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Il processo penale minorile

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 31-53)

1 IL PERCORSO DI INSERIMENTO IN COMUNITÀ

1.1 Il processo di intervento

1.1.3 Il processo penale minorile

Il principale riferimento legislativo che disciplina il processo penale a carico di imputati minorenni è il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.448. Il D.P.R. che disciplina il procedimento in modo che sia adeguato alle esigenze educative e alla personalità del minore. È tenendo presente l’interesse primario di salvaguardare i diritti soggettivi del minore, che il Giudice gli mostra il significato delle attività processuali che si svolgono in sua presenza, nonché il contenuto e le ragioni, anche etiche sociali, delle sue decisioni (art.1), avviando quel processo di responsabilizzazione ed educazione necessario a interrompere quello che potrebbe essere l’inizio di una carriera deviante.

Seguendo questa direzione, il Decreto assicura l’assistenza affettiva e psicologica in ogni stadio e grado del procedimento attraverso la presenza dei genitori o di un’altra persona idonea, indicata dal minore e ammessa dall’autorità giudiziaria. In ogni caso viene garantita l’assistenza dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali. Inoltre sono

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vietate la pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini che permettano di identificare il minore.

L’allegato 4 alla Circolare del Capo Dipartimento n. 1 del 18 marzo 2013: “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei servizi minorili della Giustizia” al punto 2 “Il ricorso al collocamento in comunità” dispone:

“Nelle Comunità si assicura l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nei confronti dei minorenni autori di reato nelle seguenti ipotesi:

- Arresto o fermo ai sensi dell’art.18 comma 2, D.P.R. 448/88; - Accompagnamento ai sensi dell’art 18 bis, D.P.R. 448/88;

- Applicazione della misura cautelare del collocamento in comunità ai sensi dell’art.22, D.P.R. 448/88;

- Gravi e ripetute violazioni degli obblighi imposti dall’Autorità giudiziaria nell’ambito della misura cautelare della permanenza in casa ai sensi dell’art.21, comma 5, D.P.R. 448/88;

- Applicazione della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, ai sensi degli artt.36 e 37 del D.P.R. 448/88.

L’autorità giudiziaria, inoltre, può disporre che l’esecuzione avvenga in comunità nei seguenti casi:

- Sospensione del processo e messa alla prova, art.28 comma 2 D.P.R. 448/88;

- Affidamento in prova al Servizio Sociale ai sensi dell’art. 47 e 47 bis Legge n. 354/75 (Ordinamento Penitenziario);

- Detenzione domiciliare di persona di età inferiore agli anni 21 per comprovate esigenze si salute, di studio, di lavoro e di famiglia, art 47 ter Legge 354/75 (Ordinamento Penitenziario).

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In questi ultimi casi, sebbene non previsto esplicitamente dalla norma, l’Autorità Giudiziaria può disporre che il minorenne soggiorni all’interno di una comunità. Il collocamento avviene in presenza di condizioni di rischio o di accertato pregiudizio del minore, in assenza di riferimenti parentali (minore straniero non accompagnato), in particolari condizioni di salute del minore (comunità terapeutica per il trattamento della dipendenza da sostanze o per disturbi di tipo psichiatrico)”.

L’art. 10, comma 2 del Decreto legislativo 28 luglio n.272 – “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 448/88” invece regola l’organizzazione e la gestione delle Comunità.

Esse devono rispondere ai seguenti criteri: - Organizzazione di tipo familiare;

- Presenza di operatori con professionalità riconosciuta; - Presenza di minori non sottoposti a provvedimento penale; - Capienza massima 10 unità;

- Attuazione di progetti educativi individualizzati (PEI); - Utilizzo delle risorse del territorio.

1.1.3.1 Misure cautelari

In caso di arresto o di fermo di un minorenne, all’ art.18 del D.P.R. 448/1988 si dispone che:

“Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che lo hanno eseguito devono darne immediatamente notizia al pubblico ministero, all’esercente la potestà genitoriale e all’eventuale affidatario e informano tempestivamente i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia. Appena pervenuta la notizia, il pubblico ministero dispone che il minore sia senza ritardo condotto presso un centro di prima accoglienza o presso una comunità pubblica o autorizzata che provvede a indicare. Qualora, tenuto conto delle modalità del fatto, dell’età e

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della situazione familiare del minorenne, lo ritenga opportuno, il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto presso l’abitazione familiare perché vi rimanga a sua disposizione. Oltre nei casi previsti dall’articolo 38910 del codice di procedura penale, il pubblico ministero dispone

con decreto motivato che il minorenne sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dovere richiedere l’applicazione di una misura cautelare. Al fine di adottare i provvedimenti di sua competenza, il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto davanti a sé. Si applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 39011 e 39112 del codice di procedura penale.”

I Centri di Prima Accoglienza (CPA)

10 Art. 389 c.p.p. Se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386 comma 7 e 390 comma 3, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà.

11 Art. 390 c.p.p. 1. Entro quarantotto ore dall'arresto o dal fermo il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, richiede la convalida al Giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito. 2. Il Giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore. 3. L'arresto o il fermo diviene inefficace se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1. 3 bis. Se non ritiene di comparire, il pubblico ministero trasmette al Giudice, per l'udienza di convalida, le richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano.

12 Art.391 c.p.p.1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore dell'arrestato o del fermato. 2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il Giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4. 3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il Giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato , salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore. 4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il Giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione. 5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il Giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c) e280. 6. Quando non provvede a norma del comma 5, il Giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato. 7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del Giudice.

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In questa fase iniziale i Centri di Prima Accoglienza (CPA) assumono un ruolo fondamentale nel garantire la centralità del minore, assicurare la comunicazione con l’Autorità Giudiziaria Minorile e promuovere l’azione del sistema dei servizi, evitando allo stesso tempo l’impatto con la struttura carceraria, considerata, soprattutto per i minori alla prima esperienza penale, estremamente forte e stigmatizzante. Non solo, è già all’interno dei CPA che inizia il percorso verso il cambiamento e verso una diversa modalità di rappresentarsi e rapportarsi con gli altri.

Il CPA è stato introdotto ex novo dagli artt. 8 e 9 D.lgs. 272/1989, in particolare l’art. 9 individua lo scopo istituzionale del servizio:

“I Centri di Prima Accoglienza ospitano, fino all’udienza di convalida, i minorenni arrestati o fermati. Ospitano, altresì, in locali separati, fino all’udienza di convalida i minorenni che vi sono condotti a norma dell’art.18 comma 4 del DPR 448/88.

Devono assicurare, altresì, la permanenza dei minorenni senza caratterizzarsi come strutture di tipo carcerario e sono costituiti, ove possibile, presso gli uffici giudiziari minorili, in nessun caso possono essere situati all’interno degli Istituti Penali”.

Il CPA è un servizio che si caratterizza per la velocità con cui è chiamato ad operare, ma deve allo stesso tempo attenersi ai suoi principi cardine: centralità del minore, valorizzazione del lavoro interprofessionale, costruzione di collaborazioni con tutti i soggetti coinvolti per garantire la continuità della presa in carico tra i servizi della giustizia minorile, i servizi di altri enti e il terzo settore.

Analizzando il servizio secondo quattro dimensioni (normativa, strutturale ed organizzativa, tecnico professionale, valutativa/formativa), si riscontra che all’interno di ognuna sono presenti i fattori identificativi e specifici del CPA,

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riportati dal “Modello organizzativo, operativo, funzionale strutturale dei Centri

di Prima Accoglienza”:

 la consapevolezza di dover rispondere ad aspettative “immediate” del minore che richiede di fornire rispose rapide, di attivare risorse, di proporre elementi di progettualità;

l’integrazione dei ruoli professionali che prescinde dalla rigida suddivisione consente di dare risposte pronte ed adeguate;

la “organizzazione della permanenza” che coniuga i concetti di regole e di attività nella molteplicità degli stimoli offerti;

la relazione, il dialogo valutati come dimensioni e strumenti indispensabili nel lavoro con l’utenza;

la condivisione di un “cultura dei diritti del minore”, in quanto protagonista dei processi di lavoro delle diverse figure professionali13.

La dimensione normativa

All’interno del quadro normativo, in linea con il principio di residualità del ricorso al carcere, le finalità istituzionali sono:

 garantire la permanenza del minore fino all’udienza di convalida, assicurando una risposta tempestiva ed efficace al momento del primo contatto fra il minore e il sistema penale;

 realizzare una immediata mediazione tra esigenze penali, esigenze educative e di intervento;

 assicurare rapporti sistematici con l’autorità giudiziale minorile precedente, fornendo alla stessa: i primi elementi di conoscenza dei minori, della loro situazione personale, familiare e sociale, le prime

13 R. Priore, Modello organizzativo, operativo, funzionale e strutturale dei centri di prima accoglienza,

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indicazioni su una possibile ipotesi di intervento in base anche alle risorse disponibili14.

La finalità primaria dei CPA si identifica quindi nell’evitare l’impatto con la struttura carceraria, il quale è molto forte e stigmatizzante, perseguendo il principio di minima offensività15 e di destigmatizzazione.

Seguendo la classificazione fatta nel “Modello organizzativo, operativo,

funzionale strutturale dei Centri di Prima Accoglienza” si individuano tre macro

obiettivi: garantire la centralità del minore, assicurare la comunicazione con l’Autorità Giudiziaria Minorile e promuovere l’azione del sistema dei servizi. Nel perseguimento del primo obiettivo, sin dalla fase di accoglienza, si cerca di avviare una comunicazione col minore che lo metta in relazione con il contesto sociale e gli permetta di superare il distacco generato dal reato. Lo si aiuta nel percorso di responsabilizzazione rispetto all’atto illecito commesso, ma allo stesso tempo si cerca di instaurare un rapporto di collaborazione, rispetto e interazione (anche interprofessionale) che permetta di garantire continuità e coerenza del percorso educativo, individuando e/o favorendo nuovi elementi di progettualità.

Il CPA in prima battuta si occupa di fornire all’Autorità Giudiziaria un quadro il più possibile completo rispetto alla situazione del minore, indagando diverse sfere della sua vita, così da poter dare le prime indicazioni circa l’intervento educativo, psicologico e sociale da intraprendere, specificando le risorse, le strutture ed i servizi territoriali che è possibile attivare. Le aree oggetto di indagine sono:

- personale (attività scolastica o lavorativa, interessi, capacità di elaborazione dell’atto illecito, altro);

14 Ivi pp.5-6.

15 Il 'principio della minima offensività fa riferimento al rischio che il processo risulti superfluo o dannoso

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- familiare (stabilità/instabilità dei legami, eventuale situazione di devianza e/ o di disagio in famiglia, stili educativi, attaccamento alle figure genitoriali o altre figure di significativo riferimento parentale);

- sociale (rete amicale, analisi dei modelli di identificazione offerti da tale rete, rapporto con le regole e l’Autorità);

- relativa alla rete dei servizi sociali cui il minore ha accesso e all’associazionismo, la capacità di progettazione e proiezione verso il futuro, il quadro evolutivo della personalità emerso dall’eventuale colloquio psicologico.

Il terzo obiettivo, promuovere l’azione del sistema servizi, è perseguito sia per la posizione che il CPA occupa nel sistema di servizi (è infatti collegato ad una rete che permette di dare una risposta individualizzata), sia per l’impostazione del lavoro di collaborazione che viene instaurato con gli Enti territoriali, orientato alla restituzione del minore alla comunità esterna16.

La dimensione strutturale

Dal punto di vista strutturale i CPA devono avere un alto indice di sicurezza, al fine di preservare l’integrità fisica dei ragazzi, di evitare l’intrusione dall’esterno e di assicurare la presenza del minore fino all’udienza di convalida. L’ambiente interno deve essere curato, perché bisogna creare un’atmosfera accogliente e allo stesso tempo funzionale allo svolgimento delle varie attività della giornata. È importante che sia presente un’area comune in cui i contatti e le interazioni con gli operatori siano favorite così come il controllo.

La dimensione organizzativa

Il CPA si sviluppa, dal punto di vista organizzativo, intorno al principio di rispetto della dignità della persona. Partendo da questo si caratterizza, per la sua natura di pronto intervento, come flessibile ed agile in relazione al contesto

16 Cfr. R. Priore, op. cit., p. 8.

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territoriale, al carico di lavoro, alle risorse interne ed esterne come le collaborazioni con altri Enti locali e alle politiche giudiziarie minorili. Hanno così luogo diverse combinazioni operative funzionali alla molteplicità delle situazioni. L’insieme di queste combinazioni forma una “linea operativa”, sulla quale ciascun CPA deve trovare la sua collocazione attraverso l’individuazione della propria Progettualità Tecnica, ovvero gli orientamenti e le modalità operative del servizio in relazione ad una ottimizzazione delle risorse. Nello specifico dovrà prevedere:

 i programmi e le attività da realizzare, con l’indicazione del servizio, professionali e materiali;

 le istituzioni pubbliche o private con cui si collabora per il perseguimento degli obiettivi prefissati;

 il livello degli accordi di collaborazione, di integrazione operativa con gli altri servizi minorili, gli EE.LL., cooperative, associazioni, volontariato, altro;

 gli aspetti descrittivi, organizzativi e le indicazioni metodologiche; tempi e modalità di valutazione del progetto medesimo.

“Premessa fondamentale per il successo della Progettualità Tecnica dovrà essere la condivisione tra tutti gli operatori del servizio. La Direzione del Centro per la Giustizia minorile provvederà ad acquisire la progettualità tecnica del CPA di competenza e curerà l’inoltro alla Direzione Generale per l’ attuazione dei provvedimenti giudiziari, per le opportune valutazioni”17.

Per superare una visione solamente quantitativa dell’utenza e posizionarsi all’interno di una cultura di servizio, orientata ad un intervento sociale capace di rispondere ai sempre più differenziati bisogni dei minori, ogni servizio deve eseguire un’analisi delle priorità e una valutazione delle risorse disponibili, in rapporto ai carichi di lavoro. Per una effettiva realizzazione di integrazione e

17 Ivi p. 11.

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continuità degli interventi è anche fondamentale il supporto del Centro per la Giustizia minorile e la collaborazione con l’USSM18.

La necessaria collaborazione appena descritta serve per garantire un sistema integrato di servizi che accompagni il minore con continuità, senza vuoti di intervento e può anche essere descritta graficamente mettendo in rapporto due variabili: la durata (tempo) e l’intensità sia del CPA che dell’USSM, secondo le varie fasi dell’iter penale.

L’ampiezza di questa collaborazione dipende dal rapporto risorse/utenza di ciascun Servizio coinvolto.

È a garanzia di questa continuità che l’equipe lavora col minore per l’intera durata delle misure cautelari e/o dell’intero processo penale. L’equipe predispone il progetto individualizzato e valuta la possibilità di proseguire l’intervento educativo, definendo anche le modalità di partecipazione dell’operatore del CPA

18 Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni

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nel caso in cui: “vengano applicate le misure previste dagli artt. 20, 21 e 22 del DPR 448/88; sia stabilito il collocamento in comunità del privato sociale laddove la presenza dell’educatore appare significativa; sia applicato l’art. 28 del DPR 448/88, se l’educatore ha partecipato alla elaborazione del progetto”19.

Dal punto di vista organizzativo i CPA possono essere divisi in tre aree: l’area tecnica, che comprende gli educatori, l’assistente sociale, se già inserito nell’organico, lo psicologo, i mediatori culturali, gli animatori, i volontari, i medici, gli operatori di assistenza e vigilanza; l’area della sicurezza costituita dal personale di polizia penitenziaria; l’area amministrativa che è composta da operatori amministrativi addetti al funzionamento complessivo della segreteria e della gestione contabile.

Ci limitiamo qui ad approfondire l’area tecnica, la quale si occupa di diversi servizi, quali quello educativo, di assistenza e vigilanza, sanitario, psicologico e religioso.

Il servizio educativo prevede che l’educatore sia presente e attivo nella tutela del minore in tutte le fasi dell’intervento: colloqui, presenza in CPA, in udienza, alle dimissioni ed eventualmente nelle strutture minorili. L’educatore è quindi la figura centrale all’interno del CPA, media tra utenza e magistratura, fornisce informazioni e formula ipotesi rispetto al progetto educativo. Il suo principale strumento è la “relazione empatica”, la quale si caratterizza per essere fondata su rispetto, lealtà e chiarezza al fine di instaurare quel senso di fiducia che permette un percorso di crescita e maturazione, che si conclude con la restituzione del minore al territorio, arricchito del suo bagaglio relazionale/affettivo, comportamentale e progettuale.

Il servizio di assistenza e vigilanza ha il compito di “supportare e garantire: il rispetto dell’ordine e della disciplina, l’osservanza delle regole, il contenimento di eventuali vissuti di tensione del singolo minore, il contenimento delle

19 R. Priore, op. cit., p. 14.

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dinamiche del gruppo di pari, la presenza per far fronte ad ogni situazione si manifesti relativamente al minore ed al gruppo dei pari e il sostegno nei bisogni emergenziali quotidiani” 20.

Il servizio sanitario garantisce, attraverso una convenzione con l’ASL competente per territorio, la visita di ingresso, l’attivazione dei centri specialistici di salute mentale se necessario, la prevenzione igienico-ambientale e la valutazione del vitto.

Il servizio psicologico nel CPA deve “ attraverso i colloqui con il ragazzo, i colloqui con la famiglia ed in situazioni particolari, attraverso l’osservazione diretta in CPA […] riuscire di volta in volta ad individuare modalità di intervento significative per il ragazzo, valutare il singolo caso e nell’ambito dell’equipe, contribuire alla definizione dei bisogni e all’individuazione degli obiettivi da perseguire. Lo psicologo deve, altresì, curare i rapporti e le comunicazioni con i referenti della medesima area psicologica del Servizio Sanitario Nazionale, degli Enti Locali o del privato sociale. […] nel caso in cui lo psicologo non sia presente, va comunque assicurato il servizio con convezioni con le ASL, oppure avvalendosi di esperti con incarico giornaliero” 21 .

Il servizio di assistenza religiosa, agevolando i contatti con le comunità, con le associazioni o con i gruppi di volontariato, ingrandisce la rete delle risorse utilizzabili per il sostegno del minore e della sua famiglia.

La dimensione tecnico-professionale

Quando il minore entra in CPA si apre la fase di accoglienza, durante la quale in prima battuta un agente della polizia penitenziaria provvede alla registrazione dell’ingresso, alla perquisizione, alla registrazione di ciò che viene sottratto durante la perquisizione, all’identificazione, per poi procedere con la registrazione e l’invio degli atti matricolari, alla notifica dei provvedimenti e atti

20 Ivi p. 19.

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di indagine, alla fornitura dei beni di prima necessità, come vestiti e prodotti per l’igiene personale.

Una delle procedure più importanti e non sempre semplice è il processo di identificazione del minore, soprattutto quando questo è straniero. In questo caso specifico ci si avvale di un mediatore culturale, il quale provvede a curare la

Nel documento LA COMUNITA' TRA CURA E PROTEZIONE (pagine 31-53)