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Il collocamento del minore

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 58-61)

2 IL PROGETTO EDUCATIVO: UNO STRUMENTO PER IL TRATTAMENTO

2.2 Il collocamento del minore

Le forme e le tipologie di comunità sono molte per adeguarsi alla varietà oltre che la quantità delle situazioni a rischio o in stato di bisogno.

26 Si delega la scelta delle modalità di costituzione del tavolo tecnico all’Osservatorio nazionale Infanzia e

Adolescenza. La sua conduzione è assegnata al Garante nazionale in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale avrà il compito di definire delle procedure di collaborazione e complementarietà con la “Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.

27 Individuare parametri, criteri e standard di qualità omogenei sul territorio nazionale, permetterebbe di

individuare il “giusto prezzo” delle comunità.

28 La Carta dei servizi deve esplicitare il modello di intervento utilizzato e quali le azioni che vengono

svolte per forme, educatori e adulti accoglienti, alla conoscenza del modello relazionale/familiare e al superamento di modalità istituzionali /istituzionalizzanti.

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Quando l’operatore allontana il minore dalla casa familiare deve trovare una soluzione che sia in grado assolvere allo stesso tempo il compito protezione e di cura. Di fronte a svariate possibilità e tenendo conto della fase dell’intervento in cui si è, l’operatore deve valutare diversi aspetti quali l’entità e la durata dell’intervento (e quindi anche dell’onere economico), il luogo in relazione alla rete di risorse, le garanzie che i responsabili della struttura sono in grado di dare all’equipe responsabile del progetto sul minore e il costo dell’accoglienza.

L’allontanamento e l’inserimento in comunità coinvolge tre diversi attori cioè la magistratura, i servizi sociosanitari e gli educatori. Questi soggetti hanno compiti e responsabilità differenti che però convergono nella finalità di perseguire il benessere del minore: il giudice delega al servizio sociale la responsabilità di stilare il progetto sul cui andamento riceverà aggiornamenti, mentre alla struttura ospitante spetta svolgere i compiti di cura che sono delegati agli operatori del servizio. Spesso si può creare confusione circa le relative competenze, soprattutto tra gli educatori e il servizio sociale in merito ai rispettivi ruoli e limiti d’azione, con il rischio di incappare in dinamiche conflittuali improduttive per l’interesse del minore. L’esempio classico in cui si verifica questa situazione è la valutazione sulla famiglia del minore: se l’equipe e gli educatori formulano un giudizio differente può succedere che mentre alcuni lavorano per l’apertura di una procedura di adottabilità, altri lavorino per un ricongiungimento con la famiglia d’origine.

Per evitare questo tipo di errore sarebbe auspicabile che gli operatori valutassero attentamente il tipo di comunità in relazione al progetto e che, allo stesso modo, i responsabili della struttura chiedessero agli operatori di esporre il progetto globale sul minore e soprattutto i motivi per cui è stata scelta quella comunità, prima di accettare l’inserimento.

Infatti la scelta della comunità dipende in buona parte dal progetto globale di tutela del minore e di recupero dei suoi genitori.

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Quando l’operatore deve affrontare un caso urgente, non sempre l’ente pubblico ha già predisposto i provvedimenti e gli strumenti necessari, quindi è bene che il servizio sociale crei una rete di strutture di pronta accoglienza, composta da gruppi appartamento, gruppi famiglia, volontari competenti che siano in grado di ospitare un minore in condizioni di emergenza nel rispetto delle sue esigenze e della sua età.

Nella situazione descritta sopra è difficile che si opti per il collocamento presso parenti, infatti “la disponibilità della famiglia estesa ad occuparsi del bambino maschera non di rado una grave ostilità nei confronti del genitore irresponsabile: tale disponibilità infatti si traduce in “appropriazione” del bambino, non in aiuto ma contro il genitore in difficoltà. […] l’eventualità dell’affido ai nonni comporta pressoché di regola il grave peggioramento del genitore, che giunge addirittura fino alla sua morte. Tipici sono i casi dei figli dei tossicodipendenti affidati ai nonni, […] quasi senza eccezione questo tipo di affidamento ostacola gravemente la collaborazione dei genitori al lavoro di valutazione della loro recuperabilità.”29

Diversa è la circostanza in cui sia già stata effettuata la valutazione dei genitori e l’esito della prognosi sia positivo. In questi casi non è detto che la famiglia sia pronta a riaccogliere il minore nell’immediato, ma può essere che necessiti di tempo per mettersi o rimettersi in questa condizione. Allora gli operatori devono cercare una misura che risponda alle esigenze di un’accoglienza di breve o medio periodo. In questo senso l’affido familiare, dopo che i genitori abbiano rassicurato i figli sulla loro volontà di aiutarli, è la soluzione più idonea.

Può accadere che la prima collocazione del bambino sia scelta con modalità urgente e che possa cambiare insieme al comportamento dei genitori. Ad esempio genitori che inizialmente non si consideravano recuperabili dimostrano di voler realmente impegnarsi per riavere il figlio, viceversa può accadere che

29 S. Cirillo M. V. Cipolloni, L’assistente sociale ruba i bambini?, Raffaello Cortina Editore, Milano,

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una famiglia che inizialmente si sia mostrata fortemente motivata a collaborare, durante il progetto tenda a deresponsabilizzarsi sul piano delle funzioni parentali. Su come si evolve la direzione presa dai genitori influisce grandemente, in un senso o nell’altro, la visione che si riesce a dar loro della comunità: “può essere vista dai genitori come punitiva, simbolo di un’ulteriore disfatta, e quindi deprimerne le possibilità di attingere alle loro magre risorse, oppure può essere vissuta come valido aiuto anche per i loro problemi e fonte di speranza per riavere il bambino.”30

Quando la prognosi sulla genitorialità è negativa diventa necessario preparare il minore da un punto di vista psicologico ad un collocamento definitivo, il quale da un punto di vista ideale corrisponde ad un’adozione o ad un affido sine die.

2.3 Confrontarsi con le conseguenze psicologiche ed evolutive del

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