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Nel panorama letterario coevo e non solo: lettere, articoli, recensioni e critica

CAPITOLO SECONDO

II.2 Nel panorama letterario coevo e non solo: lettere, articoli, recensioni e critica

Progredendo nell’esplorazione del contesto che si muove attorno al romanzo Lettera aperta con, al centro, la vicenda dell’autrice potrà perciò essere appropriato distinguere diversi livelli di trattazione, commisurando il tempo della stesura del suddetto testo e quello di altri coevi. Dal mio punto di vista si tratta di un romanzo che contiene autobiografia, di un “romanzo di memoria” che procede secondo un “tempo ideale”, seguendo la definizione di Moravia nelle 9 domande; un romanzo che si riflette sul modello “famigliare” di Natalia Ginzburg.

Alcune lettere fanno comprendere che, in una prima fase di scrittura, Sapienza avesse diffuso parte dell’opera i cui contenuti, ancora autobiografici, erano stati considerati da Alessandro Blasetti, che le scriveva:

45 EAD., Etica della scrittura femminile. L’autobiografia, in Donne e scrittura: città di Palermo, Arcidonna, Atti del

11 – 3 – 63

grazie proprio di cuore di questa prova d’affetto e di stima. E brava per la tua costante volonta [sic] di scoprire la vita.

Non <ti> leggo ora, con la mente legata dai >doveri< <pensieri> del >lavoro< <cinematismo>. >Ma< Voglio aspettare un momento propizio <sgombro e riposato> degno di ricevere il tuo sofferto lavoro. Abbracciami Citto,

tuo Sandro46

In un telegramma successivo e senza data il regista riferiva: «Ho potuto finalmente cominciare a leggere stop ti abbraccio forte con orgoglio di amico ma profonda amarezza paterna stop dovremo parlare molto baci Blasetti».47 Non si hanno tuttavia le risposte di Goliarda Sapienza, né un

riferimento al dattiloscritto – presumibilmente – dell’opera né ulteriori informazioni a riguardo. Eppure Blasetti sembrava aver apprezzato quanto aveva letto.

L’ipotesi qui avanzata, completamente spostata su Lettera aperta, non prende in considerazione Carluzzu, che pare risalire al biennio antecedente; quel romanzo, infatti, non avrà da parte dell’autrice la stessa attenzione riservata a LA.

Alcune voci preziose attorniano Sapienza e altre, che saranno citate nel sesto paragrafo di questo capitolo, provano la presenza di lettori dei libri Garzanti tra artisti e critici.

Vera De Seta raccomanderà il lavoro di Sapienza ad Enzo Siciliano;48 nel 1966 lei rivelava di essere al lavoro sul terzo romanzo, L’arte del dubbio, finalmente databile.49

Ripercorrendo la bibliografia (sez. VII.4) si ha la catalogazione delle recensioni reperite grazie anche al primo impianto critico dato da Domenico Scarpa nella postfazione all’edizione Einaudi de L’arte della gioia (2008). Questo genere di ricerca, che iniziava in Una voce intertestuale (pp. 92-93), è tuttavia proseguita attraverso una tenace frequentazione di archivi in cui fossero conservate riviste che, nel 1967, avrebbero potuto ospitare con regolarità firme importanti e recensioni, e di cui Sapienza potesse essere (forse) rimasta all’oscuro. La Garzanti era una casa

46 Lettera manoscritta a Goliarda Sapienza con inchiostro nero e blu (le correzioni saranno indicate con <> mentre le

espunzioni con ><; il nome di G. è aggiunto in blu), in Archivio Alessandro Blasetti, Cineteca di Bologna; fasc. 1963, busta CRS 05, 0447. Ringrazio la dott.ssa Michela Zegna per l’aiuto fornitomi nella ricerca.

47 Ivi. Telegramma scritto in stampatello che riporta con inchiostro di pennarello blu anche l’indirizzo. Non venendo a

capo del titolo affrontato da Blasetti si può ipotizzare sia una versione non conclusa di Lettera aperta, oppure una prima bozza già piuttosto completa nel 1963.

48 In una lettera manoscritta e autografa conservata nel Fondo Enzo Siciliano all’interno dell’Archivio del

Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Vieussuex di Firenze si conosce che l’editing di Lettera aperta risale all’inverno del 1966.

editrice di punta, che godeva di un certo seguito, tuttavia osservando le date cui risalgono le pagine critiche reperite – anche sulla scorta di Scarpa – pare che sia stata la candidatura al Premio Strega ad aver dato visibilità al romanzo.50

In effetti, il biglietto manoscritto inviato a Maria Bellonci con cui Bertolucci presentò Sapienza data 4 maggio 1967 (l’annuncio sarà di poco successivo):

Presento al Premio Strega 1967 il romanzo Lettera aperta di Goliarda Sapienza, editore Garzanti. Attilio Bertolucci.51

Il libro arriverà nella decina finalista grazie anche a Natalia Ginzburg, come si vedrà nel sesto paragrafo.

Luigi Baldacci scriveva probabilmente una delle più valide recensioni sull’esordio di Sapienza:

il libro […] è una confessione, un romanzo parlato, piuttosto che una ricerca di memoria. […] con un gusto dei passaggi analogici che dimostra una sensibilità letteraria molto avvertita […] la realtà intrinseca è un recupero d’identità personale attraverso un’operazione esorcistica: magica e poetica più che scientifica, con un gusto dei passaggi analogici che dimostra una sensibilità letteraria avvertita. […]

c’è in Goliarda Sapienza la rivolta e la cattiveria della figliastra pirandelliana dei Sei personaggi. C’è insomma un autentico seme di follia (lievito così raro) che riesce a riscattare Lettera aperta dalle sorti del libro di ricordi. A volte si ha l’impressione di una certa maniera, di un certo uso pianificato di questa fantasia bizzarra; ma se domani la Sapienza si affiderà a strutture più solide e resisterà alla tentazione dell’informale narrativo, potrà toccare esiti anche più sicuri.52

Anche Mario Lunetta si esponeva su «Paese Sera» con un testo denso e articolato che, in poche battute, metteva in campo: la validità dei modelli (Sterne-Stendhal-Deledda, anche se con riserve); lo stile non sempre convincente; la tematica viva e attuale; l’autobiografia; le derive surrealiste (presunte). Questa la recensione:

50 (s.a.), Dodici libri in gara per lo «Strega», in «Stampa Sera», n. 114, 15 maggio 1967; (s.a.), Dodici candidati al

Premio Strega, in «Corriere d’informazione», 16/17 maggio 1967; (s.a.), Dodici candidati al Premio Strega, in

«l’Unità», 17 maggio 1967.

51 Archivio Maria Bellonci, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma; il titolo, qui in corsivo, è sottolineato. Segnatura:

ARC31, 1967-48. È curioso notare che nell’archivio non sia presente un biglietto di Natalia Ginzburg dato che presentò Sapienza al Premio.

52 A oggi mai citata: L.BALDACCI, Lettera aperta di Goliarda Sapienza in Tre storie di donne e una partita riuscita a

metà, in «Epoca», n. 871, 4 giugno 1967, p. 132. Le altre autrici menzionate sono Anna Maria Ortese con Poveri e semplici e Alice Ceresa con La figlia prodiga (Einaudi).

Un libro generoso, autentico come una ferita aperta. Poteva essere un gran bel libro con quella partenza sorvegliata e carica di adulta ironia, con quel corposo rigore razionale coagulato in personaggi piuttosto indimenticabili (il padre avvocato Peppino Sapienza, il professor Jsaya) e la grana compatta di un lessico e di una sintassi nervosamente organizzati di testa, non di cuore. Peccato. La crudeltà si paga, specialmente quella contro se stessi: e Goliarda Sapienza lo sa bene. Il suo Sterne e il suo Stendhal lo sapevano già un secolo e mezzo fa [...] proprio nel cuore caldo di quest’autobiografia così libera e liberamente ragionata ecco un rigurgito di antico pus romantico di «pietas» introversa tra il favoloso sensuale deleddiano (ma «con juicio» s’intende) e una sorta di dérèglement surrealista. A questo punto crolla l’impalcatura. […] La rete si intrica nella dimensione del subcosciente ossessivamente subìto e stravolto, non più dominato.

Era forse documentariamente necessario [...] per la scrittrice per chiarire più a fondo le radici della sua weltanschauung laica, di quello che è il suo antifascismo biologico e teoricamente digerito? Ma ai fini della poesia ci pare di avvertire in tutto ciò uno stridore un po’ convulso che si placa nell'ultima parte, nel ritorno alla madre: l’altro personaggio campeggiante del libro [...]

Ironia e passione si alternano in questa riesumazione che nulla ha di funereo Semmai è impregnata di sprezzante amore della vita. Nelle lacrime non c’è redenzione, si sa: l’unico baluardo contro qualsiasi scacco è nel fervore della sua ricostruzione logica, per mano di chi l’ha subito. Questa mi sembra la lezione più vera (più poetica) di Lettera aperta. […] 53

Anche Giulio Nascimbeni sul «Corriere della Sera» parlava di «romanzo parlato, di confessione a tu per tu con il lettore […] di una materia dichiaratamente autobiografica».54 Come nel caso precedente, tuttavia, vi sono pagine in cui la narrazione sembra avere dei “crolli” – e quasi viene da anticipare un’ipotesi circa l’editing troppo audace di Enzo Siciliano, o alcune scelte di Sapienza, che affronta digressioni continue (anche nel testo finale). Ancora il giornalista:

L’autrice ha voluto anche adottare soluzioni «informali» con la volontà di restituire i balenii effimeri dei ricordi che non rispettano, lo sappiamo, le regole dell’ordine e del tempo. E si ha l’impressione che per effetto di queste soluzioni l’estro vivacissimo, sicuramente poetico della Sapienza, si sia come distratto e annebbiato, disperdendosi nei vizi delle cose minori e delle intese private.55

Nascimbeni pare evidenziare uno degli scopi dell’autrice: i dettagli e le divagazioni, ossia alcune “tracce stilistiche sterniane” e – probabilmente, con una lettura odierna – qualche inciampo in fase di editing. Roberto Mazzucco scriverà poi su «Tempo Presente»: «Lettera aperta è una storia scritta palesemente in stato di delirio [...] autentico, naturale [...] è una autobiografia bruscamente spezzata [...] si tratta di un romanzo psicoanalitico in senso quasi assoluto, ma senza compiacimenti pseudo-

53 M.LUNETTA, Ironia e passione di Goliarda Sapienza. Scava con durezza dentro di sé, nella rubrica “Supplemento

libri”, in «Paese Sera», 23 giugno 1967. Piero Dallamano pure pubblicava sullo stesso quotidiano.

54 G.NASCIMBENI, Le Antologia di narratori. Il romanzo «parlato» di Goliarda Sapienza, in «Corriere della Sera», 30

luglio 1967.

scientifici o freddezza di catalogazione.»56 Il critico proseguiva sottolineando ulteriori aspetti, insinuando tra le righe l’arte affabulatoria dell’autrice:

l’autrice compie un grande sforzo per raccontare di sé […] è facile percepire tra una pagina e l’altra il pudore, lo spasimo di denudarsi dinanzi a quel destinatario ignoto che è l’altro Io. […] La tecnica è molto abile […] G. S. è stata attrice di teatro e sa tentare l’attenzione degli astanti. […] L’opera non è limitata però nell’angusto recinto di una personalissima autobiografia. [...] la famiglia idolatrata e odiata nello stesso tempo (quanto Freud in tutto questo!) non è una qualunque famiglia borghese, che con la sua stessa esistenza spinge alla ribellione. Sono genitori moderni, aperti [...] Dove comincia allora il fallimento? Sbalordisce la violenza della sincerità: in questa critica spietata a chi bene operò, c’è un’eco della crisi delle ideologie. Ormai la battaglia è vinta e perduta insieme.57

Dal canto suo, Domenico Porzio su «Panorama» non risparmiava una critica piuttosto risoluta, rimarcando il rischio di caduta nel romantico-pietoso che già Lunetta aveva individuato:

Lunga confessione declamatoria che l’autrice chiama romanzo e che onestamente va definita autobiografia. […] la Sapienza manca di caratteristiche da [grande scrittrice] sebbene fornita di una buona sensibilità letteraria, di una dose di bizzarria la quale fa, qua e là, appetibili alcuni capitoli. La prima parte della confessione prometteva un libro con un piglio di salutare ironia […], libero e sprezzante, ma la memoria di se stessi apre sovente le porte al pietismo e ed al romanticume. A metà strada questo libro ne viene inondato e annega. È noto comunque che le autobiografie tanto più acquistano qualità letteraria quanto più sono deformanti e false. La verità della cronaca non ha nulla a che fare con la letteratura.58

Secondo quanto espresso, il libro farebbe “cronaca” e non “letteratura”. In questo segmento s’inserisce anche Padre Bisol (allora influente voce di «Civiltà Cattolica») che, sulla rivista «Letture», esponeva la propria critica al testo in questi termini:

Ci troviamo dinanzi un tipico caso di solipsismo […] Tracce evidenti di dissociazione psicologica, di confusione ideologica e affettiva che rasenta il caos, danno risalto quasi allucinante alle ribellioni contro tutto ciò è una bambina hai un adolescente dovrebbe avere di più caro di più sacro. [...]

Il testo uscito dalla penna di uno scrittore è quello che è in se stesso e vale quello che vale prescindendo dalla realtà umane da cui è scaturito; altrimenti dovremmo parlare di test psicanalitico non di opera letteraria. […] si aggiunge il disgusto persistente e quasi fisico che scaturisce dalla lettura di una prosa che ci riporta continuamente all’atmosfera e ai modi espressivi reclamizzati da La bastarda della francese Violette Leduc, con la quale Goliarda Sapienza sembra avere non poche affinità.

56 R. MAZZUCCO, Destinatario ignoto [Lettera aperta di Goliarda Sapienza], in «Tempo Presente», anno XII, n° 8,

Agosto 1967.

57 Ibidem.

58 D.PORZIO, Lettera aperta di Goliarda Sapienza, rubrica “Panorama ha scelto”, in «Panorama», Anno V, n. 66, 20

I motivi di fondo che, simili a rottami residui di un naufragio, galleggiano sullo sconclusionato monologare dell’autrice.59

Questa recensione feroce, che pare Sapienza abbia incorniciato e appeso nel proprio studio, ebbe delle conseguenze positive nel paragone con Violette Leduc. Può essere utile notare, inoltre, che vi è da parte di Bisol una separazione netta tra autobiografia e letteratura, e tra autore e narrazione. Tornando invece alle critiche a favore, Giancarlo Vigorelli parlava di:

Un libro serio, di insfuggibile e non mancata tragicità: sbaglierebbe infatti chi lo scambiasse soltanto per un’autobiografia a nudo mentre vale per le continue alterazioni e per l’incessante rischio teatrale, benché nell’impianto delle soluzioni, nella stessa scrittura fredda, quell’attrice che sopravvive qui nella scrittrice sappia smontare “alla Pirandello” il proprio teatro familiare, nell’atto stesso di montarlo. Un libro che sa stare sul crinale della disperazione o della felicità, e portarvi di colpo il lettore quasi con la stessa prepotenza o indolenza.60

È ancora Pirandello che ritorna, come nella recensione di Baldacci, che riprenderà la ‘definizione d’autrice’ anche nel 1969 recensendo Il filo. Vigorelli, in particolare, notava che il binomio “attrice- autrice” assumeva uno statuto nello stile di Sapienza – in antitesi con quanto sostenuto da Mazzucco. Anche Silvana Castelli (unica giornalista donna) si esponeva sull’«Avanti» in questi termini:

In questa sua Lettera aperta Goliarda Sapienza si adopera per rendere in qualche modo abitabile il passato, aggiungendo un’operazione magica a quella razionale: lei sarà la esorcista e insieme la donna moderna della grande città, e vuole vederci chiaro. […] Le scelte per il futuro sono chiare: vivere con ironia senza una fede incrollabile, senza missioni, ma senza scetticismi. […] Il suo discorso lotta, anche se non sempre vittorioso, per essere oggettivo a incastri netti e lucidi. Nell’apparente casualità con cui ricordi dialoghi e figure vengono riesumati o meglio reinventati, un sottile filo di Arianna segue un suo ragionato cammino per riportare la protagonista all’aperto, al presente. Malgrado qualche smarrimento, pericoli, soste troppo lunghe, è stato un viaggio interessante con tutti i comfort della modernità.61

59 G.BISOL, Lettera aperta di Goliarda Sapienza, in «Letture. Rassegna critica del libro e dello spettacolo», anno XII,

n. 6, giugno 1967. Può essere rilevante notare che, quando uscì invece il secondo romanzo, sulla stessa rivista apparve una recensione di Pier Luigi Starace, in cui egli esprimeva in questi termini la propria valutazione: «Un libro spesso allucinante, che scava negli abissi in cui possono cadere e decomporsi la forza, l’armonia, la ricchezza della psiche umana, ma anche capace di far intravedere la strada ascendente verso arie più respirabili» (Cfr. Il filo di mezzogiorno di

Goliarda Sapienza, in «Letture. Rassegna critica del libro e dello spettacolo», anno XIV, n. 11, novembre 1969).

60 G.VIGORELLI,Il libro del giorno. Due opere prime.Lettera aperta di Goliarda Sapienza. Recensione, in «Tempo», 5

settembre 1967.

Lettera aperta sarà poi scelto come “Libro dell’anno” da Elsa Morante e Livio Garzanti sul «Corriere Letterario» del 31 dicembre 1967, e ciò era già stato rilevato in Una voce intertestuale.

Rileggendo le recensioni sino a qui si possono riconoscere alcune definizioni pertinenti circa la forma del testo, che sembrano rientrare nel dibattito delle 9 domande: «romanzo parlato» (Baldacci); «autobiografia così libera e liberamente ragionata» (Lunetta); «romanzo parlato, di confessione […]; materia dichiaratamente autobiografica» (Nascimbeni); «autobiografia spezzata [...] un romanzo psicoanalitico» (Mazzucco); «confessione [e] autobiografia» (Porzio); «un libro serio <non solo> autobiografico» (Vigorelli); «un viaggio moderno» (Castelli). D’altronde di “autobiografia” parlava già il risvolto di copertina dell’edizione Garzanti, sul quale si legge: «G. S. aggiunge il suo nome, con una precisa e inconfondibile fisionomia, nella rosa significativa degli scrittori della tradizione letteraria siciliana».62

È possibile porre un dubbio circa l’orientamento del dire dei recensori indirizzato (forse) dalla casa editrice, eppure l’autonomia degli stessi e il loro statuto fa intendere che abbiano letto il libro e si allineino con una direzione epocale d’indagine sul romanzo. Se si considera, inoltre, la bibliografia relativa a Il filo di mezzogiorno si avrà un numero non esiguo di segnalazioni.63

A quest’altezza, inoltre, si desiderano avanzare altre due direzioni d’interesse, che riguardano proprio i libri Garzanti nel quadro della critica tra il 1967 e il 1986. In quel ventennio, infatti, che precede il “Gruppo”, Sapienza ottenne una diversa e sinora inedita visibilità.

Innanzitutto la segnalazione in riviste del ramo editoriale e su riviste accademiche così com’è evidenziata nella bibliografia (VI.2); oltre all’Almanacco Bompiani 1968 si ha «Rinascita», il mensile culturale del Partito Comunista Italiano, su cui sia Lettera aperta sia Il filo di mezzogiorno

62 G.SAPIENZA, Lettera aperta, Milano, Garzanti, prima edizione: 24 marzo 1967.

63 Questo romanzo usciva il 20 maggio 1969. Cfr. (s.a.) Il filo di mezzogiorno in “Sono usciti”, in «Corriere letterario»,

17 luglio 1969; (s.a.), Il filo di mezzogiorno, in “Biblioteca minima”, in «Il Tempo», 5 agosto 1969; D.PORZIO, Il filo di

mezzogiorno di Goliarda Sapienza, rubrica “Panorama ha scelto”, in «Panorama», Anno VII, n. 178, 11 settembre

1969; (s.a.), Una donna in crisi, in «RadiocorriereTV», 12/20 settembre 1969; A.SALA, Gira la ruota per la poesia, in

«Corriere d’informazione», 26-27 settembre 1969; P.L. STARACE, Il filo di mezzogiorno di Goliarda Sapienza, in «Letture. Rassegna critica del libro e dello spettacolo», anno XIV, n. 11, novembre 1969. Segno, questo, che entrambi i volumi cercavano una propria fortuna critica e di lettori, non verificabile a oggi quanto a vendite e diffusione.

furono indicati tra i “libri del mese”.64 Che lì si dia menzione dei romanzi non porta, tuttavia, ad alcuna accettazione di Sapienza, dal momento che, come affermerà Adele Cambria nell’87, con il primo libro l’autrice fu «messa all’indice dal PCI [poiché] aveva osato raccontare una storia privata».65 Si desidera, tuttavia, soffermarsi su due segnalazioni d’altro interesse, ossia quelle di «Forum Italicum» e «Italian Quarterly»:

Lettera aperta, in “Ultime novità in lingua italiana”, in «Forum Italicum», volume 1, n. 3, 1 settembre 1967

Il filo di mezzogiorno in “Ultime novità in lingua italiana”, in «Forum Italicum», volume 3, n. 4, 1 dicembre 1969

Lettera aperta, in «Italian Quarterly», n. 42, Fall 1967

Il filo di mezzogiorno, in «Italian Quarterly», n. 51, Winter 1970

La prima rivista fondata da Michele Ricciardelli proprio nel 1967 all’interno della Stony Brook University (NY, USA) fu una novità nel panorama delle riviste di Italian Studies dell’epoca. Lo studioso nutriva rapporti fecondi con l’Italia, tanto che, nel 1992, raccolse nel volume Writings of the Twentieth Century Italian Literature 1964-1984 (Filibrary Forum Italicum) alcune sue recensioni ad autori del Novecento, in particolare a Giuseppe Berto e Anna Maria Ortese – unica scrittrice citata. Secondo quanto tracciato nel primo capitolo, circa la presenza dei romanzi di Sapienza editi in vita all’interno di biblioteche universitarie e statali tra Europa, Stati Uniti, Australia e altri luoghi, questa segnalazione su «Forum Italicum» può testimoniare un’attenzione ai volumi Garzanti che passarono per le mani dei redattori e forse di Ricciardelli stesso.

«Italian Quarterly», invece, vedeva nel 1967 come direttore Carlo L. Golino e, come co- direttori, studiosi quali: Gian-Paolo Biasin – con cui anche Ricciardelli aveva a che fare – Dante Della Terza, Lowry Nelson Jr., Charles Speroni e Pier Maria Pasinetti. In effetti la rivista era sostenuta dalla University of California e Pasinetti insegnava, in quel periodo, a Berkeley. È possibile che sia stato lui a ricevere il romanzo di Sapienza dalla casa editrice Garzanti; in effetti dai

64 Rispettivamente nel n. 26 del 30 giugno 1967, p. 27, e nel n. 30 del 25 luglio 1969, p. 22. 65 A.CAMBRIA, Recensione di Le certezze del dubbio, in «Minerva», novembre-dicembre 1987.

suoi carteggi, come già indicato nel primo capitolo, si conosce la frequentazione antecedente la pubblicazione dell’ambiente del Centro Sperimentale di Cinematografia (che include i fratelli Pasinetti), e di Maselli e Sapienza. Si apprende comunque, almeno secondo l’autrice, che i due furono in contatto negli anni in cui lei tentò di pubblicare L’arte delle gioia.

Si ha un altro nome importante di quel periodo, legato in parte anche alla rivista pocanzi introdotta e testimoniato nell’epistolario inedito dell’autrice: quello di Claudio Varese, votante allo Strega nel 1967.

Nelle Rassegne all’interno dei «Nuovi Quaderni del Meridione» sarà Salvatore Orilia, in un lungo articolo prospettico, a dare rilievo al primo romanzo nel quadro della letteratura italiana del 1966-1967, definendolo «un’autobiografia parlata [e una] magica evocazione […] che cessa di essere tale nel significato più semplice della parola, mentre il libro progredisce e si accumula nella