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Case Studies: Toscana, Campania e Friuli-Venezia Giulia

Capitolo II La legge Delrio

UNIONI DI COMUNI, CONVENZIONI E FUSION

4.4 Case Studies: Toscana, Campania e Friuli-Venezia Giulia

A questo punto, ritengo importante per la trattazione del tema, l’approfondimento di tre casi, distanti tra di loro e unici nel loro genere. La Toscana che rappresenta il modello più importante tra le regioni che hanno adottato il modello neo-centrico, la Campania, capofila tra le regioni che hanno adottato un orientamento attendista e infine il Friuli- Venezia Giulia, espressione di una governance singolare, a riprova del fatto che le Regioni a statuto speciale hanno giocato un ruolo importante nella politica di riordino delle funzioni amministrative.

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Toscana

La Legge di riferimento è la n. 22 del 3 Marzo del 2015, denominata

Riordino delle funzioni provinciali e attuazione della Legge 7 Aprile 2014, n. 56 20.

È un testo composito che disciplina ogni aspetto previsto dalla Legge Delrio e allo stesso tempo modifica l’assetto istituzionale introdotto dalle leggi regionali 32/2002, 67/2003, 41/2005, 68/2011, 65/2014. La Legge Delrio ha rappresentato un’occasione attesa da anni per la Regione Toscana: principi e criteri, che la Regione già aveva introdotto in altre leggi regionali e che dovevano costituire le direttrici per un futuro modello di governance che vedeva la Regione al centro di relazioni istituzionali con aree sovracomunali in materie come la sanità, il turismo, e lo sviluppo economico in opposizione alle province. Questo modello, ricercato negli anni e realizzato solo con l’attuazione della Legge Delrio è espressione di un’idea di forte regionalismo con un particolare patronage nei confronti dei comuni in opposizione alle province, così come è stato nella storia fin dal Medio evo21.

Il modello neo-centrico viene ribadito nell’ampio preambolo legislativo composto da ben undici commi.

Questi principi insistono molto su un modello di multilevel governance che vede la Regione al centro, in stretta sinergia e concertazione con i comuni e le aree sovra-comunali per la definizione delle politiche pubbliche.

A tal proposito la Regione si fa carico di una serie di obiettivi di concertazione amministrativa ma anche di spesa pubblica dovuta alla ricollocazione del personale.

20 Cfr BURT

21 Cfr Dossier Anci Toscana,2015, http://www.ancitoscana.it/images/dossier/Province/volume_att_Delrio_21122015_1. pdf

118 Ne deriva che il principio di sussidiarietà verticale, previsto dalla legge Delrio, viene negato da una parte con l’enunciazione del ruolo primario della Regione in sinergia con i comuni e dall’altra parte, con la creazione di strutture regionali a presidio degli organi provinciali, quasi ad indicare un commissariamento22; passo successivo obbligatorio è l’abolizione delle province che nel Preambolo regionale viene dichiarato come necessario per la realizzazione del progetto di governance. In questo disegno le province toscane hanno un ruolo sempre più marginale e, a quanto è stato dichiarato dalla Giunta Regionale, esse dovrebbero fungere da sportelli territoriali della Regione per questione di area vasta e limitatamente alle funzioni loro rimaste23; ciò è vero per le funzioni di formazione professionale ma anche per le infrastrutture e tutte le altre funzioni assunte dalla Regione.

Sul piano delle competenze comunali il discorso è diverso: dal punto di vista formale rimangono in capo ai comuni solo le funzioni residuali e quelle legate fisiologicamente ad esse, come gli albi del terzo settore, lo sport e il turismo; se trascendiamo dal piano formale, il progetto di legge risulta essere un compromesso tacito24 di spartizione delle funzioni provinciali nella misura in cui si afferma che i Comuni possano crescere e assumere maggiori funzioni nei confronti dei contesti vicini e quindi, nella forma di aree sovra-comunali, diventare interlocutori privilegiati per la Regione.

Si può notare quindi un favor legis del legislatore regionale nei confronti dei comuni, da una parte, attraverso un sostegno legislativo più organico nei confronti delle intercomunalità e della fusione dei comuni; dall’altra parte, attraverso la possibilità di ri-modulare le aree vaste su cui si era puntato politicamente in passato ma che adesso può diventare realtà.

22 Ivi

23 Cfr Documento ANCE, 2015, http://www.ance.it/docs/docDownload.aspx?id=28284

24 Cfr Dossier ANCI Toscana, 2015, http://www.ancitoscana.it/images/dossier/Province/volume_att_Delrio_21122015_1. pdf

119 In ogni assetto di multilevel governance adottato dalle Regioni, gioca un ruolo strategico il rapporto tra Regione e Città Metropolitana.

La Regione Toscana ha provveduto a riformare la legislazione e gli atti di programmazione al fine di rafforzare il ruolo della Città di Firenze. La Regione e la Città metropolitana di Firenze stipulano intese per l'attuazione del programma regionale di sviluppo, al fine di determinare le principali azioni e i progetti di interesse della città metropolitana per il sostegno allo sviluppo economico e la dotazione infrastrutturale strategica del territorio. Le intese costituiscono il quadro delle iniziative programmatiche e degli interventi regionali volti al rafforzamento della competitività del territorio metropolitano. Eventuali intese tra la Regione e i singoli Comuni metropolitani devono essere comunque conformi al piano strategico, per la parte del piano concertata con la Regione.25

La Città Metropolitana ha poi voce importante su alcune questioni legate al governo del territorio: i) l’adozione del PIT, ovvero il piano di indirizzo territoriale, e qualsiasi proposta di modifica al piano stesso sono adottate dalla Regione sentito il parere della Città Metropolitana per la porzione di territorio di sua competenza, entro 30 giorni; decorso inutilmente questo periodo, la Regione provvede ad adottare il Pino; ii) La Città può approvare, in luogo dei comuni o parte di essi, il piano strutturale o mediante apposita convenzione26 o mediante espressa previsione statutaria che attribuisce tale potere; iii) La Città può approvare le direttive dei comuni per i piani operativi di loro competenza, ma deve essere previsto dallo statuto.27

I comuni inoltre possono affidare alla Città anche altre funzioni, attraverso una convenzione28, che meritano un coordinamento come viabilità e trasporto e edilizia scolastica.

25 V. L.R 3/3/2015 n. 22 26 V. art 20 L.R. 68/2011 27 Cfr Documento ANCE, 2015, http://www.ance.it/docs/docDownload.aspx?id=28284 28 Ivi

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Campania

La legge di riferimento è la Legge Regionale 9 novembre 2015 n. 14, denominata “Disposizioni sul riordino delle funzioni amministrative non fondamentali delle province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 e della legge 23 dicembre 2014, n. 190”.

Il percorso della Regione può essere definito da una parte attendista e dall’altra parte conservatore: infatti, prima di arrivare al Novembre del 2015, l’unico punto di riferimento era il disegno di legge regionale approvato dalla Giunta allo scadere delle tempistiche previste dalla Legge Delrio, Dicembre 2014.

Il disegno di legge assumeva chiaramente un atteggiamento dilatatorio e rispondeva soltanto a logiche adempimentali; infatti approvato il disegno di legge e inviati i dati sul personale all’Osservatorio Nazionale c’è stato un blocco del percorso, molto probabilmente in vista delle elezioni Regionali che ha segnato anche il passaggio da una coalizione di centrodestra guidata da Stefano Caldoro ad una coalizione di centrosinistra guidata da Vincenzo De Luca.

Dal punto di vista contenutistico, il disegno di legge prima e la legge dopo, seppur con qualche cambiamento, appaiono fortemente conservatrici, dirette a salvaguardare le logiche e gli equilibri esistenti: essa si limita ad enunciare principi e criteri atti ad indirizzare i successivi atti legislativi di riordino e quindi a confermare in capo alle nuove Province le funzioni amministrative non fondamentali già conferite dalla legge regionale e la soppressione delle funzioni provinciali non superflue.

La Regione può assumere solo quelle funzioni non operative e gestionali29 che siano fisiologicamente compatibili con una gestione

121 unitaria sull’intero territorio regionale e che non siano allo stesso tempo incompatibili con le funzioni attribuite alla Città Metropolitana di Napoli.

Ai Comuni è lasciata la promozione delle forme di gestione associata delle funzioni e servizi comunali, delle unioni e delle fusioni di Comuni. Per quanto riguarda l’inter-comunalità la legge è molto sbrigativa e sembra essere considerata una questione di secondo piano, nel senso esclusivo di convenzioni tra comuni per l’esercizio di funzioni fondamentali che altrimenti non potevano essere esercitate.

Per il resto la legge regionale nulla dice in merito alla fusione dei comuni sia per i comuni sotto la soglia e quindi obbligati alla fusione sia per quelli sovra soglia e quindi non obbligati.

Questo è anche dovuto al fatto che le unioni di comuni non sono molto diffuse in Campania, non funzionano bene, sono spesso considerate scatole vuote e quindi limitative della sovranità locale30.

Innovativa è il contenuto dell’articolo 5 della Legge nella parte in cui si afferma la possibilità di affidare funzioni associate, individuate come fondamentali per la Città Metropolitana, a province vicine (Caserta e Benevento, Salerno e Avellino).

Questa previsione confermerebbe la volontà della Regione di creare una governance in cui La Città Metropolitana giochi un ruolo egemone accanto alla creazione di aree vaste intese come province associate, Avellino e Salerno, Caserta e Benevento, attribuendo loro le già funzioni fondamentali della Città Metropolitana e le funzioni di centrale di committenza, di stazione unica appaltante (Sua), quella di monitoraggio dei contratti di servizio, di organizzazione di concorsi e procedure di selezione.31

Tuttavia, i rapporti di forza tra la Città Metropolitana e la Regione e i governi di area vasta con la Città Metropolitana, oltre che dalle

30 V. Le unioni comunali in Campania, Progetto POR FSE, 2015

31 Cfr Dossieri ANCi Campania, 2016, http://regione.campania.it/assets/documents/ell2015-report-unionecomuni-dic15.pdf

122 competenze attribuite, dipendono anche dagli attori in gioco e dalle coalizioni di governo: chiara espressione è la Città Metropolitana di Napoli dove la creazione dello statuto, i poteri del presidente, le deleghe ai consiglieri tengono conto dei rapporti di forza e delle coalizioni contrapposte rispetto a quelle che governano la Regione.

Friuli-Venezia Giulia

La Legge di riferimento è la legge regionale 12 dicembre 2014 n. 26, denominata “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli-

Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative.”

Salta subito all’occhio il fatto che la legge ha attuato il processo di riordino in conformità con quanto stabilito dalla Legge Delrio per le regioni a statuto ordinario.

La Regione scommette su una governance in cui il ruolo principale sia giocato dai comuni federati in unioni intercomunali in stretto rapporto con la Regione.

Nella relazione finale di accompagnamento, La giunta compie un’operazione importante: cerca, infatti, di trovare la giusta relazione tra il livello ambientale, sociale, economico e culturale e lo spazio territoriale32; questo progetto obbliga ad una rivisitazione istituzionale degli enti locali nella misura in cui l’ente locale non garantisce i livelli essenziali di servizi.

Tale innovativo procedimento parte con l’individuazione degli ambiti territoriali ottimali33, assegnando i comuni a ciascun ambito.

32https://www.provinceditalia.it/wpcontent/uploads/docs/contenuti/2018/03/CARRO ZZA_EDITORIALE_31012018182424.pdf

123 Gli ambiti territoriali ottimali sono 1734 con dimensioni comprese tra i 40 e i 60 mila abitanti: di conseguenza i comuni di ciascun ambito devono unirsi in unione dei comuni, obbligatoriamente per i comuni sotto i 5000 abitanti (3000 pe le città montane) mentre i comuni con popolazione superiore possono anche non aderire alle unioni ma l’art 42, IV comma prevede un taglio del 30% dei trasferimenti regionali per i comuni che non si uniscono.

Tutte queste valutazioni portano alla bozza di piano di riordino territoriale, che dopo le osservazioni fatte dai Comuni, viene approvata con un decreto di Giunta Regionale 1° luglio 2015, n.1282.

In questo modello di governance, quindi, risultano fortemente ridimensionate le province a favore di un riordino istituzionale dei comuni e un rafforzamento dei processi di unione; molte le funzioni delle province che vengono trasferite ai comuni e alle unioni e sono: agricoltura, ambiente, caccia e pesca, cultura e sport, demanio idrico e difesa del suolo, edilizia scolastica, energia, fiere, mostre e mercati, infrastrutture, istruzione, lavoro, pianificazione territoriale, politiche sociali, protezione civile, trasporti, viabilità, viabilità locale35.

In questo processo di ricollocazione la Regione gioca un ruolo importante: è la stessa a definire le aree vaste, a discapito delle province, e allo stesso tempo, vengono attribuite ad essa tutte le funzioni legate all’attività di concessione degli incentivi e dei contributi ai cittadini, alle imprese, ai comuni e alle istituzioni36.

L’unica materia che non viene toccata e che, molto probabilmente sarà oggetto di una legge successiva, è quella ambientale che comprende smaltimento dei rifiuti, qualità dell’aria e rilascio di autorizzazioni, procedimenti e autorizzazioni volte alla tutela del territorio.

Alla Regione vengono trasferite le funzioni derivanti dal Jobs act in materia di lavoro e la programmazione in materia di edilizia scolastica

34 Cfr. L.R. 26/2014 35 Cfr. Ivi

124 mentre ai comuni spetta la competenza in materia di interventi in edilizia scolastica mentre sono ripartite tra Regioni e comuni gli interventi in materia di trasporto e viabilità.

Il ruolo attribuito ai comuni e alle unioni viene a costituire un caso molto particolare nel panorama del processo di riordino delle funzioni provinciali; il Capo II, artt. 26 e successivi si occupa proprio delle unioni dei comuni (18 in tutto) e delle funzioni che devono essere gestite in forma associata.37

Tali funzioni devono essere gestite a partire dal 1° Luglio 2016 e sono: gestione del personale e coordinamento del organizzazione generale dell'amministrazione e dell'attività di controllo, sistema locale dei servizi sociali, polizia locale, polizia amministrativa locale, attività produttive compreso lo Sportello Unico, edilizia scolastica e servizi scolastici, servizi pubblici di interesse generale, catasto, programmazione territoriale di livello sovra comunale, pianificazione di protezione civile, raccolta avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e riscossione dei relativi tributi, statistica, elaborazione e presentazione di progetti a finanziamento europeo. Oltre a queste la legge individua anche le funzioni che i Comuni devono gestire avvalendosi della rispettiva unione mantenendo la titolarità della funzione in capo al Comune stesso.

Sono quelle funzioni legate fisiologicamente alla gestione del territorio e che incidono fortemente sulla leadership del governo come Servizi Tributari ivi compresa la riscossione dei tributi, controllo di gestione, pianificazione territoriale comunale, opere pubbliche, procedure espropriative, edilizia privata, energia.

Meritano menzione in questa ultima analisi le condizioni che hanno portato ad un disegno di governance quasi irripetibile negli altri contesti regionali; due sono i fattori prevalenti: Lo stretto rapporto del governo regionale con quello nazionale che permesso una congruità di fini sugli

125 scopi della Delrio e infine il mancato radicamento storico delle province nel Friuli-Venezia Giulia; fino alla fine del 1800 tutti i comuni costituivano la provincia del Friuli e le uniche resistenze al riordino delle province erano costituite dalla paura di una “friulizzazione38” delle zone del Venezia Giulia.