Tutela generale del rapporto di lavoro
II. Lo stato dell’arte dell’emittenza televisiva in Europa
1.2 I modelli orientali
1.2.1 Il blocco post-socialista
Europa Centro orientale
Durante il comunismo, in tutti gli Stati dell’Europa centro orientale, la televisione costi-tuiva il mezzo di comunicazione del partito al potere e, di solito, veniva usata per glori-ficare i leader politici dei paesi. Con il crollo del comunismo negli anni 1989-1990,la televisione si affacciò ad una nuova era. La ristrutturazione del settore seguì allo svilup-po della televisione nell’Europa occidentale. Nei primi anni ‘90 i governi svilup- post-comuni-sti iniziarono a cambiare i sistemi televisivi nazionali aprendo il mercato ai privati e, allo
stesso tempo, adottando strategie per trasformare la televisione di Stato in “qualcosa di più indipendente”. La libertà dei mezzi di comunicazione presto significò prima di tutto libertà di gestire i mezzi di comunicazione come imprese private. Le emittenti private che avevano come obiettivo primario quello di conseguire ricavi consistenti, presto supe-rarono le emittenti pubbliche, riluttanti o incapaci di tenere il passo con esse. Complessivamente, il grado di successo delle riforme del settore ha rispecchiato la velo-cità della trasformazione dei rispettivi paesi.
Nei primi anni ’90, molti paesi post-comunisti furono devastati da “guerre delle comu-nicazioni” tra le elite politiche e le comunità di giornalisti per ottenere il controllo sui mezzi di comunicazione. In Ungheria, per esempio, sin dal mutamento politico del 1989-1990, lo scenario televisivo nazionale ha fornito la miglior rappresentazione del descritto conflitto tra elite politiche e giornalisti per ottenere ciò che dovrebbe essere la corretta funzione dei mezzi di comunicazione in una società aperta e pluralista. In molti paesi post-comunisti, i cambiamenti nel settore televisivo furono portati avanti in modo caotico, senza che vi fosse alcun disegno politico chiaro né alcun quadro normativo di riferimento. Ciò portò alla proliferazione di mercati televisivi non autorizzati. In Polonia, ad esempio, sin dall’inizio del 1993, c’erano ben 57 emittenti televisive illegali. Tra il 1993 e il 1997, le maggiori emittenti a diffusione nazionali vennero autorizzate. Nonostante il lento avvio della liberalizzazione del mercato, l’Albania ha registrato una crescita veloce del settore. Tuttavia, questo processo iniziò in un contesto normativo carente e a tratti caotico, senza alcuna regolazione. La Radio Televisione albanese era sog-getta a monopolio sino al 1995, allorché la televisione privata TV Shijak iniziò a tra-smettere.
La Slovacchia è stata celere a convertire le emittenti statali in gestori del servizio pubbli-co. Dal 1991, sia la Slovak Television (STV) che la Slovak Radio (SR) formalmente divennero emittenti del servizio pubblico e, nei primi anni ’90, sei televisioni private furono autorizzate. Nella Repubblica Ceca, la prima televisione privata che ruppe il monopolio della televisione di Stato (ČT) fu TV Nova, un raggruppamento parte della Central European Media Enterprises (CME), costituita in un’isola caraibica dall’ex ambasciatore statunitense in Ungheria. A differenza dei “colleghi” centro europei, come l’ex Cecoslovacchia e la Polonia, l’Ungheria è stata lenta a dotarsi della disciplina sulla televisione, adottata, per la prima volta solo nel 1996. Anche la liberalizzazione del mer-cato subì ritardi in Ungheria: i primi operatori privati vennero autorizzati solo nel 1997. In Bulgaria, con l’ingresso nel mercato delle due televisioni nazionali bTV and Nova TV, a metà degli anni ’90, la televisione divenne un’industria concorrenziale e la emittente nazionale bulgara (BNT) perse il predominio. bTV è posseduta dalla Balkan News cor-poration, società appartenente al magnate internazionale delle comunicazioni, Rupert Murdoch. In Romania, gli investitori stranieri e locali aprirono le prime emittenti tra il 1993 e il 1998, tramutando la televisione in un’industria fremente e obbligando l’emit-tente di Stato (SRTV) a vari processi di ricostruzione prima di riuscire a tenere il passo con la concorrenza.
il 1996 la trasformazione dell’ex emittente di Stato in servizio pubblico era completata. In Estonia, durante il comunismo, la televisione di Stato, ovviamente, aveva la missione ideologica di sostenere la propaganda sovietica. Tuttavia, in qualche modo riuscì a for-nire qualche programma di buona qualità, in ciò spesso ispirata dalle emittenti finlan-desi, i cui programmi potevano essere guardati e compresi da gran parte ella popolazio-ne estopopolazio-ne. L’Estonia sostenpopolazio-ne la liberalizzaziopopolazio-ne del settore popolazio-negli anni ’90 e riuscì a com-pletare -formalmente- il processo di trasformazione della televisione di Stato in servizio pubblico nel 1994. il Processo di liberalizzazione fu più lento in Lettonia, dove la prima emittente privata, LNT, iniziò a operare solo nel 1996, mettendo a dura prova il domi-nio della televisione pubblica LTV.
Ex Jugoslavia
In ragione della stratificazione culturale, della costituzione federale e del sistema ideolo-gico permissivo, l’ex Jugoslavia ha registrato un sistema televisivo liberale e differenzia-to, con un gran numero di mercati locali e regionali. Le emittenti televisive trasmette-vano molti programmi occidentali in lingua originale con i sottotitoli. Ad esempio, in Slovenia (la più settentrionale delle 6 repubbliche federate dell’ex Jugoslavia) sin dal suo lancio, negli anni ’50, la televisione aveva caratteristiche “occidentali”: la televisione di Stato trasmetteva programmi sia culturali che popolari, inclusi programmi prodotti nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti. Inoltre, grazie alla collocazione geografica, il pubblico poteva guardare canali italiani e austriaci. L’apertura occidentale della Slovenia, al pari della rapida liberalizzazione del mercato interno televisivo -la prima televisione privata fu autorizzata già nel 1990 e le successive due nel 1995- contribuì a rendere il mutamento del sistema politico ed economico della fine degli anni ’80 meno traumati-co che negli altri stati dell’est europeo.
La repubblica più a sud, la Macedonia, iniziò il processo di riforma del settore subito dopo l’indipendenza. Già nel 1991 e nel 1992, le prime televisioni private iniziarono ad operare. Nel 1991, il Parlamento ufficialmente trasformò la televisione di Stato mace-done in emittente di servizio pubblico. Ci volle molto più tempo per operare la sostan-ziale riforma del settore, ancora in corso e assistita da interventi intergovernativi tesi ad aiutare il paese a risolvere i conflitti etnici che condussero alla violenta rivolta della comunità albanese nel 2001.
Gli altri 3 stati nati dalle ceneri dell’ex Jugoslavia devono ancora confrontarsi con l’ere-dità lasciata dai conflitti etnici e dalle guerre degli anni ’90. I mezzi di comunicazione e, specialmente, la televisione, erano tra i più importanti strumenti di uso bellico ed erano controllati dai governanti nazionalisti e populisti, i quali incitavano all’odio razziale e denigravano l’opposizione democratica.
Secondo le previsioni dell’accordo che pose fine alla Guerra in Bosnia Erzegovina degli anni 1992–1995, il paese è stato dotato di una struttura di governo molto complessa, che riflette -ma anche continua- la costante mancanza di consenso politico tra i tre schie-ramenti nazionali. Le organizzazioni intergovernative che hanno vigilato sulla ricostru-zione del paese, dopo la guerra, non sono state in grado di fronteggiare
tempestivamen-te i cambiamenti portati dalla riforma del settore tempestivamen-televisivo. Non è ancora chiaro se esse -e, se dietro di esse, sostanzialmente, l’Unione Europea che sta acquisendo sempre più controllo sui processi di ricostruzione e sviluppo- abbiano i mezzi e l’intenzione di evi-tare che le elite nazionaliste blocchino sul nascere l’autonomo sevizio pubblico televisi-vo. Serbia e Montenegro è un’unione di Stati che non ha ancora deciso per il proprio futuro. Mentre il governo del Montenegro ha votato per l’indipendenza, la provincia meridionale serba Kosovo e Metohija, è sottoposta al protettorato delle Nazioni Unite sin dal 1999 a seguito dell’intervento militare della NATO per fermare lo spargimento di sangue causato dal conflitto tra i dissidenti di etnia albanese e il governo serbo. Le comunicazioni elettroniche in Serbia sono cambiato molto negli ultimi 15 anni. Negli anni ’90, la maggior parte dei mezzi di informazione erano sotto il controllo del Governo e niente meno che i portavoce del regime autoritario e guerrafondaio di Slobodan Milošević. Tuttavia, alcuni mercati delle comunicazioni persistevano nell’op-posizione al Governo ricevendo protezione politica e aiuti economici dall’occidente. Il regime non si preoccupò della proliferazione delle radio e delle stazioni televisive -a cen-tinaia- private, a patto che trasmettessero programmi di basso intrattenimento e altri programmi non impegnati per la popolazione politicamente disorientata. I veri cambia-menti nelle politiche delle comunicazioni, che portarono alla fine del dominio dello Stato nel settore, arrivarono solo dopo la caduta del regime, nell’ottobre del 2000, ma non sono stati ancora portati a compimento.
In Croazia, con Franjo Tudjman, il primo presidente eletto democraticamente dopo la fine della regola del partito unico al potere, l’atteggiamento autoritario del Governo nei confronti delle comunicazioni fu evidente anche prima dell’inizio della guerra nell’esta-te del 1991. Alla fine degli anni ’90, questo atnell’esta-teggiamento creò una certa resisnell’esta-tenza da parte dei partiti politici democratici e della società, e fu anche elemento di attrito con la comunità internazionale, che insisteva per la fine dei discorsi sull’odio razziale e della propaganda di incitamento contro le minoranze etniche e l’opposizione democratica. Il dominio delle emittenti nazionali sottoposte all’influenza dello Stato continuò sino al 1999, alla morte di Tudjman e alla sconfitta del suo partito alle elezioni presidenziali e politiche. Il sistema delle comunicazioni, poi, fu sottoposto a riforme che aumentarono il grado di indipendenza della televisione. Secondo l’Unione Europea tali cambiamenti dovranno continuare per raggiungere gli standard richiesti per l’ingresso in Europa.
1.2.2 La Turchia
La televisione turca è stata dominata per più di 20 anni dalla emittente statale cui fu rila-sciata, nel 1964, l’unica licenza del paese e che poté esercitare il monopolio sino al 1990, allorché la prima televisione provata cominciò a trasmettere in Turchia dalla Repubblica Federale tedesca. Altre emittenti seguirono l’esempio. La fine ufficiale del monopolio dello Stato si ebbe nel 1993.