, 241.

393PACIAUDI 1741, p. 88; COLUCCI 1793, pp. 74-75.

394MANCINI 1922, pp. 177 e seg.

395 CATANI 1993, p. 190. La statua presenta uno schema di ponderazione noto per molti esemplari simili: la gamba destra è quella portante, ed era affiancata da un sostegno; quella sinistra è flessa e leggermente divaricata, con il piede arretrato; il braccio destro era sollevato all’altezza della spalla, mentre quello sinistro è flesso al gomito, e potrebbe aver retto uno scettro con la mano. Indossa una corazza metallica, con placca toracica lavorata a sbalzo, e decorata da una raffigurazione di due Vittorie affrontate, dalla lunga veste e dalle ali spiegate, che sollevano ed incoronano un candelabro con incensiere acceso. Dall’orlo inferiore della corazza pendono lunghe bande di cuoio frangiate sulla punta, ma sono assenti le linguette metalliche, molto diffuse in sculture di età imperiale avanzata. Sopra la corazza ed intorno al

l’imperatore Adriano, indirizzati unicamente dall’evergetismo di questo imperatore nei confronti della città picena396. La scultura è stata recentemente ripubblicata da Gentili397 che la riferisce al periodo artistico giulio-claudio sulla base del ritmo della figura che richiama quello della statua di Claudio a Velleia398. Diversamente Catani ritiene che l’attributo dell’egida di Minerva si addica piuttosto ad un membro della casa flavia di cui la dea era protettrice, e propone l’identificazione con l’imperatore Domiziano, che secondo Marziale399 amava fregiarsi di corazze con tale attributo divino. Dallo stesso sito proviene anche un’altra scultura di togato, la cui origine cuprense é sostenuta unicamente da un passo del Colucci400. La statua è di marmo bianco lunense, manca della testa e della mano sinistra, oltre che del braccio destro e della parte inferiore delle gambe. È conservata per un’altezza massima di m 1,75, e presenta una larghezza alle spalle di cm 70. Il personaggio é appoggiato sulla gamba sinistra, ed ha il braccio destro abbassato e staccato dal fianco; indossa un’ampia toga con abbondanti pieghe plastiche sulla metà destra del corpo, caratterizzata da un sinus che scende all’altezza del ginocchio e da un piccolo umbo.

Anche la parte posteriore è stata rifinita, ma per l’esecuzione di tutto il lavoro è stato fatto modesto uso del trapano401. Gentili assegna questa scultura al periodo giulio-claudio402.Secondo E.Catani la statua di tipo iconico di dimensioni appena superiori al normale poteva rappresentare un retore con il rotolo nella mano sinistra, e la cista accanto al piede sinistro.

       collo il loricato porta un’egida divina con gorgoneion, che costituisce un particolare iconografico non comunissimo nelle statue loricate. Si tratta, in realtà, di un attributo distintivo di Giove e Minerva, indicante la loro protezione. Un balteus finemente decorato é indossato a tracolla dalla spalla destra al fianco sinistro, a sostenere il fodero della spada, nascosto sotto il

paludamentum, il quale, a sua volta, è costituito da un ampio e ricco mantello che scende sui

fianchi ed è sostenuto col braccio sinistro.

396 Cfr. nota 106.

397 Cfr. GENTILI 1990, p. 165.

398 Cfr. SALETTI 1968, tav. XXI.

399 Mart., VII, 1.

400 COLUCCI 1779, p. 127.

401 CATANI 1993, p. 196.

2. Santuario della dea Cupra

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