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Culto di Apollo (?); Culto di Eros (?) Fonti archeologiche:

Nel documento Indice Introduzione (pagine 185-199)

Luoghi di culto nelle città portuali delle regiones V e VI. Dossier delle fonti e storia dei siti

CASTELLUM FIRMANORUM

2. Culto di Apollo (?); Culto di Eros (?) Fonti archeologiche:

Nel 1945 l’Alfieri compiva uno dei suoi viaggi di esplorazione nelle campagne dell’agro potentino, visitando nello specifico l’Abbazia di Santa Maria in Potenza, seppur in parte, in quanto nel complesso erano di stanza le truppe polacche. Dal resoconto di questa visita apprendiamo la notizia della presenza, dietro i pilastri del cancello di entrata, di due statuine, rappresentanti l’una un Apollo acefalo, l’altra un putto, o un Eros alato. Successivamente le statue entrarono a far parte della collezione Volpini, gli antichi proprietari dell’Abbazia, e per entrambe non si conosce il luogo esatto di rinvenimento, anche se si tratta presumibilmente dell’area urbana di

Potentia547.

La statuetta di Apollo è in marmo bianco a cristalli fini, è alta circa 70 cm, ed è acefala. È stata datata, per le caratteristiche scultoree, tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C..

La statuetta di Eros invece, realizzata nello stesso marmo, è alta 60 cm, fratturata all’altezza delle ginocchia e priva degli avambracci, e viene datata entro il I secolo a.C..

      

545 SISANI 2006, p. 341.

546 PERCOSSI SERENELLI 2001, p. 83.

NUMANA

La città di Numana è uno dei centri costieri di maggior rilievo sulla costa adriatica occidentale per il ruolo fondamentale che assunse fin dall’età protostorica come importante scalo marittimo sviluppatosi in corrispondenza di un’insenatura naturale all’estremità meridionale del promontorio del Conero, in una di quelle poche zone favorevoli all’approdo lungo la costa occidentale del medio-adriatico, oltre alla vicina

Ancona (Fig. 75)

Le poche notizie restituiteci dalle fonti antiche non danno certamente ragione della straordinaria importanza che il centro dovette assumere nell’antichità. Esse si limitano ad alcuni cenni di Plinio il Vecchio, che ne ricorda la fondazione ad opera dei Siculi (molto probabilmente come reminiscenza dotta della straordinaria fama che il centro ebbe in età preromana)548 in un territorio di fertile campagna altrimenti descritto da Silio Italico549; Pomponio Mela e Tolomeo la ricordano invece come municipio della V

regio550, mentre le fonti itinerarie la menzionano quale importante centro sia nelle comunicazioni marittime che stradali, data la sua particolare posizione geografica551. Ricordiamo inoltre che in riferimento allo stanziamento di Numana è attestato anche il toponimo “Humana”.

La frequentazione dell’area è documentata a partire dall’Età del Ferro dai rinvenimenti avvenuti nell’attuale centro storico pertinenti alla necropoli suburbana dell’area “Quagliotti-Davanzali” e di Via Leopardi-Via Matteotti: i materiali ivi rinvenuti infatti si inquadrano in un ambito cronologico di fine IX - inizi VIII secolo a.C.. Nell’area sono quindi documentate fasi insediative risalenti alla fine dell’Età del Bronzo, individuate nelle località di Ancarano, Sirolo e Massignano.

A partire dalla seconda metà del VII secolo a.C. si andò sviluppando una potente aristocrazia guerriera di cui rende testimonianza la famosa testa di guerriero con elmo in calcare bianco rinvenuta alla fine dell’Ottocento (Fig. 77). L’ubicazione molto particolare di questo sito, sulla sommità del promontorio a ridosso del porto naturale, favorì la nascita e quindi il sempre maggiore sviluppo di un emporio, per il quale la documentazione archeologica attesta un momento di notevole splendore tra la seconda

      

548 Plin., Nat. hist., III, 13, 111.

549 Sil. Ital., Pun., VIII, 433.

550 Ptol., Geogr., III, 1, 21; Mel., II, 65.

metà del VI e gli inizi del IV secolo a.C., in concomitanza con la consistente frequentazione commerciale greca, che dovette essere particolarmente intensa, come dimostra l’entità dei rinvenimenti (Figg. 78-80).

In località “Montetorto” di Osimo infatti, nell’immediato entroterra numanate, furono rinvenuti nel ‘600 i famosi “kouroi Milani”, statue in marmo di tarda età arcaica, da annoverare tra i più notevoli esempi di importazioni nel mondo antico552 (Fig. 29 ). A questa fase di massimo sviluppo del centro numanate corrisponde una scarsa disponibilità di documentazione per il centro emporico della vicina Ancona, che riflette il ruolo del tutto secondario ricoperto da essa in questo momento. Si conosce davvero assai poco dell’abitato ubicato sull’altura subito a ridosso dell’insenatura naturale, che probabilmente si apriva alle foci dei fossi della Fonte e dei Molini. L’insediamento, organizzato con ogni probabilità in gruppi distinti, come si potrebbe immaginare in base all’organizzazione delle ricchissime necropoli sia suburbane che del territorio, è stato esplorato in tre punti della moderna area urbana numanate: Piazza del Crocefisso, nei pressi dell’Antiquarium Comunale e lungo Via Flaminia, e nei pressi del Cimitero; questi saggi hanno permesso soltanto di documentare l’esistenza dell’abitato dal VI fino al IV secolo a.C..

I risultati di tali ricerche sono piuttosto scarsi a causa degli evidenti danni apportati dall’erosione del litorale all’area occupata dal centro antico. Frane e fenomeni di smottamento ed erosione marina, infatti, oltre a cancellare gran parte dell’area occupata dall’insediamento, hanno trasformato e compromesso nel corso dei secoli l’antica portuosità naturale.

Come già detto, la notevole documentazione archeologica posseduta per questo importante centro costiero adriatico è tutta pertinente alle necropoli: esse vengono localizzate in almeno quattro punti distinti attorno all’abitato, le già ricordate aree “Quagliotti-Davanzali” a nord, “I Pini” a ovest, “Contrada Molinella” a sud-ovest, e “Montalbano-zona Cimitero” a sud. Fin dal 1500 tutte le indagini archeologiche svolte sul sito hanno mirato all’individuazione della facies picena, pervenendo alla raccolta di un’amplissima quantità di materiale funerario e all’identificazione di oltre 500 deposizioni ad inumazione in fosse terragne databili dal IX al III secolo a.C., poche tombe ad incinerazione, mentre più numerose e di notevole interesse le sepolture a circolo, formate da un certo numero di deposizioni di membri di famiglie aristocratiche

      

e guerriere, poste in aree delimitate da fossati circolari (nelle quali sono stati rinvenuti ricchissimi corredi, tra cui anche due carri da guerra), e le monumentali tombe “a gradoni”, camere scavate nella roccia con gradini sui lati esterni553. Questo tipo di documentazione ha permesso di ricostruire la tipologia societaria e il livello di vita dell’abitato, soprattutto attraverso la ricostruzione degli intensissimi rapporti commerciali che questa parte della costa adriatica intrattenne con la Grecia e con l’Oriente già in epoche assai remote, testimoniati dall’abbondante presenza di ceramica attica nei corredi funerari e nelle aree di abitazione.

Da sottolineare il fatto che l’invasione gallica degli inizi del IV secolo a.C. non determinò una crisi in quest’area né una contrazione demografica, favorendo piuttosto i rapporti commerciali con un nuovo partner, in quanto i Senoni rappresentarono i nuovi acquirenti dei beni di prestigio approdati a Numana dall’oriente. Questo rapporto sfociò certamente anche in forme di convivenza più o meno organizzate, come dimostrano le tombe galliche nella necropoli di Camerano.

Saggi di scavo intrapresi dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche nell’ultimo decennio con l’intento di dare un’ubicazione alla città romana ricordata dalle fonti letterarie e ancora visibile nel Settecento, hanno potuto verificare che essa insisteva sul sito preromano e, come per quest’ultimo non è stato possibile individuare alcuna struttura, anche dell’abitato romano non è più visibile pressochè nulla, se non qualche frustulo di edificio privato individuabile nell’attuale centro storico, ed alcuni nuclei di monumenti funerari spogliati dei blocchi di rivestimento in travertino554.

Come riporta Sisani, da recenti indagini è stata identificata in località “Scolaccia”, lungo il tratto costiero del Conero, una struttura sommersa composta di una serie di vasche scavate nella roccia e collegate tra loro da canali, identificabile con una peschiera555.

Dopo il III secolo a.C. non si hanno più notizie determinanti del centro di Numana se non che nel corso del II secolo a.C. ricevette coloni nel programma di assegnazioni agrarie legato ai Gracchi556.

Come si può dedurre da queste poche informazioni non è purtroppo possibile definire il quadro istituzionale, sociale e soprattutto religioso del municipio romano.

      

553 Cfr. NASO 2000,pp. 185 e segg..

554 LUNI 2002, p. 431; LUNI 2003, p. 169; LUNI 2004;pp.28-55;

555 SISANI 2006, p. 316.

ANCONA

La città di Ancona si sviluppò sulle pendici occidentali del promontorio del Monte Conero, a ridosso di un’ampia insenatura che costituiva un approdo molto favorevole lungo la costa medio-adriatica: fu proprio la particolare posizione geografica a determinare l’origine e lo sviluppo del centro, in connessione con l’unico grande scalo marittimo della rotta occidentale per il medio-alto Adriatico.

La baia di Ancona è formata dalle colline addossate alle estremità settentrionali del promontorio del Conero, che si dividono e si dispongono ad arco, formando questa insenatura naturale compresa tra il piccolo promontorio del Colle del Guasco a nord e le colline di “Posatora” e “Montagnolo” a sud. Ancona è arroccata sul lato nord di questa rada intorno al porto, occupando le ripide pendici meridionali e gli avvallamenti di questo piccolo promontorio e del vicino Colle dell’Astagno557 (Fig 81). Le descrizioni dei geografi e degli autori antichi558 evidenziano la posizione della città e la caratteristica conformazione “a gomito” (da cui il nome Άνγκών) della costa sulla quale essa sorge.

La più antica menzione di Ancona nelle fonti letterarie è quella riportata nel Periplo dello Pseudo-Scilace: in questa raccolta di notizie di carattere geografico e nautico, il cui nucleo originario è ascritto al VI-V secolo a.C., con successive aggiunte di IV sec. a.C., viene detto infatti che “oltre i Sanniti vi è il popolo degli Umbri, nel cui territorio è la città di Ancona. Questo popolo venera Diomede, considerandosi beneficato da lui: vi è un tempio a lui dedicato. La navigazione lungo la costa dell’Umbria è di due giorni e una notte.559” Oltre ad essere particolarmente indicativa del profondo legame che unisce la città al porto e al mare, questa testimonianza ci offre preziose indicazioni sulla sua storia più antica, che ricorda l’esistenza di un insediamento protostorico abitato da genti italiche, designato con il poleonimo “Άνγκών” già in età anteriore alla fondazione della colonia greca ad opera di fuoriusciti siracusani nel IV secolo a.C. attestata da Strabone560, conservando oltretutto la memoria di remoti contatti precoloniali tra la zona del Conero e la Grecia già alla fine del II millennio a.C., con il ricordo del culto reso all’eroe greco Diomede, con ogni probabilità introdotto da mercanti che

      

557 LANDOLFI 1992, p. 19.

558 Strab, V, 241; Mela, II, 64; Plin., Nat. hist., III, 111; Procop. De bell. got., II, 13.

559 Pseudo-Scilace, 16.

frequentavano isolatamente la zona e poi diffusosi attraverso i contatti commerciali intermediterranei del periodo arcaico561.

Gli scavi archeologici compiuti nella città marchigiana e nel suo territorio negli ultimi vent’anni sembrano confermare quanto tramandato dall’antica letteratura erudita: le evidenze archeologiche, infatti, attestano che il comprensorio nel quale si sviluppò l’insediamento di Ancona è stato abitato fin dalle epoche più remote, raggiungendo in alcuni periodi della sua storia plurimillenaria momenti di grande prosperità in virtù della sua felice posizione sul mare562.

L’insediamento più antico del periodo preromano fu individuato negli anni ’80 nell’area della caserma “Villarey”, compresa tra P.zza Malatesta e Via del Cardeto, a una quota di 40 m ca. sul livello del mare. Trattasi di piccole cavità a forma di cono, differenti per forma e dimensioni, scavate nel terreno vergine su un’area di m 8 x m 12 ca, una cavità più grande di forma circolare (m 8 di diametro), buchi di palo con allineamenti e frammenti di ceramica d’impasto del tipo “a squame”. Questo insediamento è stato datato alla prima Età del Bronzo in base al rinvenimento, nel terreno di riempimento delle suddette cavità, di carboni e frammenti di intonaco con tracce di incannucciato. Un insediamento analogo riferibile alla media Età del Bronzo si evidenziò agli inizi degli anni ’90 nell’area limitrofa a quella descritta. Altre testimonianze di insediamento sono emerse poi anche sul colle dei Cappuccini, dove è attestato il periodo protovillanoviano (X-IX sec. a.C.) e quello piceno della prima Età del Ferro: negli strati inferiori sono stati rinvenuti tratti di muretti di pietre a secco, fondi di capanne, frammenti di intonaco, resti di focolare, figurine di animali fittili e strumenti ricavati da corna e ossa di cervo, mentre negli strati superiori emergono frammenti di ceramica apula e greca di V secolo a.C., il che induce a credere che l’insediamento sia stato utilizzato fino a fine VI-inizi V secolo a.C.563.

S. Sebastiani, da analisi effettuate su elementi faunistici, che attestano una progressiva riduzione delle attività venatorie a favore di quelle agricolo-pastorali, deduce che nell’Età del Ferro si accentua la sedentarietà rispetto al periodo precedente: potrebbe costituire conferma di questa ricostruzione il deposito con frammenti di vasi d’impasto piceni ed un’olla sferica con decorazione sub-geometrica daunia riferibile ad uno

      

561 LANDOLFI 1992, p. 15; SEBASTIANI 1996, p. 21.

562LANDOLFI 1992, p. 15.

stanziamento del VIII-VII secolo a.C., rinvenuto presso la cisterna romana denominata “casa del boia564”. Questi rinvenimenti confermano le ipotesi formulate in base all’analisi del contesto geo-morfologico, ovvero che le tre alture contigue dei colli “Cardeto”, “Cappuccini” e “Guasco” costituivano i perni di un sistema insediativo sviluppatosi attraverso lo sfruttamento dei punti più favorevoli, certamente collegati tra loro oltre che con le relative necropoli.

La Sebastiani propone anche la suggestiva ipotesi che l’occupazione delle tre alture possa essere stata progressiva, da E verso W, sulla base dell’esame della documentazione archeologica, che infatti ha restituito per l’insediamento alle pendici meridionali del Cardeto materiale della media Età del Bronzo, per quello sul colle dei Cappuccini materiale della fine dell’Età del Bronzo-inizi dell’Età del Ferro, e infine per quello sul colle del Guasco materiale dell’età picena con esemplari greci della fine del VI secolo a.C.. Il processo si sarebbe compiuto con la conquista dell’altura gravitante sull’approdo (che certamente rappresentava già un emporio di un certo rilievo), elemento di primaria importanza per la nascita della città565.

In pratica, l’insediamento che nel Bronzo antico e medio era ubicato sotto il Conero, tra il Colle del Cardeto e il Colle dei Cappuccini, si arrocca sul Colle dei Cappuccini nel Bronzo finale e nell’Età del Ferro, e sulle quote altimetriche più basse delle aree in precedenza abitate si impianta un sepolcreto. La nuova scelta è naturalmente dettata dalla volontà di sfruttare la protezione offerta dalle alture contro gli agenti atmosferici, certamente molto più ampia di quanto si possa dedurre da un sopralluogo allo stato attuale. Lo spostamento dell’abitato riflette certamente l’importanza crescente che il mare rivestì nell’economia dell’insediamento, probabilmente già aperto alle relazioni con le comunità della sponda orientale dell’Adriatico, come accadrà in forme sempre più stabili nella successiva Età del Ferro. Certamente da segnalare a questo proposito il ritrovamento di due frammenti di ceramica micenea in giacitura secondaria nell’area dell’insediamento del Bronzo finale sul Colle del Montagnolo, alla periferia S di Ancona che, se considerato insieme al frammento di ceramica micenea (dalla cronologia solo appena più alta) proveniente dall’abitato del Bronzo recente nella media valle del Tronto (località Treazzano di Monsampolo) potrebbe attestare la frequentazione di naviganti egei nelle fasi avanzate dell’Età del Bronzo in questo

      

564SEBASTIANI 1996, p. 18.

comparto dell’Adriatico (Fig. 158). Questi frammenti acquistano una grande importanza nel quadro delle presenze di manufatti micenei in Adriatico, concentrati per lo più alle estremità del bacino, poiché potrebbero dimostrare che lungo la dorsale italica esisteva già in questa fase una rotta di piccolo cabotaggio, che sarà documentata con certezza a partire dall’VIII secolo a.C.. Nelle necropoli dell’Età del Ferro che si riferiscono agli insediamenti suddetti (prevalentemente inumati in fosse rettangolari e prive di tumulo), è stata rinvenuta, insieme ad un’ingente numero di armi e fibule in bronzo e ferro, una grande quantità di ambra, che costituisce la prova del ruolo di prim’ordine svolto dall’emporio anconetano all’interno della fitta rete di rotte commerciali attraverso le quali, fin dall’Età del Bronzo, l’ambra dei paesi baltici giungeva fino all’Egeo meridionale attraverso l’Europa e l’Adriatico in particolare, dove il Piceno rappresentò uno dei principali centri di smistamento566.

Gli autori antichi hanno trasmesso tradizioni alquanto eterogenee sulla nascita della città, generando un’apparente confusione: lo Pseudo-Scilace la pone, come abbiamo visto, in territorio umbro; Plinio il Vecchio e Solino la danno come fondazione dei Siculi nel II millennio a.C. (!), probabilmente abitata anche dai Liburni, popolazione originaria della costa orientale dell’Adriatico567; i Grammatici infine la ricordano come fondazione dei Galli Senoni568. L’apparente contraddizione è giustificabile dalla complessa serie di vicende che interessarono la lunga genesi del centro che per la sua posizione geografica è da sempre stato aperto ad incursioni di genti e a contatti culturali e commerciali provenienti sia dall’interno della penisola che soprattutto dal mare. Questa duplice apertura ha da sempre caratterizzato il volto della città adriatica, condizionandone le vicende storiche e la vita economica e sociale.

Come possiamo dedurre dall’analisi del materiale rinvenuto negli scavi delle necropoli, l’insediamento sorto sul colle del Guasco ebbe rapporti commerciali piuttosto intensi fin da epoche remote con il popolo dauno, greco, con i Galli e con le popolazioni trans-adriatiche: secondo D. Lollini la ceramica dipinta apula e greca rinvenuta nel livello superiore piceno dell’abitato sul colle dei Cappuccini potrebbe attestare un contatto tra le popolazioni locali e l’elemento greco prima della fondazione della colonia siracusana di cui parla Strabone569.

      

566 SEBASTIANI 1996, p. 20.

567 Plin., Nat. hist., III, 13, 111-112; Sol., II, 10.

568 Gramm. suppl., 187.

Va da sé che l’interesse che in età storica Greci, Siracusani, Galli Senoni e Romani dimostrarono per il sito di Ancona va messo in relazione con l’importanza commerciale e strategica del suo porto.

All’inizio del IV secolo a.C. i Galli Senoni, l’ultima delle tribù celtiche a scendere in Italia, occuparono l’estremo lembo della pianura padana e le Marche settentrionali, facendo sentire la loro influenza anche su Ancona, come dimostrano i rinvenimenti di materiali lateniani nella necropoli del Cardeto. Quasi negli stessi anni, intorno al 380 a.C., i Siracusani, nell’ambito della politica di espansione in Adriatico attuata da Dionisio il Vecchio, presero stabile dimora ad Ancona, fondandovi una colonia. Su questo episodio tuttavia, cui la città deve l’epiteto di “dorica”, e che ebbe tanta importanza nella storia successiva di Ancona, conferendole le caratteristiche di polis greca e distinguendola dal circostante ambiente italico e romano, permangono punti oscuri, come rivela l’analisi di M. Landolfi570. Lo studioso riporta la disputa di storici e archeologi sulla possibilità che si sia trattato di una fondazione ex noxo, o, come sostiene Braccesi, di un potenziamento siracusano di uno scalo greco già esistente in questo sito571, anche se, secondo Landolfi, il vero problema consiste nell’individuare il sito preciso di questa fondazione, o rifondazione, siracusana, poiché non si possiede sufficiente documentazione archeologica relativa al primo stanziamento di IV secolo a.C.572.

A prescindere dalla localizzazione della colonia greca, di certo la presenza dei Siracusani rivitalizzò il porto della città, che, in virtù delle fiorenti attività sviluppatesi intorno ad esso, iniziò a battere moneta: le prime emissioni in bronzo, con la testa di Afrodite sul diritto e la rappresentazione del gomito con la legenda “ΆΓΚΏΝ” sul rovescio, vengono datate, seppur con qualche dubbio, agli inizi del III secolo a.C. (Fig.

105).

In realtà il problema della fondazione della colonia greca alle pendici del Guasco s’iscrive all’interno di una questione molto più ampia, quella della navigazione lungo la costa adriatica occidentale ed orientale: fin da età remota, infatti, mercanti greci iniziarono a frequentare la costa orientale dell’Adriatico per giungere in territorio veneto, onde intercettare le vie carovaniere provenienti dal centro Europa, e, attraverso

      

570LANDOLFI 1992, p. 18.

571 BRACCESI 1977, p. 220.

il delta padano, accedere ai mercati dell’Italia settentrionale e centrale. Di conseguenza anche i Focei e poi i Corinzi, i Corciresi e quindi gli Egineti e gli Attici, per giungere al delta padano praticarono navigazioni di piccolo cabotaggio lungo la costa illirica meridionale traversando in mare aperto nel tratto più breve, ovvero quello Iader-Ancona, per poi riprendere il cabotaggio lungo le coste dell’Italia settentrionale. Come fa notare giustamente la Sebastiani, la naturale conseguenza di questo tipo di

Nel documento Indice Introduzione (pagine 185-199)