Tutela generale del rapporto di lavoro
II. Lo stato dell’arte dell’emittenza televisiva in Europa
3. L A REGOLAMENTAZIONE DELLE TRASMISSIONI TELEVISIVE IN
3.5 Il principale organismo di regolazione – l’indipendenza
3.5.3 Carenza di poteri
Accanto alle pressioni di natura politica ed economica, un altro problema che le autorità di regolazione si sono trovate a dover fronteggiare consiste nella carenza di adeguati pote-ri per far pote-rispettare le norme e per indipote-rizzare il mercato.
per vigilare sulle attività delle emittenti. Tale carenza ha ricadute negative sul potere san-zionatorio delle autorità.
Il Consiglio delle Comunicazioni macedone, secondo quanto dispone la vigente disci-plina, in procinto di subire consistenti modifiche, costituisce un esempio della estrema limitatezza delle competenze attribuite alle autorità.
Il Consiglio può solo formulare pareri e proposte su questioni quali il rilascio di licenze o la comminazione di sanzioni alle emittenti, mentre il potere decisionale spetta solo al Governo.
Al fine di regolamentare al meglio il mercato, in molti Stati le autorità di settore sono state investite del potere di proposta legislativa in materia.
In Polonia, il KKRiT può, di concerto con il Primo Ministro, emanare atti di indirizzo in materia di comunicazioni.
Tuttavia, di regola, nonostante il potere di partecipare al processo decisionale, l’influen-za delle autorità di settore all’interno del procedimento legislativo è davvero limitata. La partecipazione pubblica alla programmazione in materia di comunicazioni è scarsa nella maggior parte dei paesi presi in esame. Un primo, timido, passo in questo senso è stata la creazione, in Italia, del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, composto da rappresentanti delle associazioni di consumatori.
Il Consiglio redige proposte di legge in materia di comunicazioni da sottoporre all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), al Parlamento, al Governo e ad altri enti.
In Francia, la scarsa partecipazione pubblica nel dibattito sull’adozione delle decisioni da parte dell’autorità di regolazione nazionale (CSA) è stata più volte oggetto di critica. Nonostante le decisioni del CSA siano pubbliche, raramente il Consiglio richiede l’ap-porto collaborativo dei cittadini alla formazione di tali decisioni, facendo della regola-zione del settore il risultato di un procedimento a porte chiuse di esclusivo dominio degli esperti, degli amministratori di emittenti, di uomini d’affari e politici.
4. I
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ELEVISIVO: I
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DENTITÀIl Consiglio d’Europa e alcune organizzazioni internazionali hanno definito il servizio pubblico televisivo come un elemento di vitale importanza per la democrazia in Europa e parte del suo bagaglio culturale. E’ opinione comune che esso sia oggi messo in discussione da interessi politici ed economici, dall’impatto di nuove piattaforme di comunicazione, dalla crescente concorrenza degli operatori privati e da altri fattori. Indubbiamente, si assiste ad una profonda crisi di identità del servizio pubblico televi-sivo.
Da un lato, il servizio pubblico è ancora considerato dal mondo politico europeo come un bene culturale che necessità di essere protetto. Tuttavia, le organizzazioni internazio-nali e intergovernative, come il WTO e, formalmente, la Commissione Europea (si veda la sezione III.5.2) hanno criticato la posizione privilegiata degli esercenti del servizio pubblico televisivo, i quali ricevono finanziamenti pubblici e, allo stesso tempo (almeno in molti casi) competono con gli operatori privati per accaparrarsi i proventi della pub-blicità.
Nell’Europa occidentale, la posizione del servizio pubblico nel mercato è stata stabile per lungo tempo e oggi esso può contare su un nutrito pubblico di spettatori. Nondimeno, in Europa, gli osservatori del settore e le formazioni sociali criticano la televisione pub-blica per la vicinanza con i patiti politici e per lo scarso livello qualitativo della pro-grammazione, in ciò spinti dalla competizione con gli operatori privati.
Nei paesi dell’est europeo, il servizio pubblico televisivo spesso soffre per mancanza di professionalità, perché l’ideale del servizio pubblico si è oramai affievolito, per la caren-za di finanziamenti effettivamente utilizcaren-zabili, per l’interferencaren-za esercitata dal potere politico, e per la scarsa coscienza sociale del ruolo importante che riveste il servizio pub-blico.
Di conseguenza, in questi paesi, ci si attende poco o nulla dal servizio pubblico televisi-vo. A metà degli anni ’90 con l’avvento della televisione privata, il monopolio dell’ex televisione di Stato è caduto.
Dal 1995 l’indice di ascolto delle emittenti del servizio pubblico televisivo ha visto un forte declino che continua tutt’oggi.
In Ungheria, la televisione pubblica, tra il 1995 e il 2001, ha subito un calo di spettato-ri dall’80% al 13,2%.
Nel 2004, dopo l’ingresso sul mercato croato del canale privato RTL Televizija, la società HTV esercente del servizio pubblico ha assistito al dimezzamento dell’audience. Tuttavia, in molti paesi, come in Polonia, nella Repubblica Ceca, nella Slovacchia, in Serbia o Ungheria, il servizio pubblico televisivo ha ricominciato a prendere quota. (tabella 13)
4.1 Status
(tabella 9)
In Europa, gli esercenti del servizio pubblico televisivo sono fortemente politicizzati, nonostante essi siano, in teoria, organismi pubblici indipendenti dallo Stato. L’interferenza è stata riscontrata in un elevato numero di casi.
Gli esercenti del servizio pubblico televisivo stanno lottando per vedere legittimata la loro presenza nel mercato e per trasmettere il contenuto della loro missione al pubblico nazionale a cui il servizio è destinato.
Questa situazione di stallo è il risultato di tre fattori: gravi mancanze nelle strutture amministrative delle emittenti pubbliche, fonti di finanziamento inadeguate e/o facil-mente manovrabili, nonché lentezza nel processo di riforma della programmazione tele-visiva per distinguerla da quella privata.
Questi fattori, sono, ovviamente, correlati.
Gli organi amministrativi delle emittenti pubbliche di solito sono composti da soggetti legati alla classe politica.
In qualità di consiglieri, all’interno dell’apparato amministrativo della televisione pub-blica, essi spesso si fanno portatori degli interessi di partiti o dei politici che hanno spin-to per la loro candidatura.
Ecco perché la direzione e la guida della televisione pubblica è diventata, in special modo ma non solo, negli Stati di transizione, una contesa politica, in cui gli organi di ammi-nistrazione cambiano al cambiare degli schieramenti politici al potere.
Nella Comunità Economica Europea e nello Spazio Economico Europeo, il processo di trasformazione delle emittenti statali in soggetti erogatori del servizio pubblico televisi-vo - cui si è assistito dopo il 1990 - è stato completato, con qualche eccezione. Tuttavia, tale trasformazione è stata, in molti casi, più formale che sostanziale. In verità, lo Stato gioca ancora il ruolo dell’”amministratore occulto”, controllando da vicino la televisione pubblica.18
La maggior parte degli esercenti riveste lo status di organizzazione o ente pubblico. Le uniche eccezioni sono costituite dalla LTV (Lettonia), società a responsabilità limita-ta partecipalimita-ta dallo Slimita-tato e dalla polacca TVP, interamente possedulimita-ta da una società per azioni dell’Erario.
Anche il caso ungherese rappresenta un’eccezione: MTV e Duna sono società il cui capi-tale azionario è detenuto da una fondazione espressamente costituita nel 1990. In Serbia, tra Aprile e Marzo del 2004, il Governo non applicò la disciplina della Legge sulle Comunicazioni e nominò direttamente il nuovo Amministratore Generale e il Consiglio di Amministrazione della emittente pubblica RTS dichiarando che la fonte di tale potere era da ricercarsi nella Legge sulle Imprese Pubbliche e sui relativi abiti di Pubblico Interesse.
Nell’Europa occidentale, l’unica eccezione è rappresentata dalla RAI italiana, posseduta, per la maggioranza dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
18Il termine “amministratore occulto” è stato coniato da Alina Mungiu-Pippidi in “Lo Stato nel Settore Pubblico: il fallimento della riforma della televisione di Stato nell’Europa centro orienta-le”, 1999, Centro Joan Shorenstein per la Stampa, la Politica e le Politiche Pubbliche.