• Non ci sono risultati.

Capitolo 1. Supply Chain: punti di debolezza e necessità di miglioramento nel

1.4 Supply chain e distretto industriale: affinità e differenze nei due modelli

1.4.2 Caratteristiche e peculiarità del distretto industriale, con particolare

In Italia il distretto ha avuto un ruolo centrale per lo sviluppo dell’economia nazionale sin dagli anni Settanta e Ottanta, quando le attività economiche hanno rotto gli argini del cosiddetto “triangolo industriale” formato da Milano, Genova e Torino, nel quale storicamente era da ricercarsi il fulcro degli scambi commerciali e dell’attività produttiva italiana.

Uno dei più grandi studiosi del distretto italiano è stato, senza dubbio, Giacomo Becattini. Egli ha più volte delineato l’importanza di questa espansione economica all’interno della penisola, la quale ha contribuito in maniera considerevole all’economia tricolore, in particolar modo per quanto concerne la produzione e l’esportazione del Made in Italy nel mondo. Becattini ha ripreso e adattato al contesto italiano le osservazioni di Alfred Marshall relativamente ai diversi vantaggi cui possono fare affidamento le grandi e le piccole imprese.

Marshall denotò come le grandi aziende, specie quelle di produzione di massa dell’epoca, riescano a conseguire vantaggi economici poggianti sulle economie di scala o di raggio d’azione e sulla divisione del lavoro indipendentemente dalla loro localizzazione nel macroambiente; al contrario, per le piccole imprese, i vantaggi derivanti dalla divisione del lavoro sono determinati dalla presenza di numerosi attori, specializzati ognuno in una fase produttiva e condensati in un territorio limitrofo e ristretto. Da qui il concetto di atmosfera industriale, che si può definire come un insieme di fattori astratti per cui, in un determinato territorio a forte specializzazione produttiva “i misteri dell’industria non sono più tali; è come se stessero nell’aria, e i fanciulli ne apprendono molti inconsapevolmente”8. L’atmosfera industriale si sviluppa pertanto in virtù di una

condivisione, per la maggior parte in termini informali, di valori all’interno di un territorio fra imprese, comunità di appartenenza e istituzioni.

Nella visione di Becattini, al fine dello sviluppo di un distretto industriale, sono necessari vari fattori.

In primis, è fondamentale che ci sia una attività industriale preponderante, specializzata nella produzione di un particolare bene. In Italia, la formazione dei distretti è stata agevolata dalla forte diversità di valori, usi e costumi presenti nelle varie regioni, la quale ha favorito l’accorpamento di piccole imprese in territori limitrofi, generando un mosaico di raggruppamenti di imprese ognuno specializzato nella produzione di prodotti locali o tipici di quel luogo.

A ciò ha contribuito anche la tendenza della domanda, nel corso degli anni, di spostarsi da una scelta basata sui prodotti di massa a una scelta d’acquisto che apporti diversità, tipicità e particolarità al consumatore e che si differenzi pertanto dal prodotto di massa. In secondo luogo, deve essere presente una comunità locale che abbia un sistema dei valori strutturato e solido nel tempo, condiviso fra tutti i partecipanti ad essa: istituzioni, imprese, famiglie, amministrazioni pubbliche. Questo ambiente è in grado di incentivare

35

le imprese a perseguire la loro attività imprenditoriale e a innovarsi. In Italia la divisione storica che da sempre ha riguardato le popolazioni facenti parte della penisola ha facilitato il formarsi di un senso di comunanza, a volte sfociato in chiusura verso l’esterno, che ha formato un bagaglio di valori condivisi fra gli abitanti di uno specifico luogo geografico. Se si collega tale aspetto al fatto che i territori in cui si sviluppano i distretti sono spesso luoghi non centrali, talvolta rurali o comunque esterni ai grandi centri cittadini, si può comprendere come la condivisione di valori storici fra abitanti del luogo e imprese sia ancora più forte. Non vi è una distinzione netta fra l’abitante, da sempre insediato in un certo luogo, e l’impresa esterna che non condivide valori e aspetti storico- culturali di quel territorio.

Appare quindi evidente come il contesto italiano abbia permesso di strutturare quell’intreccio fra gli aspetti sociali e le attività economiche che è necessario per sviluppare un rapporto di interdipendenza fra le persone e i soggetti economici.

Inoltre le imprese presenti in tale scenario devono essere numerose, ognuna specializzata in una fase di produzione del bene economico offerto dal distretto, in un sistema di divisione del lavoro affinato. Le imprese sono allo steso tempo cooperanti e competitors; cooperanti perché concorrono alla formazione del prodotto finale che è composto dai singoli componenti realizzati nelle specifiche fasi di produzione, competitors poiché i soggetti produttori dello stesso componente o semilavorato competono fra loro al fine di riuscire a essere il punto di riferimento per l’intero distretto per quella determinata fase. Ad esempio, si consideri un distretto manifatturiero, come può essere quello della calzatura. La cooperazione avviene verticalmente: per formare il prodotto finale, la scarpa, è necessario che i singoli produttori di tacchi, suole, lacci, tomaie, collaborino fra loro per svolgere le loro fasi in maniera tale che il prodotto da vendere sul mercato abbia caratteristiche ben delineate. La competizione avviene orizzontalmente: pertanto, i produttori di lacci saranno in competizione fra loro per essere l’impresa produttrice di lacci più importante nella formazione della scarpa, e allo stesso modo i produttori di tacchi, suole e tomaie.

Andando invece a indagare quali siano state le possibili cause relative all’origine dei distretti industriali in Italia, si delineano quattro prospettive9:

 Nascita spontanea: può accadere che in una località si inneschino fenomeni di sviluppo distrettuale a seguito di eventi casuali, o comunque non riconducibili all’espressa volontà dei soggetti economici di avviare un’attività di tale portata. Per fare un esempio, il distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli, in Emilia Romagna, ha visto la sua nascita a seguito della Seconda Guerra Mondiale; prima di essa, vi erano alcune attività indipendenti volte alla produzione di scarpe e scarponi ma, con l’avvento della guerra, la domanda di scarponi militari crebbe esponenzialmente e per giunta venne stabilito, da una legge dell’epoca, che i lavoratori addetti alla produzione di questa particolare calzatura fossero esentati dal fronte. Ciò fu un enorme incentivo per l’espansione dell’attività di produzione,

9 Lucio Poma: “Oltre il distretto. Imprese e istituzioni nella nuova competizione territoriale”, FrancoAngeli,

36

che da semplice attività di bottega indipendente divenne la produzione caratteristica del territorio.

Oggi il distretto calzaturiero è ancora attivo ed è presente un ente, il Cercal, che funge da centro di ricerca e scuola di formazione; il Cercal ha la finalità di formare figure professionali specializzate nel campo del calzaturiero, in particolar modo sull’alta moda, attraverso una collaborazione con le imprese del distretto che consente un inserimento nel settore di figure professionali competenti.

 Presenza di una grande impresa nel territorio: come accennato precedentemente, nel distretto sono presenti piccole e microimprese, prevalentemente artigiane e manifatturiere, che comunicano fra loro con relazioni informali e non gerarchiche. In un contesto di questo genere, la presenza di una grande impresa potrebbe risultare fuori luogo o comunque dannosa per la vita del distretto.

A una prima analisi, tale deduzione è corretta: infatti la grande impresa tende ad accentrare verso di sé le competenze e le risorse presenti nel territorio, fungendo da catalizzatore e smembrando il tessuto territoriale di piccole imprese. I motivi sono da ricercare nell’assorbimento di capitale umano che, da impiegato nella piccola impresa o addirittura proprietario di questa, può essere propenso ad abbandonare la propria attività per far parte di una realtà più strutturata e per certi versi con più tutele. Inoltre, la grande impresa tende ad abbassare la qualità del prodotto per standardizzarlo e renderlo più facilmente replicabile all’interno del processo di lavorazione ma, così facendo, riduce la qualità di quanto offerto dal territorio; inoltre, a questo consegue una riduzione dei prezzi per sfruttare le economie di scala, elemento che determina la perdita, per i piccoli artigiani, di quel margine di contribuzione che permette loro di fabbricare un bene qualitativo e venderlo a un prezzo medio-alto. Un altro aspetto per cui il distretto è lesionato dalla presenza di una grande impresa è che quest’ultima può introdurre innovazioni incrementali e radicali cui le piccole imprese non possono sostenere, rimanendo così queste ultime indietro nel processo di sviluppo del prodotto e perdendo immagine e quota di mercato.

Evidenziate le note negative della presenza di una grande impresa in un ambiente distrettuale soprattutto nelle fasi iniziali e successive al suo insediamento, è opportuno porre l’attenzione sul fatto che in un secondo momento essa possa divenire divulgatrice di conoscenza ed elemento trainante del distretto. Ciò può accadere quando la grande impresa opti per una politica di decentramento, come successo negli anni Settanta, nei quali i consumatori esigevano prodotti differenziati e dove il ciclo di vita degli stessi si era accorciato significativamente. Un'altra possibilità in cui avviene questo divulgamento di conoscenza positivo per il distretto si ha quando si creano spin off spontanei, derivanti dall’acquisizione di competenze e conoscenze da parte dei lavoratori della grande impresa, che decidono di mettersi in proprio e trasmettere quanto appreso a realtà più piccole. Ultimo, il fallimento della grande impresa: oltre ad avere effetti negativi in termini di occupazione, esso può portare alla nascita di un distretto, con un meccanismo simile a quello degli spin off, in cui i lavoratori dell’ex impresa si riorganizzano in tante piccole microimprese.

 Vicinanza a risorse naturali: è la situazione che si riscontra quando un territorio offre una particolare materia prima deputata alla produzione di un prodotto unico.

37

Ne è un esempio il distretto del marmo a Massa Carrara, sviluppatosi proprio grazie alla presenza del marmo bianco, avente caratteristiche uniche e richiesto in tutto il mondo. Anche in tale distretto è presente una scuola di formazione deputata alla creazione di personale specializzato nella lavorazione artistica e nel taglio del marmo.

 Presenza di una scuola di formazione: ricollegandosi al punto precedente, le scuole di formazione sono per la maggior parte una conseguenza della presenza di un distretto, formatesi successivamente rispetto al tessuto imprenditoriale. Talvolta invece esse sono non la conseguenza, bensì la causa della nascita di un distretto, ponendosi come figura istituzionale che impartisce e configura l’atmosfera industriale in un certo territorio. Sempre con riferimento all’Italia, protagonista di questa digressione, si può citare il caso delle scuole Aldini Valeriani di Bologna, per la costituzione del distretto del packaging bolognese. Le scuole Aldini Valeriani, fondate dal fisico Giovanni Aldini e dall’economista Luigi Valeriani, hanno costituito un incipit per la creazione del tessuto imprenditoriale della zona, prima pressoché inesistente. Grazie a un metodo innovativo di insegnamento basato sulla coesistenza fra teoria e pratica applicata e al legame intercorrente fra scienza e tecnica, le scuole hanno saputo non solo formare figure professionali specializzate, ma anche coadiuvare le imprese nella ricerca, sia del lavoro sia scientifica.