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Caratteristiche delle comunità

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 54-58)

2 IL PROGETTO EDUCATIVO: UNO STRUMENTO PER IL TRATTAMENTO

2.1 Caratteristiche delle comunità

Per quanto ad oggi non si sia ancora pervenuti ad una definizione nazionale degli standard essenziali che devono possedere le comunità di tipo familiare, l’Autorità garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha elaborato, tramite la Consulta delle Associazioni e delle Organizzazioni, un documento di proposta che mira a fissare criteri strutturali, gestionali e qualità delle relazioni nelle Comunità di tipo familiare.

Con la revisione del Titolo V della Costituzione (legge Costituzionale n. 3/2001) l’art. 117 comma IV stabilisce piena potestà legislativa alle Regioni in merito al settore dell’assistenza sociale, ma prevede anche che lo Stato determini i livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali garantiti sul territorio nazionale.

Pur non essendo ancora stata demandata una normativa organica alcune normative hanno tracciato linee comuni: gli Atti n.357 del 13/11/1997 e n. 1402/2002 della Conferenza permanente per i Rapporti tra lo Stato e le Regioni, il DM 308/2001, la legge 149/2001.

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Da questi provvedimenti emergono alcuni tratti comuni tra cui il numero ridotto degli ospiti e l’applicabilità dei requisiti strutturali previsti per le civili abitazioni. Questi requisiti sono in linea con quanto contenuto nella legge n.149/2001 secondo la quale “ le comunità di accoglienza devono essere di tipo familiare e propone modalità organizzative e relazionali analoghe a quelle delle famiglie. Il Gruppo di lavoro della consulta ha sostanzialmente individuato tre macro- tipologie di comunità:

a) Comunità familiari: caratterizzate dalla presenza stabile di adulti residenti (famiglie, educatori residenti)24

b) Comunità socio-educative: caratterizzate da operatori che sono presenti “a rotazione”25

c) Comunità sociosanitarie: caratterizzate dalla complementarietà di funzioni educative e terapeutiche

Di fronte ad una realtà così variegata sorge la necessità di trovare dei criteri appropriati per ricercare la Comunità più adeguata al minore. Il punto di partenza deve essere il Progetto Quadro stilato dall’Ente Locale, che esprime la progettazione complessiva e l’esito previsto a favore del minore, specificando le azioni da intraprendere, i soggetti coinvolti, le modalità di monitoraggio e verifica, i tempi e le risorse attivabili.

Ad esso deve essere armonizzato il P.E.I. nelle varie fasi quali filtro, osservazione, presa in carico, monitoraggio, dimissione, post-dimissione.

La base di partenza per un “buon abbinamento” minore comunità è l’esplicitazione delle motivazioni dell’allontanamento, seguita dalla definizione delle fasi dell’accoglienza e delle responsabilità dei soggetti coinvolti.

24 In questa tipologia gli adulti esercitano le funzioni genitoriale. Lo scopo è quello di ricreare una

situazione di accoglienza caratterizzata da relazioni stabili e affettivamente significative per promuovere il processo di evoluzione positiva.

25 In questa tipologia l’equipe di operatori svolge una pratica operativa orientata all’esercizio di funzioni

ed azioni educative e di cura nella quotidianità e per questa ragione queste comunità devono essere centrate sull’ascolto empatico e sull’accompagnamento.

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La valutazione deve essere il più possibile oggettiva, prescindendo da influenze derivate da esperienze personali, divergenze tra operatori ed esigenze relative al contenimento dei costi.

In primo luogo è necessario che i Servizi Sociali territoriali dispongano di una banca dati aggiornata delle comunità che espliciti le caratteristiche di ogni struttura, al fine di poter scegliere la migliore soluzione possibile.

La Comunità deve poter garantire un modello di intervento costruito sull’ascolto e sulla partecipazione del minore e si deve porre come un “ponte” verso l’autonomia.

Dove possibile deve, insieme ai Servizi Sociale e in accordo con quanto disposto dall’Autorità Giudiziaria, lavorare sulle competenze genitoriali delle famiglie d’origine, attraverso la costruzione e la facilitazione di opportunità, quali incontri e visite in comunità, al fine di sperimentare delle relazioni e delle buone pratiche quotidiane e più adeguate con i propri figli in un contesto protetto.

Curare questo aspetto diventa ancora più importante quando si preveda il rientro del minore in famiglia d’origine.

Nel caso in cui sia previsto per il minore un percorso di affido familiare, di affidamento a “rischio giuridico” o preadottivo, la Comunità svolge un ruolo importante sia nella preparazione del minore all’intervento sia nella raccolta delle informazioni sulla vita in comunità da fornire ai Servizi Sociali e all’Autorità Giudiziaria.

La scelta della Comunità dipende da come le sue caratteristiche strutturali rispondano al bisogno del minore. Partendo dal progetto del minore si valutano qualità quali il numero massimo di accoglienze nello stesso momento, il tipo di accoglienza, la fascia d’età, il sesso, la capacità di far fronte alle disabilità, la possibilità di accogliere la fratria.

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In generale sono da favorire le Comunità che accolgono entrambi i sessi, italiani e stranieri, al fine di evitare comunità legate al genere o all’etnia.

La funzione di controllo e vigilanza sul lavoro svolto in queste realtà, al fine di mantenere gli standard e i criteri di qualità omogeni sul territorio nazionale, è demandata allo Stato.

L’art. 9 della legge 184/1983 e successive modificazioni ai commi 2 e 3 chiarisce le responsabilità istituzionali:

2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l’elenco di tutti i minorenni collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al Tribunale, con ricorso, di dichiarare l’adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazione di abbandono, specificandone i motivi.

3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni “negli istituti di assistenza pubblici o privati” ai fin di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo”.

Il Gruppo di Lavoro, presso l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha redatto tre proposte:

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1) La costituzione di un “tavolo tecnico26” che definisca gli “standard

essenziali27” per ogni tipologia di comunità resi coerenti sul territorio

nazionale dai protocolli operativi e dai codici di comportamento definiti anch’essi dal medesimo tavolo tecnico.

2) La definizione dell’indice delle Linee di indirizzo, così come è stato fatto per l’affidamento familiare. Si ritiene che in questo ambito andrebbe resa obbligatoria la Carta dei Servizi28 per ogni struttura di accoglienza.

3) Il rapido completamento delle nomine dei Garanti regionali al fine di rendere operativa la funzione di controllo, di garanzia e di authority vicina ai territori. Ciò attribuirebbe ai Garanti regionali diversi compiti in connessione con il Garante Nazionale (che ha il compito di armonizzare il tavolo tecnico e garantire il coordinamento con la Commissione parlamentare infanzia e adolescenza) quali la costruzione e l’implementazione dei coordinamenti regionali tra il Tribunale (Ordinario e per i minorenni), gli Enti locali, la Regione e il Terzo settore; la garanzia, attraverso i controlli, l’efficacia, l’efficienza e il rispetto delle scadenze con la possibilità di intervenire qualora ci siano irregolarità; il monitoraggio dell’applicazione delle linee di indirizzo; la redazione di un report annuale sulla situazione da trasmettere al Garante Nazionale e alle Autorità competenti affinché possano intervenire dove occorre.

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 54-58)