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L’impatto sulla cultura della legalità

Un ordinamento che aspiri all’efficienza e alla sostenibilità non può disconoscere il valore della prevenzione. In un universo utopico non vi sarebbe bisogno di leggi, corti e tribunali. Queste istituzioni esistono proprio in quanto la società non riesce a raggiungere in autonomia la pace. Tutto ciò nel paradosso, ove la funzione della giustizia è quella di assicurare l’andamento pacifico della società, correggere e indirizzare, così che il fine ultimo della giustizia statale sarebbe il proprio annullamento.

La prevenzione dell’illecito e dunque la reverenza per il rispetto della normativa può passare attraverso due ben distinti canali: educazione e/o deterrenza. Tra le due prospettive, la seconda delle quali è spesso l’unica presa a riferimento dalla letteratura, soprattutto di stampo economico83, c’è ampia differenza. Mentre prevenire ingenerando il

83 Tutto iniziò con Gary Becker, che, nel 1968, rifacendosi alla teoria dell’utilità

attesa e assegnando una probabilità di essere colti sul fatto (x) ed un costo alla commissione dell’illecito pari alla sanzione comminata dalla legge (c) prevede che ogni delinquente, essendo un soggetto razionale, commette l’illecito solo ove il beneficio derivante dallo stesso (b) sia superiore al costo atteso dello stesso e dunque alla probabilità di essere puniti per il costo della sanzione (b>x*c). Da cui deriva l’immediata conseguenza che il legislatore, al fine di reprimere il crimine, dovrà agire modulando la gravità della sanzione o l’assiduità dei controlli. Cfr. BECKER, G., Crime and Punishment: An Economic Approach, in Journal of Political Economy, 76, 1968, 169-217; su cui vd. Anche POLINSKY, M., e SHAVELL, S., The Economic Theory of Public Enforcement of Law, in Journal of Economic Literature, 38, 2000, 45-76; e POLINSKY e SHAVELL, The optimal trade-of between the probability and magnitude of Fines, in American Economic Review, 69, 1979 880-891. La teoria di Bekcer ha costituito il gold standard per molti anni,

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timore di una punizione lascia vivo nell’agente il desiderio per quel contegno anti-sociale, che viene represso solo in presenza di una sanzione di forza maggiore e contraria rispetto al soddisfazione che potrebbe ragionevolmente derivare dall’infrazione; prevenire educando significa trasmettere all’agente quei valori sociali che tengono la società coesa e funzionante e che prescindono dalla ritorsione del gruppo e che vengono adottati in conseguenza dell’acquisita consapevolezza della profonda turpitudine di determinati contegni antisociali. Ma torneremo su questi discorsi in seguito, parlando dei modelli di analisi economica del diritto di Becker e neoclassici.

Allora, il ritardo della giustizia è doppiamente sfavorevole alla prevenzione, poiché da una parte riduce la gravità della sanzione, posticipandola e rendendola incerta ed eventuale rispetto alla commissione dell’illecito e dunque riduce la deterrenza nell’individuo ad infrangere la regola protetta da tale sanzione; dall’altro diffonde nel sostrato culturale di riferimento l’idea che l’illecito sia tollerabile, che la scaltrezza di non rispettare tutte le regole sino in fondo alla fine possa essere premiata, trasformando la meschinità in furbizia e così frustrando ogni aspirazione della legge ad educare alla legalità.

Per un attimo, estrapoliamo il ritardo dal contesto giudiziale, pensiamo al ritardo nel quotidiano. E’ nota la concezione relativa del tempo: “A

successivamente si sono espressi criticamente FRIEDMAN, D., Why Not Hang Them All: The Virtues of Inefficient Punishment, in Journal of Political Economy, 107, 1999, S259-S269; FEESS e WOHLSCHLEGEL., Why higher punishments may reduce deterrence, in Economics Letters, 104, 2009, 69-71; ANDREONI, J., Reasonable doubt and the optimal magnitude of fines: Should the penalty fit the crime?, RAND Journal of Economics. 22, 1991, 385-95.

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volte vola come un volatile, altre striscia come un verme” diceva Ivan

Turgenev. Proprio perché le persone vivono il tempo in modo differente, la sincronizzazione di più persone su date o appuntamenti, necessariamente deve contemplare un ammontare di ritardo consentito. Secondo alcuni l’indolenza italica verso le lungaggini della giustizia sarebbe una questione di tipo culturale “a Mediterranean

legal culture exists that for several reasons has become insensitive to the evils of delay”84.

Ovunque esista margine per un ritardo, nessuno vuole arrivare in orario per poi aspettare l'altro. Così, se un determinato contesto culturale tollera 5 minuti di ritardo, allora, la scelta economicamente massimizzante del soggetto razionale è di arrivare allo scoccare del quinto minuto successivo all'orario dell'appuntamento, così da non perdere nemmeno un secondo nell’attesa. Una volta ammesso il ritardo tollerabile, si farà quindi il ritardo tollerabile sul ritardo tollerabile e così via, in un viziosismo circolare e diabolico. Per arrivare ad una sentenza definitiva e non più impugnabile ci vogliono 8 anni e, invece di velocizzare il processo, si parla di allungare la prescrizione.

A dimostrazione di quanto la concezione di ritardo sia una risposta all’aspettativa che un individuo ha della puntualità degli altri e dunque sia dipendente dal sostrato culturale di riferimento mi rifaccio ad un interessante studio condotto da Levine, West e Reis. In tale studio i

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JOHNSEN, Jon T., The European Commission for the Efficiency of Justice (CEPEJ) Reforming European Justice Systems – 'Mission Impossible?' (January 9, 2017) in International Journal for Court Administration, Vol. 4, No. 3, 2012. disponibile su SSRN all’indirizzo https://ssrn.com/abstract=2895961

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ricercatori si limitarono a chiedere che ora fosse ad un numero elevato di persone, sia in Brasile, che negli Stati Uniti. Ebbene, gli autori osservano che “Brazilians and people from the United States do differ

in their time-related behavior in the direction predicted by stereotype”85. Analizzando i risultati difatti emerge che generalmente gli orari segnati dagli orologi brasialiani sono meno accurati di quelli segnati dai residenti americani e presentano una maggiore varianza, ossia una maggiore differenza di risultati, sia in eccesso che in difetto, rispetto all’ora esatta ed una maggiore distanza l’uno dall’altro.

In altre parole potremmo dire che per i brasiliani il concetto di puntualità è meno preciso che in altri parti del mondo, in modo statisticamente rilevante. Ciò è affermato sulla base di un ampio pool di osservazioni. Sono numerosi poi gli studi che confermano questa concezione86. Ne emerge che il tempo deve definirsi quale tratto culturale e soprattutto interrelazionale, in quanto la concezione del

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LEVINE, R., L. West e H. Reis, Perceptions of Time and Punctuality in the United States and Brazil, Journal of Personal and Social Psychology, vol. 38, 1980, 541-550;

86 EPSTEIN, J., Along the gringo trail, Berkeley, CA: And/Or Press, 1977; V.

Levine, Ara Norenzayan, The Pace of Life in 31 Countries, in The Journal of Cross-Cultural Psychology, 1999; Jones, J. M., & Brown, W. T., Any time is Trinidad time! Cultural variations in the value and function of tim, in A. STRATHMAN & J. JOIREMAN, Understanding behavior in the context of time: Theory, research, and application (pp. 305-323), 2005; HOPKINS, J. C, “Indian time” irritates committee members, in The Gallup Independent, 12 luglio 2006; HALL, E. T, The silent language, New York, NY: Anchor Books/Doubleda, 1981

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tempo e della puntualità di un individuo della società dipende dalla concezione che ne hanno gli altri.

Sono stati elaborati anche dei modelli economici di teoria dei giochi su tali presupposti, che riflettono proprio l’interazione sopra descritta, per cui, partendo dal presupposto che gli altri possano arrivare in ritardo è sempre meglio per l’individuo razionale fare altrettanto ritardo87.

Tenendo presente allora la correlazione culturale tra “ritmo della vita” di una società e ritardo giudiziale si comprende meglio l’importanza di un sistema giudiziale tempestivo e intransigente. In Italia il ritardo cronico dei processi non è caratteristica idiosincratica di questa o quella giurisdizione, ma è riscontrabile in modo indistinto anche tra amministrazioni giudiziarie che lavorano in modo distinto e sulla base di norme processuali completamente diverse come è il caso della giurisdizione civile e quella penale88. Diversamente invece, si

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K. BASU e W. WEIBULL, Punctuality - A Cultural Trait as Equilibrium, Working Paper No. 582 del Reasearch Insititute of Industrial Economics, 2002,

disponibile all’indirizzo https://pdfs.semanticscholar.org/562c/2ff155964411cec3f4403580a69b36af16ea.pdf

88 Senza contare che il tratto culturale, oltre ad influire sulla tolleranza al ritardo,

gioca un ruolo primario altresì con riguardo alla litigiosità di una società. Così si è efficacemente osservato che ”a differenza degli omologhi europei il cittadino italiano sembra faticare ad instaurare un sereno e umile rapporto di convivenza con gli altri. Stenta a reprimere le sue passioni e pulsioni, il suo scontento, la sua frustrazione verso l’altro”, “ci si pone in contrapposizione, pronto allo scontro frontale, oppure si litiga per inezie, per bagattelle, per riaffermare se stesso agli altri.

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potrebbe ritenere maggiormente virtuoso il processo amministrativo. Questa semplice constatazione prova come non sia la regola a dettare la differenza sull’andamento di una causa, come spesso non è cambiando le regole del gioco che si riesce a cambiarne il risultato, perché bisogna piuttosto intervenire sui giocatori e sulla loro percezione delle regole.

L’impatto economico secondo AIBE e Banca d’Italia