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Questo professore Jsaya è proprio lui che mi costringe ad alzarmi dal letto, aprire le tende, mangiare qualche cosa In questo tempo-coma, naturalmente, non ho mangiato, solo

CAPITOLO SECONDO

LETTERA APERTA: LO STILE E LE PRINCIPALI ESPUNZION

II.5 Dentro il testo, per una lettura filologica

21 Questo professore Jsaya è proprio lui che mi costringe ad alzarmi dal letto, aprire le tende, mangiare qualche cosa In questo tempo-coma, naturalmente, non ho mangiato, solo

bevuto whisky. E poi c’è una cosa che mi rassicura, una cosa che ho sperimentato molte volte nella vita: so che quelli di voi che si sono annoiati di seguire questo mio sproloquio avranno già distolto lo sguardo. Si resta sempre in pochi. Spero solo che qualcuno resti, basta una persona, due: e così, in questa speranza, come mi sono rimasti due o tre amici, il professore Jsaya diceva: «Una persona sola è la solitudine, l’impotenza. In due si fa già un sindacato.» No, questo non lo diceva il professore Jsaya, lo diceva mia madre, era lei la sindacalista. Questo professore Jsaya! È proprio la sua voce che mi costringe a tornare

dietro quella porta chiusa ad ascoltare, – non tanto lui, quanto lo stupore di constatare il tempo che ho passato con lui. Eppure, prima di cominciare a parlare con voi, lo ricordavo appena. Mi stupisce e mi riporta ad altri nomi, visi, anni nei quali facevo teatro. Il teatro – non è una novità – è vita bruciata in poche ore. Una «prima» è come una nascita. E quando cala il sipario, sull’ultima battuta dell’attore, è come un funerale, tra il profumo di fiori e il marcio delle strette di mani, degli abbracci, delle lacrime. Insomma, quando l’uomo ha inventato il vino, il profumo, ha inventato anche questo concentrato di azioni, passioni, quest’estratto di vita. Per tenerla in pugno almeno per un paio d’ore. Ma sto svicolando. Bene. Svicolando, svicolando, forse c’è la possibilità di trovare la via meno storta. Quello che vi volevo dire è che se ce la faccio a riprendere questo discorso, è perché è morto Ercole.

Questi capitoli sono stati scelti per un’analisi che possa evidenziare gli elementi inediti dal punto di vista del contenuto ma anche il lavoro di editing che ci fu nel passaggio da I ad A sino a LA. Ad una prima lettura si nota la cassatura di intere porzioni di testo da I, digressioni di tipo diaristico e autobiografico riguardanti Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, ma anche il mestiere del teatro e quello del cinema, l’ambito politico dell’Italia dei primi anni sessanta governata dalla Democrazia Cristiana e a ridosso del boom economico, cioè negli anni in cui Sapienza scriveva.

L’eliminazione della prosa su Visconti (var. 51, 57, 58) appare d’interesse da subito perché funge da ponte con altre pagine che si andranno a commentare verso la fine del paragrafo. Sebbene il fatto di non figurare in LA possa apparire come una scelta di Enzo Siciliano, io la interpreto come una decisione di Sapienza di serbare alcuni passi sul grande amico e regista che – è bene ricordarlo – fu molto vicino a Citto Maselli, il quale collaborò a lungo con lui. Si tratta di una figura con cui lei aveva lavorato e cui volle dedicare alcune pagine di L’uomo Luchino Visconti, come attesta Providenti nella bibliografia di La porta è aperta: «“altro romanzo incompleto formato dai soli primi cinque capitoli, in parte manoscritti ed in parte dattiloscritti.”»; la studiosa ne riporta dei passaggi dall’inedito a pp. 92-97 (nel paragrafo “Resistenza”) che non coincidono con le pagine pocanzi citate. Se l’eliminazione da LA fosse stata calibrata per un riutilizzo successivo, la collocazione temporale del suddetto testo sarebbe da anticiparsi agli anni sessanta. Non soltanto: rileggendo le citazioni di Providenti, esse risultano del tutto congrue a Lettera aperta dal punto di vista strettamente tematico. Anche ne L’uomo Luchino Visconti si tratta, infatti, dell’arrivo a Roma e dell’esperienza in città, a diciassette anni libera di frequentare da sola il cinema e i teatri, del

trascorso in Accademia, del fascismo e della famiglia Giudice-Sapienza, e vista l’intertestualità di Goliarda Sapienza di potrebbe ipotizzare che il testo che si sta analizzando sia un’elaborazione o una prosecuzione ideale dello stesso, secondo la volontà di espansione dell’Autobiografia delle contraddizioni.

Quanto supposto si riallaccia, come provato da Providenti, alla presenza di Visconti anche in Appuntamento a Positano, romanzo postumo scritto nel 1984 (secondo quanto attestato da Pellegrino). In particolare il personaggio di Sapienza afferma: «Perché non recitavo più? Perché non usavo quel mio talento per influire sull’indirizzo ideologico da dare alle masse? No, questo lo diceva Mario Alicata, ma a quell’epoca Visconti e Alicata stavano sempre insieme.»96 Ciò è stato confermato da Citto Maselli ad agosto 2019 (nell’incontro pubblico già menzionato). Nel caso del romanzo postumo è la comparsa di uno dei dirigenti del PCI, Mario Alicata, a sovrapporsi con gli stessi motivi alla prosa di Lettera aperta.

Tornando al testo di I può essere utile evidenziare che, una parte della prosa, finirà poi in (5) LA (var. 31-40), su supponibile emendamento di Siciliano, intervenuto forse anche per quanto riguarda alcune varianti di LA (var. 30, 46, 47, 49, 50) tra cassature e posposizioni.

È possibile leggere un comune lavoro di Sapienza e Siciliano di cui non si ha attestazione certa ma che si riscontra nelle varianti che non presentano cassature da parte di lei ma soltanto correzioni in LA (var. 43, 44, 45 e 48); in questo gruppo sono comprese anche le var. 52 e var. 56. La prima risulta migliorata dal comune lavoro o dall’intervento dell’editor (in LA: Il teatro – non è una novità – è vita bruciata in poche ore.) invece la seconda, nel passaggio da una domanda in I e A ad un’affermazione in LA, denota una preferenza differente, che ne modifica la qualità logica.

Per quanto riguarda invece l’impiego delle citazioni a livello implicito ed esplicito, che risultano parimenti presenti sia in I (in modo maggiore) sia in A, si può leggere una continuità in LA con opportune diversificazioni da declinare in sede d’analisi.

96 G.SAPIENZA, Appuntamento a Positano, cit., p. 13. Già citato in G.PROVIDENTI, La porta è aperta, cit., p. 127; la

Fatta eccezione per qualche variante non significativa, quelle in cui l’autrice sembra aver agito da sola si distinguono per la presenza del David Copperfield di Charles Dickens in I (var. 28, 29 e 61) poi mutato nel Tristram Shandy di Sterne in A (var. 61). La ragione di questa variazione potrebbe risiedere nella “nascita del personaggio” come modello dell’eroe autobiografico per Dickens, cui Sterne si contrappone con un’opera all’interno della quale il personaggio dell’eroe esiste in potenza poiché mai compie il proprio percorso di formazione, come la critica ha evidenziato. Ulteriori inferenze tra questi libri e Lettera aperta rimanderebbero al contenuto del titolo, poiché le “opinioni” di Tristram saranno anche quelle avanzate da Goliarda-personaggio. Più in generale la sospensione del testo nei diversi capitoli e l’ironia sterniana restano impresse anche nell’edizione a stampa, su ammissibile indicazione di Attilio Bertolucci, rifacendosi a quanto espresso da Citto Maselli (III.4). L’interessamento del poeta si rivelerebbe rimarchevole poiché egli potrebbe aver letto la prima e più lunga versione del romanzo (ossia I) suggerendo da subito l’uniformità che stava prendendo corpo in A, compiuta poi in LA. Purtroppo l’epistolario ancora inedito non dà traccia di ciò che resta, per il momento, soltanto un’ipotesi ma si può comunque verificare che Vita e opinioni di Tristram Shandy gentiluomo aveva avuto nuova diffusione, in quegli anni, grazie all’edizione Einaudi 1958, con prefazione di Carlo Levi (e traduzione di Antonio Meo),97 nonché presso Rizzoli, sempre nel 1958, con il titolo Vita e opinioni di Tristram Shandy (e traduzione di Giuliana Aldi); nel 1967 uscirà per l’Unione tipografico-editrice torinese una nuova traduzione (con introduzione di Sergio De Marco e traduzione di Cesarina Melandri-Minoli).

Il motivo del libraccio incollato a ciascuna delle due opere in I si lega, inoltre, alla scelta di inserire una parte di VII (I) in VI (A), nonché al tema dell’ambizione autoriale e del desiderio di farsi accettare nell’ambiente della letteratura italiana contemporanea, già trattato in parte in questo lavoro di tesi ma ‘presentificato’ nel testo di I (p. 49). La var. 28 propone inoltre il SI PUÒ NON LEGGERE che sarà trasposto in VIII (A) e di conseguenza in 7 (LA).

97 Non a caso Maselli, nell’edizione di Lettera aperta UTET 2007 (quarantennale dello Strega), scriveva nella sua

prefazione: «Dopo Proust e Stendhal mandati si può dire a memoria, fu il Tristram Shandy di Sterne a folgorare l’animo di Goliarda negli anni Cinquanta. Aveva scritto, allora, solo delle poesie che avevano entusiasmato – ricordo – Attilio Bertolucci, nostro grande amico di quegli anni. Anche Carlo Levi e Linuccia Saba ne erano stati colpiti».

In VII (I) è infine l’incipit (var. 60) a risultare d’interesse poiché rimanda al continuo appello al lettore e all’esistenza di inizi diversi all’interno della prima versione del romanzo, che si interpretano qui cassati in parte da Sapienza e in parte da Siciliano. La particolarità del passaggio, come già riportato nella TABELLA 1, è indicata anche nel contenuto della revisione delle novelle di Destino coatto. Se sino ad ora la datazione tra anni cinquanta e sessanta era sì data dai testi, con l’indicazione in Lettera aperta a cura dell’autrice si può attestare l’intervento da lei compiuto proprio nel periodo di scrittura del primo romanzo pubblicato – e tra il 1962 e il 1965.

Nel capitolo citato, confluito in VI (A) e 6 (LA) appunto, e che si conclude con la morte di Ercole Maselli, la narratrice e protagonista introduce il personaggio dell’amico, ossia dello psicanalista, che figurerà in I e in A ma sarà espunto in LA. Questa presenza crea una netta continuità con il secondo romanzo pubblicato da Sapienza ossia Il filo di mezzogiorno (1969) come indicato anche da Providenti in La porta è aperta. In effetti il medico che la seguì risulta espunto anche dal capitolo finale: LIII (I), LI (A) e 44 (LA); la studiosa ne cita un passo nel paragrafo dedicato a Modesta.98 Per ciò che concerne Ercole Maselli, invece, si può identificare la data della scomparsa, il 15 dicembre 1964,99 che avrebbe forse attinenza con la scrittura del capitolo.

Figura chiave di queste pagine sarà anche il professore Jsaya, il pedagogo che, assieme a l’avvocato, a zio Nunzio, ai fratelli Carlo, Ivanoe e Libero (Arminio in LA), contribuirà a formare un articolato sistema dei personaggi. È stata Alison Carton-Vincent a mettere in luce come la madre Maria e il precettore condividano peculiarità simili dal punto di vista educativo in diversi capitoli di Lettera aperta, e in che modo l’importanza di Jsaya sia rintracciabile in Io, Jean Gabin e L’arte della gioia.100 In effetti, Jsaya e Maria vengono, più volte, sovrapposti nella narrazione, attraverso una formula di errore enunciata dalla narratrice.

98 Cfr. G.PROVIDENTI, La porta è aperta, cit., p. 109; il riferimento riguarda tuttavia il trasferimento a Roma per

intraprendere la carriera d’attrice e l’abbandono della Sicilia: «quei soldi erano il prezzo che paga la società per passare dalla parte dei guardiani del campo, entrai nel compromesso, mi rattrappii nel servaggio di avere successo ai loro occhi, di piacere.» Cfr. LIII (I), p. 441, LI (A) p. 215.

99 A.TROMBADORI, Lutto della cultura e dell’antifascismo. È morto Ercole Maselli, in «l’Unità», 16 dicembre 1964.

Nell’articolo si ripercorre la lunga malattia e la morte avvenuta il giorno antecedente.

100 A.CARTON-VINCENT, Comment l’esprit vient aux femmes: le personnage atypique du Professeur Jsaya

Dal punto di vista linguistico le varianti semantiche che Sapienza indica tra parentesi – in particolare si veda VII (I) – fanno per lo più parte di porzioni espunte; si possono evidenziare, tra le altre, legate su legate (impigliate) che riguarda le mani di Maria in manicomio, e il termine smucinato (VII (I) poi respinto, che significa “rovistare, mettere le mani dappertutto” ed è tipico di un italiano regionale del centro Italia.

VIII (I)

56 Ercole l’ho conosciuto per caso. Era sì il padre dell’uomo col quale ho vissuto per