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CARLO BOSELLINI

Nel documento Opere complete. Opere minori Volume 2 (pagine 169-195)

Ea demum tuta potentia est , quae viribus suis modum imponit.

Val. Max.

I N M O D E N A

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da quel| la tolto o distrutto. Sì la sua mente è fatta giuoco di delirio. L'immensa distanza da un polo all'altro crede poter trascorrere vitto-rioso, anzi ratto qual omerica deità, e tanto potè alla vista di tutti con-cepir solo l'umana mente di follia! E vi poteva essere anche più grande e temerario ardimento? Sì, che in quest'uomo esisteva, ma dirò anzi più grande malvagità. Egli stesso, stolto, credè usurpare ancora gli attributi del nume e in faccia al mondo si vanta tuttora di tener stretta in mano la bilancia degli altrui destini. Insensato, che non vide nel-l'audace passaggio del N i e m e n4 che il cielo era già stanco di cotanta tracotanza e di sua empietà, che già ne bilanciava i destini di lui e il termine al suo forsennato orgoglio!

M a in quai paesi trasporta egli tante innumerabili armate? E non lo spaventano quelle formidabili barriere di cui natura istessa cinse un così vasto impero a difesa di popoli innocenti? N o n gli ampi e profondi fiumi, le vaste paludi, le estese foreste, i laghi interminabili, le solitu-dini, non i turbini e le procelle che ad ogni passo arrestar possono in quelle contrade i più trionfanti eserciti, rendere in un istante la più lu-minosa vittoria inutile? E contro chi tal guerra, che empiamente noma crociata, imprende egli? Contro nazioni numerosissime, tutte ardenti di carità di patria e della propria dignità e indipendenza; contro quella nazione da uno de' più illustri sovrani legislatori ne' tempi nostri tolta a barbarie, donata a civiltà e presso cui con i maggiori sforzi e pene avea egli guidato da tutte le nazioni d'Europa arti, scienze, gentilezza, coltura, che ne facea stupire di meraviglia; contro una nazione portata allo stato della maggior grandezza, potenza, ricchezza da una nuova Semi-ramide, sorretta di presente da un nuovo Tito che colla sua sapienza si era reso l'ammirazione universale e con le più benefiche virtù in trono era fatto de' suoi sudditi delizia5. Ei mosse guerra contro quei popoli nel cui vastissimo impero ebbero negli antichi tempi vita quel|le popo-lazioni terribili che soggiogarono più volte la terra, contro una nazione anche nella nostra età illustrata per le più luminose vittorie e guidata da un monarca uso al campo, alle battaglie, cinto di multiplici allori, contro genti infine che non sanno che vincere o morire.

Se alcun tempo questo periglioso despota fe' mostra di non comuni guerrieri talenti, di presente fin disdegna militare prudenza, o per ga-rantire viveri a tanti eserciti o per procurar loro ripari nel suo sì lungo

4. Si riferisce al passaggio del Niemen da parte della Grande Armée, con cui il 24-25 giugno 1812 iniziò la penetrazione nell'impero russo.

5. Allude ai più famosi sovrani russi dell'ultimo secolo, Pietro I il Grande, Cate-rina II, Alessandro I.

cammino ed uno scampo con fortificati baluardi dai sinistri avveni-menti, quasi egli solo bastasse contro natura e contro il cielo, e allorché le stesse più numerose armate erano inciampo alle belligere intraprese in troppo disperse e inabitate contrade. Egli già s'avanza nelle interne Provincie del russo impero sprezzando ogni pericolo, quando le acque, le grandini, i morbi distruggono porzione delle sue schiere, quando ad ogni passo gli convien disputare il terreno, versare de' suoi soldati il sangue a torrenti. In onta a ciò egli stesso affretta le sue falangi, pro-voca l'ira di natura armando i suoi soldati anche di faci contro le in-felici città, tutto spargendo di orrori, rovinando i luoghi abitati, le eulte terre fatte campo a' suoi eserciti, e sino in quegl'incendi che por-tano le ultime sciagure a tanti innocenti egli si diguazza, si diletta nel descriverli. M a natura indignata a cotanti oltraggi rende primiero ministro contro di lui di sue vendette il fuoco, e questi concitato in tutta la sua ira s'arma d'immense fiamme, erge altissimo il suo capo, le spinge per tutto in vasti globi fra negro fumo. Già l'alterigia del de-spota si arresta. A l vasto incendio, al fremito, allo scroscio, al fragor delle rovine ciascuno cerca uno scampo, un freddo orrore serpeggia nei cuori di tutti i suoi soldati e già un tetro presentimento li fa presaghi di stragi e di sventure. M a l'anima sua indomita ceder non vuole all'irato elemento e in onta sua ricalcar vuole l'ampio cenere fatale, stretto da | 16 un fascino insidioso che intorno gli si aggira. C h i il crederebbe? Egli

stesso sembra congiurare al danno de' suoi eserciti, esporli perfida-mente all'eccidio, poiché sua cieca perfida-mente per ira divina a tal f u ridotta, che non iscorge esser prive di sostentamenti le armate e che imminente nel certo suo corso il cielo gettava in questi climi altissime nevi, che le minacciava soffio di gelo, che le onde degli ampi torrenti, de' laghi, del mare istesso condensa, gelo che strazia gli umani petti e il cui aspro rigore è tale che appena si rende soffribile ai popoli da lungo tempo a più rigidi climi avvezzi, anche quando hanno riparo negli edifizi o da artificiale calore sono protetti. M a finalmente i suoi eserciti sono for-zati dal disagio, dalla desolazione e per lo spavento a retrocedere. L'im-menso spazio però che li disgiunge dalle patrie loro raddoppia l'amarezza, le angustie, e tutto cospira alla loro estrema perdita; s'avanzano len-tamente nel cammino; furia di nordici nembi, odio dei popoli oltrag-giati, virtù guerriera degli eserciti nemici gli stringono d'ogni parte. L'armi stesse gli stanno inutili sulle irrigidite destre, comprese le loro membra da acutissimo freddo e dalla fame, più atroce de' nemici istessi; eglino cadono fra gli spasimi, le angosce ad ogni istante, ad ogni passo a mille a mille quali fragilissime piante al furore di borea alpino e sono in un momento tutti i suoi eserciti abbattuti, atterrati e solo pochi

miseri dispersi avanzano a sì immensa strage, che per ultimo orrore di barbara sciagura abbandonati si vedono fino dal loro crudele condot-tiero, quale paurosamente dato si era alla più infame fuga, sacrificando alle nemiche spade le sue guardie.

A l ritorno, quasi egli volesse fare estrema ingiuria ad umanità, que-st'uomo ardì ancora di sua mano di sì immensi disastri delinearne il quadro; orribil quadro, che ben degna opera era di sua esecrabil mano, e quasi vanto osò offrirlo ai popoli d'Europa, tutti sventurati per di lui cagione e che tutti riempì di | profondo affanno e di orrore; né ebbe ritegno di funestare la Francia con la sua presenza in aria di trionfo. E vi poteva essere maggior audacia ed insensibilità? Far vanto ancor di gloria quando non vi era fra' suoi numerosi sudditi una famiglia che non gli ridomandasse i congiunti, i fratelli e padri e figli; e come mai potè sostenere la vista di tante infelici desolate vedove, di tanti inno-centi gettati per lui nel pianto, nell'abbandono; soffrire le strida di molti sventurati o feriti o mutilati, resi inutil tronco al suolo, e ogni cittadino fatto preda inoltre di miseria? E non paventò egli quel grido che s'innalzava da ciascuno al cielo per una pronta vendetta sopra la sua odiata testa? E quest'uomo ha potuto aver vita, anzi regnare su tante nazioni e fra tanti disastri da lui cagionati, insultarle qual vincitore, rimanere ei stesso immune, non darsi egli stesso la morte o non perire di rimordimento, di rancore?

N e ' mali medesimi dell'umana condizione sembra che natura benefica per alleviamento dell'uomo pietosa gli stenda una mano soccorrevole per dileguarne il cordoglio; e qui sia primiero tributo di alte lodi al monarca del russo impero. Egli stesso, oh generosità celeste!, oltraggiato nella sua persona con quelle onte estreme che possono farsi ai sovrani, e fra tanti danni fatti a' suoi popoli, con sovrumana bontà arresta le stragi dei miseri vinti, li compiange quai vittime innocenti d'insana ambizione del loro condottiero, li sottrae alla vendetta de' suoi irritati sudditi, al furore de' suoi soldati, loro dà asilo, scampo, fa porgere sostentamento, loro offre fino difesa e libertà. Magnanimo eroe! con sì chiaro e sì perfetto esempio di virtù in trono vedi come tutti i popoli ringraziano il N u m e del dono a loro fatto di tua preziosa vita, e come i nostri occhi vanno bagnati per te di dolci lacrime! T u fosti a noi qual astro propizio, che sgombra le tenebre, i procellosi nembi, che feconda il suolo co' suoi raggi a sollievo dei mortali. |

Tanti innarrabili disastri, una sì funesta esperienza doveva final-mente imporre dei limiti all'orgoglio del despota francese, se orgoglio in animo temerario, ambizioso, feroce può mai avere confine. E non do-veva egli aver scorto che il suo trono era troppo in alto eretto, che le

sue fondamenta ne erano scosse, che disinganno sollevava quel cupo velo che ricopriva i suoi frali sostegni, che a vieppiù renderlo vacil-lante un fremito per tutto s'innalzava di vindice odio, che la sofferenza dei popoli era stanca? Tante beneficenze poi del migliore monarca non dovevano ammollire il suo aspro cuore, quando le belve istesse le più crudeli ammansano la fierezza verso quei che loro porge le sue cure e ne lambiscono la destra, grate elleno stesse ai benefizi? E quale più grande generosità di un sovrano da lui minacciato di perdita d'impero, di una na-zione potente e da lui tanto vilipesa, che dopo aver sparso pe' suoi attentati tanto sangue avrebbero avuto ogni dritto a tutta la vendetta, presso cui diveniva legittimo un odio inestinguibile, i quali sottraggono i suoi eserciti da certa morte, che servano verso di loro i riguardi più gene-rosi ed umani e che infine in mezzo a' loro trionfi non oppongono alla sua rabbia che amichevoli trattamenti e dolcezza?

M a che far poteva l'alta virtù di un tanto sovrano, così sublime beneficenza presso un u o m o cui non m o v o n o le sventure immense de' suoi popoli, il loro odio, i loro fremiti; che non cura pericoli, non la sua ruina; non quella della propria famiglia, del tenero figlio; di un u o m o che in tante sue perdite si raffigura ancora nume armato di ful-mini e di vendette, e già audace, violento, inflessibile il suo belligero ge-nio raduna nuovi soldati, che svelle crudelmente dalle città, dalle cam-pagne, ed ordina più estesi spogliamenti a danno de' miseri popoli a sostegno degli eserciti, che trascina per forza a più feroce e pericolosa guerra? |

19 Fortuna maligna, per rendere la caduta di lui più terribile, per po-chi istanti si bilanciò nelle sue ali sospesa sul suo capo e sembrò sor-ridere ancora ai suoi ardimentosi sforzi. La sua indomita fierezza nuova esca riceve nel rilevante numero de' suoi eserciti; il suo orgoglio più s'irrita negli orribili combattimenti di Bautzen e di Lùtzen6. S'imma-gina ancora la fortuna attaccata al suo carro e nuove conquiste. Egli ricalcar vorrebbe quei sentieri che furono sì fatali alla sua superbia, fatti campo di morte poche lune trascorse di tutti i suoi eserciti. Nel suo furore chiama insensati i nemici monarchi che a lui si oppongono, che ne disdegnano il vergognoso giogo ; lui insensato, che non conobbe essere la valorosa loro resistenza qual cometa minacciosa che gli stava sopra, nunzia d'estrema ruina, e che bellica scienza discoperti aveva i suoi segreti guerrieri!

6. Le due battaglie avvennero il 2 e il 21 maggio 1813 e furono le ultime vittorie di Napoleone prima di Lipsia, ottenute però con gravi perdite.

La virtuosa brama però di risparmiare il sangue umano mette nelle destre de' monarchi vincitori il sacro ulivo; essa lo richiama a pace al nome istesso della misera umanità. Una potenza che al bene de' suoi popoli aveva offerto quasi olocausto una figlia, seco perciò stretta co' più dolci vincoli del sangue, con la soavità dei modi, con candida ret-titudine tenta ammollire quel cuore di bronzo, ricondurlo a pacifici sentimenti, invocando il bisogno di questa pace a tutte le nazioni, fa-cendogli sentire come i suoi popoli medesimi altamente la reclamavano 7 : e qual potenza arrecogli così salutevoli voci? U n monarca oggetto dell'amore de' suoi popoli, i quali avendo sofferto tanti strazi, tante sciagure, chiedevano anzi contro l'usurpatore francese guerra e ven-detta; un sovrano sostenuto da numerosi e valorosi eserciti che minac-ciano ad ogni momento d'impedirgli il cammino ne' suoi regni, di piombare alle spalle di tutte le sue armate, di ridurre ogni suo soldato a nuovi estremi; ma la sua alterigia, o per meglio dire il mal talento che l'agita per punirlo una volta degli oceani di sangue da lui | fatti 20 scorrere e come autore di tante miserie e come reo di tanti delitti, gli affrettava il di lui rovesciamento. Senza ciò chi credere potea tanta serie di falli in tal uomo? Sì, la sua perdita stava già scritta nell'impla-cabil ira dell'Eterno.

Provocata a guerra colla più aspra tracotanza anche la potenza a lui così amica, quella sola che gli era rimasta tale nell'abbominazione di tutte le altre nazioni, quantoppiù terribili sorgeano i pericoli, più il suo carattere crudele e indomabile diviene; inventa piani la cui vastità e arditezza rende un momento attoniti gli sguardi, tutto simula, per tutto tende insidie al nome istesso di pace, e già i suoi eserciti si avanzano di nuovo nel centro della Magna; nel suo delirio vuole ancora essere il dominatore d'Europa, assicura che vittoria sta fissa ognora al suo carro e gli apre novelle vie di gloria, arbitro si pretende ei solo di pa-ce e di guerra, e già l'adulazione che lo circonda, comprata con oro cittadino, gli applaude, lo celebra ancora, in onta a tante sue sconfitte, come invincibile qual dio delle battaglie coronato de' più splendidi allori, lo acclama perfino sapientissimo, ottimo, massimo, accomu-nandogli per tal m o d o con orribile oltraggio della divinità quegli at-tributi che a lei sola convengono. N e ammira poi la moderazione per-ché pago sembra di molti Stati d'Europa, di cui con tanti iniqui modi si fe' signore o per meglio dire tiranno; protesta l'integrità del suo impero

per-7. Il 26 giugno 1813 a Dresda, a nome dell'imperatore d'Austria Francesco I, padre di Maria Luisa, il Mettermeli offri a Napoleone la mediazione dell'Austria; il suo rifiuto determinò l'ingresso in guerra dell'impero asburgico.

ché disse egli di volerla, e mostra di riguardare come esecrabile l'idea di restringerlo, e tutto ciò quando i popoli oppressi e stanchi ne aveano scosso o anelavano di spezzarne il ferreo giogo. Anzi egli stesso, quasi reggesse le vicende dell'età venture, dispensa perpetuo impero alla sua dinastia e vuole che gli altri monarchi riguardino la conservazione de' loro troni come generoso sacrifizio e dono di lui. M a il giusto cielo da tanta empia e perversa arroganza irritato si placò finalmente nella sua clemenza coi popoli e coi re e | già disegna e stabilisce nuovi destini di non attesa né mai sperata felicità. Se un momento di suo sdegno privò alcuni monarchi dei loro troni, fatto verso di loro più benigno li ritorna più gloriosi, loro addita ordini più santi, una più inviolabile unione e concordia.

Il despota istesso affretta la sua perdita. Le armate de' più possenti imperi in una si raccolgono, tutti i popoli offesi accorrono a gara coi tesori e con l'armi ad opporglisi; arte e genio militare viene da loro schernito con migliori arti, con più squisito genio militare. La sua te-merità vinta è dal coraggio e dalla prudenza; a' suoi ordini si affron-tano bensì le sue armate con le armate nemiche e minacciano di nuovo la Vistola, la Duna, la Neva, il mondo intero. M a ai primi attacchi per tutto vengono sconfitte e fugate dal valore degli eserciti alleati, dal-l'odio dei popoli traditi. Egli già ne raccoglie gli avanzi lungo l'Elba, li aggiunge al suo esercito, che vanta ancora vittorioso, e forma di Dresda un imponente baluardo che cinge di tutte le macchine da guerra, e tutti rinviene gli artifizi di Bellona per rendersi più terribile. Ivi sem-bra volere di nuovo sfidare la possa dell'universo, vorrebbe ancora far conquisto di ciò che nemmeno capisce nella sua mente, ed anzi per estremo insulto all'Europa sull'altissimo Moncenisio ordina un m o -numento di universale schiavitù8. L'onore solo sostiene un istante il valore de' suoi soldati, ma circondati da tutte le forze alleate e minac-ciati i suoi eserciti di essere un'altra volta preda di fame, è forzato a rinvenire nuove barriere, nuovi campi di battaglia e in suo pensiero si lusinga di afferrare di nuovo pel crine la vittoria e la fortuna presso le campagne di Lipsia. Cieco, non vide che i nemici, consapevoli final-mente delle sue arti, ne avevano preveduti i forzati movimenti e già i loro eserciti lo ricingevano più possenti e terribili.

Potessi' avere più che mortale eloquenza per dipingere le sapienti manovre di guerra, quei portenti | di bellica virtù per cui tanto rifulse il valore dell'Austro, del Prusso, del Germano, dello Svedese, del Russo

8. La strada del Moncenisio, voluta da Napoleone soprattutto a scopo militare, fu costruita fra il 1803 e il 1813.

e del Britanno. Felice quegli che potrà tanta vittoria degnamente de-scrivere e commendare! Eroi monarchi, non dubbia Europa già stava lieta ad ammirarvi: ivi trionfaste appieno di quell'uomo orgoglioso di tante vittorie che, nuovo Pirro, credea la terra non sufficiente alla sua gran-dezza e a cui il cielo per punirlo più severamente lasciò in tanti cimenti la vita; poiché una meno matura morte l'avrebbe fatto ingiustamente troppo glorioso.

Sì, Lipsia, il tuo nome verrà ognora richiamato con gioia da tutti i popoli nella rimembranza de' più fausti avvenimenti, in una vittoria che felicita le nazioni nella totale sconfitta di quelle legioni che aveano fatto tremare sì gran parte d'Europa, che minacciavano di schiavitù la terra per abbandonarla al capriccio del più audace tiranno. Già l'usur-patore si dà di nuovo a vilissima fuga e tanti allori, che fortuna infida avea adunati sulla di lui fronte per opprimere i mortali col suo potere, come da fulmine percossi, sfrondati cadono tutti in un momento al suolo. Sì, questa vittoria è la più grande noverata nei fasti dall'istoria delle eulte nazioni; e difatti qual vittoria potrebbe tenersi al paragone con questa, o si riguardi il nerbo delle forze diretto ad ottenerla, o la virtù militare degli eserciti e de' condottieri, o la gloria de' monarchi che vi concorsero, o l'importare di essa al bene di tutti i popoli; Se quella di Lepanto, od anche più quella conseguita sotto Vienna dal valore polacco germano sulla furia ottomana minacciante anch'essa di catene l'Europa, possono in qualche m o d o adeguarsele, una tirannide più aspra di uomo che mirava con delizia scorrere il sangue umano a rivi, che tentò di far perpetua la guerra, di tutta ricoprire la terra di solitudine, rende questa incomparabilmente più gloriosa. Per voi, valorosi eroi monarchi, l'umanità per tanto tempo dogliosa terse alfine le sue la-grime; essa | stessa coglie allori nei campi celesti, que' puri allori di cui 23 soltanto la più rara virtù può circondare il suo crine. Sublimi eroi, voi, di laudi e di ammirazione tanto più degni quantoppiù elevati sul comune de' mortali, abbandonando agi e trono, staccandovi dalle te-nere consorti, dai dolci figli, correste voi stessi armati de' vostri eserciti alla testa, cimentaste la vostra vita solo per la comune difesa, per l'in-dipendenza di tutte le nazioni, che per voi furono sottratte alle più amare disavventure, alla cui ricordanza ogni animo rifugge d'orrore. Per voi f u vinto quell'uomo che a buon dritto fu chiamato della

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