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Capitolo 4. Le applicazioni blockchain nel settore dell’agrifood

4.1 Il tracking e il tracing dei prodotti

4.1.2 Il tracing

Il tracing, o più semplicemente la rintracciabilità, si può definire, in accordo con il Regolamento 178/2002 del Parlamento Europeo del 1 gennaio 2005, come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, un mangime, un animale, destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.

Ponendosi tale obiettivo, la rintracciabilità si configura come un processo inter-aziendale coinvolgente tutti gli attori che hanno preso parte alla formazione del prodotto; rispetto alla tracciabilità, si può affermare che sia un percorso più articolato e che richieda un maggiore sforzo in termini di collaborazione e fiducia fra le parti. La rintracciabilità ha il duplice scopo di sicurezza e trasparenza: sicurezza in quanto tramite il tracing si può procedere a ritiri mirati e precisi, evitando disagi estesi e ingiustificati in situazioni in cui la salute dei consumatori e la food safety sia minata, trasparenza poiché tale processo mira a fornire ai consumatori informazioni precise e dettagliate sulla filiera.

Fondamentale è quindi il rispetto degli standard di qualità dei prodotti, delle condizioni lavorative di tutti gli attori della supply chain e del rispetto dell’ambiente in termini di conservazione dei luoghi naturali in sede di estrazione delle materie prime e lavorazione di esse. Il tutto all’interno di un’ottica di rispetto del tema della sostenibilità nelle sue tre declinazioni: economica, sociale e ambientale.

Dal momento che l’opera di rintracciabilità di prodotti, l’assicurazione del rispetto degli standard e il controllo delle dichiarazioni di certificazione appare un lavoro lungo, complesso e difficilmente attuabile tramite i sistemi tradizionali centralizzati, con il pericolo di corruzione degli organismi preposti o la poca trasparenza in sede di controllo specie in particolari regioni geografiche, si crede che la blockchain possa essere uno strumento appropriato per tale attività. Al contrario del tracking, dove essa viene

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impiegata per tenere traccia dei prodotti, qui le DLT, coadiuvate da dispositivi IoT esterni, hanno il compito di verificare e assicurare il rispetto degli standard lungo la filiera e individuare quei casi di non ottemperanza delle regole, in modo tale da consentire alle autorità di controllo un pronto intervento mirato.

Il controllo può essere automatizzato grazie agli smart contracts, oppure coinvolgere direttamente gli enti certificatori tramite input fornito dalla blockchain. Nel primo caso, i sensori IoT riescono a verificare che un determinato parametro (come la temperatura in una cella frigorifera di trasporto, per richiamare l’esempio fatto in precedenza), sia mantenuto entro i limiti prefissati; nel caso in cui lo standard non sia rispettato, lo smart contract avvisa gli attori interessati, come il cliente o il nodo successivo della catena o gli organi di controllo, che la merce non è stata conservata nel modo corretto. Sempre con riferimento agli smart contracts, essi possono essere utilizzati per fornire aiuti in termini di audit, ad esempio incrociando i dati da essi riportati tramite i sensori IoT con la capacità produttiva di un attore; così, se un produttore afferma di produrre biologico, si può confrontare la quantità di prodotto da esso commercializzata con la capacità del terreno in un’agricoltura biologica, per verificare se davvero quella coltivazione possa sostenere il ritmo di produzione senza l’uso di agenti chimici. Nel caso in cui siano coinvolti gli enti certificatori, essi devono verificare il rispetto degli standard da parte degli attori, contrassegnando il loro ID sulla blockchain con la certificazione ottenuta; pur essendovi una componente di centralizzazione nel controllo, e quindi di problematiche insite nel meccanismo centralizzato, tale sistema consente un risparmio in termini di tempo e costi, essendo più efficace ed efficiente. L’efficacia e l’efficienza derivano dal fatto che i certificatori sono inseriti all’interno della blockchain e possono controllare e analizzare i dati al suo interno per studiare uno specifico attore prima di decidere se sia in possesso dei requisiti necessari. Inoltre, poiché le informazioni sono distribuite e accessibili a tutti, appare più complesso il ricorso alla corruzione degli enti certificatori in confronto a un sistema centralizzato non distribuito nel quale le informazioni sono nascoste ai più. In termini di tracing, qualora un prodotto, o un lotto, non dovesse rispettare i requisiti imposti dalle standard organizations, verrebbe subito ritirato colpendo alla fonte il problema e salvaguardando sia la salute dei consumatori sia l’immagine delle imprese coinvolte; si eviterebbero così quei numerosi casi di ritiro di prodotti già in commercio e già acquistati e consumati dai clienti, agendo anticipatamente e risparmiando sui costi logistici di ritiro della merce post-vendita e sulla ricostruzione dell’immagine aziendale nei casi più conclamati.

La rintracciabilità, attraverso la blockchain e i dispositivi IoT, può quindi fornire un significativo aiuto per: evitare danni ai consumatori, salvaguardare l’immagine aziendale, migliorare la compliance e il rispetto degli standard, individuare più efficientemente i punti critici della supply chain in situazioni di pericolo, creare un rapporto più trasparente fra cliente e fornitori e tra fornitori e sub-fornitori, gestire i richiami di merce difettosa in modo più sostenibile economicamente, rendere l’attività di auditing più smart tramite controlli incrociati sulla blockchain.

Al fine di riscontrare una relazione concreta tra quanto sopra descritto e le applicazioni realmente esistenti, vengono proposti due casi studio che mostrano la realizzazione di

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progetti blockchain all’interno di supply chain alimentari, volti al miglioramento della tracciabilità e delle rintracciabilità di filiera. Il primo caso studio è incentrato sul tracking del prodotto in una filiera ampia come quella del tonno e sulla sostenibilità sociale ed economica dei primi attori della filiera, mirando sia a salvaguardare il prodotto nei diversi passaggi a livello di supply chain, sia a proteggere i piccoli pescatori dallo sfruttamento e dall’attacco di imbarcazioni illegali; il secondo caso studio si focalizza sull’autenticità di un bene tipico del Made in Italy spesso oggetto di contraffazioni, ovvero l’olio extravergine di oliva.