Tutela generale del rapporto di lavoro
II. Lo stato dell’arte dell’emittenza televisiva in Europa
3. L A REGOLAMENTAZIONE DELLE TRASMISSIONI TELEVISIVE IN
4.5 Il Servizio pubblico televisivo a un bivio
Nell’ultimo decennio il servizio pubblico televisivo è stato criticato e lodato allo steso tempo. Considerato componente essenziale dell’identità culturale europea da parte del-l’elite politica europea, esso è stato appoggiato dal mondo politico.
Nel protocollo sul sistema del servizio pubblico televisivo allegato al Trattato di Amsterdam del 1997, il pubblico servizio televisivo è considerato “direttamente collega-to alla necessità, per ogni società, di possedere un assetcollega-to democratico sociale e cultura-le e al bisogno di preservare il pluralismo dei mezzi di informazione”.
19BBC World, il canale televisivo, è finanziato da privati e BBC’s World Service, la stazione radio, conta sul finanziamento statale.
Il protocollo prevede che la competenza al finanziamento delle emittenti pubbliche verrà lasciata allo Stato per adempiere agli obblighi di servizio pubblico.20
Nel 2005, in occasione della settima Conferenza Ministeriale sulle Politiche dell’Informazione di Massa (Kiev), il Consiglio d’Europa ha confermato l’importanza del servizio pubblico televisivo quale “elemento di coesione sociale, il riflesso delle diffe-renze culturali e un fattore essenziale per il pluralismo nell’accesso alle comunicazioni”21. Allo stesso tempo, la Commissione ha sottolineato che gli aiuti di Stato nel settore devo-no superare la prova di proporzionalità, ciò significa che l’aiuto devo-non deve eccedere il costo netto del servizio pubblico.22
D’altra parte, il servizio pubblico televisivo è stato posto sotto pressione dalla WTO, che ha invocato la liberalizzazione del mercato radiotelevisivo, il che verrebbe a significare l’eliminazione di ogni trattamento preferenziale per le emittenti pubbliche.23Allo stesso tempo, la Banca Mondiale, in uno studio del 2002, ha ritenuto che gli obblighi di ser-vizio pubblico possano essere adempiuti in modo più efficiente dalle emittenti private.24 Anche le emittenti private criticano il modello di finanziamento delle emittenti pubbli-che, lamentando che questo sia scorretto rispetto ai concorrenti privati. Essi hanno accu-sato più volte gli esercenti del servizio pubblico di “comprare” gli indici di ascolto con le entrate dello Stato derivanti dai canoni. Tuttavia, un recente studio mondiale sulla televisione pubblica, condotto dalla società McKinsey, su incarico della Ofcom, ha mostrato come non sussista alcuna prova che i finanziamenti privati siano di gran lunga inferiori rispetto alla quota di finanziamento pubblico.25
20Il Trattato di Amsterdam che ha modificato il Trattato UE, i Trattati CEE e gli atti correlate siglati il 2 Ottobre, C 340, il 10 Novembre 1997, il Protocollo No. 9 sul sistema del servizio pubblico televi-sivo negli Stati membri, C340/109, sono disponibili sul sito http://europa.eu.int/eurlex/en/treaties/ selected/livre545.html (d’ora in avanti, Protocollo UE sul Servizio Pubblico Televisivo (1997)).
21Consiglio d’Europa, “Integrazione e diversità: le nuove frontiere delle politiche comunitarie del-l’informazione e delle comunicazioni. Testi adottati” settima Conferenza Ministeriale sulle Politiche dell’Informazione di Massa (Kiev), 10-11 Marzo 2005, Risoluzione No. 2, Diversità cul-turale e pluralismo dei mezzi di comunicazione all’epoca della globalizzazione p. 7, disponibile sul sito http://www.coe.int/T/E/Human_Rights/media/MCM%282005%29005_en.pdf
22Per un approfondimento: capitolo III.5.2
23Si veda: Pauwels, Caroline – Jan Loisen, The WTO and the Audiovisual Sector. Economic Free Trade vs. Cultural Horse Trading, in European Journal of Communication, 18, 3/2003, pp. 291–313; inoltre, il capitolo III.2 di questa relazione.
24Per ulteriori approfondimenti: World Bank Institute Development Studies, The Right to Tell. The Role of Mass Media in Economic Development, The World Bank, Washington, D.C., 2002.
25McKinsey & Company, Review of Public Service Broadcasting around the World, Londra, set-tembre 2004, p. 2, disponibile sul sito http://www.ofcom.org.uk/consult/condocs/psb2/psb2/ psbwp/wp3mck.pdf
Gli autori dello studio affermano che, statisticamente, l’impatto maggiore deriva il pro-dotto interno lordo, che è in grado di influire sui livelli di finanziamento derivanti dalla pubblicità.
Da ultimo, nei paesi dell’Europa orientale il servizio pubblico televisivo è ancora asso-ciato dai più alla nozione di televisione di Stato, ciò è dovuto al lungo corso del mono-polio televisivo esercitato dagli Stati comunisti e alle numerose rivelazioni circa l’inter-ferenza dello Stato nell’attività generale e nella programmazione degli esercenti del ser-vizio pubblico. Alcuni Governi sembrano ancora riluttanti all’idea di cedere il controllo sul servizio pubblico televisivo.
In Serbia, l’attuale amministratore di RTS, nominato dal Governo, preferisce chiamare l’ex emittente pubblica “televisione nazionale”. Questo “mito” e l’asserita importanza di avere un’”istituzione nazionale”, in questo caso, l’RTS, mantengono salde, con tutte le pericolose conseguenze del caso, le fantasie di una grandeur nazionale al primo posto dell’agenda dell’emittente di Stato.
4.6 Indipendenza
Il presupposto principale affinché le emittenti pubbliche portino a compimento i propri compiti consiste nell’indipendenza dallo Stato.
Vi sono tre settori in cui l’indipendenza è di importanza fondamentale per le funzioni generali del servizio pubblico televisivo come mezzo di informazione di massa oggettivo e attendibile: l’indipendenza finanziaria, l’indipendenza nella gestione e l’indipendenza dalla stampa. Tutte e tre sono correlate e spiegano diretta influenza sulle prestazioni for-nite dal servizio pubblico televisivo.
4.6.1 Indipendenza finanziaria
Il sovvenzionamento del servizio pubblico televisivo da parte dello Stato è di solito guar-dato come il più pericoloso sistema di finanziamento, in quanto crea automaticamente dipendenza dall’apparato statale.
I sussidi di Stato, mettono in serio pericolo la posizione di indipendenza del servizio pubblico televisivo. E’ questo il caso dell’Albania, in cui la maggior parte dei fondi uti-lizzati dall’emittente pubblica, RTSH, proviene direttamente dalle casse dello Stato (tabella 12). La carenza di trasparenza nella gestione di tali fondi accresce la preoccupa-zione circa l’effettiva indipendenza dell’emittente.
Allo stesso tempo, la descritta forma di finanziamento non incoraggia la RTSH a porta-re a termine la ricerca di forme di finanziamento più flessibili. Anche il fatto che le emit-tenti bulgare BNT e BNR facciano costante affidamento sui finanziamenti statali ha fatto sorgere seri dubbi sulla loro indipendenza dal potere politico. In Serbia, ha desta-to moldesta-to scalpore la reintroduzione, da parte del Parlamendesta-to, nel 2005, dei canoni obbli-gatori per le licenze da corrispondere unitamente alle bollette dell’energia elettrica. Molti esperti di comunicazione protestarono poiché non ritenevano giustificati i canoni
obbli-gatori, quanto meno non finché esisteva il servizio pubblico televisivo.
Tale canone viene corrisposto dal possessore di un apparecchio televisivo e non costitui-sce entrata dello Stato. In alcuni paesi esso viene qualificato come tassa sulla televisione ed è riscossa con la bolletta dell’energia elettrica. Le entrate derivanti dai canoni costi-tuiscono il modello di finanziamento del servizio pubblico televisivo più consono, a patto che vi siano trasparenza e verificabilità della destinazione del denaro pubblico. Tuttavia, il finanziamento fondato sui canoni è stato messo in discussione nei paesi in cui questa forma di tassazione universale non è giustificata dalla qualità del prodotto offerto. (paragrafo II.6.) Un fenomeno abbastanza comune - in special modo nei paesi dell’est europeo che utilizzano il sistema del canone per il finanziamento del servizio pubblico- è la tendenza a non corrispondere il canone; ciò è dovuto al non efficiente sistema di riscossione e alle diffuse difficoltà economiche, nonché al rifiuto opposti dei locatori che si rendono conto di non riceve alcun valore aggiunto dalla corresponsione del canone.
In molti dei paesi esaminati, le entrate dei canoni rappresentano la fetta maggiore dei ricavi dei gestori del servizio pubblico (tabella 12). Nonostante il canone sia una diver-sa forma di tasdiver-sazione, la circostanza che non provenga direttamente dal bilancio dello Stato la rende una forma legittima di finanziamento dei gestori del pubblico servizio, giacché assicura loro l’indipendenza finanziaria. In Ungheria, l’eliminazione del canone, nel 2002, fu interpretato come un messaggio simbolico negativo: il Governo appariva minare l’indipendenza del esercente del servizio pubblico televisivo.
Nondimeno, la mera introduzione di un canone per la televisione pubblica non appare sufficiente a garantire la indipendenza finanziaria degli esercenti del pubblico servizio nei confronti dello Stato.
Fintanto che l’ammontare del canone è determinato dal Parlamento o dal Governo, e il relative aumento richiede una modifica legislativa, il canone può diventare un ulteriore strumento di controllo statale sulle emittenti pubbliche.
In Germania esiste una commissione indipendente per la valutazione e l’accertamento dei requisiti finanziari dei gestori del servizio pubblico televisivo (Kommission zur Ermittlung des Finanzbedarfs der Rundfunkanstalten). Il finanziamento della televisio-ne pubblica ungherese prima dell’abbandono del sistema del canotelevisio-ne, non era soddisfa-cente, poiché i Governi non mancavano di esercitare forti e costanti pressioni sulle emit-tenti, mantenendo basso il corrispettivo del canone, in modo da impedire che il gestore si rendesse davvero indipendente. L’indipendenza finanziaria del servizio pubblico tele-visivo è assicurata attraverso l’introduzione di forme di finanziamento stabili e in misu-ra sufficiente a consentire lo svolgimento delle funzioni e correlate con l’andamento degli indicatori economici, quali il tasso di inflazione.
4.6.2 Indipendenza di gestione
Il recente passato dei paesi di transizione ha visto un aumento del tipo e numero di organi incaricati di nominare gli organi di gestione delle emittenti pubbliche. Questa
è stata un’innovazione positiva poiché ha diluito il controllo politico esercitato nei confronti dei gestori del servizio pubblico. (paragrafo II.4.2.)Tuttavia, il procedimen-to di nomina è ancora caratterizzaprocedimen-to da forme di “contrattazione” politica e, di conse-guenza, sono ancora vivi i sospetti di interferenza politica nella gestione del servizio pubblico televisivo.
In Albania, il sindacato dei lavoratori del RTSH ha più volte denunciato, e provato, che l’elezione del direttore generale è procedura di natura eminentemente politica. Nella Repubblica di Macedonia, nonostante le modifiche legislative del 1997 e 1998 finaliz-zate ad accrescere il grado di indipendenza dell’apparato di gestione dell’emittente pub-blica, la tradizionale intromissione politica nella compagine dell’emittente del sevizio pubblico radio televisivo (MRT) è sopravvissuta e i gestori dell’emittente sono rimasti vicini alle forze politiche al potere.
Anche in Macedonia, come regola, i partiti polititi assicurano che le più alte cariche dell’organo di amministrazione dell’emittente pubblica siano divise tra i rappresentan-ti delle varie etnie i quali, in cambio, devono la loro candidature ai parrappresentan-tirappresentan-ti polirappresentan-tici. Un caso di gestione politicizzata del servizio pubblico si ebbe con la crisi della televisione ceca nel 2000 - 2001 scoppiata allorché Jiří Hodač, giornalista legato al partito civico democratico (ODS), è stato nominato a capo dell’emittente. Si levarono così furiose proteste da parte dell’emittente stessa e si assistette a numerose manifestazioni cittadi-ne. Alla fine, Hodač si dimise e il Parlamento fu posto sotto pressione perché discipli-nasse il procedimento di nomina dei componenti dell’organo gestionale della televisio-ne ceca che, a sua volta, avrebbe dovuto nominare il direttore getelevisio-nerale. La riforma pre-vede che il Parlamento nomini i membri del Consiglio non direttamente, come era in precedenza, ma scegliendoli tra una rosa di candidati individuati dalle organizzazioni civili. Tuttavia, il nuovo sistema non ha cambiato di molto la situazione, poiché i par-titi politici di norma scelgono i propri candidati proprio tra i componenti delle orga-nizzazioni civili e, alla in buona sostanza, li spingono a ricoprire incarichi dirigenziali quali quelli descritti.
Il coinvolgimento della società civile nei procedimenti di nomina degli organi di gestione è, quindi, un passo avanti verso la maggiore indipendenza di questi ultimi, ma, allo stato, non è in grado di assicurarla. Un altro esempio della scarsa influenza che la società civile riesce ad esercitare sulle strutture gestionali delle emittenti del ser-vizio pubblico si riscontra in Ungheria, ove le emittenti pubbliche MTV e Duna TV sono gestite da organi composti da molti amministratori tra cui figurano anche rap-presentanti di organizzazioni civili. In generale, la struttura gestionale di tali emitten-ti viene criemitten-ticata per il gran numero di componenemitten-ti che la cosemitten-tituiscono (entrambi rag-giungono le 60 unità) tale da rendere difficile attribuire responsabilità per le decisio-ni assunte. Inoltre, i rappresentanti delle orgadecisio-nizzaziodecisio-ni civili sono scelti senza alcun formale meccanismo di tipo rappresentativo, non hanno alcuna esperienza nel settore e sono spesso associati a partiti politici. Anche in un sistema in cui il servizio pubbli-co è stato da tempo positivamente pubbli-collaudato, quale quello tedespubbli-co, l’influenza politi-ca sulle strutture gestionali è rilevante. Prima di tutto, i partiti politici sono
rappre-sentati direttamente nei consigli di ARD e ZDF, attraverso i parlamenti degli stati federati. I membri fanno ingresso nel consiglio su spinta dei gruppi sociali e delle orga-nizzazioni non governative e, spesso si schierano con qualche partito politico. In Italia, la RAI è rimasta, per molti anni, sotto diretto controllo del Parlamento e, pertanto, sotto l’influenza dei partiti politici al potere. La situazione è peggiorata con l’ingresso in politica di Silvio Berlusconi, il magnate della televisione che controlla il più gran-de operatore televisivo gran-del paese, Mediaset.
L’assenza, in molti paesi, di norme trasparenti sul conflitto di interessi ha avuto un’in-fluenza negativa sull’indipendenza degli organi di gestione delle emittenti pubbliche. E’ il caso della Polonia in cui ai membri del Comitato di Vigilanza del TVP non è vietato assumere altri incarichi retribuiti all’interno della stessa emittente. Tale situazione ha permesso ai consiglieri di amministrazione di assumere anche altri incarichi all’interno della TVP o di società collegate ad essa.
4.6.3 Indipendenza editoriale
L’indipendenza editoriale è strettamente collegata all’indipendenza nella gestione e all’in-dipendenza finanziaria. Senza consistenti finanziamenti che permettono di mandare in onda programmi di alta qualità e di immunizzare le strutture di gestione da pressioni esterne, l’indipendenza editoriale è difficile da acquisire. Tutti i gestori del servizio pub-blico televisivo operano in conformità a prestabiliti standard e linee guida editoriali che hanno lo scopo di assicurare l’alta qualità della programmazione, nonché la diffusione di notizie oggettive e accurate. A questi standard si aggiungono altre norme interne che devono essere rispettate, quali codici deontologici e professionali. Tali norme interne, tuttavia, tendono ad essere formulate in modo assai vago e hanno, così, una funzione meramente indicativa. L’indipendenza editoriale del servizio pubblico dipende dal grado di indipendenza operative del gestore e, in parte, anche del grado di professionalità con cui esso fornisce agli utenti notizie vere e oggettive.
Le linee guida di programmazione della BBC sono state importante e adattate da molti paesi dell’Europa orientale. Le linee guida sono regolate dai principi di imparzialità, accuratezza e correttezza nella rappresentazione dei fatti. Il punto cardine della politica editoriale della BBC è il concetto di “imparzialità dovuta” che sta alla base della cultura di programmazione fondata sull’accuratezza, correttezza e rispetto per la verità. Nonostante il gran numero di programmi mandati in onda, la BBC ha raramente vio-lato tali principi.
La situazione della diffusione della notizie e dell’indipendenza editoriale varia molto da paese a paese. Vi sono Stati in cui il grado di diffusione delle notizie è molto migliora-to, ma in altri Stati il servizio pubblico offre informazioni di parte, politicamente orien-tate e inaccurate. I giornalisti del servizio pubblico sperimentano direttamente o indi-rettamente la pressione e le interferenze politiche esercitate nel loro settore.
Indagine sull’indipendenza editoriale delle emittenti del sevizio pubblico televisivo
La pratica giornalistica ha iniziato ad essere svolta da professionisti e le informazioni sono solitamente corrette e provengono da fonti attendibili. Purtroppo, la mancanza di un filtro tra la gestione e l’editoria, nonché le pressioni dai partiti al potere hanno impedito alla BNT d essere realmente indipendente.
L’attività dell’emittente pubblica è migliorata in modo consistente: le notizie e i programmi nazionali sembrano scevri da condizionamenti politici. I giornalisti della emittente ceca non hanno sperimentato direttamente interventi diretti della politica o degli organi di gestione nello svolgimento della propria attività, tuttavia accusano i membri del Parlamento di esercitare pressioni indirette allorché condannano apertamente i servizi giornalistici di natura investigativa.
L’influenza politica è molto più rilevante all’interno della televisione pubblica che in quella privata. Tuttavia, l’inclinazione filo governativa della televisione pubblica ungherese non ha avuto un consistente impatto sulle tendenze politiche del pubblico.
L’indipendenza editoriale in Albania è estremamente scarsa sia per quanto concerne la televisione pubblica che privata, ciò è dovuto alla carenza di meccanismi di autoregolazione non adottati a causa dell’ostruzionismo comune a tutti i governi post comunisti.
La televisione pubblica non trasmette servizi oggettivi. Le notizie trasmesse includono commenti e opinioni. Questa tendenza deriva dalla vaghezza della formulazione degli standard giornalistici contenuti nel codice deontologico dell’emittente che sembra consentire la trasmissione di servizi di parte. I giornalisti della TVP erano soggetti alla diretta pressione dell’organo di gestione dell’emittente che si rifiutava di pagarli o stralciava i loro
programmi dal palinsesto se non si fossero conformati alle richieste politiche dell’amministrazione.
SRTV è stata meglio conosciuta in passato come la portavoce del Governo che controllava direttamente e poneva la censura sui notiziari da mandare in onda. Dopo le lezioni politiche del 2004, la SRTV è stata sottoposta ad un radicale processo di trasformazione che, si spera, porrà fine all’intervento del Governo negli affari della emittente.
Non si segnalano manifestazioni di interferenza politica nel servizio pubblico televisivo.
A causa dello scarso potere attribuito al consiglio di amministrazione della RAI, i giornalisti dell’emittente sono vulnerabili agli attacchi delle coalizioni al potere. Due famosi casi hanno visto il licenziamento di rinomati giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro, dopo che Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio e magnate delle televisioni li ha pubblicamente attaccati.
L’indipendenza editoriale è un dato di fatto. Nell’affrontare le pressioni politiche, i giornalisti francesi ricevono appoggio dai sindacati. Molto più pericolosa è la relazione tra giornalisti e le fonti di informazione da cui i giornalisti traggono le notizie, essendo queste vicine ai partiti politici.
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