Luoghi di culto nelle città portuali delle regiones V e VI. Dossier delle fonti e storia dei siti
CASTELLUM FIRMANORUM
1. Sacello (?) dei Lares Compitales Fonti epigrafiche:
ANTONELLI 1977-1978, p. 22477; A.É., 1990, 304; GASPERINI 1993, pp. 56-63
[P]ilonicus Octavi L(uci) s(ervus)/ Praenestinus hoce/
opus novom fecit/
Crepidine(m) circum cumpi(tum)/ Ţectu(m) pertex(tum) Sufren(a)/ [P]ọla stat(uit) de suo pecul(io).
474 GIORGI 2000, p. 170.
475 ALFIERI 1993, p.27.
476 PACI 1996-1997, pp. 247-248.
477 R.ANTONELLI, “Le iscrizioni dell’antica Cluana (Civitanova Marche-Montecosaro)”, tesi di laurea, Facolta di Lettere e Filosofia, Università di Macerata, a.a. 1977-1978, p. 22.
Iscrizione su un blocchetto di arenaria locale di forma grossolanamente parallelepipeda rinvenuta nel 1970 durante i lavori di restauro del cortile interno del Palazzo Ciccolini, in Largo San Francesco a Civitanova Marche, attualmente in possesso della Parrocchia di San Paolo a Civitanova Alta.
Grazie al rinvenimento di documenti d’archivio che chiariscono tutti gli spostamenti che il blocco subì nel corso degli anni, L. Gasperini è riuscito a ricostruire la sua originaria provenienza, ovvero la città di Cluana (e non il vicus Cluentensis come si credeva), e la data esatta della scoperta, ovvero i primi di Maggio del 1835: pare infatti che il blocco dal luogo di rinvenimento fu portato allo studioso locale A. Bacci che la decifrò e la interpretò come potè478, per poi inviarla a R. De Minicis, suo collaboratore, che il Mommsen non stimò affatto (doctrina non magna fuit) probabilmente anche a causa del fatto che non riuscì a dargliene notizia in tempo per la pubblicazione del CIL. L’iscrizione passò in seguito alla famiglia Ciccolini e quindi alla parrocchia di San Paolo, dove rimase dimenticata fino alla riscoperta del 1970479. Il blocco è lungo cm 37, alto cm 16,2 (a sinistra) e 15,3 (a destra), per uno spessore che va dai 9 agli 11,4 cm. L’iscrizione è composta di sei righe, la cui lettura non presenta problemi, nonostante le piccole lacune iniziali della linea 1 e della linea 5, che possono essere integrate con sicurezza anche sul confronto con gli apografi degli eruditi locali che la lessero subito dopo la scoperta e che attestano che il blocco era integro tranne che nell’angolo inferiore sinistro.
Varie sono nel testo le particolarità linguistiche e grafiche: alla linea 1 abbiamo il nome
Pilonicus senza aspirazione per la più corretta traslitterazione Philonicus;480 alla linea 2
hoce rafforzativo; alla linea 3 novom per novum; alle linee 4-6 le forme abbreviate crepidine(m) e tectu(m); inoltre le insolite abbreviazioni cumpi(tum) e pertex(tum),
accanto a stat(uit) e pecul(io), e la singolare forma cumpi(tum) per compi(tum), le quali vengono interpretate da Gasperini come spia di una particolare pronunzia locale del
478 L’unico scritto lasciato da A.BACCI “Notizie dell’antica città di Cluana, oggi Sant’Elpidio”, della seconda metà del ‘500, fu pubblicato da N.MEDAGLIA “Memorie istoriche della città di
Cluana detta oggi volgarmente Sant’Elpidio”, Macerata 1692. 479 GASPERINI 1993, pp. 58-59.
480 Come riporta Gasperini, si possono ritrovare forme omografe a Praeneste, Spoletium,
Ariminum. Il nome è ritenuto da Solin esclusivo dell’età repubblicana (Cfr. GASPERINI 1993, p. 60.)
latino481. Lo studioso sottolinea l’interesse e la chiarezza della paleografia del testo, nonostante le molte abrasioni che esso presenta a causa dei numerosi spostamenti subiti. Le lettere sono nettamente intagliate e calibrate, tranne la finale dell’ultima parola abbreviata (pequl), le cui le ultime tre lettere, più piccole delle altre e meno incise, mostrano chiaramente il tentativo del lapicida di farle rientrare seppur forzatamente nel poco spazio ancora a disposizione. L’impaginato non è perfetto, sia per quanto riguarda l’altezza delle singole lettere all’interno della medesima linea, sia per quanto riguarda l’altezza delle linee epigrafiche tra loro. Le caratteristiche paleografiche dell’iscrizione si ritrovano non tanto in esempi di provenienza marchigiana o centro-italica, quanto in altri di provenienza laziale e prenestina482. Nell’indicazione dell’appartenenza schiavile di Pilonicus, con il gentilizio anteposto al prenome, possiamo ravvisare una formula onomastica tipica della fine II-inizi I secolo a.C. mentre, per quanto riguarda il nome della donna, va sottolineato il gentilizio rarissimo dal suffisso tipicamente centro-italico, e il cognome Polla, che ricorre nella medesima forma non geminata nella formula onomastica di una delle matronae romane del lucus Pisaurensis483. Secondo Gasperini, il piccolo segno grafico dopo “fecit” potrebbe rappresentare una pausa, messa come per imporre una lettura in due distinti cola: Filonico avrebbe così eseguito ex novo un opus, ma per quanto riguarda le rifiniture specificate dell’opus stesso (crepidinem circum
compitum, e tectum pertextum), l’onere finanziario fu assunto da Sufrena Pola. Tuttavia
lo studioso ammette anche la possibilità di una diversa lettura dei due cola, ponendo l’interpunzione dopo “pertextum”; in questo caso l’iscrizione commemorerebbe che Filonico è l’artefice e il firmatario di un opus novom, consistente nel marciapiede intorno al compitum e nel completamento del tetto, e che la finanziatrice personale di questi lavori è Sufrena Pola. La differenza è notevole, in quanto se si accetta la prima lettura ne risulterebbe che l’opera di Filonico è l’insieme delle strutture del compitum, alla cui realizzazione contribuì solo in parte Sufrena Pola, mentre nella seconda interpretazione l’intervento di Filonico sarebbe stato molto più modesto, consistendo nella sola ultimazione dei lavori del compitum, per altro sovvenzionati dall’intervento finanziario di Pola. Gasperini mostra di propendere per la prima lettura, preferendo considerare l’opus novom come l’intero compitum. In questo caso, lo schiavo, che
481 GASPERINI 1993, p. 60.
482 GASPERINI 1993, p. 58-59.
potrebbe essere identificato, secondo lo studioso, con uno structor, un muratore di professione, fu fatto venire appositamente, oppure si trovava già nel Piceno al seguito del suo padrone Lucio Ottavio, il quale, a sua volta, rappresenterebbe uno dei molti
Octavii presenti ed operanti nel Piceno e nell’agro gallico in età tardo-repubblicana484. Esaminando invece l’etnico del nostro artifex, si risale alla sua origo praenestina, ed è proprio tra le numerose dediche giunteci dalla città sede del celebre santuario alla
Fortuna Primigenia che ritroviamo con ogni probabilità il nostro personaggio. Infatti
l’iscrizione CIL I² 3076 = ILLRP 107, che è una dedica posta alla Fortuna Primigenia, menziona tra i magistri di un collegium non identificato (probabilmente di structores) un Cn(eus) Octavius L(ucii). l(ibertus). Pilonicus. Questo Pilonicus quindi, fu schiavo di un L(ucius) Octavius che, al momento della manomissione gli impose il prenome
Cn(aeus), diverso dal proprio, un uso che perdurò per tutto il II secolo a.C., almeno485. A questo punto secondo Gasperini non ci sarebbero dubbi sul fatto che le due epigrafi menzionano la stessa persona: l’iscrizione di Cluana, più antica, menziona Pilonicus ancora schiavo di L(ucius) Octavius, mentre la seconda ne attesterebbe l’avvenuta manomissione con il conseguente innalzamento di rango sociale486.
Lo studioso tenta altresì di spiegare il rapporto tra i personaggi menzionati nell’epigrafe in questo modo: la donna potrebbe essere un’ingenua di stirpe picena (magari proprio di Cluana) presa in sposa da Lucio Ottavio durante una permanenza o dopo un trasferimento nel Piceno. In questo modo l’iscrizione, firmata orgogliosamente da Filonico, riunirebbe marito e moglie in un’unica memoria pubblica e in un’unica benemerenza nei confronti dei Cluanates. Per quanto riguarda i lavori esplicitamente ricordati nel testo, Gasperini sottolinea che mentre troviamo le crepidines frequentemente menzionate nelle iscrizioni tardo-repubblicane, il tectu(m) pretex(tum) è un’attestazione rara487. Si tratterebbe nello specifico di un intervento di evergetismo privato in ambito pubblico e sacro, come avviene a Trebula Metuesca (CIL IX, 4875), dove un privato cittadino dona una crepido e tre colonne in un santuario della dea Feronia, e a Clusium (CIL XI, 7123) dove i quattuorviri della colonia costruiscono (o restaurano) una crepidine insieme ad una via e una porticus.
484 GASPERINI 1993, p. 60.
485Cfr. DE, s.v. libertus, p. 911.
486 GASPERINI 1993, pp. 59-60.
In realtà si conoscono molti altri casi simili, ma si tratta sempre di interventi promossi da magistrature cittadine (e quindi pubbliche) o da sacerdoti488.
Il compitum, sia in città che fuori città, era l’area spartitraffico di trivii e quadrivii, generalmente sistemata attorno ad un altare o un sacello dei Lares Compitales, dove si celebravano i compitalia, ed anche i ludi compitales. Non sappiamo nulla della struttura del compitum cluanate, per cui risulta alquanto difficoltoso anche solo ricostruire a che altezza il blocco iscritto di Filonico potesse essere inserito; tuttavia Gasperini fa notare che il margine inferiore del blocco sembra originale, mentre quello di destra è tagliato non ortogonalmente al precedente. Quello superiore infine, mostrerebbe per tutta la sua lunghezza un sottosquadro come per una messa in opera ad incastro489. Nell’ambito della sistemazione urbanistica cluanate questo compitum doveva essere particolarmente importante, a giudicare dal sito di rinvenimento del blocco iscritto, che rappresentava un fondamentale punto di incrocio tra la strada litoranea e la bisettrice di valle: da questo trivio infatti, si raggiungeva verso N Potentia, Numana e Ancona, oltre ai centri litoranei dell’ager gallicus e la Cisalpina; verso O il vicus Cluentensis, Pausulae,
Tolentinum, i centri dell’Appennino umbro-piceno e la Via Flaminia; verso S il Castellum Firmanorum e Firmum, Cupra Maritima, Aternum, e gli altri centri del
litorale adriatico490. 2. Culto imperiale