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Uno de' più importanti diritti dello Stato sono i pedaggi. Si è preteso che questi siano un onere ingiusto perché gravano dei cittadini

Nel documento Opere complete. Opere minori Volume 2 (pagine 121-137)

nell'atto che cercano di rendersi utili e perché formano un ostacolo

i. Quando però propongo di imitare il sistema di finanze dell'Inghilterra

non è già che io pretenda che il medesimo sia in ogni parte perfetto e che i

suoi legislatori non siano caduti in molti abusi. L'istesso Pitt ha dimostrato

di conoscer poco i veri princìpi sulle finanze quando ha proposta una tassa

sulle fortune; conosco anch'io che un tale sistema porge al governo con

la sua abbondanza de' mezzi di corrompere magistrati e rappresentanti,

presta al medesimo un eccitamento all'ambizione ed a tradire lo Stato,

sic-come abbiamo veduto nella guerra presente. D'altronde l'amministrazione

delle finanze risente anch'essa gli effetti dell'infedeltà de' suoi

amministra-tori; così soltanto ho proposto un tal esempio come quello che offre

gene-ralmente le migliori regole di giustizia ed i minori abusi. So ancora che la

sua situazione detta una diversità d'imposte e che vi si richiede molta

rifles-sione per adattarne opportunamente le sue finanze agli altri paesi, dovendo

anche le medesime adattarsi alle facoltà dello Stato, al carattere della nazione,

alla natura del governo, alla differenza dei godimenti.

al commercio, obbligando ad arrestarsi ad ogni momento. E certamente quando si pretendesse di esigere tali diritti come una vera i m -posta, ossia come un oggetto di finanza, allora sarebbero soggetti a tali inconvenienti, ma siccome non si può dire essere lesivo del diritto di proprietà ciò che serve alla sua conservazione, siccome non esiste-rebbero né strade né canali né ponti senza mezzi e spese, così si rende giusto che quegli che ne trae vantaggio sia assoggettato ad indennizzare lo Stato delle perdite sofferte. Oneri che si possono dire naturalmente annessi al | commercio perché senza loro non potrebbe esistere; perciò se sono in qualche aspetto un intralcio, addivengono però mezzi at-tissimi a favorire l'industria stessa.

Si osservi che tali diritti sono di diversa natura delle imposte, per-ché in queste la norma è la proporzione del godimento, mentre in quelli non si può avere per norma che la quantità delle spese a cui va soggetto lo Stato per l'istituzione di tali stabilimenti; così riguardo alla carta bollata, quantunque possa essere il deposito di una somma di poco o di molto valore, nullostante non si può ritenere il proprietario sog-getto ad un peso maggiore quando l'incomodo per parte dello Stato sia eguale. Lo stabilimento degli archivi esige tanto più dispendi quanto maggiori sono le somme o proprietà di cui conservano i titoli, e perciò quanto più un atto esige custodia gelosa e continua, tanto più il citta-dino può essere soggetto a spese, motivo per cui vi può essere luogo ad un onere proporzionato per il valore della proprietà e per l'impor-tanza degli atti; al contrario lo stabilimento e conservazione di strade, canali e ponti esige eguali spese sia che vi passi una vettura carica di metalli preziosi od inferiori, se la quantità | sia in pari misura: così di un ponte sia che sostenga una massa di marmo rozzo sia lavorato, il peso essendo uguale, uguale la spesa pel mantenimento, uguale ne deve essere l'aggravio. M a nell'esigere lo Stato tali diritti non può il medesimo che richiedere il compenso puro delle spese che impone l'intrapresa o mantenimento di tali stabilimenti: si deve avere ancora il riguardo dovuto alla dignità dell'uomo e s'imiti l'esempio dell'In-ghilterra. I pedaggi presso tal nazione non cadono giammai sulla per-sona, perché si ha la massima che l'esistenza e la libertà del cittadino non possa giammai ritenersi soggetta a verun peso, sicché niuna persona a piedi paga pedaggio e ciascuno ottiene tutti i possibili riguardi per la sua sicurezza. Egli è con tali istituzioni che una nazione si può ren-dere veramente degna d'ammirazione. |

[Cap. X ] Imposte viziose.

D a tutto ciò che h o esposto si potrà comprendere che io rispetto la vera libertà tanto del commercio che dell'industria: così l'aliena-zione dei fondi e le permute delle cose non debbono giammai essere soggetto d'imposta perché sarebbe questa senza causa; un tributo poi sopra le permute dei fondi impedirebbe la loro circolazione tanto utile, mentre il proprietario tratto dai bisogni, forzato a vendere i suoi campi, per non soggiacere a tale aggravio farebbe di tutto per non alienare, e così impedito di proseguire nelle primiere colture, impotente a fare verun miglioramento, sarebbe sforzato a negligere i suoi fondi con tanto danno dell'agricoltura, mentre nel caso di una libera alienazione, i nuovi acquirenti, forniti generalmente di capitali ed anche più pronti e intraprendenti, tenterebbero sempre dei nuovi miglioramenti a pubblico vantaggio. Tutti i tributi sopra i differenti contratti sono funesti al popolo e perché gli impediscono una proficua attività e non sono utili, c o m e osserva Montesquieu1 3, che ai finanzieri. Un'altra viziosa im| posta sarebbe quella che si esigesse non solo, come abbiamo veduto, sopra la conservazione di robe e di capitali, su le fortune e le terre, ma ancora sopra l'economia, perché impedirebbe i risparmi, opprimerebbe l'industria, darebbe poi l u o g o a tutte le ves-sazioni di una fiscale inquisizione, sarebbe sempre un'ingiustizia che si farebbe ai cittadini utili, diverrebbe finalmente un colpo fatale alla riproduzione.

In alcuni Stati si è voluto fare un ramo di finanze sopra le ere-dità non solo degli estranei, ma anche dei figli e dei discendenti. M a se si considera la vera natura delle imposte, tale tributo è del tutto contrario alla medesima e devesi ritenere del tutto assurdo: e non avrebbe altro effetto anche questo se non di aggravare dei cittadini per la conservazione e custodia dei fondi e perché prestano degl'im-portanti servigi allo Stato. D e v e inoltre ritenersi ingiusta perché aggiunge un dispiacere alle sventure delle famiglie. Nulla dirò delle imposte dette lotterie, che non hanno verun oggetto conforme alla natura delle imposte, i cui effetti sono i più funesti, perché il p o v e -ro, eccedentemente lusingato, spesso azzarda i mezzi più necessari alla sua sussistenza, anzi si possono dire un eccitamento al vizio ed al

80 malcostume, | una causa della pubblica miseria, e perciò meritano di essere proscritte

[Cap. XI] Dei naturali collettori delle imposte.

Siccome sarebbe imprudente, dispendioso e difficile all'estremo di ottenere il tributo direttamente da chi usa, gode e consuma, perché il cittadino allora farebbe di tutto per non pagare, che anzi la quantità delle persone che richiederebbe la percezione di tale tributo ne rad-doppierebbe il peso, così lo Stato è forzato a restringere l'esazione del medesimo a poche persone, e l'esperienza dimostra che tanto si rende migliore la contribuzione quanto percuote un minor numero di per-sone, le quali debbono ritenersi c o m e veri collettori dello Stato, quan-tunque questi acquistano nell'istesso tempo un diritto d'indennizzarsi sopra degli altri cittadini. C o n tal mezzo si può dire che l'illusione istessa rende i tributi m e n o onerosi al popolo, perché pagando quello 81 che non li deve ma che in conseguenza della sua profes| sione fa c o m e un prestito a quello che ottiene il godimento, ed avendo diritto di conseguire l'intiera indennizzazione tanto de' suoi capitali che degl'in-teressi, danni e pericoli, ha perciò m e n o ritegno a pagare il tributo. C h e se ei resta sottoposto per la percezione delle imposte a degl'in-c o m o d i ed alle vessazioni, si può dire degl'in-che degl'in-ciò è una degl'in-conseguenza della sua volontà, avendo ultroneamente abbracciata una condizione che rende soggetto a tali inconvenienti per l'importanza della pubblica conservazione e che perciò merita tutta la severità e la vigilanza e senza cui mancherebbe la comune difesa; oltrecché frodando il pubblico dell'imposta fa un vero furto al popolo e perciò quasi volontariamente si assoggetta a tutto il rigore delle leggi. Il popolo stesso mediante tal metodo di percezione anch'egli guadagna, perché resta sempre

l.

Vedi

M I R A B E A U , Esprit14 ; G I A N N I , Finanze Cisalpine 15.

14. Si riferisce ali 'Esprit de Mirabeau, extrait de ses divers ouvrages, divisi par ordre

de matières et embrassant les différents branches de l'économie politique, 2° ed., Paris, 1804

(XII), pp. 397-400.

15. Francesco Maria Gianni scrisse sulla situazione finanziaria della Repubblica Cisalpina il Piano di finanze per la Repubblica Cisalpina, ad un amico, Roma, 1798, ove, trattando delle lotterie, le considera sì un gioco d'azzardo, ma comunque una forma di contribuzione volontaria (cfr. C. A. VIANELLO, Le finanze della Repubblica

Cisal-pina, Milano, 1942, pp. 60-61). Sul Gianni vedi F. DIAZ, Francesco Maria Gianni. Dalla burocrazia alla politica sotto Pietro Leopoldo di Toscana, Milano-Napoli, 1966.

libero di non pagare il tributo restringendo i suoi godimenti, che se anche nell'imposta vi sia dell'oppressione, questa giammai non cade sul medesimo™. |

Tali collettori naturali delle imposte si possono dire in primo luogo 82 i venditori: non già che lo Stato debba pretendere di aggravarli eglino stessi, perché sarebbe una pena che esso imporrebbe ai cittadini che si rendono utili al pubblico con la loro opera, attaccherebbe i princìpi della giustizia privando i medesimi del frutto delle sue fatiche: final-mente sarebbe un disgustarli senza motivo, né alcuno vorrebbe in-correre tanti pericoli, soffrire tante inquietudini, andar soggetto a tante perdite, se dovesse vedere strapparsi parte o tutta la mercede della sua opera; così quando il tributo si esige dai medesimi deve essere ciò in m o d o che si possano sempre indennizzare, e solo all'oggetto di evi-tare i dispendi e di rendere più facile la percezione e meno aggravante al popolo. Tacito osserva che Nerone liberò dal tributo i compratori delle cose venali ricaricandone i venditori1 6, e benché sembrasse un benefizio apparente, era però reale perché rendeva il tributo minore | diminuendo le spese, toglieva il popolo alle vessazioni, cosicché un'ope- 83 razione conforme alla natura dell'imposta sembrò fino toglierla.

I proprietari stessi delle terre e di altri fondi, quando siano tassati nel m o d o dovuto, debbono ritenersi naturali collettori del tributo, mentre questi hanno il mezzo di rindennizzarsi nella vendita dei pro-dotti dei loro terreni, dei comodi dei loro stabili, e lo Stato guadagna una diminuzione di spese che esigerebbe la percezione del tributo di-rettamente sul vero contribuente. In Inghilterra la percezione dell'im-posta delle terre è fatta dai principali possessori d'ogni contea assistiti dai loro ufficiali; in tal m o d o la percezione dell'imposta diviene anche più semplice e meno dispendiosa, benché realmente molti vi con-tribuiscano n. |

m. Il difetto dei scrittori d'economia è stato di non aver ben distinto il vero contribuente dal collettore, il che ha portato molte volte ad aggravare questo di un ingiusto peso, lasciando l'altro che veramente doveva, esente, e così si è violato l'ordine della natura con massimo danno della società. «. Si avverta che sarebbe una manifesta ingiustizia se si pretendesse da tali ricchi possessori il previo pagamento dell'imposte su le terre dovute dagli altri, come è avvenuto fra noi, perché è un'ingiustizia caricare alcuni dell'altrui debito, il che è differente dal richiedere che i più ricchi possessori con il benefizio delle leggi riscuotino le imposte entro un certo termine e

16. TACITO, Annales, XHI, 31. Il riferimento deriva probabilmente da C.-L. DE MONTESQUIEU, L'esprit des lois, X I I I , 7 .

84 I mercanti istessi devono ritenersi molto più come i naturali col-lettori dei tributi sopra i generi e merci che eglino contrattano. Questi si possono dire i veri ed i più importanti sostegni dello Stato, c o m e quelli che a favore del pubblico fanno vistosi prestiti a loro cimento M a in tale imposta n o n si deve avere per iscopo di rigettarla veramente sopra li medesimi, perché s'attaccherebbe l'industria; m a quando questa sia messa con moderazione si vedrà che il commerciante rialza naturalmente il prezzo delle sue merci. E siccome lo stesso unisce tale a g -gravio al prezzo di quelle cosicché resta in questo confuso, il popolo, quantunque solo vi contribuisca, non se ne avvede ed ignora quasi di pagare il tributo, in m o d o che n o n avvi nessuna imposta che si pa-ghi con minore sforzo, e quasi si p u ò dire che l'aggravio diventa allora 85 un debito volonta|rio. Imposta poi che si p u ò dire ottima perché il

mercante paga allora quando lo Stato ne ha di bisogno, mentre egli poi l'esige naturalmente quando il cittadino ha maggiori mezzi, più c o m o d o e volontà di soddisfarla. D e v e però avere lo Stato tutti i ri-guardi per tali mercanti ed esigere tale tributo con moderazione, per-ché ogni indebito aggravio, o g n i vessazione, ogni perdita che debbono soffrire inutilmente scoraggisce l'industria e diventa funesta allo Stato. Si deve avvertire sopratutto di non mettere imposta sopra i m e r -canti o negozianti in genere, né sopra il c o m m e r c i o e l'industria astrat-tamente presi, c o m e si è ingiusastrat-tamente ed assurdamente fatto con le tasse sopra il mercimonio, c o m m e r c i o , capitali; ma deve essere messo sopra certi e determinati generi, avuto riguardo al numero, peso, m i -86 sura e valore ». N é si può rite[nere c o m e un'ingiustizia l'esigere un

sotto la loro responsabilità, perché allora eglino stessi vi guadagnano una minorazione di spese ed hanno i mezzi d'indennizzarsi anticipatamente.

0. V i sono a Londra dei mercanti che pagano con tal mezzo annualmente delle dieci mille lire sterline. (JOUNG, Arithmétique politique)17.

p. Se ben si riflette, estrema è la differenza dall'un modo d'imposta

al-l'altro: nel primo caso si aggrava veramente il negoziante o mercante perché, non avendo certo scopo, si affligge la sua immaginazione, né sa come ripar-tire l'imposta ed indennizzarsi e cade perciò tutta a suo pericolo, mentre nell'altro caso egli combina il consumo del genere e della merce e se conosce che vi sia spaccio ne fa acquisto e non ha difficoltà di pagare il tributo, perché

17. Arthur Young (Londra, 1741 - ivi, 1820), agronomo ed economista inglese, compì viaggi in vari paesi d'Europa studiandone in particolare l'agricoltura. Il Bosel-lini si riferisce ad una delle sue opere più note, Politicai arithmetic, containing observations

on the present state of Great-Britain, London, 1774, parte II, cap. 10 (cfr. l'ed. francese

tributo dagli stessi fabbricatori quando non sia possibile di ottenerlo senza gravi dispendi sopra l'uso dei generi fabbricati: non già che si possa pretendere questo realmente dai medesimi, il che sarebbe un'im-posta sopra la riproduzione, ma quando sia esatta nei giusti limiti, siccome è ciò conforme all'ordine naturale delle imposte, così la me-desima riesce equabile e leggera, anzi l'esperienza dimostra che un'im-posta fortissima anche sopra i generi di necessità si effettua facilmente quando questo diritto si toglie da' fabbricatori: al contrario quando questo sia levato direttamente sui consumatori, ciò incontra i maggiori ostacoli. N e l primo caso niuno sente il rigore delle imposte perché la libertà del popolo resta garantita, né egli va soggetto a ricerche, inquisizioni ed ingiustizie, mentre nell'altro caso si riguarda come estre| inamente onerosa, ed in effetto è tale, perché allora veramente il medesimo va soggetto a tutta l'oppressione, e l'onere si rende maggiore con le molteplici spese che esige la sua esazione.

Tale è il metodo di percezione della maggior parte delle imposte di consumo in Inghilterra. Le acquavite ed i liquori pagano il tributo nel laboratorio. Le seterie e le tele dipinte presso l'impressore; 1 amido, le polveri presso il fabbricante; il filo d'oro e d'argento presso il tiratore d'oro; il dazio sul vasellame si paga dall'orefice che lo vende e che compra tutti gli anni il permesso per venderlo; per le carrozze e le vetture da quelli che ne sono proprietari. Il venditore al minuto paga il dazio per lo caffé, thè, la cioccolata, la pasta di cacao. Il manifattore ed il fabbricante è caricato per i vini fattizi, per la carta, cartone bianco, dipinto ed impresso, per gl'aceti, li vetri, specchi, candele, sapone Dal conciatore si deve il dazio per i cuoi e le pelli; e il venditore al minuto lo deve sopra il sidro di pomi e di pera. I mercanti nel soddisfare i dazi di dogana lo fanno in modo che non si paga un'imposta gene-ralmente sopra dei prodotti fabbricati né si cade nell'assurdo d imporre un tributo per un oggetto che non esiste specialmente, siccome ] inter-viene nelle moderne imposte, che non hanno nessun dato certo e che dipendono tutte dall'arbitrio dei magistrati e degli amministratori, oltre poi di essere ristrette a pochi oggetti cosicché le medesime cadono sopra un picciol numero di cittadini.

Quando i tributi saranno imposti con tali riguardi niuna profes-sione si potrà dire scoraggita, qualora cioè ciascuna ottenga la giusta indennizzazione, ossia la necessaria e conveniente sussistenza,, il che si deve intendere di quegli alimenti che comunemente ciascun arte con-sa di compencon-sarsi; altrimenti, conoscendo che non avvi consumo, non ne fa acquisto né perciò va soggetto a tributo e a perdita.

seguisce mediante la sua opera: e ciò si ragguaglia al pregio della m e -desima, al genio, alla fortuna, ed in cui si mette a calcolo tutto ciò che porta a diminuire od accrescere il prezzo dell'opera, avendo ogni arte un intimo rapporto scambievole per cui il sentimento istesso forma talvolta i risultati più estesi e profondi.

Si osservi che un venditore, un proprietario, un mercante, un fab-bricatore, l'artefice istesso potrà rifarsi con la mercede della sua opera o lavoro per ciò che esige il consumo delle cose necessarie, il tributo sulle medesime e la spesa dei comodi convenienti a ciascuna professione; non già se volesse far uso di generi di lusso, che non c o n v e n g o n o alla 89 mede] sima, perché allora non potrebbe essere indennizzato né per la mercede né per lo tributo, e tentando di far ciò troverebbe i suoi emuli più frugali ed economi, che darebbero i loro servigi ad un minor prezzo, il che lo ridurrebbe a restar senza impiego e gli mancherebbe fino la necessaria sussistenza.

C h e se lo Stato non p u ò esigere il tributo da una qualità sola di persone o da una sola classe di cittadini, egli è perché ogni genere o merce resta soggetta a diverse frodi, ora per parte di chi la coltiva o la conserva, ora per parte di chi la fabbrica, l'introduce o la vende, ora per parte di chi la consuma; perciò lo Stato nell'esigere il tributo deve scegliere quel metodo col quale può meglio riuscire un tal intento con le minori spese, rendendo maggiore al più possibile il provento dell'erario, combinando il tutto onde rendere l'imposta m e n o incomoda e dispen-diosa allo Stato e meno lesiva della libertà dei cittadini. |

90 [Cap. XII] Proporzione nelle imposte.

Se la società ha diritto di ottenere dei tributi, essi però hanno dei limiti che non si possono oltrepassare impunemente. O g n i somma che si toglie senza che lo esiga il pubblico bisogno o d un deciso vantag-gio, è un vero furto pubblico e tende a p r o m o v e r e i vizi del governo e la dissoluzione sociale. L e imposte inoltre debbono avere per iscopo di cadere sopra il vero contribuente, perché gravare indebitamente chi non la deve è un violare la giustizia. Q u a n d o poi non esiste proporzione fra il godimento e l'imposta, oltre la sua ingiustizia, le frodi allora lottando di continuo contro le precauzioni, la finanza istessa vi perde. Egli è un intender p o c o l'interesse dello Stato il credere che possa essere m a g -giore il prodotto di un'imposta quanto più sia grave, perché la pena del contrabbando si rende insufficiente a raffrenarlo; quanto più la lusinga del guadagno è maggiore, altrettanto il raggiro diviene più

audace ed anche quando il reo non isfugga la fiscale oculatezza, che altro ne avviene se non che la rovina di molte famiglie sopra cui cade ingiustamente la pena dell'ingordigia del governo? | L'eccesso poi 91 dell'abuso vi sarebbe allora che per ottenere l'imposta si avesse ricorso a pene severe, eguali a quelle dei più atroci delitti, venendosi così a punire l'imprudenza come la scelleraggine, mentre al contrario la discretezza nell'imposte ne sostiene l'esazione. Sia per conseguenza l'imposta

Nel documento Opere complete. Opere minori Volume 2 (pagine 121-137)