I. 3 «Recitando si impara a scrivere»: tra esperienze teatrali, cinematografiche e biografiche
52 A T REVISAN , «RECITANDO SI IMPARA A SCRIVERE»: GOLIARDA SAPIENZA A TEATRO, TRA BIOGRAFIA E
DOCUMENTI INEDITI in «SINESTESIEONLINE», n. 23 - Anno VII - 30 maggio 2018, pp. 94-110
<http://sinestesieonline.it/wp-content/uploads/2018/06/maggio2018-13.pdf>.
53 Mi riferisco ai saggi che le hanno dedicato Lucia Cardone ed Emma Gobbato, in particolare, evidenziati nella
l’attività di actor coach (Gobbato e Rizzarelli) e di insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia negli anni novanta. Quanto alla posizione di «sceneggiatrice non accreditata» (Gobbato), nel prossimo paragrafo si avanzeranno delle ipotesi che problematizzano questa tesi, incoraggiando una comparazione con sceneggiatrici coeve.
Sapienza iniziò la pratica all’Accademia nel 1939-1940 secondo la biografia di Providenti, e il suo debutto avvenne al Teatro Eliseo di Roma il 18 giugno 1942 su un testo di Luigi Pirandello, Così è (se vi pare), con regia di Gastone Da Venezia. Da ricerche effettuate per l’articolo menzionato sul trascorso teatrale dell’autrice, il ruolo non risulta attestato nel programma del saggio (le ricerche sono avvenute presso la Biblioteca Teatrale del Burcardo di Roma). Eppure è quello un tempo in cui il padre, Giuseppe Sapienza, le scriveva (tra marzo e maggio ’42) dalle carceri catanesi in cui era imprigionato per militanza antifascista. Almeno quattro lettere sono disponibili alla lettura e al commento grazie al citato Archivio privato Adele Cambria:
1) “Juzza carissima, vuoi che ti parli di me. Che cosa vuoi che ti dica… In carcere, specialmente come devo trascorrerlo io, in cella, osservando il silenzio diurno e notturno, senza colloqui, né di parenti né di avvocati, ti lascio immaginare. Ma io non sono mai solo, ho i miei pensieri, la mia fantasia, ho sofferto con dignità…”54
2) “Juzza bella, mia carissima figlia. Ho ricevuto il vostro telegramma e vi ringrazio di cuore. Qualunque cosa possa accadermi nella vita, Voi siete la mia anima e la mia gioia… Ho avuto la tua cartolina con la quale mi comunichi che hai ascoltato “Morte civile”. [ndr. Testo molto popolare e celebrato di Paolo Giacometti]. Sì, l’Attore, dato il momento che attraversiamo, è-forse-il migliore. Tu non ricordi Giovanni Grasso, il Grande: eri troppo piccola. “Morte civile” era il capolavoro di Grasso.”55
Due elementi peculiari del carattere di Peppino sono da subito manifesti: la “dignità” dell’esperienza di detenzione – in linea con quella che poi Sapienza affronterà nel 1980 – e il desiderio di fornire consigli alla giovane figlia, in uno scambio affettuoso e appassionato, in cui è citata indirettamente (nel “Voi”) la madre Maria Giudice. Anche qui si offre un dato di conoscenza ulteriore: la curiosità dell’attrice per i drammi della tradizione, ad esempio Morte civile (1861) del
54 Si ripoteranno di seguito le trascrizioni come attestate nel suddetto Archivio digitale, grazie alla concessione di
Luciano Valli. Come nel caso di quella di Angelica Balabanoff a Sapienza, si tratta di materiali pronti alla stampa, che Cambria aveva raccolto per una probabile pubblicazione a mezzo stampa ma della cui controverifica in articoli su quotidiani non si hanno riscontri. La numerazione 1, 2, 3, 4 è di Cambria.
drammaturgo Paolo Giacometti, nella cui trama il personaggio di Corrado aderisce alla condizione di ergastolano di Peppino.
Altre due lettere importanti sono inviate a Goliarda. Nella seguente ci sono un concitato inquadramento del copione pirandelliano nella versione del saggio e numerose indicazioni su come incarnare il personaggio di Dina. Con il suo linguaggio moderno Peppino incoraggia la figlia a esprimere al meglio il suo talento:
3) “Juzza carissima, finisco di leggere il copione che ho fatto venire da Palermo. “Così è se vi pare” è uno dei soliti scherzi pirandelliani: Bruneri o Cannella? Questo famoso episodio di cronaca dovrebbe ispirare la …parabola. È un rebus. Come mai è stato scelto? È naturale che il successo non possa essere decisivo e trionfale. Anche a fare benissimo gli attori non hanno possibilità di salvarsi. Dove sono i tipi e gli stati d’animo da creare e da interpretare, se togli Ponza e Frola?… Chi è il pazzo? E a me che me ne importa? E dopo che l’ho saputo? Non resta che la parabola: censura ai costumi della gente che non vuole badare ai fatti propri. Ma la vita, la passione, i tormenti, quel patema d’animo che l’attore deve trasmettere al pubblico, dove sono? Ecco perché, se farete benissimo, il pubblico uscirà dal teatro soddisfatto ma non entusiasta. Se farete così così, la colpa è vostra, perché Pirandello – ormai – è Pirandello. Ripeto, nessuno dirà che la commedia è una boiata, perché essendo stabilito che il teatro di Pirandello è teatro intellettuale, tutti vogliono parere tali… Ed ora veniamo alla tua parte. L’ho letta parecchie volte. Non è difficile per te…. Puoi farti notare… Il finale del 3° atto può darti una inattesa soddisfazione. C’è una scena di commozione collettiva: si inizia con l’abbraccio tra madre e figlia… fin dal primo atto, con il salto al collo della madre, aggraziato come sai fare tu, e la frase pronunciata con un tale sentimento da far notare il tuo temperamento artistico, potresti strappare un “Bravo!” che, anche non detto, resta in pectore agli spettatori… Al finale del 3° atto, tu che ne hai la capacità, e non credere che sia accessibile a tutti, puoi versare qualche lacrima tacita, che fa tanto colpo!… Non fare la modesta! Tu non hai nulla da invidiare alle più grandi attrici passate e future, ché di presenti non ce ne sono. Ridi? No. No. Non esagero. Non mi fa velo il fatto che tu sei mia figlia. Sai che sono sincero.”56
L’ultima lettera indica invece la scarcerazione imminente e un nuovo augurio per la recita:
4) “Juzza mia, hai ricevuto il telegramma che ti annunziava l’esito del processo. La Commissione ha dato un “non luogo a procedere”… La mia solenne chiara e cosciente dichiarazione, alcune risposte polemiche dette con coraggio, dal mio temperamento leale ed impulsivo… e fummo tutti salvi, anche quelli che io non conoscevo… Abbraccia e bacia
56 Ivi. Questa lettera dai contenuti simili ma diversa nella forma è apparsa in Goliarda Sapienza, Tre pièces e soggetti
cinematografici, Milano, La Vita Felice, 2014, introduzione e cura di Angelo Pellegrino, pp. 5, 6: «Pensa che io sono
nel pubblico, per animarti e applaudirti e trionferai. Non essere pensosa per i critici, è la tua fortuna... Non ti fare suggestionare dai maestri, accetta tutti i consigli, ma poi sul palcoscenico dimentica tutto, e fa come ti viene... Rifletti e troverai che “Dina” deve avere molti punti di contatto con i personaggi che hai già incarnato. Vedrai, avrai un trionfo, se la parte, come dici, è bella e si presta: se no, parla tu, creala tu! – Dalle la tua anima – Devi soprattutto essere sicura di te – tu sei una vera eccezione... Pensa solo a recitare come vuoi tu, come sai e come ti viene... Stai tranquilla e pensa sempre che tu non hai nulla da invidiare alle più grandi attrici passate e future che di presenti non ce ne so- no. Ridi! No. No. Non esagero. Non mi fa velo il fatto che tu sei mia figlia. Sai che sono sincero... A Roma verrò presto... Festeggeremo la tua vittoria artistica con “Dina”. La tua dovrà essere una rivelazione. Le battute, tutte, dovranno essere dette così bene da segnare per ognuna una manifestazione del tuo gran temperamento d’arte. Sarà un trionfo, ne sono certo...».
per me la Mamma, dille che vi ho sempre pensato, che sono meritevole del vostro affetto, che ho fatto tutto con dignità, orgoglio e coraggio….
Non lacerare né disperdere le mie lettere. Rappresentano un capitolo della mia vita. A te, mia buona, adorata Goliarda, giunga – questa è l’ultima lettera di questa serie – l’augurio per la recita, i baci, gli abbracci e la benedizione del tuo Papà.”57
Di certo i suggerimenti di Peppino segnano l’inizio di una carriera e una nuova direzione per l’attrice.
Nell’immediato secondo dopoguerra, uscita dal mondo dell’Accademia che aveva determinato il suo primo approccio con il palco, Sapienza sarà Irene in Gioventù malata di Bruckner; con questo personaggio soprattutto, e con quello controverso di Sara ne La frontiera di Leopoldo Trieste, si introdurrà nell’ambiente del teatro grazie alla Compagnia T.45, annunciandosi di seguito come parte della fallimentare impresa della «Compagnia del piccolo teatro d’arte» diretta da Gerardo Guerrieri nel 1946. Quella conoscenza preziosa – e la relazione con lui, che precede quella con Maselli – sarà vantaggiosa per Goliarda dal momento che Guerrieri fu un traduttore di teatro stimato e riconosciuto a livello internazionale. Osservando i nomi degli autori teatrali che Sapienza ebbe modo di leggere e portare in scena in quegli anni e per circa un quindicennio (dal 1945 al 1960), si può notare una presenza di molti stranieri tradotti in italiano e pubblicati per la prima volta – in taluni casi – sulla rivista «Il Dramma».
Di certo, Pirandello sarà una lettura fondamentale (come si conosce anche da Peppino Sapienza) ma, prima del successo con Vestire gli ignudi nel 1951, lei aveva già affrontato due prove significative: con Profonde sono le radici di Arnaud D’Usseau e James Gow e con La potenza delle tenebre di Lev Tolstoj, messi in scena nel 1950 dalla “compagnia sperimentale del Teatro Pirandello” di Roma. La giovane Ginevra, innamorata di un soldato afroamericano nel primo dramma, e Akulina, una ragazza spregiudicata e indipendente che affronta la scalata sociale nel famoso testo dello scrittore russo, fecero conoscere Sapienza a un pubblico partecipe, come testimoniano alcune recensioni tratte dal citato articolo del 2018. Se ne selezionano due per ciascuna pièce:
57 Ivi.
Goliarda Sapienza, una Ginevra psicologicamente ricca di notazioni interessanti, ma la cui voce è simile a un soffio, non giunge neppur a metà della sala.
Leonida Repaci, in «Paese Sera», 21 gennaio 1950 Goliarda Sapienza (Nevvy) dà allo spettacolo alcuni momenti di sincera emozione.
Luciano Lucignani, in «Mondo operaio», 4 febbraio 1950 Molto brava Goliarda Sapienza che come «Akulina», specie nel terzo atto, ha dato la piena misura del suo personalissimo temperamento.
g. f. l. «La Libertà d’Italia», 24 maggio 1950 Goliarda Sapienza nel personaggio di Akulina, perfettamente centrato sia nell’andatura strascicata e nel viso terreo della ragazza in attesa, sia nella baldanza trionfante della donna appagata, ha serbato un impasto duttile e coerente.
Achille Fiocco, «La Fiera Letteraria», 28 maggio 1950 Non si tratta di due parti minori, come invece sarà quella della ragazza francese (Fanchette) che sta per assistere all’esecuzione del padre antifascista ne I Tedeschi di Kruczkowski, andato in scena nel 1951. Ginevra, Akulina e Irene sono tre personaggi che modificano la posa dell’attrice e la pongono dinanzi ad alcuni limiti, notati ad esempio da Leonida Repaci. Sapienza giungerà poi a interpretare un testo della tradizione italiana, quello di Ersilia Drei in Vestire gli ignudi, aderendo al linguaggio e non solo al soggetto, che invece la riguarda dal punto di vista autobiografico e apre a una chiave interpretativa nuova. Ed è comunque a teatro e nel cinema che comincia a rivelarsi l’importanza dell’italiano letterario per quella che sarà la scrittura degli anni a venire.
La giovane attrice suscitò inoltre, a quel tempo, l’attenzione di alcuni giornalisti e critici di fama, che scrivevano per i maggiori quotidiani o per riviste specializzate; si tratta, tra gli altri, di: Vito Pandolfi, Ermanno Contini, Ennio Flaiano, Francesco Jovine, Mario Socrate, Corrado Alvaro e i già menzionati Leonida Repaci, Luciano Lucignani e Achille Fiocco. Allo stesso modo ebbe la possibilità di lavorare a fianco di stimati registi di teatro: Mario Landi, Silverio Blasi, Pietro Masserano Taricco, Guido Salvini, Franco Rossi e Luchino Visconti, cui dedicherà un’opera inedita negli anni ottanta e novanta;58 poi Luca Coppola e Giancarlo Nanni, dal 1987 al 1989. Nonostante
58 Cfr. G.PROVIDENTI, La porta è aperta, cit., pp. 89, 92-93, 95-96. Rileggendone i passi citati si ha l’impressione di
l’abbandono del palco poté beneficiare di uno scenario di ‘specialisti’ che, uniti ai registi di cinema, incisero sul suo immaginario letterario.
Se nella monografia Una voce intertestuale era stata proposta come centrale l’esperienza con Maselli, una visione panoramica permette di intendere che la recitazione, per lei, fu l’unione non sempre positiva di critica e regia, fruizione come spettatrice e sperimentazione di diversi ruoli.
A ragione, la critica si è soffermata a lungo sul cinema fruito da Sapienza sin da bambina a Catania, come da lei narrato in Lettera aperta e nel postumo Io, Jean Gabin (2010). Nella monografia sopraccitata, grazie a una ricerca d’archivio alla Cineteca di Bologna, si è proposta tuttavia una datazione più accurata dell’uscita nella sale dei film dell’attore francese menzionati nel testo, diffusi soltanto nel secondo dopoguerra dunque durante il periodo in cui Sapienza si era già stabilita a Roma,59 e dove verosimilmente poteva aver conosciuto quelle pellicole.
Prima e durante la relazione con Citto, Sapienza frequentò sale cinematografiche e teatri partecipando anche al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1958, come ebbe modo di ricordare Maselli molti anni dopo:
ogni sera, partivamo da Roma in un gruppo molto eterogeneo composto, oltre che da me, da Elsa De Giorgi, Pier Paolo Pasolini, Alba de Céspedes, Paola Masino e Goliarda Sapienza, la grande scrittrice che allora era la mia compagna. Ci stipavamo tutti nella Vedette Ford a 8 cilindri di Elsa, una macchina strana e capiente sulla quale ci si poteva sedere comodamente in sei, e andavamo a Spoleto a spiare Luchino. Eravamo testimoni silenziosi del suo lavoro. Inutile dire che le prove erano vere e proprie lezioni.60
dall’autrice nei Taccuini del Gennaio 1990 (in La mia parte di gioia. Taccuini 1989-1993, cit., p. 26) e ripreso dalla critica in numerose occasioni per cercare una coerente impostazione del corpus seguendo le indicazioni di Sapienza. Propongo, in questa sede, di riesaminare i contenuti del romanzo inedito, che toccano l’arrivo a Roma per frequentare l’Accademia, gli anni della Resistenza, le prime esperienze di vita e a teatro, e quindi il periodo decorrente all’incirca dal 1941 all’incontro con Visconti nel 1946-1947. Per certi versi essi parrebbero congrui a “L’Accademia Silvio
D’Amico, due o tre capitoli”, così citata nel Taccuino di Dicembre 1991 in G.SAPIENZA, La mia parte di gioia, cit., p. 180; quest’opera è stata da me inserita nella bibliografia come inedita ma potrebbe trattarsi del primo titolo dato a
L’uomo Luchino Visconti, alla luce dell’uscita della biografia di Providenti nel 2010 e dei Taccuini dal 1989 al 1993
pubblicati più tardi, nel 2013. La segnalazione dei mesi di scrittura dei Taccuini in maiuscolo, da qui in avanti anche nel testo, rimanderà alla scelta tipografica di Einaudi.
59 Cfr. A.TREVISAN, Una voce intertestuale, cit., pp. 109, 111.
60 A.CRESPI, Maselli: vorrei raccontare questa sinistra, in «l’Unità», 6 giugno 2006, p. 19. Circa questo ricordo non si
hanno controverifiche, ma un articolo testimonia la presenza di Sapienza al festival l’anno successivo: «Il regista Francesco Maselli è giunto con Goliarda Sapienza a bordo di una veloce sprint rossa alla cui guida era la scrittrice- attrice Elsa De Giorgi»; cfr. V. C., G. Sapienza e F. Maselli a “Due Mondi” Spoleto, in «Corriere d’informazione», 27 giugno 1959. Un appunto sulla vita della coppia è già stato avanzato nella monografia di Providenti, cit.
La “memoria di spettatrice”, per Sapienza, che secondo Rizzarelli intride la scrittura narrativa, si fonda su consuetudini anche ‘mondane’ e sull’appartenenza a un certo ambiente, partecipando ‘singolarmente’ a quello che ancora la studiosa citata ha individuato come “rito collettivo”61 della società del tempo.
A proposito di Visconti, tra marzo e aprile del 1953, prima a Milano e poi a Roma, lei fu in scena con Medea nell’allestimento del maestro conosciuto qualche anno prima. Lo stesso periodo seguiva quello della perdita della madre Maria Giudice, morta il 5 febbraio. È probabilmente questo il motivo della sua non partecipazione al «Gruppo Drammatico Italiano» diretto da Tatiana Pavlova (che era stata insegnante di regia all’Accademia di D’Amico), annunciato per la stagione 1953 al Nuovo Teatro Manzoni di Roma, in via Urbana, dalla rivista «Il Dramma».62 Quel lancio pubblicitario precedeva l’inizio di un progetto ambizioso con Sapienza, Giorgio Albertazzi, Domenico Modugno, Delia Scala, Edda Albertini63 e molti altri attori; tra i costumisti vale la pena citare Toti Scialoja, che diventerà un amico fidato con cui condividere impressioni e idee.
Come per quello di Guerrieri, su questo Gruppo si possiedono esigue informazioni ed è probabile che l’impegno sia naufragato per varie ragioni; secondo alcuni studi di Doriana Legge, nel 1953 la Pavlova iniziava la sua collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano curando la regia del Boris Godunov di Musorgskij con scene di Nikolaj Benua. Lavorava, dunque, già in un’altra città.
La vicenda di Sapienza si è nutrita, come quella di tanti altri artisti, anche di prove disertate per sua stessa volontà o per impegni altrui. Gli anni tra il 1952 e il 1954 hanno segnato un passaggio alla scrittura inframmezzata con il cinema; se si tiene conto dei racconti di Destino coatto (Empirìa 2002) e delle poesie della raccolta Ancestrale (La Vita Felice 2013), entrambi postumi e
61 Cfr. M.RIZZARELLI, Schermo, schermo delle mie brame... La formazione dello sguardo di Goliarda Sapienza, in
«Arabeschi», n. 9, gennaio-giugno 2017.
62 Anno 29°, n. 175, 15 febbraio 1953.
datati negli anni cinquanta e sessanta,64 si possono suggerire quei decenni di ‘apprendistato’ come capitali nonostante la presenza di Maselli e la collaborazione di Sapienza ai documentari del compagno di vita (dal 1947 al 1965 circa) come “cinematografara” – sua la definizione. Dieci anni prima degli elettroshock e delle crisi depressive (nel ’62 circa),65 tra i suoi maestri incontriamo anche Florestano Vancini, Cesare Zavattini e Alessandro Blasetti.66 A proposito del lavoro con quest’ultimo nel film Fabiola (1948), un articolo di Paola Palma analizza le responsabilità della scelta di Sapienza per il ruolo di Cecilia «evidentemente non condivisa da altri» da parte del regista e del produttore del film: Salvo D’Angelo.67
Goliarda aveva conosciuto lo strumento della “narrazione” innanzitutto attraverso la tecnica teatrale e poi “sperimentando” altre pratiche, tra cui quella di ‘inedita voce narrante’ in Delta padano (1952) del regista ferrarese Vancini. Lo stile delle prime prove di scrittura, da me definito ‘lirico’ e solo parzialmente neorealista, testimonierebbe un’adesione a una stagione e a una tendenza – incarnata in primo luogo da autori vicini all’ambiente di Maselli –, spingendola fino alla scoperta della modalità secondo la quale poteva ‘servirsi della voce narrante’ che sarà utilizzata, di lì a qualche anno, nei romanzi Carluzzu o Romanzo su Carlo (incompleto, 1959 e 1961-2 circa) e Lettera aperta (versione integrale del 1962-1965).68
64 Cfr. A.PELLEGRINO, Prefazione, in Destino coatto, cit., pp. 5-7; ID.,Ancestrale ritrovato, prefazione in Ancestrale,
cit., pp. 5-16; G.PROVIDENTI, La porta è aperta, cit., nella cui “Legenda di riferimenti bibliografici” (p. 10) per le poesie si indicano gli estremi temporali 1956-1964; per l’inizio della scrittura di racconti, l’anno spartiacque sarebbe il 1958. Si vedano inoltre: A.TREVISAN, Una voce intertestuale, cit., pp. 72-73, 133-135; EAD., «Cos’è la verità? La
vita». Le prose brevi di Lalla Romano, Milena Milani e Goliarda Sapienza, in «MOSAICO ITALIANO», Anno XIII, n.
173, 2018. In quest’ultimo articolo, in particolare, si analizza la selezione di prose anticipate da Sapienza su «Nuovi Argomenti» nel 1970 – nella cui redazione era segretario l’editor dei due romanzi Garzanti: Enzo Siciliano –, evidenziando come, tra esse, ne figuri una non inclusa poi nella raccolta postuma ma che potrebbe avere a che fare con
L’arte della gioia. Alcuni “indicatori lessicali”, infatti, riporterebbero a contenuti del romanzo, probabilmente espunti.
65 Crisi delle quali, oltre a lei stessa nei Taccuini postumi e, ancor prima, nei romanzi Garzanti, hanno reso
testimonianza Citto Maselli, Angelo Pellegrino e, tra gli altri, Alberto Moravia in una lettera a Elsa Morante dattiloscritta, datata Forio 5 settembre 1964, in cui si menziona Sapienza e il suo stato psicologico, ora in Quando
verrai sarò felice: lettere a Elsa Morante (1947-1983), a c. di A. Grandelis, Milano, Bompiani, 2016, pp. 191-193.
66 Come già asserito nell’articolo per «Sinestesieonline» e in un’altra riflessione edita: A.TREVISAN, A margine delle
prime prove di scrittura di Goliarda Sapienza, in «CARTE ALLINEATE», Anno XI, 25.8.2018
<http://cartescoperterecensionietesti.blogspot.com/2018/08/alessandra-trevisan-margine-delle-prime.html> (link verificato al 28/01/2019).
67 P. PALMA, “Fabiola”, storia di un appuntamento mancato: i cattolici e la coproduzione cinematografica italo-
francese, in «Schermi», Annata I, numero 2, luglio-dicembre 2017, p. 115.
68 Nel prossimo paragrafo si tornerà sulla realizzazione dei corti di Maselli. Si ripropone qui, tuttavia, quanto elaborato