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Caratteristiche Strutturali del Mercato Legale: le Forze Concorrenziali

Nel documento Analisi Economica della Giustizia in Italia (pagine 174-179)

Alla luce di quanto appena detto, una volta individuata la cifra caratteristica del mercato legale, ne tentiamo qui di seguito un’analisi

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di maggior dettaglio, sulla scorta delle classificazioni proposte dal noto economista statunitense Micheal E. Porter186.

Premetto che, a seguito dell’analisi più dettagliata che segue, si deve concludere che il tasso di concorrenza nel settore del mercato legale è molto alto. Il che, tendenzialmente dovrebbe essere, sempre in ossequio ai paradigmi economici classici, un fattore di buon funzionamento del mercato. Difatti, secondo la teoria divisata da Leòn Walras, e perfezionata da Kenneth Arrow e Gerard Debreu, un sistema economico raggiunge la massima efficienza, consentendo l’equilibrio tra domanda e offerta di beni e servizi al prezzo di costo, in condizioni di concorrenza perfetta ed uno dei requisiti imprescindibili per avere una concorrenza perfetta risiede nell’avere un ampio numero di individui sia dal lato della domanda, che dal lato dell’offerta, nessuno dei quali vanti un potere di mercato così forte da poter influire sul prezzo187.

186 Robert M. GRANT, Analisi di settore (3º cap.), in L'analisi strategica per le

decisioni aziendali, 4ª ed., Bologna, il Mulino, 2011, p. 583; Michael E. PORTER, How Competitive Forces Shape Strategy, 1979 (Vol. 59, No. 2), pp. 137-145; TANG, David, Introduction to Strategy Development and Strategy Execution, Flevy, 2014; Kevin P. COYNE & Somu Subramaniam, Bringing Discipline to Strategy, The McKinsey Quarterly, 1996, (Vol. 33, No. 4), pp. 14-25; BRANDENBURGER, A. M., & NALEBUFF, B. J., The Right Game: Use Game Theory to Shape Strategy. Harvard Business Review, (Vol. 73, No. 4), 1995, 57-71.

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WALRAS, Léon, Elements of Theoretical Economics. Cambridge University Press, 2014; ARROW, K. J. ,Toward a theory of price adjustment, in M. Abramovitz (ed.), The Allocation of Economic Resources, Stanford University Press, 1959, pp. 41–51; AUMANN, R. J., Markets with a Continuum of Traders, Econometrica, Vol. 32, No. 1/2, 1964, pp. 39–50; KREPS, D. M., A Course in Microeconomic Theory,

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Passiamo quindi ad analizzare il mercato della professione legale, cominciando con lo studio di eventuali barriere all’ingresso o all’uscita.

Sicuramente una barriera all’ingresso è rappresentata dai costi legati ad università ed esame. Questi costi, tradizionalmente sono interpretati quale indice di scarsa concorrenzialità del mercato a valle. Difatti una barriera all’ingresso impedisce o comunque ridimensiona il numero dei competitors in un dato mercato. Tuttavia, nel caso dell’Avvocatura, a mio parere, queste barriere finiscono per aumentare la concorrenzialità del settore.

Qualsiasi barriera all’ingresso, per ragion di logica, una volta superata, sostenendone il relativo onere, si trasforma in un cd. sunk cost, ovvero in una barriera all’uscita. In altre parole, una volta che si è deciso di investire cinque anni della propria vita per conseguire una preparazione legale ed altri due anni di tirocinio, con annesso esame, un individuo razionale che si rendesse improvvisamente conto della sconvenienza di continuare la professione, ove decidesse ti tentare una carriera alternativa, dovrebbe mettere a perdita nel proprio bilancio personale almeno sette anni di lavoro. Conformemente a quanto evidenziato da Porter allora, le barriere all’uscita sono un fattore che inasprisce la concorrenza nel mercato di riferimento.

New York: Harvester Wheatsheaf, 1990; LEE, F.S., Post-Keynesian Price Theory, Cambridge University Press, 1998; Gerard DEBREU, Theory of Value: An Axiomatic Analysis of Economic Equilibrium, Yale University Press, New Haven CT, 1972

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Allo stesso tempo, poi, la barriera in entrata all’accesso alla professione, ovvero il “costo d’ingresso” nel mercato, è tendenzialmente sottovalutato a diciannove anni, quando si prende la scelta di iniziare il percorso, dunque tale barriera in entrata tendenzialmente.

Non solo, vale considerare che, a rimpinguare le fila della professione d’avvocato, vi sono molti “sognatori delusi”. Giurisprudenza è una facoltà, per usare un gioco di parole, molto facoltosa, nel senso che consente l’accesso a molte e variegate professioni, molte delle quali però prevedono un concorso altamente selettivo. L’avvocatura, allora, si pone quale opzione di ripiego per chiunque abbia aspirato, senza successo, ad una carriera in magistratura, notariato, diplomazia, pubblica amministrazione o politica. Senza contare poi quanti scelgono la facoltà di giurisprudenza e quindi la professione d’avvocato, anch’essi quale ripiego nel caso del (probabile) fallimento di piani più fantasiosi188.

Dunque, in conclusione, possiamo ritenere che le barriere all’ingresso siano generalmente sottovalutate e gli argini di sbarramento, pensati per selezionare i professionisti e consentire l’ingresso solo ai più motivati, hanno finito per svolgere il ruolo di argini di contenimento, impedendo l’uscita anche ai meno motivati, così innalzando la concorrenza tra avvocati.

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Non sono rari i casi in cui l’avvocatura offre un amaro approdo di aspiranti scrittori o artisti, che, naufraghi delle burrascose mareggiate che tempestano la rotta per le carriere umanistiche, sono stati costretti a cercare un rifugio di fortuna nell’affollata ma riparata baia degli avvocati.

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In seconda analisi, una caratteristica pregnante della professione legale risiede nella sua natura “non scalabile”. La natura scalabile di un mercato o di una professione indica la possibilità che un certo prodotto o servizio sia fornito in quantità sempre maggiori, dunque in scala, a costi sempre più bassi189. In termini semplici, il mercato legale non è come quello di molti prodotti al dettaglio, ove un modello di business vincente può essere facilmente replicato, in presenza di forti economie di scala ed un singolo operatore economico può conquistare ampie fette di mercato190. Il mercato legale presenta un’ampissima

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BONDI, André B. Characteristics of scalability and their impact on performance. Proceedings of the second international workshop on Software and performance, p. 195, 2000

190 Una definizione compiuta di economie di scala si ritrova in MOORE, Fredrick T.,

Economies of Scale: Some Statistical Evidence, Quarterly Journal of Economics. 73 (2), 1959, 232–245: “In microeconomics, economies of scale are the cost advantages that enterprises obtain due to size, output, or scale of operation, with cost per unit of output generally decreasing with increasing scale as fixed costs are spread out over more units of output. Often operational efficiency is also greater with increasing scale, leading to lower variable cost as well. Economies of scale apply to a variety of organizational and business situations and at various levels, such as a business or manufacturing unit, plant or an entire enterprise. For example, a large manufacturing facility would be expected to have a lower cost per unit of output than a smaller facility, all other factors being equal, while a company with many facilities should have a cost advantage over a competitor with fewer. Some economies”; si veda anche O'SULLIVAN, Arthur & SHEFFRIN, Steven M., Economics: Principles in Action. Upper Saddle River, NJ: Pearson Prentice Hall. p. 157; LANDES, David. S., The Unbound Prometheus: Technological Change and Industrial Development in Western Europe from 1750 to the Present. Cambridge, New York: Press Syndicate of the University of Cambridge, 1969, p. 470; CHANDLER, The Visible Hand: The

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decentralizzazione, poiché la prestazione dipende fortemente dal singolo professionista. Sussistono piuttosto diseconomie di scala, poiché diventa difficile per uno studio legale, per quanto grande assicurare un prodotto uniforme e “brandizzato”, ossia riconoscibile e distinguibile per una qualche caratteristica intrinseca. Risulta difatti impossibile ipotizzare una produzione in scala o catena di montaggio per un parere pro veritate o per la gestione di una controversia.

Dunque l’organizzazione in forma d’impresa risulta molto difficile. Difatti anche la soluzione dell’associazione professionale, che più si avvicina al modello di un’impresa, non prende piede nel mercato dell’avvocatura. Ne sia prova il fatto che, in Italia, il 70% percento degli avvocati risulta unico titolare dello studio e circa il 65% lavora in studi che contano massimo 3 professionisti191. Dunque l’offerta è profondamente parcellizzata e ciò aumenta la concorrenza del mercato (sebbene si parli di concorrenza non prezzo).

Ogni uomo è innocente fino a prova.. che può

Nel documento Analisi Economica della Giustizia in Italia (pagine 174-179)