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CAPITOLO SECONDO

LETTERA APERTA: LO STILE E LE PRINCIPALI ESPUNZION

II.5 Dentro il testo, per una lettura filologica

2 Cari lettori (se ce ne saranno),

non è per importunarvi con una nuova storia poetica – so che ne avete avute tante da sorbirvi in questi anni – né per fare esercizio di (calligrafia) letteratura, come ho fatto anch’io per lungo tempo; né per bisogno di verità – non mi interessa affatto – che mi decido a parlarvi di quello che non avendo capito mi pesa da cinquant’anni sulle spalle. Voi penserete: perché non se la sbroglia da sé? Infatti ho cercato cercato molto, vi assicuro... Ma visto che questa ricerca solitaria mi portava alla morte – sono stata due volte per morire “di mia propria mano”, come si dice – ho pensato che sfogarsi con qualcuno 3 sarebbe stato meglio, se non per gli altri, almeno per me. E che faccia bene parlare delle proprie cose – scusate se ricorro a questo luogo comune, vi prego di credere con la ripugnanza che questi luoghi comuni suscitano in tutti noi – ho dovuto ammettere (sperimentare) che ha qualche fondamento reale. Eh sì, parlare delle proprie cose ad alta voce le rende più chiare (ce le chiarisce) e così: scusate se vi prenderò tanto tempo, ma devo pure uscirne, devo pure parlare con qualcuno anch’io, no? Come ho detto, questi cinquant’anni, o meglio i primi vent’anni di questi cinquant’anni, col tempo, a furia di volerli ignorare scientemente, si sono così ingarbugliati che non riesco a districarli, a fare ordine. Io purtroppo sono molto ordinata, anzi direi un po’ fissata e così mi schiacciano ai muri di questa 4 stanza che si è fatta troppo piena e... Capirete, ci vivo da cinquant’anni! Ci sono libri, naturalmente, quadri, specchi, tavoli, tanti tavoli che uno sta sull’altro, oggetti inutili che ho comprato o che mi hanno regalato o che non ho osato rifiutare, vestiti, troppi vestiti, il piccolo armadio ne è zeppo. Questo è il guaio. Neanche gli oggetti, le camicette che quando mi sono state regalate non mi piacevano... è per questo che voglio parlare con voi: dalla reazione di chi ascolta puoi capire cosa va tenuto, cosa va buttato. Vi spiego: oggi è venuta, come al solito Dina per pulire un po’ – viene due volte la settimana – e spolverando un piccolo animale stilizzato, naturalmente messicano, che mi ha regalato Dominique, ha esclamato sottovoce: “Quanto è brutto!” 5 Lo sapevo che era brutto, lo so da quando me lo regalò, ma sentirlo dire da altri mi ha fatto ricordare quanto era brutto, o meglio quanto è rimasto brutto in tutti questi anni. Questo mi ha fatto venire il sospetto che non si voglia disfarsi mai delle cose brutte che ci vengono vicine (che ci cascano fra le mani) perché pensiamo che la nostra vicinanza le possa migliorare. E così con questo sospetto che ha tarlato la mia sicurezza l’ho buttato via. È stato proprio dopo aver buttato via quell’uccellaccio che mi sono decisa a parlarvi. Scusatemi ancora, ma ho proprio bisogno di voi per essere in grado di sbarazzarmi tutte le cose brutte che ci sono in questa stanza... Non temete, non vi chiederò dei consigli, parlerò e basterà che voi abbiate la pazienza di ascoltare, ci penserò io a decifrare le vostre espressioni. 6 Voi penserete, specialmente se ci sono dei giovani fra voi: ma perché adesso? Visto che ce l’ha fatta fino ad ora, perché non continua a tenersi il suo disordine invece di annoiarci? Sì, lo so, sono quasi vecchia, non avrò molti anni da vivere forse dieci, quindici? Lo so è assurdo, ma vedete, anche questo vi sembrerà strano – ai più giovani ridicolo – proprio adesso comincia a tenerci a questi dieci, quindici anni... e va bene due, tre? – guardate, fossero anche solo sei mesi non importa, proprio adesso comincio a desiderare di viverli ed in un minimo di ordine, in questa stanza che in fondo mi piace... Ho detto un minimo di ordine, non di verità – anche voi associate la parola “ordine” con la parola “verità” ed anche la parola “intelligenza” con la parola “bontà” anch’io ho fatto sempre questo 7 errore non mi fraintendete, non verità: un minimo di ordine in tutte queste “non verità” nelle quali, nascendo, o meglio come diceva mio fratello Jvanoe cascando da quel cavolo sulla terra, mi sono trovata a strisciare prima ed a camminare

dopo. Detto questo è chiaro che nel mio parlare a voi ci saranno molte non verità o bugie, come preferite – degli altri e mie. Non vorrei buttare discredito sui morti e sui vivi che ho incontrato, ma visto che – di questo sono sicura, forse è l’unica cosa della quale sono sicura – visto che mi sono state dette, come a tutti del resto, più bugie che verità, come potrei io, ora, sperare di non dirvi anche delle bugie e di parlarvi illudendomi di arrivare (raggiungere) (scoprire) alla verità-“verità”? A parte tutto, sarebbe piuttosto edificantemente (certo edificante 8 può andare, ma edificantemente! Non trovo un’altra parola) dunque edificantemente ripugnante (ripugnante, ecco una bella parola. Perdonate mi sono lasciata prendere la mano (dalle parole) mi succede spesso, lo so, ho una grande debolezza per le parole, ancora adesso se mi capita fra le mani in vocabolario non me ne stacco più, è una lettura appassionante ci avete mai provato? Ripugnante, che bella parola, lasciatemela dire ancora una volta...) dunque: mi ripugna molto ma temo proprio che questa mia ricerca di ordine (sforzo per non morire soffocata nel disordine) sarà una bella sfilza di bugie. Pazienza! Speriamo, almeno, di metterle in ordine queste bugie e che ci si possa passare lo straccio per spolverare senza incontrare (sbattere) in un vasetto, un orologio, un cucchiaio di legno, uno specchietto antico.

I (A)

1 Cari lettori (se ce ne saranno),

non è per importunarvi con una nuova storia poetica – so che ne avete avute tante da sorbirvi in questi anni – né per fare esercizio di (letteratura) calligrafia, come ho fatto anch’io per lungo tempo; né per bisogno di verità – non mi interessa affatto – che mi decido a parlarvi di quello che non avendo capito mi pesa da cinquant’anni sulle spalle. Voi penserete: perché non se la sbroglia da sé? Infatti ho cercato, molto. Ma visto che questa ricerca solitaria mi portava alla morte – sono stata due volte per morire “di mia propria mano”, come si dice – ho pensato che sfogarsi con qualcuno sarebbe stato meglio, se non per gli altri, almeno per me. E che faccia bene parlare delle proprie cose – scusate se ricorro a questo luogo comune, vi prego di credere con la ripugnanza che questi luoghi comuni suscitano in tutti noi – ho dovuto ammettere (sperimentare) che ha qualche fondamento reale. Come ho detto, questi cinquant’anni, o meglio i primi venti anni di questi cinquant’anni, col tempo a furia di volerli scientemente ignorare, si sono così ingarbugliati che non riesco a districarli, a fare ordine. Io purtroppo sono molto ordinata, anzi direi un po’ fissata e così mi schiacciano come una mosca ai muri di questa stanza che si è fatta troppo piena e… capirete, ci vivo da cinquant’anni! Ci sono libri, naturalmente, quadri, specchi, tavoli, tanti tavoli che uno sta sull’altro, oggetti inutili che ho comprato o che mi 2 hanno regalato e che non ho osato rifiutare. Vi spiego: oggi è venuta, come al solito Dina per pulire un po’, viene due volte la settimana. E spolverando un piccolo animale stilizzato, naturalmente svedese, che mi ha regalato George, ha esclamato sottovoce: “Quanto è brutto!”. Lo sapevo che era brutto, lo so da quando me lo regalò, ma sentirglielo dire mi ha fatto ricordare quanto era rimasto brutto in tutti questi anni. Questo mi ha fatto venire il sospetto che non si voglia mai disfarsi delle cose brutte che ci vengono vicine (ci cascano fra le mani) perché pensiamo (presumiamo) che la nostra vicinanza le possa migliorare. E così con questo sospetto che ha tarlato la mia sicurezza, l’ho buttato via e mi sono decisa a parlarvi.

Scusate ancora ma ho bisogno di voi per essere in grado di sbarazzarmi tutte le cose brutte che ci sono in questa stanza: parlando, dalla reazione di chi ascolta puoi capire cosa va tenuto cosa buttato.

Voi penserete, specialmente se fra voi ci sono dei giovani: ma perché proprio adesso? Visto che ce l’ha fatta fino ad ora, perché non continua a tenersi il suo disordine invece di annoiarci? Sì lo so, sono quasi vecchia, non avrò molti anni da vivere – forse dieci, quindici anni – lo so è assurdo, ma vedete anche questo vi sembrerà strano, ai più giovani ridicolo: proprio adesso comincia a tenerci a questi dieci quindici... e va bene tre, due anni? Guardate fossero anche solo sei mesi non importa: proprio adesso comincio a desiderare di viverli ed in un minimo di ordine, in questa stanza che in fondo mi piace. Ho

detto un minimo 3 di ordine, non di verità – anche voi associate la parola “ordine” con la parola “verità” ed anche la parola “intelligenza” con la parola “bontà”? Anch’io ho fatto sempre questo errore. Non mi fraintendete, non verità: un minimo di ordine in tutte queste “non verità” nelle quali, nascendo, o meglio – come diceva mio fratello Ivanoe – cascando da quel cavolo sulla terra, mi sono trovata a strisciare prima ed a camminare dopo. Detto questo è chiaro che nel mio parlare a voi ci saranno molte non verità – o bugie, come preferite – degli altri e mie. Non vorrei buttare discredito sui morti e sui vivi che ho incontrato, ma visto che mi sono state dette, come a tutti del resto, più bugie che verità, come potrei io, ora, sperare di parlarvi illudendomi di arrivare ad un ordine-verità? E no, temo proprio che questa mia ricerca di ordine (sforzo per non morire soffocata nel disordine) sarà una bella sfilza di bugie.

Pazienza! Speriamo, almeno, di metterle in ordine queste bugie e che ci si possa passare lo straccio per spolverare senza sbattere in un vasetto sbreccato, un orologio fermo, uno specchietto antico.

1 (LA)

5 Non è per importunarvi con una nuova storia né per fare esercizio di calligrafia,