CAPITOLO SECONDO
II.3 La versione integrale del romanzo e il lavoro di Enzo Siciliano: contenuti e digression
Prima di affrontare il testo di Lettera aperta sarà necessaria una premessa atta a riordinare le dimensioni entro cui questo paragrafo e il prossimo si muoveranno. Ciò che si propone non sarà l’edizione critica del romanzo, che implicherebbe più capitoli dedicati, ma un primo approccio di edizione che è tra gli scopi di questa tesi. Ho disposto della possibilità di avere copia di due dattiloscritti del romanzo, dopo aver preso visione degli stessi per un breve lasso di tempo presso l’Archivio privato Sapienza-Pellegrino. Angelo Maria Pellegrino, custode ed erede del suddetto archivio, nel gennaio 2018 ha concesso l’occasione di verificare la presenza di tre dattiloscritti che si descrivono filologicamente com’è stato fatto da chi ha considerato il testo in precedenza – probabilmente si tratta della studiosa e biografa Giovanna Providenti, che lavorò appunto nell’Archivio tra la primavera del 2006 e il 10 ottobre 2008, o – per ipotesi – di Angelo Pellegrino stesso:
- la versione integrale del romanzo, ossia la più antica (I) di 444 pagine (numerate tuttavia in modo errato: infatti è presente una pagina 244 bis) è stata stesa tra il 1962 e il 1965;73 essa presenta 53 capitoli in numero romano (I-LIII) e pagine dattiloscritte che variano dalle 600 alle 800 battute, in 12 o 16 righe; questa versione è di certo stata pensata per riordinare un manoscritto antecedente di cui, tuttavia, non si hanno notizie – esso potrebbe anche non
73 L’edizione Sellerio 1997 indica erroneamente a fine testo la data “Roma 1963” che in Una voce intertestuale, cit., era
essere presente in Archivio.74 La particolarità di (I) risiede soprattutto in alcuni dati: 1) la presenza di intere porzioni espunte in fase di editing, e digressioni meta-narrative e meta- letterarie che propongono una diversa struttura del testo; essa è chiaramente ripresa dal modello di Tristram Shandy di Sterne come la critica ha più volte evidenziato, ma non solo. L’appello costante al lettore così come alcune porzioni che richiamano il modello del monologo teatrale o della narrazione diaristica-confessionale sono del tutto rilevanti.
2) Si ha un’esplorazione indicata da Goliarda Sapienza stessa di una lingua aderente, che rispettasse dal punto di vista lessicale l’intenzione che si era prefissa; tra parentesi, infatti, aveva inserito lei stessa alcune sostituzioni lessicali degne di nota.
3) Vi è un certo sperimentalismo legato al modernismo, che si rintraccia nel testo e ne scompagina la struttura in pochi e brevi passaggi.75
- Esiste dunque una seconda versione ricavata da lì a cura dell’autrice (A), passata poi all’editing di Enzo Siciliano; si tratta di un dattiloscritto più compatto di 217 pagine suddivise in 51 capitoli (I-LI; la numerazione è errata, ed è stata verificata in fase di studio) di 28 righe circa a pagina piena, ossia quasi una cartella editoriale standard che presenta mutamenti non cospicui ma d’interesse.
- La versione con i tagli operati dall’editor Enzo Siciliano consultata in Archivio (che si indicherà come B) presenta correzioni manoscritte e autografe e soppressioni con pennarello nero; questa non sarà considerata poiché non disposta all’indagine ma pare corrispondere, secondo indicazione di Pellegrino, a quella andata poi in stampa per Garzanti nel 1967 (LA).
74 Nel caso del reperimento di un manoscritto la lettura delle edizioni si complicherebbe ulteriormente ma soprattutto si
potrebbero ricercare appunti ed altri materiali che permettano di segnalare quali passaggi portino alla stesura del testo. Ad oggi nessun critico si è soffermato sull’analisi del lavoro di Sapienza, sul metodo di stesura di un testo – a partire da scartafacci, appunti, correzioni sino alla battitura a macchina. Non si hanno notizie su questo, e si conosce soltanto l’esistenza di un manoscritto originale de L’arte della gioia, che testimonia il lavoro a mano. Tale ‘metodo’ è fissato dal 1967 al 1976 circa e può essere applicabile soprattutto in precedenza, durante la stesura dei primi romanzi Garzanti.
75 Non si può tuttavia fare a meno di sottolineare che quelli erano anche gli anni del Gruppo 63 ed essendo Goliarda
Sapienza un’attenta lettrice ciò dev’essere passato sotto la sua lente d’ingrandimento. Nel caso di Sterne, invece, si considera The Life and Opinions of Tristram Shandy, gentleman, London, T. Becket e P. A. Demondt, 1759-1767. Il testo circolò in Italia a partire dagli anni venti: ID., Vita e opinioni di Tristram Shandy, trad. it. di A. Salvatore, A. F. Formiggini editore, Roma, 1922-1923, tuttavia fu ritradotto nel 1958 da G. Aldo e A. Meo per la casa editrice Einaudi e ricominciò, probabilmente, a essere letto da quel momento anche da lei.
Dalla descrizione proposta si può evincere che sono a disposizione due testimoni, ossia due dattiloscritti autografi che non si presentano né come bozze di stampa né come dattiloscritti inviati alla tipografia bensì come ‘prove conservative’ d’archivio prodotte a questo scopo da Sapienza: sono, dunque, due stampe controllate dall’autrice.
L’analisi del romanzo secondo la filologia d’autore sarà avanzata rivolgendo attenzione ad alcune unità di contenuto, seguendo le direzioni del riassunto e della parafrasi testuale, soprattutto ricostruendo e descrivendo il processo correttorio del testo. La collazione si baserà sul confronto tra tre testi secondo la critica delle varianti, poiché il testo presenta varie redazioni; l’apparato evolutivo porterà a seguire l’ordine previsto: dalla prima redazione cui segue una seconda redazione da cui deriva il testo a stampa. In questo lavoro non si valutano né materiali utili a ricostruire l’avantesto, né sono presenti postille autoriali; inoltre, l’allineamento dei testimoni tenterà di riprodurre quelle “sincronie successive” di cui parla Cesare Segre in luogo della diacronia del testo.76
In questa sede si porranno in evidenza le principali caratteristiche e differenze dell’opera considerando una decina di esempi significativi, che possono essere letti alla luce dell’approccio di edizione; si intende dunque, sin da ora, richiamare all’attenzione alcune qualità della prosa.
Sulla base di una verifica d’Archivio si può notare che l’intervento di Siciliano più o meno in accordo con Sapienza ha comportato una proposta finale di molto diversa, in grado di modificare drasticamente il romanzo. Ciò si potrebbe, in primo luogo, constatare a partire dalla «forma d’edizione» – mutuando da Alberto Cadioli77 – dei due volumi Garzanti di Lettera aperta e Il filo di mezzogiorno, romanzi-chiave del progetto Autobiografia delle contraddizioni cui si uniscono L’arte del dubbio (inedito o parzialmente edito) e poi a Io, Jean Gabin. Si suppone che nei romanzi
76 «anche se si allineano tutti i testi anteriori di un’opera in ordine cronologico non si ottiene una diacronia, ma una serie
di sincronie successive. Quando un manoscritto sia stato ritoccato più volte in tempi diversi, sarebbe corretto considerarlo come una sovrapposizione di sincronie, e di testi.» in C.SEGRE, Avviamento all’analisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985, p. 79 (dal cap. «Il testo»). Sebbene la definizione si riferisca ai manoscritti la si rende valida anche per i dattiloscritti che si vanno a considerare.
77 Alcune delle considerazioni che lo studioso ha esposto in Il testo letterario tra volontà dell’autore e volontà
dell’editore, intervento al Convegno di studi Le forme del testo. Editoria e filologia in Italia tra Otto e Novecento,
Università degli Studi di Firenze, 17-18 maggio 2016, ora in «Prassi Ecdotiche della Modernità Letteraria», n. 1, 2016, sono state importante soprattutto sul versante interpretativo e dell’utilizzo del lessico critico.
Garzanti l’impianto pensato da Siciliano fosse simile, adeguato alla «pubblicabilità» (Cadioli) degli stessi e, secondo me, alla dimensione teorica delle 9 domande maturata da Siciliano-Sapienza, ma anche verosimilmente rispettoso dell’assetto del ciclo cui Sapienza stava lavorando. Sarà necessario pertanto valutare l’apporto di editing alla luce di questo dato, ossia di una conciliazione che consenta di ipotizzare quale fosse la forma più consona non soltanto ai romanzi della casa editrice milanese (motivazione storica) ma al progetto autoriale (motivazione autoriale). Non a caso, dunque, Siciliano aveva assunto una posizione in merito, come si è anche verificato nella citazione dal documentario di Loredana Rotondo. Il lavoro in «stretta sintonia»78 con l’autrice andrà misurato alla luce dell’edizione a stampa.
Lettera aperta e Il filo di mezzogiorno sono romanzi modellati insieme forse a partire da un nucleo generativo più denso e comune, che trova appunto inizio nel 1962 circa (lo si vedrà poiché è Sapienza a riferirlo al lettore) e si concluderebbe nel 1966 con l’ultima revisione; due libri di 44 capitoli, il primo, e 41 capitoli il secondo, affini nella struttura. Non avendo avuto l’opportunità di leggere il dattiloscritto de Il filo di mezzogiorno poiché non accessibile per un confronto, l’analisi si baserà sulla versione integrale di Lettera aperta (I), sulla versione seconda (A) e sull’edizione a stampa (LA).79 L’unitarietà di quest’ultima, infatti, testimonia non soltanto la coerenza del progetto originario di Sapienza bensì l’operato di Siciliano in sinergia con una visione d’insieme diversa, più ampia e strutturata, atta a comprendere in una ‘fase quasi unica’ la diffusione di questi romanzi. Come sottolinea Paola Italia, infatti, «la filologia del Novecento, per chiarire le proprie ragioni e i propri metodi di lavoro, deve fare i conti anche con l’“ultima volontà del curatore”».80
Queste ipotesi, per quanto argomentate tentando interpretazioni coerenti e approssimazioni laterali, trovano un primo ostacolo nelle dichiarazioni di Citto Maselli proposte nel terzo capitolo (III.4), dal momento che l’allora compagno di vita riferisce come l’apporto di Siciliano, secondo il suo ricordo, fu minimo mentre grande impulso, dal punto di vista dello stile, fu quello dato da
78 Ivi, p. 236.
79 D’ora in poi l’edizione di riferimento sarà sempre e solo quella del 1967. Non saranno perciò considerate né quella
Sellerio 1997, né le altre riedizioni UTET 2007 ed Einaudi 2017, uscite peraltro nei diversi decennali dell’anniversario.
Bertolucci, che suggerì un adeguamento a Sterne. Nella dimensione privata di uno scambio di testimonianza (al di là dell’intervista), Maselli ha sottolineato come l’edizione a stampa di Lettera aperta fosse quella licenziata proprio per volere di Goliarda, senza mediazioni.81 Questa posizione critica che ne determina anche un’altra, per la quale il lavoro di scavo filologico va a incidere fuori dalla volontà dell’autore (per intendersi: per Maselli il film è l’ultima versione, non il girato mancante), acquista valore in una fase di ricerca in cui si sta tentando di ricostruire la vicenda editoriale del romanzo e la storia del testo.
Non vi è mai stato sinora, dal punto di vista critico, un tentativo di dare valore all’operazione Autobiografia delle contraddizioni dal punto di vista dell’editor e purtroppo, fatta eccezione per il già citato documentario del 2000, non si dispone di materiali che ne testimonino la portata. Nel paragrafo dedicato al Premio Strega (in cui Maselli ritornerà) ci si avvarrà di alcune lettere che riguardano il lavoro editoriale di Siciliano presso Garzanti, che paiono testimoniare le difficoltà di scoprire nuove figure di autori e autrici giovani del panorama coevo da sottoporre all’editore. Va ricordato che, nella stessa prestigiosa collana dei “Romanzi Moderni Garzanti” uscivano, in quegli anni, Truman Capote con A sangue freddo (1966, trad. it di M. Ricci Dettore), Carlo Emilio Gadda con i racconti di Accoppiamenti giudiziosi (1963), Mario Soldati con Le due città (1964), poi Pasolini con Teorema (1968), Giulia Mazzetti con Uccidi il padre e la madre (1969) e George Orwell con La figlia del reverendo (1968, trad. it di M. Bonsanti).
Sapienza poteva dirsi inserita in un sistema che ne avrebbe agevolato la promozione e questo paragrafo, unito al precedente e ai successivi, saggerà i limiti entro cui la sua aspirazione narrativa e le esigenze – invece – di entrata nel mercato editoriale così come una certa forma di censura dovuta ai contenuti delle digressioni della prima versione (I) e della seconda (A), abbiano parimenti ‘giocato’ a favore o contro il suo dire. È significativo, infatti, disporre di due testimoni del testo a cura dell’autrice, che presentano dunque alcune varianti alternative d’autore non soltanto
81 Non in conflitto con quanto proposto ma una puntualizzazione che chiarisce con maggiore precisione le posizioni del
triangolo (o quadrilatero) Sapienza-Siciliano-Bertolucci-(Garzanti), guarda caso importanti anche per la vicenda editoriale de L’arte della gioia, come si verificherà nelle conclusioni della tesi.
di ordine espressivo ma soprattutto incidenti su «la narrazione, la lingua e lo stile» (Cadioli);82 leggendole, analizzandole e proponendo un’interpretazione si potrà comprendere il presunto scarto di editing di Enzo Siciliano e definire invece la disparità dell’opera nella sua genesi e nel pensiero dell’autrice, secondo due distinte “volontà” come «caratteri identitari dell’edizione del testo» (Cadioli). Il nodo critico da sciogliere, dunque, sta nel passaggio da A a LA, non disponendo di B.
Sulla scorta delle posizioni dei già nominati Cadioli e Paola Italia sarà possibile cercare una prima dimensione d’edizione, che risponda a questo ‘dislocamento’ presupposto da me e avanzato da Cadioli in questi termini: «una correzione apparentemente secondaria, lo spostamento da un modello letterario, linguistico, stilistico a un altro. E da un “valore” a un altro»83 produce una «approssimazione al valore».84
Ogni libro editato appare come ‘un altro libro’, seppure esista un nucleo centrale narrativo cui l’autrice e l’editor si appellano per riformare il testo: nel caso di Lettera aperta è di certo la trama che leggiamo nell’edizione del 1967, dall’infanzia catanese nella famiglia d’origine con il rimando a Peppino Sapienza, Maria Giudice e ai fratelli sino alla scoperta della sessualità con Nica, e dunque dall’imprinting culturale nel mondo delle arti (e del teatro) in Sicilia giungendo al passaggio a Roma per frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica.
La realtà dei fatti come ‘materia viva’ nella penna della scrittrice acquista una dimensione letteraria nello scarto dell’editing ossia nelle ‘scelte’ dell’editor, per quanto si comprenda dall’epistolario inedito comunque accordate dall’autrice. E sarà da verificare se, anche nel caso di Sapienza, si possa applicare l’etichetta di “edizione coatta d’autore” avanzata da Paola Italia e Giorgio Pinotti a proposito dell’Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda nell’edizione Garzanti del 1967 – uscita cioè nello stesso anno in cui Sapienza pubblicava Lettera aperta, guarda caso con l’editing di Enzo Siciliano. Si dovranno valutare, pertanto, le “volontà coatte” di autrice ed editor.
82 A.CADIOLI, Il testo letterario tra volontà dell’autore e volontà dell’editore, cit., p. 238. 83 Ivi, p. 233.
Si introducono ora le principali direttrici d’analisi tenendo conto delle correzioni e revisioni di entrambi i soggetti coinvolti (alcune supposte), alcune di esse già descritte in precedenza a proposito dei dattiloscritti di I e A:
- espunzione di alcune digressioni che si rifanno a narrazioni rilevanti e del tutto autobiografiche;
- tagli di meta-narrazioni che permettono di capire anche quali modelli letterari di riferimento l’autrice abbia considerato durante la scrittura;
- eliminazione di riflessioni e divagazioni diaristico-saggistiche su argomenti che riguardano la società, ossia il ruolo della donna in Sicilia e nel proprio tempo (pre-femminismo) ma anche l’educazione, la politica, l’amicizia, sul modello woolfiano dei “moments of being” indicati da Laura Fortini;
- accorpamento del testo laddove la narrazione richiedeva maggiore sinteticità, con soppressione di capitoli ma anche eliminazione di brevi segmenti; la struttura complessiva presenta una diversa paragrafazione e misura dei capitoli.
- una limitata ma non irrilevante scelta di adeguamento alla punteggiatura sulla base dell’impianto pocanzi esposto;
- accurata verifica lessicale secondo la proposta di Sapienza, con presenza di varianti alternative secondo un “movimento orizzontale”;
- ripensamento del sistema dei personaggi in funzione dei racconti di Destino coatto,85 di certo preparatori al lavoro del ciclo Autobiografia delle contraddizioni; eliminazione o variazione di nomi reali in ‘altri’.
- In taluni casi, incrementi testuali, con consistente rielaborazione del testo: ne è esempio il capitolo dedicato a Ercole Maselli (cap. 7, edizione 1967 ossia LA).
85 Per una prima analisi si rimanda di nuovo a Una voce intertestuale, cit., pp. 72-92; per una seconda all’articolo citato
«Cos’è la verità? La vita». Le prose brevi di Lalla Romano, Milena Milani e Goliarda Sapienza, che sarà ripreso alla
fine del secondo capitolo. Nella già citata tesi dottorale di Emma Gobbato vi è un primo riferimento coerente a proposito dei personaggi: «dando vita ad una serie di personaggi tragici, proprio e anche in senso teatrale. E non a caso molti di questi caratteri portano nomi che rimandano alla biografia della scrittrice: Licia, i Bruno, Carlo, Cesare, Tonello, Maria, Marilù, Fabiola» (p. 68).
A sostegno dell’idea del progetto autobiografico dal punto di vista editoriale come novità interpretativa, figura già nella prima versione (I) la presenza di un “amico-lettore” che emerge nel testo per avvalorare da un lato la posizione di scrittrice di Sapienza – e dunque l’autorevolezza autoriale – e dall’altro la sincronia con uno dei protagonisti de Il filo di mezzogiorno: lo psicanalista. Questo tuttavia non compare nell’edizione a stampa del ’67 – editio princeps ancora oggi diffusa, sebbene passata poi a Sellerio nel 1997 (collana “La memoria”), ad UTET nel 2007 (per il quarantennale dello Strega) e a Einaudi nel 2017 (collana “ET Scrittori”). Questo fatto, che sarà riconsiderato più avanti, ripropone una tesi sostenuta nei già citati volumi Una voce intertestuale e Voce di donna, voce di Goliarda Sapienza, ossia la necessità della scrittrice di narrare per allinearsi ad autrici la cui scrittura risulti ‘terapeutica’ – uno tra i riferimenti può essere Anne Sexton, che utilizzò la poesia come forma di sublimazione del proprio trascorso psicanalitico e – diversamente – di Liseli Hoepli, madre della regista Alina Marazzi, che scrisse alcuni diari di cura durante le proprie fasi depressive e dopo gli elettroshock, poi inclusi nel film Un’ora sola ti vorrei (2002). Se quest’accostamento alla pratica avviene già per Sapienza in Destino coatto – con le novelle da lei rielaborate negli anni cinquanta e sessanta – all’altezza del primo romanzo acquista un proprio statuto alla luce della prima versione integrale.
Può essere importante, dunque, tentare di riassumere in due distinte tabelle i principali parallelismi e le differenze ricorrenti tra I, A e LA, di modo che l’analisi faccia riferimento a esse sciogliendo alcuni passaggi di quest’approccio d’edizione. Per formalizzare i criteri e i tipi di intervento si è scelto di distinguere in TABELLA 1 i contenuti presentati con un abstract, in TABELLA 2 un riepilogo della precedente mentre – nel prossimo paragrafo – la TABELLA 3 propone una descrizione stilistica. In colore grigio chiaro verranno evidenziati i capitoli e gli argomenti testuali più rilevanti.
TABELLA 1