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CONCLUSIONI

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 105-109)

Conciliare le esigenze dei minori maltrattati e maltrattanti in comunità è possibile se si tiene conto che il loro vissuto è molto simile: spesso sono le due facce della stessa medaglia.

La loro storia di vita è contrassegnata da esperienze di trascuratezza, di violenza e di vuoto che li hanno portati più di una volta a temere per la propria incolumità. Questa paura genera nell’essere umano, come in qualsiasi altro animale, una risposta difensiva che può essere di attacco o di fuga (ad esempio nella propria fantasia, quando non è una fuga fisica). Scegliere una strategia piuttosto che un’altra dipende da fattori individuali, ma elementi correlati all’ambiente economico-sociale, alla scuola e al gruppo dei pari si intersecano ad essi.

Affinché queste convivenze multiproblematiche possano avere una chance di successo si deve tenere conto di diversi fattori che partono innanzitutto dal processo di abbinamento del minore alla comunità. Il “buon abbinamento” dovrebbe valutare, in relazione a quel particolare minore, il tipo di struttura (familiare, terapeutica), la sua ubicazione rispetto alla famiglia e alla rete sociale, gli operatori che vi lavorano, considerando attentamente se sono formati e preparati ad accogliere e contenere quella situazione, e soprattutto gli altri ospiti. Nel valutare le possibili conseguenze di un inserimento, si deve andare oltre l’analisi delle varie dinamiche di gruppo e considerare il possibile transfert delle esperienze tra gli utenti, soprattutto in età adolescenziale, dove il gruppo dei pari svolge un ruolo più forte che mai. Il grado di deprivazione e violenza subita dal minore che entra in comunità può essere diverso. È sconsigliabile quindi che un ragazzo con un vissuto di lievi trascuratezze, che si trova in comunità chiaramente per un solo limitato periodo di tempo, venga inserito in un contesto in cui è presente un gruppo di adolescenti con una significativa storia di droga e aggressioni, poiché in questo caso il gruppo tenderebbe a trasferire sul nuovo

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arrivato una serie di nozioni e comportamenti disfunzionali, che prima dell’ingresso in comunità non conosceva.

Se si tiene conto di questi fattori e si riesce a produrre un buon abbinamento la convivenza tra queste due realtà è allora possibile, ma solo lavorando su due fronti. Da un lato è necessario un trattamento esplicito di tipo terapeutico/psicologico, dall’altro un trattamento implicito, ovvero la stesura di un progetto educativo individualizzato, ma ciò che più conta è la comunità in sé, che con le sue regole, la routine, gli esempi di adulti responsabili e affidabili e soprattutto con la costruzione di una relazione con un altro significativo, basata sulla fiducia e il rispetto reciproco, fornisca occasioni e strumenti per rompere i meccanismi disfunzionali pregressi e crei un cambiamento duraturo attraverso la trasformazione dei modelli interiorizzati, che siano il punto di partenza per la rinascita di un nuovo giovane più forte e consapevole, in grado di affrontare la società ed avere un ruolo nel mondo.

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