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f. Leopoldo granduca di Toscana

Nel documento Opere complete. Opere minori Volume 2 (pagine 195-199)

difesa, per serbar illesi i suoi diritti. Sotto l'ombra de' tuoi antichi troni 48 una felicità ti attende più ammiranda, un nome ti onore|rà più

vene-rabile di quello di conquistatrice del mondo, sia nella beltà del tuo felice clima adorno de' più fecondi fregi e di tutte le grazie che cielo benigno ne concede, sia in migliori ordini, in più sincera virtù, sia in una dignitosa e pacifica confederazione di tutti i tuoi popoli, di tutti i tuoi sovrani. Le tue provincie formino anch'esse in una comune al-leanza tante subordinate parti di un unico impero, non per gloria, che maggiore questa risplende per più nobile emulazione in ordinata di-vision di Stati ; non per più grande floridezza, che più presto si accresce in separate cure di regno, ma per tua miglior difesa e dovizia.

Italiani di animo generoso, che vi lagnaste del vostro oscuro destino paventando che per voi chiuso fosse il cammino d'onore a' vostri nobili sforzi, che tolti allo splendore dei trionfi d'una patria possa mancarvi celebrità, Europa tutta vi apre nuovo cammin d'onore alla sua difesa, onde rendervi ognora illustri, ed anche senza ciò nella pacifica nostra condizione, sciolti gli indegni ceppi, qual nobil gloria non vi aspetta nel libero volo a' vostri pensamenti! E se il più bel vanto si è quello per l'Italia di venerata maestra d'aureo sapere, quale per voi più lusin-ghiera gioia di rimirare che, fattane da lei parte al mondo, essa mede-sima ne ritorna arricchita di più utili lumi, di più nobili cognizioni per una maggior opulenza e felicità? Sì, per lei un tempo si diffuse la luce delle scienze presso tutti i regni, ed ora questa luce per più pro-pizio cielo si riflette raccolta su di lei, quasi multiplici raggi del sole su concavo specchio, per renderla più fulgida. Il conquisto poi di tutte le scienze opera esser deve di tutte le nazioni, e tu, Italia, emula felice di loro gloria in questa bella comune gara al perfezionamento del scien-tifico edificio in seno di pace, quanto onore non conseguirai, qual ricca messe di beni non ne potrai raccorre a comune sollievo, e per sì utili 49 servigi renderti di nuovo con più degna meravi|glia la benefattrice

della terra! Ah, sì, sbandite le cure d'ambizione, tutti si consacrino gli animi e gli ingegni alle arti d'industria, agli studi di Minerva, a crear nuovi portenti di beltà sul cammino di vera gloria e di virtù.

Provvida filosofia al tuo fianco ne sveli più felici istituti, ordina-zioni più acconce all'umano consorzio. V i f u alcuno che osò insultare alla tua saggezza, che ardì con sacrileghi accenti oltraggiarti qual del bene dei popoli e della religione nemica, che tentò fino con empia calunnia fonte chiamarti di licenza, di empietà. Si vollero opere tue que' volumi d'impure dottrine che attentano alle fondamenta di società, al-l'augusta e legittima esistenza dei troni, alla nobile sommissione dei cittadini. M a filosofia non ha che virtù e religione per appoggio. E

chi furono i primi filosofi? se non quei rispettabili mortali che, anche quando il cielo parlò co' suoi oracoli, dessi col sacro raggio di ragione riconobbero negli astri, nella terra, nell'universo, nella sua magnifi-cenza, in tutti gli esseri che hanno vita e soprattutto nell'uomo il più sublime monumento dell'eterno autore: furono dessi che fecero sen-tire de' benefizi da lui fatti all'umana stirpe l'immensa serie, che ne istruirono i mortali a porgergli profondo omaggio di riconoscenza, e che meditando sopra l'umana natura, sopra i doni celesti a lei com-partiti, e nelle sue nobili facoltà e nella sua intelligenza e in una soave pietà negli animi nostri impressa rinvennero quei santi vincoli di un benevolo soccorso con cui la divinità unisce l'uomo all'altro u o m o pel comun bene. Essi coi vezzi della poesia, colla dolcezza del canto, colla prepotenza di un labbro facondo ne fecero sentire lusinghieri suoni, riunirono i rozzi selvaggi, ne calmarono la ferocia, ispirarono concor-dia, gentili costumi, e facendo riconoscere loro il vantaggio del sacro freno delle leggi, gli adunarono in famiglie, in società; si resero 1 fon-datori infine delle città, de' popoli i legislatori. Que|sti generosi mor- 50 tali, sempre intenti ad utili cure, a nuovi benefizi, ne eressero anche 1 tempi al nume, ne stabilirono i sacri riti e tutto indirizzarono a som-mettere l'uomo al cielo, ad illuminarlo con la luce dell'onesto e del giusto, e sempre nei primordi di vita civile divenne filosofia di reli-gione e di politica ministra. Allorquando poi nelle multiplici sue cure questa f u forzata a cedere di religione il ministerio, essa sempre si ap-plicò ad istruire gli uomini nei loro doveri, a spargere nobili cognizioni, ad avanzare i progressi delle scienze, a rendere i medesimi virtuosi e felici per ricondurli riconoscenti alla divinità.

Purtroppo una vana scienza tentò di rapirle suo seggio! Questa, tutta orgoglio, disprezzò ogni strumento donato all'uomo dal cielo per guida di verità, gli oracoli santi, i propri sensi. Questa, tutto ignorando, di tutto pretese nella sua altera mente render ragione. D i natura allo stu-dio, alla sola madre di sapere esperienza surrogò un'immaginazione sfrenata, fe' pompa di vane dottrine, di voci sonore ma inintelligibili, manto di sofistica impostura, come seducente cortigiana che di calami-stri si pinge e si adorna di fallaci gemme per meglio tradire gli incauti. A modestia, a virtù preferì audacia e fasto; all'innocente piacere d il-luminar l'uomo, di renderlo pio antepose il prestigio di licenza, e mise a prezzo i più nobili celesti doni, anzi, tutta avvolgendosi d errore e d'inganno, fece alcun tempo sparire dalla faccia della terra la venta. Eh, di che mai il perverso non abusa? M a filosofia per bontà del cielo fu sottratta già da più secoli al suo obbrobrio. U n Galileo, un Bacone la riposero nella sua primiera augusta sede e coi loro felici sforzi

ria-prirono le fonti di que' fecondi lumi, sia riguardo allo studio di natura sia riguardo dell'uomo, che illustrano le scienze, che hanno per o g -getto la morale, la politica, la legislazione; il bello, il vero, l'utile del-l'umanità. Sì, questa carriera è d'uopo scorrere per migliorar l'umana 51 condizione, per appressarne | a perfezione l'italica felicità; sì, quella carriera, o Italiani, è d'uopo ricalcare con bel desio d'onore, con opere del tutto attinte a questa sacra fonte; non più ira di cielo vi spaventi: con queste, non già con menzogneri arringhi rintuzzar conviene le rampogne, forzare al silenzio calunnia, reprimere invidia. Seguire è d'uopo quella carriera che i Muratori, i Beccaria, i Filangieri, i Carli, i Pagani, gli Stellini23, gli Spallanzani percorsero con libere aure e con tanta gloria della nostra Italia fino al principio del secol nostro; quella ancora modesta ed utile che calcarono i Genovesi, i Galiani e tanti altri nostri concittadini che sol rivolsero le loro meditazioni al comun giovamento e i cui sforzi furono arrestati da troppo imperiose vicende, quando anche sprezzo non si mosse, perché talvolta noi stessi poco curanti f u m m o di nostre virtù, di nostre glorie. Sì, Italiani, per l'onor nostro non vadino per carità di patria tanti generosi semi nel nostro sì fecondo suolo perduti ! Potessi io venire a parte in qualche m o d o di quello splendore di cui s'ammanta l'epoca presente sotto i fausti auspici dei nuovi prìncipi! Potessi io sollevare, benché con debil destra, un lembo di quel velo che ancor ricopre degli utili arcani, additare più sincere sorgenti di dovizie e di privata e pubblica abbondanza K ! Sì, Italiani, all'aura de' generosi nostri monarchi lice sperare maggior gloria. La storia soprattutto vi invita ad acquistar nuovi allori; dessa non è an-cora a tutta la sua altezza, se maestra esser deve dell'uomo e delle na-zioni, se cura è di lei di mostrare la causa dei mali, se istruirne deve cogli esempi sopra i mezzi di procurare l'umana felicità. Incliti nostri m o 52 narchi, la più pura gloria | vi aspetta in quelle auree opere che del v o

-g. Si allude ad un manoscritto di un'opera dell'autore sulla scienza

eco-nomica, sulla miglior scelta dei tributi, di cui fu ne' tempi passati impedita la stampa 24.

23. Jacopo Stellini (Cividale, 1699 - Padova, 1770), frate somasco, insegnò etica all'università di Padova. Le sue numerose opere filosofiche e di argomento vario furono pubblicate in due edizioni postume: Opera omnia, Padova, 1778-1779, voli. 4, e Opere

varie, Padova, 1781-1784, voli. 6.

24. Si tratta del Nuovo esame delle sorgenti della privata e pubblica ricchezza, pubbli-cato nel 1816-17, delle cui vicende editoriali il Bosellini fa cenno in una nota alla pre-fazione dell'opera (vedi voi. I, p. 13) e in un articolo sul « Messaggiere modenese » del 19 luglio 1817, n. 58. Vedi più avanti pp. 193.

stro amore per i popoli fiano pegno, onde por freno alle acque per

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