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Opere complete. Opere minori Volume 2

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BOSELLINI

e r e c o m

Volume II

'ere minori

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Scrittori italiani di politica, economia e storia

C A R L O BOSELLINI, Opere complete, Voi. I,

Nuo-vo esame delle sorgenti della privata e pubblica ric-chezza; Voi. II, Opere minori

MARSILIO D A P A D O V A , Il difenditore della pace C A R L O I L A R I O N E PETITTI DI R O R E T O ,

Opere scelte, Voli. I e II

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SCRITTORI ITALIANI DI POLITICA, ECONOMIA E STORIA

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OPERE COMPLETE

a cura di Miriam Rotondò Michelini

Volume II O P E R E M I N O R I

«hostinato rigore»

FONDAZIONE LUIGI EINAUDI

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R I C E R C H E S O P R A L A L E G I S L A Z I O N E D E L M A T R I M O N I O , S O P R A L O S T A T O D I F A M I G L I A , L E S U C C E S S I O N I ecc.

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S O P R A L O S T A T O D I F A M I G L I A , L E S U C C E S S I O N I ecc.

PREFAZIONE 3

La legislazione civile fino al presente non è stata quasi sempre che la storia degli errori. Incerta e feroce presso popoli selvaggi e non ci-vilizzati, eretta in sostegno del dispotismo in Asia, fece in Grecia sol-tanto alcuni progressi per opera dei filosofi, che unitamente alla politica formava ognora l'oggetto delle loro meditazioni e dei loro viaggi. M a sotto la prepotenza di R o m a antica e moderna divenne lo scopo dell'am-bizione, dell'interesse, del fanatismo; ed oltre ciò, preda alla moltiplicità delle leggi, alla loro confusione, presenta all'aspetto la più immensa e mostruosa mole.

C i ò che non può che sorprendere si è che fino ai tempi presenti, men-tre tutte le almen-tre scienze hanno fatto grandi progressi e sparsi tanti lumi utili all'umanità, quella delle leggi civili si risenta ancora di tutta l'im-perfezione; ed allorché tutto imponeva il bisogno di una riforma nella giurisprudenza, essa ritenga molti avanzi della barbarie de' passati secoli. |

Finalmente in quest'epoca distinta, ove la libertà, fra il contrasto 4 di tutti gli interessi, fra l'urto il più terribile delle passioni, è risorta trionfatrice, arrestata invano nella sua marcia dall'avvilimento dei po-poli e fino dall'eccesso istesso della schiavitù che li abbrutiva e li tra-sformava in tigri feroci spingendoli a tutto intraprendere per la difesa de' più vani prestigi e delle sue catene, in cui ad onta della rabbia e della guerra di tutti i re, dell'odio e resistenza di alcuni uomini i più perfidi, essa sul carro della vittoria, premio de' più sublimi sforzi, at-terrando tutti i mostri segnò la caduta dell'imponente edificio degli er-rori, dell'impostura e dell'oppressione e con mano ferma poggiò i fondamenti di ogni libera costituzione; in sì felici tempi, ove ogni uomo è chiamato a concorrere al ben pubblico, mi sia permesso di tracciare al-cune verità sopra l'importante oggetto delle leggi civili, attinte dal sacro libro della natura e di una benefica filosofia. Fa meraviglia che l'America, avendo adottato un libero governo, abbia nel tempo istesso conservato tutto l'assurdo delle istituzioni civili della madrepatria,

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soggetta in molte parti agli abusi feudali ed alle più ingiuste e barbare disposizioni. La Francia istessa, ad onta della sua felice rivoluzione e di aver offerto ai popoli la più perfetta costituzione, riguardo alle leggi 5 sui rapporti | dei cittadini, ad onta di alcuni vani tentativi per

l'intra-presa di un intiero sistema di legislazione, non è passata che a speciali riforme.

L'esame delle più importanti leggi civili, che la prepotenza di un ti-ranno e de' suoi vili ministri m i forzò un tempo di abbandonare strap-pandomi a' patri L a r i2, di n u o v o l'amore del ben pubblico sotto il felice

impero della libertà mi ha fatto un dovere di riprenderlo, mentre però le mie occupazioni3 mi obbligano al presente a restringermi ad esporre

soltanto le leggi civili sopra i matrimoni, lo stato di famiglia e le altre obbligazioni che dipendono dai più stretti naturali e civili rapporti, riservandomi a tempo più c o m o d o l'esposizione delle medesime sopra gli oggetti della proprietà4.

Qualunque sieno queste riflessioni, che i miei scarsi talenti non mi permettono di m o l t o apprezzare, possano le medesime ed i miei errori istessi affrettare lo stabilimento di una giurisprudenza dettata soltanto dagli oracoli di T e m i , e rimontando al vero ordine sociale far conoscere quanto importi per la comune felicità di stringere i legami della natura, che l'orgoglio e le superstizioni per tanti secoli avevano infranto, e rimettere il medesimo sopra le basi delle famiglie, e con ciò ima così 6 importante scienza divenga sorgente di o g n i vir|tù ed un p e g n o

ga-rante all'età avvenire della loro prosperità e del loro benessere, riunendo gli uomini coi sacri nodi di una comune fratellanza, e f o r m i n o tutte le nazioni una sola famiglia. |

7 [Cap. I] De matrimoni.

L'importanza dell'argomento di che ora imprendo la disamina è abbastanza conosciuto, ma non posso a m e n o di n o n risentire dei sen-timenti di timore e di diffidenza di m e nell'intraprenderla. Quanta

2. Allude all'arresto subito nel gennaio del 1793 e alla detenzione nel carcere di Sestola, durata fino al marzo del 1794. Vedi più avanti Nota critica, pp. 703-704.

3. Il Bosellini ricoprì la carica di municipalista dall'ottobre del 1796 al maggio del 1802, con l'interruzione dovuta all'arresto e al processo fra il 1799 e il 1800. Vedi più avanti Nota critica, pp. 706-710.

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saggezza, quanta esperienza non richieggono le leggi sopra l'unione de' sessi, sopra lo stato di famiglia? Qual cosa più importante di ciò che conserva la società ed assicura la sussistenza de' figli, provvede alla loro educazione? C o n tali leggi fu posto un freno alle passioni, appresero gli uomini a rispettare i diritti della natura. Dalle medesime infine dipende la pace delle famiglie, l'ordine della società.

Le istituzioni sopra tale oggetto furono una delle prime cure dei legislatori. La loro utilità fece ottenere ai loro autori fino la venera-zione de' popoli. Presso tutte le nazioni ebbero sempre i matrimoni tutto il favore e furono distinti ed onorati fino a tanto che la superstizione fece sconoscere all'uomo i suoi diritti, eretto il sacerdozio nel più terribile dispotismo; quando finalmente i matrimoni furono fatti a nome della divinità, dettate le sue leggi dai più imbecilli imperatori e dai pontefici ambiziosi, furono i medesimi disprezzati, avviliti, f u sconvolto del tutto l'ordine della natura, successe la perdita delle virtù, dei costumi e fin d'ogni idea morale, f u aperta alle generazioni la v o -ragine del nulla.

M a cessiamo da quelle orride immagini, sono abbastanza tali disordini conosciuti, ed altro non importa che passare alle ricerche che apportar vi possono riparo, traendone gli oracoli dalla natura e da una più be-nefica giurisprudenza. Legislatori, quando con le vo|stre istituzioni 8 politiche avrete assicurate le proprietà, sanzionata la libertà dell'indu-stria e del commercio; che le cariche pubbliche non saranno più ac-cumulate nelle stesse persone né stabilite per arricchire alcuno; che avrete favorito le arti e l'agricoltura procurando con ciò ad ogni cit-tadino i mezzi di ottenere una comoda sussistenza; che avrete sbandito l'ozio e la miseria, sollevato l'indigente, punita l'infingardaggine, al-lora potrete dettar leggi sui matrimoni; potete essere sicuri di ciò che dice Montesquieu, che in ogni angolo della terra ove un u o m o ed una donna possono vivere comodamente, si fa un matrimonio5.

Io non tenterò, nuovo Licurgo, di portare istituzioni troppo severe, né proporrò, come il medesimo, d'infrangere ogni rapporto di famiglia. La natura a mio parere detta diverse e più miti norme, e dessa soltanto seguir si deve. Quante volte gli errori ed impolitiche disposizioni col dispotismo hanno arrestata la sua marcia, e mentre la terra mostra inesauste risorse all'industria, invoca nuovi abitatori, esse hanno rese fino al presente quasi deserte le sue immense provincie! Esista un

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librio fra le leggi ed i costumi: allora il matrimonio sarà di n u o v o innalzato alla sua dignità, lo stato di famiglia sarà rimesso nel primiero suo onore.

[Cap. II] Del celibato.

Q u a n d o le nazioni ritorneranno sotto l'impero della ragione, chi potrà resistere a quel prepotente affetto che agita dolcemente i sessi e li trasporta con le lusinghe del piacere ad unirsi, onde cooperare alla grand'opera della generazione; che nell'uomo selvaggio è istinto e nell'uomo civilizzato il più p r o f o n d o sentimento di piacevole rifles-sione, di espandere cioè la propria esistenza e felicità, di vedersi i figli scherzare fanciullescamente intorno mostrando nel v o l t o la maestà e vigore del padre o portando impresso la bellezza e dolcezza materna; 9 di aver dato vita a degli | esseri che, quando la loro cessa, tengono nel m o n d o il luogo dei medesimi, e quasi rendono immortale la umana esistenza istessa. E voi, amabile opera della natura, o bel sesso, a cui un fremito irresistibile fra dolci palpiti discende per tutte le membra al balenare di un giovine ciglio, v o i che ritenute dal candido pudore allora più vivace la natura v'innostra le rose del volto e m o v e languida le vostre pupille, v o i che non siete tratte al piacere ed alla libertà che mediante il matrimonio, potreste sdegnare di amare, di unirvi ad un u o m o che trovò la via del vostro cuore e che vi riama;

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perfidie vostre e le seduzioni che gettarono tante innocenti donzelle, tante infelici nell'abbandono, preda del vizio e del delitto, forzate ad una vita misera ed obbrobriosa, se non incontrano la morte. Quante volte finalmente per voi fu macchiata la sacra ara d'Imene, turbato l'ordine delle famiglie ! Giovani, disdegnate una volta di essere nemici della società e fino di voi stessi, sfuggite una esistenza che vi condanna a vivere soli e dis| prezzati, a vegetare senza speranza o ad una vecchiezza senza appoggio e a divenire l'obbrobrio della natura. Ed esisteranno degli uomini, che si vantano gli amici dell'umanità, che proclamano ognora il bene della società mentre con gli effetti ne ruinano i fondamenti! e non incombono a ciascun u o m o dei doveri verso le generazioni avvenire e verso la sua posterità? è la sola miseria che dai medesimi può rendere esente.

R i f u g g e il pensiere di arrestarsi sull'immagine dei mali che un eccesso di dissolutezza spinge a contrarre e che attaccano la sorgente istessa del piacere; una malattia dono funesto delle americane contrade, quasi pena della barbarie europea, veleno micidiale che rende tali in-felici preda della smania e del duolo e che affretta la distruzione del genere umano: potesse la mia penna ispirar tutto l'orrore di questo stato e ricondurre tanti sconsigliati sulle vie della ragione e della na-tura; ma una dolce lusinga può far sperare che sotto il regno virtuoso della libertà saranno forse sconosciuti in avvenire tali disordini, che non furono per la maggior parte che gli effetti del dispotismo e dell'im-postura.

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Io n o n porterò per modello di legislazione le celebri leggi Iulia e Pappia a, inopportune allo scopo, e m o l t o più ai tempi di R o m a , quando

era perita la libertà, né altro esse mi sembrano che una speculazione fiscale propria di un tiranno, non già di un legislatore. N é possono né debbono leggi dirette imporre ai cittadini l'obbligo del matrimonio: ciò sarebbe assoggettarli al g i o g o in una cosa che d e v o n o essere assolu-tamente liberi; un confondere le leggi morali con le politiche, ed inoltre assurde, perché o v e la natura non è abbastanza potente è ingiusta e vana ogni legge. Sono il benessere de' cittadini, le insinuazioni, l'opinion pubblica e qualche onorifica distinzione, che possono eccitare i m a -trimoni. Le pene e le ricompense a nulla servono. C o m e mai potrebbe un u o m o decidersi per tale stato quando preveda poter essere il partaggio de' figli la fame e la miseria; L e leggi degli Stati che davano delle esen-zioni ai padri di dieci o dodici figli esistenti nulla possono influire all'aumento della popolazione; non si tratta, dice Montesquieu b, di

premiare dei prodigi.

U n a religione superstiziosa, ma resa più infame dai suoi ministri, fece adottare il celibato come una perfezione dell'essere, c o m e se questa bella virtù non portasse infine l'intiero annichilamento degli uomini. E che mai ha prodotto ciò fuori che di essere la fonte da ogni libertinaggio e depravazione; Far preferire uno stato nullo, antisociale, una morale bassa alla virtù, al benessere della società: o v e più esiste un tale disordine più resta diminuito il numero dei matrimoni ed i già fatti sono m a g g i o r -mente corrotti e infelici. Presso le nazioni o v e esistono m e n o persone 12 maritate è cosa certa che a v v e n g o n o più adulteri, e questa è una |

re-gola, dice Montesquieu, cavata dalla n a t u r a6; ciò f o r m a l'obbrobrio

di alcuni Stati cattolici. Possa una legislazione benefica togliere una volta sì perniciosi abusi con la soppressione dei monasteri e del celibato.

a. D i cui esiste il Commentario di Eineccio 7. b. Esprit des loix, [XXIII, 27].

6. L'esprit des lois, XXIII, 21.

7. Johann Gottlieb Heinecke (Eisemberg, 1681 - Hall, 1741), giurista tedesco, scrisse Ad legem Iuliam et Papiam Poppaeam commentarius. Fra le sue opere maggiori vi è quella citata frequentemente dal Bosellini nelle pagine seguenti: Antiquitatum

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[Cap. Ili] Poligamia.

La prima questione che si presenta all'esame nella legislazione sopra i matrimoni si è se il legislatore adottar deve la pluralità delle mogli, o sia la poligamia, o se deve restringere tale unione ad una unica donna simultaneamente. Io non dirò col celebre autore dello Spirito delle leggi che la prima sia propria dei climi caldi, mentre l'altra è propria sol-tanto de' temperati e f r e d d i8: solo m i sembra che se aver si dovesse

riguardo soltanto alla moltiplicazione degli uomini la questione sa-rebbe decisa a di lei favore. A t e n e d o p o una lunga guerra, esausta di forze e di gioventù, per riparare alla popolazione permise agli A t e -niesi di prender due mogli. Essa sola sostiene l'urto del dispotismo in Asia ed è la causa della sua grande popolazione, siccome anche nell'Affrica. M a l'unione dei sessi deve essere riguardata sotto altro aspetto, quello cioè del benessere delle famiglie e dell'educazione. N o i sappiamo da Euripide la sua infelice sorte per aver preso due m o g l i ; le risse, le ge-losie gli davano continue inquietudini e tormenti. Socrate istesso ebbe due m o g l i in tal tempo, e n e m m e n egli f u più fortunato. Adottata la poligamia, non p u ò che produrre tali inconvenienti, e quando il legi-slatore volesse porvi riparo, egli n o n potrebbe ciò ottenere che lasciando usurpare ai mariti l'autorità di despoti e rendere le m o g l i schiave siccome sono nelle sopraccennate parti del m o n d o : quindi peggiore del male il rimedio, condannando ad essere infelici ed oppressi degli esseri che ebbero dalla natura uguali diritti.

N i u n a cosa inoltre vi sarebbe più contraria all'educazione dei figli: la loro lunga infanzia e debolezza, | che richiedono una costante cura 13 onde provvedere loro e di alimenti e d'istruzione e di conoscenze neces-sarie alle arti e professioni, tutto ciò rende impossibile di estendere la medesima ad un troppo gran n u m e r o di figli; s'aggiunga ancora che d o v e la poligamia è stata da lungo t e m p o proscritta, sembra che debba la medesima vietarsi a m o t i v o dell'eguaglianza che ivi general-mente esiste di maschi e di femmine e per cui ogni u o m o , essendo fornito di eguali diritti, non deve essere escluso dall'altro né impedito di scegliersi la sua compagna. Io non parlo della pluralità dei mariti: essa n o n potrebbe che turbare l'ordine della natura. Tali unioni n o n potrebbero che essere tollerate nei casi di una troppo eccedente p o p o -lazione, perché allora è meglio p r o v v e d e r e alla felicità degli uomini esistenti che di quelli che non hanno avuto essere: m a indefinito è

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forse il numero degli uomini di cui la terra è suscettibile, e quanto siamo lungi da tale stato, che la ragione conosce possibile !

N u l l a dirò di quella violenza fatta a degli infelici, che li degrada condannati poscia nei serragli, e che ne f u la conseguenza : ciò n o n p u ò che ispirare orrore.

10 dovrei accennare la condotta del legislatore nel caso che i citta-dini contrariassero alle sopraccennate disposizioni. Se consultiamo la storia delle leggi, le pene erano le più orribili, dettate da una ferocia snatu-rata, ma che l'umanità e la filosofia proscrivono. S u di ciò si possono consultare le opere del Beccheria9 e del Filangieri.

[Cap. IV] Impedimenti.

11 rispetto che la natura esige dai figli verso le loro madri, delle m o g l i verso il marito, non possono n o n rendere nell'ordine sociale incompatibili tali stati, perché sarebbe un rovesciare i piani della natura. Si avverti ancora che il matrimonio, particolarmente tra ma-| 14 dre e figlio, c o m e osserva M o n t e s q u i e u1 0, se fosse permesso,

arrive-rebbe sempre che quando il marito fosse in istato di entrare nelle vedute della natura, la donna avrebbe cessato e sarebbe divenuta già infeconda, o sicuramente da tale unione, stante l'ineguaglianza di età, n o n v e r -rebbero prodotti che figli mal formati e malsani.

Q u a n t o ai padri verso i figli, siccome a loro spetta la cura di p r o -teggerli e di difenderli, di ispirar loro tutto ciò che porta alla virtù ed all'adempimento de' doveri sociali, e perciò altri affetti si richiedono nei medesimi che quelli della seduzione e della voluttà. Q u i n d i i legislatori debbono ritenere tali proibizioni c o m e barriere insormontabili, proscri-vere qualunque simile unione, c o m e quelle che tendono a degenerare la specie e certamente contrarie alla perfezione tanto fisica che morale degli uomini.

L'orrore dei matrimoni con fratello e sorella ha d o v u t o discendere dagli stessi princìpi: basta che i padri e le madri abbiano v o l u t o c o n -servare i costumi de' loro figli e delle loro famiglie per avere ispirato odio contro tali unioni ed ascrivere ad incesto tutto ciò che portava alle medesime. La stessa origine ebbe forse la proibizione di quelle fra congiunti germani prodotta dall'istessa sorgente e dagl'istessi riflessi1 1.

9. Si riferisce evidentemente a C . BECCARIA, Dei delitti e delle pene.

10. L'esprit des lois, X X V I , 14.

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Pare che le opinioni dei popoli abbiano adottate per tutto una eguale ripugnanza e pare che il ben pubblico detti di estendere tali divieti a tutte le persone che nell'ordine delle famiglie devono tenere l u o g o di padri e di figli.

Platone 0 vorrebbe che le leggi ed i magistrati insinuassero alla

gioventù di unirsi piuttosto con famiglie povere ed oneste che con le ricche e potenti. I consigli di tale legislatore non possono essere m i -gliori, ma n o n deve essere ciò da veruna legge prescritto, che sarebbe una tirannia. |

D e b b o n o essere anche rigettate tutte quelle unioni di persone di differente sesso, in cui esiste una troppo disuguale età ed anche quando entrambi i coniugi siano di troppo avanzata età né vi sia più speranza di n u o v a prole, siccome quelle che mostrano una riprensibile libidine e troppo bassi sentimenti: opera spesso della seduzione, prepotenza e viltà.

Rendesi necessario, e le leggi esiger lo devono per il reciproco adempimento dei doveri previamente al matrimonio, la fisica e morale potenza, e senza cui anche già fatto si dovrebbe ritener per nullo, al-trimenti sarebbe un permettere ad alcuno di tradire impunemente l'altrui fede e mancherebbe l'essenza istessa del matrimonio. Conseguenza di un tale principio si rende necessario inoltre il determinare l'età propria per i medesimi. Incerto si è lo sviluppo delle forze fisiche e morali presso ciascun uomo. La legge però deve decidersi su ciò che generalmente avviene; le disposizioni romane dichiarano per l'età conveniente essere quella di quattordici anni per li uomini e di dodici nelle donne. M a nei nostri climi pare che la medesima sia troppo prematura. I Germani n o n permettevano di contrarre matrimonio se non all'età di anni venti, onde avere dei figli robusti. L'importanza dello stato che assume l ' u o m o pare richiedere un tal tempo, necessario inoltre all'opportuna riflessione, onde formare dei padri capaci di difendere, sostenere ed educare i figli. M a qualunque siansi le disposizioni delle leggi su di ciò, quando l'età necessaria al matrimonio venga stabilita c o m e nelle romane leggi, per la validità almeno dei matrimoni dei figli si deve richiedere il consenso dei loro padri, non già c o m e conseguenza di un diritto di proprietà che abbiano i padri sopra i figli - ciò sarebbe un abuso, una tirannia - , m a per porre un opportuno riparo ai sconsigliati impeti della gioventù e per sottrarla alle seduzioni ed alle insidie a cui resta soggetta per la sua irriflessione e soverchia bontà di cuore, da cui non potrebbero pro|venire che le più funeste unioni, e la legge deve a preferenza affi-darsi, per fino che dura la loro età minore, piuttosto alla prudenza dei

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padri ed alla loro v i v a brama di procurare il benessere de' loro figli. In Inghilterra, osservò Blackstone d, le figlie abusano sovente della

legge per maritarsi a loro capriccio e senza consultare i parenti, da cui ne p r o v e n g o n o gravi disordini. Le ragioni che fanno adottare tali m i -sure riguardo ai figli verso i padri, fanno egualmente proporle riguardo all'altre persone soggette, cioè pupilli e minori, che debbano essere in obbligo per rendere validi i loro matrimoni di ottenere il consenso dei loro tutori, curatori e più prossimi parenti.

U n tale potere che dà natura e che è il più sacro, deve però ritenersi del tutto cessato dal m o m e n t o in cui la legge gli ha innalzati al rango di cittadini: allora padri e figli ritornano all'indipendenza. Il restare dopo tal tempo m e m b r i di una famiglia non essendo che l'effetto di una tacita convenzione indotta dal reciproco interesse fra i padri e figli, non deve apportare nessuna violazione ai naturali e sociali diritti. Sa-rebbe un formare di tutti i padri di famiglia tanti tiranni e loro sacri-ficare la maggior parte dei cittadini. I doveri che d o p o tal tempo esi-stono fra i medesimi hanno soltanto appoggio nella morale: essa sola deve ispirare ai padri ed ai figli una reciproca differenza e vicendevoli riguardi.

[Cap. V ] Requisiti.

La natura dell'atto, di essere cioè una convenzione di due persone che si uniscono insieme per il c o m u n e interesse e felicità ad oggetto di concorrere alla riproduzione di nuovi esseri, indica abbastanza la sua essenza di contratto, e che per conseguenza uguali debbono essere i 17 requisiti, cioè che n o n esista | violenza, frode od errore, che rendono nullo ogni atto civile, così eguali esser debbono gli effetti, soggetti inoltre gli autori di colpe a proporzionate pene. Presso la m a g g i o r parte delle nazioni i matrimoni v e n g o n o preceduti dalle promesse del m e -desimo, dette sponsali. Le leggi romane, fatti i medesimi, permisero che fosse l u o g o di recedere, e soltanto se fosse stata data caparra doveva

d. Commentaires sur les loix anglaises, [I, 15, 1] 12.

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perdersi da chi l'aveva prestata, o restituirsi nel doppio dall'altro. La esperienza abbastanza ha comprovato non essere tali promesse che una sorgente di litigi e di disordini e rendersi anzi al grande oggetto della natura inutili. Pare che le leggi delle nazioni moderne non abbiano giammai voluto adottare ciò che vi era di ragionevole nella romana giurisprudenza, siccome erano le sopraccennate disposizioni e.

Vietate inoltre esser dovrebbero le così dette convenzioni matri-moniali, perché, oltre la loro inutilità, si rendono cagioni di seduzioni e di altri corrotti affetti almeno riguardo alle donne. Esse nulla hanno d'uopo di eccitamento per incontrare lo stato di matrimonio: troppo vi sono dalla natura trasportate; e ciò sarebbe un portarle a formare unioni interessate, a preferire le ricchezze invece dell'industria e dei talenti, cose contrarie alli buoni costumi ed al bene della società. Niun vantaggio devono il marito e la moglie poter accordarsi sopra i propri beni fuori di quella porzione che loro la legge assegna, dovendosi tali largizioni ritenere per la maggior parte come l'opera della seduzione e del raggiro o l'effetto di mal consigliati e spesso snaturati trasporti. C o n tali disposizioni verrà tolto un ostacolo al matrimonio, verrà ri-messa in onore la purezza dei sentimenti. Sono gli uomini, piuttosto, che debbono essere eccitati al medesimo con qualche favore, perché generalmente da loro dipende il maggior o minor numero dei medesimi, cosa che tanto importa alla società; perciò all'uomo potrebbe essere accresciu|ta la sua legittima porzione fino alla metà dei beni della 18 moglie; ma di ciò in altro luogo. Parimenti fra marito e moglie i doni ancora tanto avanti, che in pendenza del matrimonio dovrebbero es-sere proibiti. Le gemme che adornar debbono le donne che passano al maritaggio dovrebbero essere la modestia, la purità dei costumi; negli uomini le virtù: quai più bei pregi? Tolti tanti dispendi che il lusso seco porta, proscritti gli abiti sontuosi fra i medesimi almeno in tal tempo, qual eccitamento non si darebbe allo stato matrimoniale! Sono tali eccessi che sovente trattengono gli uomini da questo e gli spaventano coll'aspetto della futura propria rovina e miseria. La legge istessa nella prima comparsa de' coniugi al pubblico dovrebbe pre-scrivere l'abito il più semplice.

e. Libro III, cap. « De sponsalibus » 13.

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[Cap. VI] Celebrazione.

A l t r o oggetto interessante i matrimoni si è la loro celebrazione. A dimostrare l'importanza di tale atto niuna cosa vi dovrebb'essere di più imponente della stessa. Tutti i popoli hanno conosciuto una tale verità, presso tutti le più auguste cerimonie e feste ne contestavano i medesimi. Per mostrare quanto questa azione interessi la società vi d e v o n o interve-nire i magistrati e soltanto sotto la loro garanzia debbono i matrimoni essere formati. Annunzino le leggi ai cittadini contraenti la riconoscenza della repubblica, dichiarino loro che, d o p o i doveri che la patria i m -pone, la miglior riprova della loro virtù si è l'osservanza dei reciprochi doveri fra i coniugi.

In ogni mese dovrebbero essere destinati alcuni giorni per un tale intento, o v e fra le danze, i canti e suoni, nelle pubbliche piazze ed alla presenza del p o p o l o venissero dai presidi coronati di fiori gli sposi, siccome era presso i Greci. |

19 [Cap. VII] Doveri e diritti dei coniugi.

Le leggi esiger d e v o n o nei matrimoni severi costumi. Io non posso che disprezzare i princìpi di quegli scrittori che prendono l ' u o m o e la donna del presente stato corrotto per quelli della natura, c o m e se n o n fosse possibile una costante unione, che la ragione e la natura esigono e di cui è p r e m i o una sorgente inesausta dei più puri piaceri. E non sono desse che i m p o n g o n o il matrimonio per la felicità dei figli? Questi pegni di un santo affetto, la loro educazione, le cure che eglino richiedono, non portano che i coniugi siano uniti fino a tanto che siano pervenuti i suddetti all'età della riflessione? Operazioni che anche in unioni f o r -mate dalla più verde etate si estendono fino alla più tarda vecchiezza, in quei tempi o v e le abitudini prese, la memoria delle pene e dei piaceri e delle vicende passate, la propria presente impotenza e debolezza, la necessità de' comuni soccorsi strinsero vie più i nodi di un reciproco virtuoso interesse, mentre la costante esperimentata affezione, la con-fidenza reciproca rendono più gradita e necessaria l'unione dell'uomo e della donna.

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che sopra quegli che unisce alla m a g g i o r forza coraggio ed intelligenza, sopra quegli che tali qualità lo rendono proprio alla fatica ed agli af-fari esterni e il solo capace di proteggere e difendere e moglie e figli e che dalla natura sembra destinato ad essere m e m b r o dello Stato; mentre la donna per la sua debolezza, per la conformazione de' suoi organi, per le sue qualità, sembra destinata ad essere il principale istru-m e n t o della [ generazione ed a cui la natura direttaistru-mente affida il de-posito dei figli e la cura interna della famiglia.

A b b i a n o le leggi tutti i riguardi alla loro debolezza, vegliano su la loro felicità siccome alla cosa più preziosa dello Stato. Esse formano la metà e forse più dei m e m b r i della società, m a nell'istesso tempo si ritengono quali l'istessa natura prescrive, sommesse cioè alla direzione dell'uomo, n o n già per erigerlo in tiranno, m a perché ciò richiede l'istessa loro difesa e felicità. Il pregio loro consiste nell'essere figlie ubbidienti, fedeli ed occupate consorti, madri tenere e virtuose. I doveri che la legge impone loro sono di dividere c o l l ' u o m o l'onore di formare dei cittadini probi ed utili, di unirsi al medesimo per la difesa e benessere della famiglia e della patria. L e Porcie, le Arrie siano il loro m o -dello r.

A m e pare che la ragione stessa assegni tali limiti per l'ordine e conservazione delle famiglie; e se le donne non potranno ottenere i di-ritti politici, rimesse però nei naturali e civili, tolte mediante migliori istituzioni alle inezie, al lusso, alla dissipazione e corruttela, quanto potrebbero contribuire all'educazione sociale, al benessere delle na-zioni! Allora i costumi potranno rendersi puri, e quando l ' u o m o e la donna saranno veramente ritornati alla loro dignità, diverranno comuni nelle famiglie i sentimenti dell'amor di patria e delle virtù, e tutto ciò che ispira di sublime la ragione, la natura, l'universale beneficenza. L e leggi sopra i matrimoni presso tutte quasi le nazioni furono l'opera della prepotenza dell'uomo. | Egli solo ne dettò le condizioni e portò all'eccesso l'abuso, e furono il m a g g i o r oltraggio fatto all'uma-nità. Erano ritenute quasi schiave non solo presso i Galli e Germani, m a anche presso i Greci. In R o m a assoluta era l'autorità de' mariti. Erano le donne sempre soggette ad una perpetua tutela ed era talmente spinta la ferocia di tali leggi, che le medesime per le più lievi mancanze davano /. Le virtù delle donne germane erano le più sublimi: nella guerra si uni-vano ai padri e mariti; nei grandi perigli, denudati i petti, con estremo ardore li eccitavano alla difesa della libertà, alla vittoria, e spesso morivano al loro fianco. T A C I T O , De moribus Germanorum, [ 8 e 1 8 ] . Lo stesso abbiamo delle

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al marito il diritto di ripudio e fino quello della vita e della morte. Infausta anche al presente in Asia ed Affrica è la loro sorte. Se sono tutte le leggi delle moderne europee nazioni più moderate, non sono però del tutto senza taccia. Niuna cosa poi vi è di più infelice quanto la loro condi-zione presso i selvaggi. Sovente dai mali trattamenti rese disperate, por-tano le madri per pietà una mano omicida sopra le figlie per sottrarle ad una simile sventura. M a tali eccessi debbono essere sconosciuti alle nazioni libere. La preminenza dell'uomo non deve consistere che nella ragione e nel ben pubblico, su cui le leggi debbono essere delineate. O g n i altro diritto che egli assumesse sarebbe un abuso punibile. M a quali esser possono le leggi che osservar devono fra loro i coniugi? Quelle che detta natura, quelle che destano la reciproca confidenza, il bene della famiglia. Esser ne devono conseguenze che la moglie seguir debba la condizione del marito, che al medesimo appartenghi la scelta del domi-cilio: quindi la donna obbligata a seguirlo per tutto, purché non sia bandito. Abbia il marito il diritto di prescrivere delle regole nella sua famiglia a cui la donna debba conformarsi seco convivendo; che la moglie resti sommessa alla direzione del marito in tutto ciò che ha rapporto agli affari del matrimonio e della famiglia, come effetto della sua naturale dipendenza e dell'ordine. Generalmente presso tutte le nazioni resta tenuto il marito di difendere i diritti della moglie tanto fuori che in giustizia, per lei comparire in giudizio anche senza procura, 22 ma dovrebbe | garantire sempre che la moglie presenterà la ratifica

del fatto.

Tradotto che abbia il marito la moglie nella propria abitazione, dovrà, come conseguenza della contratta società, oltre l'uso del suo corpo, fornire alla moglie che non sia provveduta gli alimenti e tutto ciò che è necessario al suo mantenimento secondo le forze dello stato e come per lui stesso, quantunque nulla essa gli abbia apportato, quan-tunque fosse obbligata ad abbandonarlo a causa di mali trattamenti, anzi resta tenuto a ciò fino a tanto che non sia seguito divorzio, ed anche se diventata vedova, purché il marito non sia in qualche grado di povertà, e reciprocamente la moglie deve essere tenuta in egual m o d o verso il marito.

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-tesquieu1 4, che le donne siano le padrone nelle case, c o m e si pretende

essere stato stabilito presso gli Egiziani. L e leggi inglesi, onde garantire i di loro diritti e la libertà loro, hanno la precauzione che, avanti di passare a degli atti civili, venga la donna previamente interrogata sola ed in segreto dal giudice di pace per conoscere se l'atto che intende di fare sia libero e deliberato «. T u t t o ciò deve aver l u o g o soltanto però nel caso che il marito abbia tradotto la moglie nella propria casa, non già se il marito si porta nell'abitazione della donna: allora deve rite-nersi quanto ai propri beni indipendente e restare presso la | medesima l'amministrazione de' suoi beni: tanto richiede l'eguaglianza dei diritti. D e b b o n o però le leggi non considerare il marito e la moglie che una sola persona, cosicché l'interesse di entrambi sia un solo. Q u a l cosa più disprezzevole di vedere nelle famiglie divisi fra marito e moglie gli interessi? Q u a l amore, quale stima vi può essere presso persone che prendono per misura delle loro felicità il personale vantaggio? Q u a l obbrobrio del secolo, particolarmente presso i grandi, di vedere se-parati appartamenti, diverse tavole, diverso letto, diversi divertimenti ed affari fra marito e m o g l i e ! ivi possono essere costumi, vi può essere la virtù nelle famiglie? Possono giammai tali matrimoni essere fecondi, i figli che nascono ben educati?

Effetto di tale unità che esser vi deve fra i coniugi, hanno inoltre le leggi ammesso ragionevolmente che l'uno non possa giammai ren-dere testimonianza contro dell'altro: ciò sarebbe contrario alla natura, ciò sarebbe un pretendere che u n o portasse un pugnale omicida contra se stesso.

" La legislazione inglese sopra i matrimoni ha un contrasto di uma-nità e di barbarie. N e l mentre che le sue leggi ispirano tutto il rispetto verso il sesso ed i suoi diritti, che portano l'indulgenza fino a ritenere le m o g l i benché consce del delitto del marito, c o m e innocenti, sulla supposizione che la loro debolezza le abbia suo malgrado condannate al silenzio, chi direbbe che esistesse uno de' più orribili abusi, che non può che ispirare orrore ad ogni anima sensibile? Tollerano tali leggi che un barbaro ed avido marito possa vendere la sua moglie, quale vien legata e strascinata in una piazza ed ivi lasciata al m a g g i o r offerente compratore. È v e r o che ciò n o n accade che presso la classe più bassa

o. BLACKSTONE, Commentaires [sur les lois anglaises, I, 15]1 5

-14. L'esprit des lois, VII,

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del popolo, ma agli occhi del legislatore è forse questa m e n o preziosa? N o n meritano tali infelici donne una m a g g i o r difesa? |

24 La legge dovendo rendere responsabile il marito della condotta della moglie, e ciò ad effetto di garantire i costumi delle famiglie, non può a m e n o di non fornirlo di autorità e di non autorizzarlo, allonta-nandosi essa da' suoi doveri, di ricondurla mediante mezzi ragionevoli. Se si volesse prescrivere delle leggi sopra qualunque azione de' coniugi, qual immenso dettaglio non richiederebbero ! C o m e prevenirne gli effetti? Già sulla soglia delle domestiche mura la legge si deve arrestare: è d'uopo che abbandoni il lei impero al medesimo. A lei basti di ottenere la c o -m u n e difesa, la conservazione dei diritti di ciascun -m e -m b r o ; opporsi soltanto a tutto ciò che vi sia direttamente contrario.

[Cap. V i l i ] Tribunale domestico.

In Atene la condotta delle donne era sopravegliata da particolari magistrati1 6 e la storia fa applauso alle sue istituzioni, che resero le

Ateniesi celebri per la loro modestia, semplicità, ritiratezza h.

Per contenere i costumi delle donne i R o m a n i fino dai primi tempi avevano istituito il tribunale domestico, composto di parenti e di a m i c i1 7. Nulla certamente a v v i di più proprio di tale istituzione per un

tanto oggetto. M a in R o m a tale disposizione era piuttosto fatta per favorire la dispotica autorità dei mariti che per conservare i costumi e l'ordine. In effetto eglino restavano arbitri del tutto in tali giudizi ed eglino ne pronunziavano la sentenza. Q u i n d i la ragione non p u ò ravvi-sare in questa uno stabilimento proprio al ben pubblico, ma l'opera del dispotismo.

25 Grazie al genio della libertà ed ai lumi del se|colo una tale benefica istituzione è stata al presente migliorata. Già le repubbliche di Francia e Cisalpina l'hanno nella sua costituzione adottata, e niuna cosa p u ò meglio contribuire alla riforma dei costumi, a rendere i cittadini vir-tuosi ed al bene delle famiglie; m a perché mai le donne furono escluse

h. Le cortigiane greche, libere dai legami del matrimonio, erano in

onore perché istruite nella politica e nell'eloquenza e perché servivano di modello con la loro bellezza per le divinità da effigiarsi dai grandi scultori.

16. La notizia è tratta probabilmente da C.-L. DE MONTESQUIEU, L'esprit des lois, V I I , 1 0 (cfr. ARISTOTELE, Politica, I V , 1300 a e PLUTARCO, Solon, 90 c).

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da questa domestica magistratura mentre la stessa natura con la dol-cezza di cui le ha fornite le rese proprie per insinuare la pace, l'amicizia e la moderazione?

U n tale tribunale deve avere il diritto di reprimere i trascorsi n o n solo dei m e m b r i della famiglia e della moglie, m a ancora del capo della medesima e de' mariti, in caso particolarmente di mali trattamenti o d altri eccessi e per tutte le cause o v e uno dei coniugi manchi a qualche essenziale condizione del matrimonio ed anche per eccesso di avarizia o prodigalità, e m o l t o più se il marito nell'amministrazione dei beni della moglie resti convinto di malversazione; allora la moglie deve essere difesa ed assistita, tolta al marito la sopraccennata amministrazione, ed in caso di mancanza, sia soltanto permesso al medesimo di prescrivere alcune privazioni di cose n o n necessarie m a di lusso, né mai la sua auto-rità si estenda ad infliggere delle pene, cosa che si deve ritenere soltanto propria del predetto tribunale.

[Cap. I X ] Successione.

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[Cap. X ] Del divorzio.

Niuna cosa avvi di più stimabile e di più utile quanto l'unione stabile di un u o m o e di una donna stretti dal sacro n o d o d'Imene; troppo interessa la società l'indissolubilità del medesimo, assai lungo t e m p o ri-chiedendo l'educazione dei figli. La medesima, siccome il grande oggetto della natura, rende tale unione necessaria fino alla più tarda età, in quel tempo in cui cessa in loro ogni forza ed inutile resta altra c o n v e n -zione matrimoniale. D a ciò inoltre dipende una felicità fra i coniugi che non vi è l'eguale; da ciò una migliore istruzione ai figli ed il m a g -gior benessere delle famiglie. Finalmente tali costanti unioni possono solo procurare la confidenza reciproca, conservare la fede e la pace fra i coniugi, rendere i cittadini virtuosi, produrre il bene sociale: l'ordine per conseguenza della natura è l'indissolubile essenza di tale stato. Il legislatore però deve insinuarla, ma non imporla, favorire le costanti unioni, ma non obbligarle, e solo mostrare che esso non tollera le se-parazioni ed i divorzi che a ritegno. |

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diman-dino, onde in tale frattempo tanto i magistrati che i parenti di entrambi i coniugi e gli amici possano tentare le vie di riconciliazione. Una tale legislazione, nel mentre che arresta gli eccessi d'irriflessione e gli im-prudenti impeti, porta nell'istesso tempo un giusto sollievo agli op-pressi, diminuisce i mali ed i disordini delle famiglie, e non | può che 28 felicitare i matrimoni e ravvivare ognora fra i coniugi l'amore e la confidenza. M a si dirà: se i nodi non sono indissolubili, che diverrà la sorte dei figlie Tale ragione però non è bastante a condannare delle persone ad uno stato a cui la sventura li abbandona; e poi i figli pos-sono giammai richiamare dei traviati genitori all'amore convertito in odio, alla virtù che hanno obliata? E non sarebbero anzi funesti i loro esempi ai medesimi figli?

Ammesso il divorzio, primaria cura del legislatore esser deve la difesa e conservazione dei diritti dei figli. In natura essi appartengono alla loro madre: essa ne è la custode ed a lei naturalmente spetta l'al-levarli ed educarli. M a la società, non ravvisando che il ben pubblico, deve essere sollecita di obbligare i padri a contribuire al loro benes-sere. Alla legge, onde decidersi, bastar devono delle probabilità, sic-come la convenzione matrimoniale unita all'aver coabitato colla donna, per obbligarli seco lei a soggiacere a tutte le spese ed oneri che importa la loro conservazione ed educazione. M a la cura principale dei figli appartiene alle madri e la società non può deviare da tali norme. Ed a chi meglio potrebbe affidarsi così sacro deposito che a quelli a cui la natura e l'autore degli esseri stessi lo affidò, che ispirò quasi istinto verso di loro la tenerezza, che i pericoli e le pene che loro costano ren-dono più cari, che sono infine una sicura parte delle medesime? M a il padre, quegli cioè che tale lo dimostra il matrimonio e la coabitazione, deve essere tenuto a fornir loro alimenti secondo le sue forze, e tutto ciò che loro occorre nell'educazione. I magistrati ed i parenti devono severamente invigilare alla stretta osservanza di tali obbligazioni, ri-tenendo a tale effetto ipotecati tutti i beni del marito, cosicché possano i figli stessi ed il loro curatore essere messi in possesso della porzione ali-mentaria a loro spettante, forzando ancora il padre nella persona, par-ticolarmente quando le parti non ne convengano | fra loro amiche- 29 volmente chi li debba ritenere o non sia stato dai medesimi provveduto in sicura e conveniente maniera su tutto ciò che abbiamo di sopra ac-cennato e che a loro occorrer possa.

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In R o m a alcuni hanno preteso che sia stato sconosciuto il divorzio per molti secoli, il primo fatto da Carvilio R u g a l'anno 500 della sua fondazione 1 per ima moglie rimasta sterile per il corso di dieci anni.

Se avvi un giusto m o t i v o di divorzio egli è certamente questo: allora cessa ogni ragione del bene delle famiglie, anzi l'interesse della società provoca tale separazione, perché mancando la prole manca l'istessa essenza del matrimonio ed in tal caso deve essere lecito ad o g n u n o di reclamarlo.

N e i tempi severi della repubblica il diritto di far divorzio era solo proprio dell'uomo; ma un tal privilegio era ingiusto perché, quando esistano cause ragionevoli, deve un tale diritto essere comune alle m o g l i stesse; mentre il marito ha tutto il favore ed è fornito di tutti i mezzi di ricondurre all'ordine la moglie, oltrecché essa, volendosi separare dal marito, non può che incontrare delle inquietudini e delle pene e sovente l'abbandono, ritenute perciò abbastanza dal medesimo, qual ragione vi sarebbe di accrescere le difficoltà? Passo però che talvolta si rende necessario e che sarebbe un'ingiustizia il privamele quando ab-biano giusti motivi. N e ' tempi delia repubblica anche per disposizione delle leggi delle dodici tavole le più leggere cause, anzi i capricci davano all'uomo tale facoltà 1. Cicerone istesso diede su di ciò degli esempi

meritevoli di disapprovazione. Egli scacciò dalla propria casa Terenzia 30 per avere una più ricca dote | dall'altra; Publicia perché gli sembrò che si fosse rallegrata della morte di T u l l i am ; f u però un tale diritto esteso

in seguito anche alle donne, e gli abusi sopra i divorzi nei tempi p o -steriori sono troppo noti, cosicché le mogli, come abbiamo da Seneca, non contavano gli anni dai consoli n, m a dai mariti.

Niente avvi di più assurdo ed ingiusto quanto le disposizioni del diritto canonico sopra i divorzi. Era dalle medesime impedito a ciascuno de' coniugi di passare a nuove nozze; così per loro la pena cadeva sopra l'innocente, di cui era compenso de' propri sofferti affronti lo scorno e la privazione de' piaceri del matrimonio, mentre la parte colpevole poteva impunemente abusare della propria perversità. La posterità non potrà non inorridire per la barbarie di tali leggi e fremerà a un tanto abrutimento dell'uomo.

)'. HEINECCIUS, Antiquitates Romanae, [I, Appendix, 45].

1. « Si vir mulieri repudium mittere volet, causam dicito harumve unam »

( G R A V I N A , De origine [iuris civilis, II, 2 9 ] ) . Qualunque fosse la causa, era suf-ficiente per fare divorzio per parte del marito, anzi per repudiarla.

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Gli effetti del divorzio esser devono gli stessi della dissoluzione delle altre convenzioni, ossia dal medesimo provenir deve la cessazione dei diritti che avevano reciprocamente i coniugi, come se non fosse esistito matrimonio. L'ordine però delle famiglie pare che esiga che tanto in caso di separazione che di divorzio, come anche di morte del marito, che non sia permesso alle donne di passare a seconde nozze se non se scorso l'anno dalla fatta separazione, altrimenti sarebbe un confondere i reciprochi diritti dei membri delle famiglie, dovendo inoltre le me-desime, siccome anche l'uomo, rinunciare ai figli del primo letto tutti i vantaggi acquistati per lo stesso in morte.

Il caso d'assenza, quando non sia per causa della repubblica, pare che debba essere un motivo ragionevole per il divorzio. Anche in R o m a aveva luogo una | tale disposizione. Costantino richiese anni quattro, ed 31 allora la moglie poteva inviare libello per tale separazione18. Ma

Giu-stiniano pretese che la moglie oltrecciò fosse obbligata a dare una certa prova della morte del marito, senza cui non poteva essa rimaritarsi; cosa ingiusta, come osserva Montesquieu1 9, perché esigeva una prova

positiva quando bastar doveva una negativa, essendo inoltre cosa la più difficoltosa il dar conto di una persona lontana; col quale ostacolo la donna, impedita di rimaritarsi, rimaneva esposta, abbandonata e soggetta a mille pericoli, con pena e danno della medesima e con pregiu-dizio del pubblico. Le leggi inglesi forniscono le mogli di un tale di-ritto per l'assenza del marito fuori del regno dopo un anno, quando non vi abbiano acconsentito. Una tal legge è certamente più conforme al giusto, perché non deve essere privata alcuna persona per colpa altrui dei piaceri innocenti della natura. Potrebbe esser luogo anche a favore di tal donna ad una pensione alimentaria sopra i beni del marito, do-vendosi accusare la sua negligenza né dovendo la moglie essere spo-gliata del diritto che la legge assegna alla medesima sopra tali beni.

Uguali motivi devono portare il legislatore ad estendere il diritto di divorzio a favore di alcuno de' coniugi per causa di una lunga infer-mità, impotenza fisica, e per qualunque altra causa che tolga all'altro la piena conoscenza di se stesso, cioè per imbecillità e demenza. D e b -bono però tali cause aver già avuta una certa durata almeno biennale e nell'istesso tempo che non se ne possa sperare dal tempo avvenire un pronto e certo ristabilimento; perché in tali casi sarebbe contro l'uma-nità il togliere a tali infelici un sostegno a cui la stessa natura obbliga

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strettamente i coniugi e che l'istessa legge, che sempre deve essere ap-poggiata sopra la medesima, in conferma, deve prescrivere. |

32 [Cap. XI] Ripudio.

U n a dissoluzione del matrimonio ma di differente natura del di-vorzio ritener si deve il ripudio, dovendo essere questo l'effetto di una dolosa mancanza. Quantunque le materie criminali non siano il mio scopo, nullaostante gli intimi rapporti che ha ciò con l'argomento presente mi obbliga a farne l'esame. La violazione criminosa di qualche essenziale condizione del matrimonio deve dare alla parte lesa il diritto di n o n solo ottenere la rescissione del matrimonio, m a ancora di esigere che la parte che manca sia soggetta a pena; in tali casi il ripudio si rende una facoltà inerente ai coniugi. La fede non deve essere sempre sacra ed inviolabile in qualunque convenzione, e molto più in quella che ispirò la reciproca tenerezza che dettò la natura in un contratto, dal cui esatto adempimento dipende il benessere della m a g g i o r parte degli uomini, la pubblica felicità, e dalla cui violazione sovente ne sono con-seguenza i maggiori disordini, le cene di Atreo, gli eccessi delle Medee, la ruina dei costumi, la perdita delle generazioni? Presso i R o m a n i , anzi presso la maggior parte delle nazioni, non era permesso alle donne il richiedere separazione per infedeltà dei mariti. Pensa Montesquieu2 0

che le leggi politiche e civili di quasi tutti i popoli hanno con ragione distinto ciò; e se richiesero dalle donne un grado maggiore di ritenu-tezza e di continenza che non esigono dagli uomini, perché la viola-zione, dice egli, del pudore suppone nelle donne una rinunzia a tutte le virtù e violando le leggi del matrimonio infrangono i rapporti so-ciali, aggiunger si potrebbe che i loro trascorsi turbano l'ordine delle famiglie e che i figli adulterini sono necessariamente al marito e a lui carico usurpano i diritti degli altri. M a la giustizia e la ragione fanno conoscere che d o v e esiste eguaglianza di dovere, esister deve detta 33 eguaglianza di diritti. La mo|rale istessa rende eguale il delitto del marito infedele. N o n dobbiamo però attribuire ad adultero affetto la cessione che alcuno faccia volontariamente della propria moglie ad altri quando la causa ne sia il ben pubblico o puri sentimenti di amicizia. Catone, l'uomo più virtuoso del suo tempo, non sarebbe che un vile, un delinquente; egli che cesse ad Ortensio la lui m o g l i e2 1, potrà essere

20. L'esprit des lois, X X V I , 8.

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ripreso? La donna sarà un'adultera? C i ò sarebbe un confondere il de-litto e la virtù.

Responsabile il marito della condotta della moglie, non solo egli deve essere garante della sua onestà, ma fino dell'opinione istessa. Egli aver deve diritto che il pubblico porti un giudizio onorevole della medesima; ma questo pubblico non s'inganna e non si sforza: ogni piccola mancanza l'adombra e bisogna nullaostante rispettarlo; non già che si debba dal marito fare ripudio, come fece un romano patrizio, per essersi la sua moglie fatta vedere in pubblico senza velo; ma una corrispondenza amorosa in iscritto od altra dubbiosa intrinsichezza non deve far ritenere una donna come sospetta con ragione? O quando la donna propria abbia per suo fatto colpevole perduta la pubblica stima, non deve aver diritto il marito di ripudiarla?

Io non mi arresterò sopra l'abuso di quel commercio così detto di galanteria che tanto ha disonorato i passati tempi, effetto del dispotismo e di non poter disciogliere i matrimoni mediante il divorzio, e per cui un marito obliò che la purezza dei costumi è il più bell'ornamento di ogni famiglia, forzato talvolta a soffrir ciò da troppo ingiusti pregiudizi, quando ancora col suo depravato esempio non l'abbia provocato. C o m -mercio che avvilisce un uomo e lo rende schiavo dei capricci o del-l'ingordigia di una fatua femmina, che preda della dissipazione e di un ruinoso lusso dimentica i suoi più sacri doveri, quando ancora non infranga con adultero foco i santi rapporti della famiglia. Resti una volta proscritta tale infamia dall'esecrazione del popolo, sia questo un motivo di ripudio: qual miglior ritegno | dei costumi? U n marito che 34 ciò soffre, una donna che vi manchi, non possono che perdere la stima del pubblico. Ma un tale disordine deve essere sconosciuto nelle re-pubbliche, di cui son le basi le virtù, la costumatezza delle famiglie.

U n altro giusto motivo di ripudio reciproco esser deve una grave ingiuria sofferta od altra offesa contro la persona ed onore, e partico-larmente i mali trattamenti che alcuno si permetta verso l'altro, ed anche assolutamente per qualunque delitto ove sia luogo a procedere all'esi-gilo, lunga prigionia, infamia ed altre gravi pene.

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della persona lesa; non si potrà per tali cause poscia intentare ripudio; alla virtù, alla pazienza esser deve fra marito e moglie il campo di fare dei sacrifizi. Frequente ciò a loro viene imposto dall'umanità e dalla giustizia: la pace, tanto necessaria nelle famiglie, anche ciò richiede: ma quando sia seguita separazione per causa di ripudio, non dovrebbe la parte lesa riprendere il coniuge ripudiato, come prescrisse l'imbecille Giustiniano: ciò sarebbe permettere uno dei più gravi affronti alla purità dei costumi, eccitarli a soffrire o a comprare la propria infamia | Le leggi romane, quando era luogo al ripudio, condannavano la parte ripudiata, ma che era la sola donna, a perdere tutti i suoi beni e le sue doti, che cadevano a favore del marito. U n a tal pena è troppo grave, non adattata all'oggetto e molto più ingiusta, perché non co-mune al marito ». Siccome i doveri, le pene devono essere reciproche. Quanto ai beni, bastar dovrebbe la perdita della legittima porzione che un coniuge deve all'altro, mentre la parte innocente possa ritenere tutti i suoi diritti e la parte colpevole sia soggetta inoltre al peso di tutti gli oneri che accadono per causa del matrimonio. Quanto poi alle pene che richiede la difesa dei costumi, la garanzia dell'onore, un ritegno alla violazione delle essenziali condizioni matrimoniali, la legge potrebbe prescrivere la chiusura del colpevole presso gli istituti correzionali, quando non possa giustificare il medesimo una eguale condotta dell'al-tro o la sua connivenza. In tali casi dovrà ritenersi cessato ogni effetto del ripudio ed ogni pena. Ciascuno allora, essendosi reso indegno se non per il fatto, per la sua colpa e scienza del beneficio delle leggi, il ripudio verrà riputato simile negli effetti ad un'intiera dissoluzione del matrimonio.

Gli adulteri dichiarati tali dovrebbero però essere esclusi da' pub-blici spettacoli, siccome ancora i lenoni e le meretrici; anzi tutti i de-litti che offendono i costumi dovrebbero essere puniti o con proibire ai mancanti alcuni ornamenti o bandendoli da quei luoghi che debbono

o. Giustiniano condannava la donna adultera ad esser chiusa in un

mona-stero, ed il marito la poteva riprendere dentro due anni, passato il qual ter-mine si riteneva del tutto cessato il matrimonio 22.

p. Vi furono in Roma dei vili, tanta era la corruzione dei costumi, che

arrivarono all'eccesso, prevalendosi di tale diritto che dava la legge ai mariti ripudianti, di prendere in moglie una prostituta e poscia per tal causa ripu-diarla onde impadronirsi dei suoi beni (HEINECCIUS, Antiquitates Romanae,

[I, Appendix, 45]).

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essere destinati dal pubblico alle pure gioie ed agl'innocenti tratteni-menti dei cittadini. C o s ì la vanità istessa potrebbe divenire una difesa de' costumi. | Solone ed anche tutti i legislatori della Grecia hanno riconosciuto tali verità, e tali privazioni sono le pene le più proporzio-nate alla scostumatezza ed al libertinaggio.

Resta per ultimo da determinarsi, in caso di ripudio vero, sulla sorte degli infelici prodotti di tali matrimoni: il ben pubblico, la difesa dei costumi, importano di n o n affidare questo sacro deposito che al-l'innocenza ed alla virtù. La parte ripudiata ne è del tutto indegna e non potrebbe che depravarli col pessimo esempio. La parte colpevole però esser deve condannata a tutte le spese di alimento ed educazione secondo le forze dello stato e per cui i magistrati devono ritenere o b -bligati tutti i beni del repudiato, ponendo l'altra anche in possesso di tanta parte quanta importano tutti i danni e spese e fino la persona istessa, se n o n voglia soggiacere alle medesime.

[Cap. XII] Dello stato paterno, ossia de padri e figli.

Il gran scopo della natura nell'unire i sessi, l'atto il più importante della società è la riproduzione degli esseri, ossia la procreazione e con-servazione dei figli; esse formano di tale stato una sorgente feconda dei più puri piaceri della vita. Q u a l cosa più dolce di quei sentimenti che essa natura inspira agli uomini verso i suoi propri figli e che i rap-porti sociali rendono più sacri? Quante volte si videro dei padri e madri obliare fino se stessi, perdere la vita per loro? Legislatori, secondate tali sentimenti, nulla siavi di più caro alla patria quanto un padre di famiglia che f o r m a con le sue cure dei cittadini probi, utili e virtuosi; nulla che più onora un padre ed una madre quanto il loro maggior numero, nulla di più obbriobrioso quanto di que' genitori che non amano e non curano la propria prole e famiglia. R i f u g g e quasi il pensiero che esister possano tali padri; i figli sono un deposito sacro: tutto | i genitori devono intraprendere per la conservazione e felicità loro.

[Cap. XIII] Alimenti.

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ma a cui esso provvide destando nei padri un dolce istinto che li porta a soccorrerli, che li rende felici nella felicità de' medesimi. E v o i madri, quel senso che la natura vi diede e che f o r m a ciò che avvi di più lu-singhiero, che al dare la vita ai figli turgido diventa, quei dolci e pre-potenti impeti che vi trasportano a stringerli fra le vostre braccia, non v'additano come a v o i imperiosamente è imposto di porgere loro col vostro latte il primo nutrimento? Madri snaturate che rifuggite sì augu-sto incarco, se i rimorsi non vi puniscono, se non temete la giustizia del cielo, rammentate che sovente la natura vi punisce con l'odio de' vostri figli, con il pubblico dispregio, con le malattie ed anche con la morte.

U n tale dovere dei padri e madri di alimentare i figli ha i suoi limiti, quelli che la natura prescrive, cioè fino a tanto che siano in istato di provvedere da se medesimi alla loro conservazione e benessere. U n tale stato però essendo indeterminato e la legge dovendo prescrivere le sue deliberazioni secondo ciò che generalmente avviene, quindi pare che il diritto degli alimenti dei figli debba essere esteso fino alla loro età maggiore quando non siano d'altra parte provveduti, c o m e quella che si conosce essere sufficiente allo sviluppo intiero delle forze ed all'acqui-sto delle più opportune conoscenze nell'arti e nelle scienze, purché il figlio non sia dichiarato incapace, nel qual caso al medesimo si d e v o n o 38 gli alimenti per tutto il t e m p o di | sua incapacità. I padri però non

siano obbligati a prestare gli alimenti fuori delle proprie case, a m e n o di mali trattamenti fatti dai medesimi ai figli, perché sarebbe un ag-gravarli di troppo; e siccome i suoi diritti sono ristretti fra le domestiche pareti, devono ancora essere in tal m o d o ristretti i loro doveri. Le leggi inglesi determinano in tali casi la quantità degli alimenti mediante una certa somma. Q u a n d o poi un tale dovere appartenga ai parenti lo v e -dremo in appresso23.

[Cap. X I V ] Educazione.

U n altro non meno importante dovere incombe ai padri, quello cioè dell'educazione; è questa sola che può formare dei cittadini industri e vir-tuosi. O g n i padre si faccia un obbligo di far apprendere ai figli un'arte, professione o scienza, ispiri ai medesimi l'amore della patria e delle leggi, le virtù c o m e u o m o e c o m e cittadino: questi si è il miglior pregio

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55~57-di un padre e questa è la migliore ere55~57-dità che si possa lasciare ai figli. Le leggi, la morale ciò esigono. Cosa mai è la vita senza educazione» Cada nota d'infamia su que' padri che mancano a tali sacri impegni. Solone prescrisse che un figlio, a cui suo padre non gli aveva fatto ap-prendere qualche arte, non fosse obbligato a prestare al medesimo gli alimenti. Alcuni scrittori « hanno preteso di censurare tale disposizione, ma pure quanto è mai ragionevole e giusta! Il dare l'essere ad un u o m o senza dargli educazione non è altro che un prestare un dono funesto e a lui stesso ed alla società. M a acciò i figli abbiano una tale educazione il mezzo sicuro si è che i padri diano gli esempi della virtù. Gli antichi Persi non abbandonarono l'educazione dei medesimi ai padri. I Greci poi avevano delle celebri istituzioni dirette all'oggetto dell'educazione pubblica. |

L'educazione non deve essere, c o m e si dice, nazionale: ciò tende- 39 rebbe a produrre tutti i pregiudizi di un vano orgoglio; ma bensì so-ciale, ossia fondata su le basi di una universale beneficenza. Se questa sia preferibile e quali ne debbano essere i piani io lo rimetto ai politici, bastandomi di aver riguardata l'educazione c o m e un dovere di ogni cittadino e che la società esiger deve. Si ritenga ancora che il dare l'edu-cazione ai propri figli sia c o m e un diritto inerente all'uomo, perché se sono in obbligo di vegliare alla loro difesa, di soccorrerli, di guidare la loro intelligenza, dalla predetta obbligazione risulta ancora tale diritto, di cui un padre non potrebbe essere spogliato senza ingiustizia perché al medesimo gli uomini non vi rinunziarono certamente nel contratto sociale.

Le leggi devono imporre ai padri inoltre l'obbligo di difenderli e di proteggerli; per conseguenza devono per loro agire tanto in giudizio che fuori a difesa dei diritti dei figli. La giurisprudenza inglese in conse-guenza di tal obbligo permette ai padri di sostenerli, di procurare la loro difesa nelle cause ancora criminali, c o m e in affare loro proprio, senza tema di essere reputati complici proteggendo delle querele ingiuste e de' delitti r. A n z i la legge ha spinta la sua indulgenza in

considera-zione dell'amore paterno, che condonano gli atti di quel padre che avrà insultato e battuto a difesa de' figli alcune persone, cosicché, se il

q. MABLY, De la législation 24.

r. BLACKSTONE, Commentaires sur les loix anglaises, [I, 16] 25.

24. Il passo si trova in realtà in G. BONNOT DE MABLY, Entretiens de Phocion sur le rapport de la moral avec la politique, dialogo III.

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suo figlio fanciullo stato da altri maltrattato ed il padre siegua a maltrattare quest'ultimo per vendicare il medesimo, anche con tale v i o -lenza che in seguito l'offensore sia soggetto a morire, n o n è ritenuto tal atto che per un omicidio involontario.

[Cap. X V ] Successione.

Fino a questi tempi i figli sono stati spogliati da u n o dei loro più 40 giusti diritti, quello della successione | de' loro padri, ammessi soltanto ad una tenuissima parte detta legittima, che Giustiniano ebbe la debolezza, e credette di far m o l t o a loro favore, estendendola alla quarta parte di tutti i beni da dividersi fra tutti i figli e figlie. U n o de' maggiori benefizi della libertà esser d e v o n o le p r o v v i d e disposizioni sopra le successioni, onde assicurare ai figli il patrimonio de' loro padri secondo l'ordine istesso della natura; di ciò o v e delle successioni2 6.

M a un ingrato figlio avvolto nell'infamia e nel delitto o che av-ventossi forsennato contro il padre od armò la destra parricida e snatu-rata, dovrà il padre farlo partecipe de' suoi beni? N o n potrà diseredarlo? N o n sarebbe ciò un promovere l'insubordinazione, un infrangere o g n i ritegno alla rabbia, agli eccessi dei figli, n o n sarebbe un togliere al fi-glio tenero e ubbidiente che offrì al padre e cure e beni, che espose fino la vita a sua difesa, un premio, un giusto compenso delle sue virtù?

Il diritto che le leggi romane davano ai padri di potere diseredare i figli privandoli anche della legittima era il più ingiusto e funesto; non tendeva ciò che a favorire gli avvolgimenti, le insidie di estranei o delle matrigne; n o n era che la facoltà di spogliare dei figli innocenti a capriccio o per privata vendetta; il fornire un u o m o infermo o d imbecille del potere di turbare l'ordine delle famiglie. A ritegno della licenza e della snaturatezza dei figli quanto più conforme alla giustizia ed alla natura erano le disposizioni dei popoli della Grecia », che davano al padre per l'ingratitudine e delitti del figlio il diritto di denunziarlo e tradurlo ai tribunali, e fatto condannare lo stesso secondo le leggi, procedere

s. PETIT, De legibus Atticis21.

26. Vedi più avanti pp. 68-74- .

27. S. PETIT, Leges Atticae et commentarius, in Jurisprudentia Romana et Attica,

con-tinens varios commentatores, Lugduni Batavorum, 1741, voi. HI, B, 4. PP- 13 e 240-245.

Samuel Petit (Nìmes, 1594 - ivi, 1643), erudito ed orientalista francese, pubblico le

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all'abdicazione e scacciarlo dalla casa paterna bandendolo a suono di trom-ba c o m e ingrato ed indegno. D a quel m o m e n t o perdeva il figlio ogni diritto; che se per morte dell'uno o | dell'altro la sentenza non fosse stata pronunziata, cessava la medesima abdicazione. U n a tale disposizione è la sola che merita conferma, perché diretta al vero scopo di ritenere i figli dal vizio e a vendicare i costumi e a mantenere l'ordine nelle famiglie.

[Cap. X V I ] Riconoscenza.

Resta in ultimo l u o g o a parlare dell'obbligo che hanno i padri di riconoscere i propri figli; deve la legge vegliare alla difesa di quegli esseri che la propria debolezza rende a ciò incapaci e che siano privi di sostegno, c o m e un m e z z o di promovere le virtù sociali, l'universale beneficenza. Q u i la legge medesima deve abbandonarsi onde assicu-rare lo stato dei figli alla maggiore probabilità: quindi deve dichiaassicu-rare che essa ritiene per legittimo ogni figlio nato da legittimo matrimonio ed entro il termine che la natura generalmente osserva ne' parti, quando ne sia seguita coabitazione fra i coniugi e perciò resti obbligato il padre a riconoscerlo.

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[Cap. X V I I ] Diritti e autorità dei padri.

Presso i popoli selvaggi o non civilizzati il potere dei padri non è che il diritto del più forte sopra il debole, anzi presso quasi tutte le antiche nazioni si riscontra essere stato assoluto il loro impero fino ad avere il diritto di esporli, venderli, e anche di vita e morte. Le legisla-zioni greche, se furono più moderate, non furono però esenti da o g n i taccia; ma le leggi di R o m a si risentirono di tutta la barbarie, e tale era l'eccesso del potere dei padri sopra i figli fino a ridurre la sorte di questi ultimi più misera di quella degli schiavi e sanzionare i più atroci delitti. Sotto gli imperatori, se f u tolta la severità di tali leggi, le istituzioni sopra ciò furono piuttosto l'opera della corruzione che di una saggia e benefica filosofia'.

Si affidi la legge sull'amore dei padri verso i figli; nella brama di vederli felici ritenga un bastante freno all'abuso dei primi; abbiano i medesimi il diritto di dirigere le azioni e la condotta dei loro figli, di prescrivere i modi e di vegliare all'esecuzione per tutto ciò che giudi-cano conveniente alla loro educazione. Questa è l'autorità la più pura e sacra che esista fra gli uomini perché proveniente dalla natura istes-| sa. Il distruggere questa sarebbe un infrangere l'ordine degli esseri, nel togliere la felicità domestica si privarebbe la società della più feconda sorgente di beni, verrebbero sbandite le più belle virtù, la tenerezza paterna, la figliale riconoscenza. Possano i padri imporre ai figli per tutto ciò l'ubbidienza con mezzi ragionevoli, con pene moderate, anche col togliere porzione della loro libertà, m a per breve tempo. Lungi però ogni tirannico potere, né di batterli gravemente né farli soffrire cosa che pregiudichi alla loro conservazione: ogni più grave pena deve essere inflitta soltanto dal tribunale domestico. Questo deve essere il garante dell'impero de' padri, m a nell'istesso tempo dei diritti dei figli.

Secondo le leggi inglesi u il padre n o n ha sopra i beni dei figli altra

facoltà che quella d'esserne il tutore durante la loro minorità. T u t t o ciò che quelli acquistano è loro proprio: riguardo all'amministrazione di tali beni, che a loro compete, restano tenuti a tutte le obbligazioni delle tutele. C i ò richiede lo stesso interesse pubblico, di promovere cioè l'industria della gioventù ed eccitarla alla fatica ed all'occupazione.

t. GRAVINA, De origine iuris [civilis, II, 25].

u. B L A C K S T O N E2 8.

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Tali disposizioni meritano la preferenza alle romane, che costituivano i padri padroni dei beni dei figli, ma che limitarono poscia per la so-praddetta ragione istituendo a favore dei figli i peculii, onde animarli alla difesa della patria, alle magistrature ed a divenire cittadini utili e vir-tuosi, da cui dipende la prosperità delle nazioni.

Divenuti i figli maggiori, cessar deve ogni legittimo potere nei padri: allora essi ritornano nella naturale indipendenza, soggetti sol-tanto alla loro ragione ed alle leggi, forniti come i genitori di uguali diritti. La natura però richiede che i figli conservino verso i loro padri i sentimenti più vivi d'affetto, di riconoscenza e di onore; quegli che vi manca deve ritenersi co|me un ingrato ed un cattivo cittadino. Restando però i figli dopo tale età nella casa paterna, deve confirmarsi la proibi-zione di contrarre od alienare cosa che appartenga al capo della famiglia, dovendosi ritenere per nulli, durante tale stato, tutti i contratti dei figli di famiglia quando non siano stati autorizzati dal loro padre: una tale proibizione, introdotta presso i R o m a n i dal senatoconsulto mace-doniano, per togliere i padri dalle trame di snaturati figli, per sottrarre questi ultimi dai raggiri, dagli inganni ed anche al cimento, come avvenne sovente, di un parricidio v.

Tutte le leggi dei popoli, conforme ai doveri che impone la morale, hanno inoltre obbligati i figli a prestare assistenza, a somministrare loro gli alimenti in caso di infermità e vecchiezza ed indigenza: questo è il primo ed il più antico debito che devono ai loro padri, come dice Platone % rendendo ai medesimi con usura un compenso alle tante cure ed inquietudini estreme per loro sofferte. Infine dice egli che il figlio dopo la morte del padre gli innalzi dei monumenti, ne onori la memoria. A ciò conformi erano ancora le leggi di Solone e dell'altre repubbliche di Grecia.

Sopra tale autorità è costituito l'impero della China: tutto favorisce il potere dei padri, il rispetto dei figli verso di loro; ma presso tale nazione sovente degenera in abuso convertendo la necessaria subordi-nazione in tirannia; cosa che toglie alla gioventù chinese questo spirito maschio e libero e che sovente la rende vittima dei conquistatori e porta dei padri snaturati fino a coprire le provincie di esposti.

Resta da osservare quale debba essere la sorte dei figli quando padre e madre convolino alle seconde nozze. Presso i R o m a n i e presso i Ger-mani le medesime sembrarono un torto fatto ai figli del primo letto | e come un segno di aver loro perduta l'affezione; ma la natura non tiene

v. HEINECCIUS, Antiquitates Romanae, [IV, 7, 5].

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