Capitolo II La legge Delrio
UNIONI DI COMUNI, CONVENZIONI E FUSION
6.1 Riallocazione del personale delle Province
La Legge Delrio ha sicuramente innescato un processo di cambiamento istituzionale che ha avuto effetti sostanziali sul funzionamento ma anche sull’organizzazione degli enti locali1.
Il processo di riallocazione del personale non è stato di immediata attuazione e si inserisce all’interno di un contesto critico che vede da una parte l’intervento del legislatore regionale nel processo di riordino delle funzioni non fondamentali tra Province/Comuni e Regione; dall’altra parte vede una crescente e parallela riduzione dei finanziamenti statali alle amministrazioni provinciali attraverso un percorso che inizia con il Decreto Montiano 78/2011 e continua con la legge finanziaria di riferimento L. 190/2014 che riduce progressivamente i fondi per il 2015, 2016, 2017 di 1 miliardi, 2 Miliardi, 3 Miliardi.
Accanto alla riduzione progressiva delle risorse, è funzionale fotografare la situazione del personale amministrativo e dirigenziale prima del 2014.
I dati presenti sul sito della Ragioneria dello Stato, nel comparto SICO2, ci mostrano i mutamenti del numero di personale degli enti locali dal 2003 al 2013, ultimo anno prima del riordino delle province.
Dal 2003 al 2013 il personale degli enti locali è diminuito proporzionalmente a tutti i livelli territoriali ma dai dati risulta come nelle Province la riduzione sia stata meno marcata, perdendo in 10 anni circa il 6%.
1 Cfr. S. Bussu e M.T. Galanti “i governi locali al tempo della crisi” Bologna, il Mulino, 2015.
2http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONEI/e_government/amministrazioni_pubbliche/p ersonale_delle_pa/
156 In 10 anni c’è stato inoltre una riduzione dei posti a tempo indeterminato mentre sono aumentati nell’ultimo periodo i posti part time che sembrano essere preferiti; la riduzione dei posti è stata proporzionata in tutte le macro-aree regionali, anche se il fenomeno sembra più accentuato nel nord Italia dove negli ultimi anni il dirigente personale è calato di 264 unità rispetto alle 91 del centro e alle 59 del sud; mentre il personale amministrativo è calato di 2000 unità al nord contro le 450 del centro e le 480 del sud3.
Il dato è molto importante perché sottolinea la ratio delle politiche adottate dalle stesse province nel corso degli anni: politiche del personale più conservatrici nel caso del Centro Nord mentre politiche più espansionistiche con una predilezione al personale dirigente nel caso del centro sud.
Le disposizioni di assorbimento del personale e delle funzioni si sono rivelate difficoltose in un contesto critico in cui le risorse venivano ridotte in modo decrescente: il risultato è stato la presenza di un personale amministrativo sovra-numerario che doveva essere mappato e poi ricollocato tra gli altri enti territoriali, come poi effettivamente si è fatto grazie al lavoro degli Osservatori Regionali.
Venendo ora all’iter normativo, il primo passo fondamentale è costituito proprio dalla Legge Delrio che ha fornito delle indicazioni di principio, individuabili in due punti: si prevede infatti che in Conferenza unificata siano discussi e definiti le principali tappe di questo percorso.
Stato ed Enti locali, assieme alle associazioni sindacali, sono chiamati, da un verso, a definire le funzioni non fondamentali da ridistribuire e dall’altro, “i criteri generali per i beni e le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni da trasferire”.
Ciò significa che la riallocazione del personale è strettamente collegata al processo di riordino istituzionale delle funzioni, quindi prima di
157 procedere al riordino del personale è necessario un riordino delle funzioni ma affinché ciò avvenga è necessario definire le tabelle di equiparazione delle mansioni e i principi e i criteri per la mobilità del personale.
Il passo successivo alla Legge Delrio è stato infatti il DPCM4 che doveva essere approvato l’8 Luglio 2014 ma rimandato al 26 Settembre ed entrato in Gazzetta Ufficiale il 12 Novembre.
Questo ritardo nell’approvazione è stato dovuto alla difficoltà nel prevedere la mappatura5 delle risorse correlate a ciascuna funzione, che le Regioni poi avrebbero dovuto applicare entro 15 giorni dalla pubblicazione in GU e da cui sarebbe dipesa la riallocazione del personale.
Il DPCM stabilisce inoltre che per individuare la correlazione esatta tra funzioni provinciali e risorse bisogna fare riferimento alla data di entrata in vigore della Legge Delrio che è l’8 Aprile del 2014 e al criterio di prevalenza delle attività svolte6, “ovvero dello svolgimento in via prevalente, tolte le cessazioni eventualmente intervenute, di compiti correlati alle funzioni oggetto di trasferimento”.
Il passo successivo è rappresentato dalle mappature e del ruolo degli Osservatori Regionali: gli osservatori regionali avevano il compito raccogliere tutti i dati in merito alle risorse provinciali, mapparle e inviarle all’Osservatorio nazionale per la validazione.
Gli osservatori hanno avuto un ruolo fondamentale nell’attuazione della Legge Delrio e si sono configurati come ulteriore luogo di concertazione tra rappresentanti della Regione, Città metropolitana, UPI e ANCI. Il processo di riordino delle funzioni provinciali da cui poi sarebbero derivati i criteri per il riordino delle risorse umane viene messo in difficoltà dalla legge di stabilità L.190/2014 che per il triennio 2014-
4 “Criteri per l’individuazione di risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l’esercizio delle funzioni provinciali”
5 http://ancitoscana.it/images/dossier/Province/volume_att_Delrio_21122015_1.pdf 6 Cfr Art 4, comma 1, lettera c DPCM 26/09/2014
158 20177 tagliava l’organico delle province del 50% e del 30% quello delle Città Metropolitane, portando ad un esubero di circa ventimila dipendenti pubblici.
In questo senso Province e Città Metropolitane sono state costrette a ridefinire il loro organico, preparare i piani di riassetto economico organizzativo entro il 1° Marzo 2015 e individuare quindi il personale in sovrannumero che sarà posto in procedura di mobilità.
Il personale in sovrannumero è stato determinato per esclusione ma sempre legato al principio funzione-personale: il personale riconducibile alle funzioni fondamentali è rimasto in Provincia; il personale destinato a collocamento è stato messo a riposo anche utilizzando norme pensionistiche pre-Fornero; il personale riconducibile alla Polizia provinciale e ai centri dell’impiego è rimasto in “pausa” fino al Job Act; il personale oggetto di riordino è stato trasferito sulla base di leggi regionali; il personale che non rientrava in queste fattispecie è stato considerato come personale in esubero e ha seguito il percorso previsto dalla Legge di stabilità del 2014 che sostanzialmente prevedeva due fasi.8
Durante il biennio 2015-2016 le regioni e gli enti locali, nell’ambito degli spazi di assunzione, hanno dovuto assorbire il personale in eccedenza e a partire dal 31 Dicembre del 2016 il personale che non è stato ricollocato mediante la prima procedura, è stato ricollocato con forme di contratto part-time e coloro che non rientravano neppure in questa selezione sono stati collocati in “disponibilità” con una retribuzione ridotta all’80% per 24 mesi.
Per evitare difficoltà applicative, è stata diramata la Circolare n° 1 del 2015 contenente le linee guida in materia di personale: la Circolare prende atto delle difficoltà degli enti locali di rispettare le scadenze e definisce non perentorio la scadenza del 31 marzo 2015 per
7 Cfr art 1, comma 418 L. 190/2014
159 l’individuazione del personale in sovrannumero da parte delle province, stabilendo che le tempistiche sono dettate dalle leggi regionali; inoltre per facilitare il ricollocamento è stata istituita una piattaforma digitale9 sul dipartimento della funzione pubblica.
Alla circolare fa seguito poi il c.d. Decreto enti locali n°78/2015 che cerca di accelerare e concretizzare il processo di riallocazione del personale delle province: Il decreto infatti prevede sanzioni finanziarie, nel senso di accollarsi il costo di tutte quelle funzioni non fondamentali che non vengono riordinate, per le Regioni che non adottano le leggi regionali di riordino entro la scadenza prevista, e a favore delle province e città metropolitane; la previsione doveva costituire un monito pe le Regioni attendiste, come la Campania, ma si è rivelata in concreto facilmente aggirabile, potendo le Regioni approvare una legge che rimanda a successivi atti legislativi.
Al fine poi di alleggerire la dotazione organica delle province, il decreto prevede che il personale amministrativo che si trova temporaneamente in comando o distacco presso le amministrazioni comunali può, tramite consenso della stessa amministrazione comunale, trasferirsi a titolo definitivo; lo stesso vale per la polizia provinciale che non sia ancora stata trasferita nell’ambito del riordino delle funzioni provinciali10. Sia nel primo che nel secondo caso il processo però ha dovuto tener conto della capacità assunzionale degli enti che prendevano a carico il personale provinciali; questo però ha portato un altro problema su cui ANCI ha discusso molto: il blocco delle assunzioni degli enti locali che con i processi di mobilità rischiava di proseguire ancora per molto tempo.
Grazie al lavoro sinergico di UPI e ANCI, è stata prevista la possibilità per gli enti locali di assumere figure professionali specifiche non presenti all’interno del personale provinciale per lo svolgimento di
9 https://www.mobilita.gov.it/home.php
10http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/31-03-2015/nota- questioni-materia-di-ricollocazione-del-personale-delle
160 servizi fisiologici dell’ente locale come i servizi socioeducativi e scolastici nonché la possibilità di assumere personale a tempo determinato da impiegare per le funzioni di polizia municipale per un periodo massimo di 5 mesi, possibilità molto accreditata.11.
La ridefinizione dell’organico provinciale cosi come il riordino delle funzioni è un processo che ha visto e continua a vedere la sinergia tra più “attori”, ognuno con la propria strategia.
Il primo attore, partendo dall’alto, è il governo nazionale che con la Legge Delrio si pone l’obiettivo di segnare una discontinuità istituzionale rispetto ai governi precedenti in merito al tema degli enti locali e allo stesso tempo si pone l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica attraverso lo svuotamento delle province, agendo sulla elettività degli organi e riordino delle funzioni.
Tali obiettivi però sono stati minati dai vincoli finanziari e soprattutto dalla legge di stabilità L. n°190/2014 che ha tagliato i fondi e ha previsto la riduzione dell’organico fino al 50%.
Le Regioni, di conseguenza, hanno dovuto trovare quei fondi che lo Stato aveva tagliato per completare il processo di riordino e quindi la riorganizzazione dell’organico.
Più complesso è stato il ruolo delle province che ha trovato nel suo rappresentante, UPI, ma anche nell’ANCI un forte sostegno nella battaglia di modifica dell’impianto della Legge.
Durante la discussione parlamentare sul ddl “riordino delle amministrazioni pubbliche” (AC 3098), ANCI e UPI hanno promosso un parere congiunto in cui emerge la volontà di mantenere un livello di governo di area vasta in continuità con l’esperienza delle amministrazioni provinciali.
“La tradizione e la storia costituzionale storia del nostro Paese hanno definito una simmetria tra il livello provinciale e la presenza dello stato sul territorio.
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Questo parallelismo deve essere mantenuto, attraverso uffici territoriali che garantiscano una interfaccia unica nei rapporti tra lo Stato e le amministrazioni locali12.
Se l’alleanza UPI e ANCI si è mostrata molto coesa e forte sul tema delle funzioni e del personale, lo stesso non è stato nel momento in cui sono venute in gioco le rispettive strutture amministrative: i comuni, infatti, hanno sofferto molto le disposizioni che nel 2015 hanno bloccato le assunzioni e hanno costretto ad arruolare il personale provinciale, per cui è necessario che essi riacquistino flessibilità e autonomia decisionale rispetto alla assunzione e alla gestione del personale senza che essa sia legata a qualche riordino o qualche altra strategia di enti territoriali. Il 2018 fa da spartiacque rispetto al triennio 2014-2017 sul tema delle province proprio perché la Legge di bilancio per l’anno 201813 contiene importanti novità sia dal punto di vista economico-finanziario sia dal punto di vista del riordino del personale.
Lo status ex ante era regolato dalla già citata Legge di stabilità 190/2014, articolo 1, commi 420 e 421 con cui si stabiliva rispettivamente il divieto per le amministrazioni provinciali, a partire dal 1 Gennaio 2015, di a) ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell'edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza; c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell'ambito di procedure di mobilità; d) di acquisire personale attraverso l'istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi; e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 90 e 110 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
12 Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, Audizione ANCI/UPI 3 Giugno 2015
162 legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni; f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni; g) di attribuire incarichi di studio e consulenza; nonché con il comma 421 i già citati tagli al personale delle province per il 50% e per le Città Metropolitane per il 30%.
La L. 205/2017, legge di bilancio per l’anno 2018, regola invece la situazione delle amministrazioni provinciali all’articolo 1, commi 844 a 848.
La disposizione di apertura è proprio il comma 84414 con cui si stabilisce che “Ferma restando la rideterminazione delle dotazioni organiche nei
limiti di spesa di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ai fini del ripristino delle capacita' di assunzione, le citta' metropolitane e le province delle regioni a statuto ordinario definiscono un piano di riassetto organizzativo finalizzato ad un ottimale esercizio delle funzioni fondamentali previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56”, il
comma apre uno spiraglio per uno nuovo assetto organizzativo finalizzato ad un ottimale esercizio delle funzioni fondamentali attribuiti ex lege, tanto che il comma 845 stabilisce che “A decorrere dall'anno
2018, le province delle regioni a statuto ordinario possono procedere, nel limite della dotazione organica di cui al comma 844 e di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, da destinarsi prioritariamente alle attivita' in materia di viabilita' e di edilizia scolastica, solo se l'importo delle spese complessive di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione, non supera il 20 per cento delle entrate correnti relative ai titoli I, II e III. Per le restanti province, la percentuale
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assunzionale stabilita al periodo precedente e' fissata al 25 per cento…”, ovvero la possibilità di assumere, sempre nei limiti e per i fini
del comma 844, un contingente di personale pari al 100% del personale di ruolo cessato o del 25% del personale di ruolo cessato con priorità però alle funzioni della viabilità e dell’edilizia scolastica.
I commi successivi abrogano i divieti in materia di assunzioni a tempo indeterminato dal 1.1.2015, incluse mobilità, comandi, lavoro flessibile, incarichi di studio e consulenza.
Le amministrazioni provinciali possono avvalersi del lavoro flessibile solo nei limiti del 25% della spesa sostenuta nel 2009 tenendo conto dei rapporti di lavoro a tempo determinato ex articolo 90 e 110, comma 2 del T.U.E.L. ed escludendo i contratti per il personale dirigente ex articolo 110, comma 1 del T.U.E.L.
Il comma 845, comma 315, estende alle città metropolitane la facoltà di assumere personale a tempo indeterminato tenendo conto delle stesse disposizioni stabilite per le province.
A chiusura, l’articolo 1, comma 1148 proroga al 31 dicembre 2018 l’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato vigenti alla data del 31 dicembre 2017 nelle P.A. soggette a limitazione delle assunzioni e proroga al 31 dicembre 2018 dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, nel limite del 25% della spesa sostenuta nell’anno 200916.
Alla luce di queste disposizioni possiamo dire come il Legislatore abbia cercato di dare nuova linfa alle province, attraverso ingenti fondi statali per il pareggio di bilancio (§paragrafo 6.2) e la possibilità di assumere personale, anche se in forma limitata e con priorità alle funzioni fondamentali; scelta se non altro condizionata visto il risultato del
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164 referendum e l’impossibilità di tenere un impianto istituzionale con le province al collasso economico e senza personale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali.
Rimane, infine, da analizzare una questione che ha suscitato negli ultimi anni l’interesse sia della dottrina che della Giurisprudenza contabile: l’inclusione o meno degli incentivi al personale per le funzioni tecniche all’interno della spesa del personale.
La questione è particolarmente delicata soprattutto dopo la Legge di bilancio per il 2018 perché l’inclusione o meno all’interno della spesa del bilancio può incidere sul tetto massimo della spesa al personale o alle risorse destinate al trattamento economico del personale accessorio. La previsione degli incentivi al personale era contenuta all’interno del precedente codice dei contratti pubblici, il D.lgs. 163/2006 agli articoli 92 e 93 “incentivi per la progettazione” e poi confluiti nell’art 113 del nuovo codice dei contratti pubblici, il D.lgs. 50/2016.
Veniamo con ordine.
L’articolo 92, comma 5 stabiliva che “Una somma non superiore al due
per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all'articolo 93, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata… limitatamente alle attività di progettazione, l'incentivo corrisposto al singolo dipendente non può superare l'importo del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo…” mentre l’articolo
93, comma 7 bis, ter e quater stabiliva che “le amministrazioni pubbliche
destinano ad un fondo per la progettazione e l'innovazione risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento degli importi posti a base di gara di un'opera o di un lavoro… L'80 per cento delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l'innovazione è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di
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contrattazione decentrata integrativa del personale” e ancora “Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell'anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l'importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo………Il presente comma non si applica al personale con qualifica dirigenziale”.
In sostanza si prevedeva che le amministrazioni pubbliche, comprese quelli provinciali, tramite previsione nella contrattazione decentrata, potevano destinare un massimo del 2% dell’importo posto a base di gare per opera o un progetto, al dipendente che si era occupato della progettazione, con i limiti di non poter superare lo stipendio annuo lordo dello stesso.
Gli orientamenti della Corte dei Conti avevano escluso gli incentivi alla progettazione dal computo ai fini del rispetto dei tetti di spesa sia in relazione al costo complessivo del personale (art.1, comma 557, della legge n. 296/2006), sia per quanto attiene le risorse destinate al trattamento accessorio del personale (art. 1, comma 236, della legge n. 208/2015, il quale replica, nei contenuti, quanto in precedenza previsto dall’art. 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010).
Tra le deliberazioni più importanti17 della Corte dei Conti, sezione autonomia, possiamo ricordare la n. 16 del 2009 con cui si stabilisce che gli incentivi interni per la progettazione non debbano essere inclusi all’interno della spesa del personale; deliberazione n.34/2016, poco prima dell’emanazione del nuovo codice dei contratti pubblici, con cui viene sostanzialmente riconfermata la struttura del vincolo di spesa in materia di trattamento economico accessorio dell’art.1, comma 236, della legge n. 208/2015, rispetto a quanto già previsto dall’art. 9, comma 2-bis, del decreto legge n. 78/2010.
L’art 113 del D.lgs. 50/2016 modifica e amplia la fattispecie.
17https://www.provinceditalia.it/wpcontent/uploads/docs/contenuti/2018/03/Castaldi %20Cibin%20slides%20Treviso%2019marzo2018.pdf
166 È sempre prevista la necessità che la fattispecie sia prevista da contrattazione integrativa ma l’incentivazione si applica a tutti i contratti pubblici di appalti: lavori, servizi e forniture18.
Le figure incentivabili sono significativamente cambiate. Sulla base delle nuove disposizioni introdotte dal citato D.lgs. n. 50/2016, esse sono individuate nei dipendenti che svolgono le seguenti attività:
1. programmazione della spesa per investimenti,
2. verifica preventiva dei progetti di predisposizione e di controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici, 3. responsabile unico del procedimento,
4. direzione dei lavori ovvero direzione dell'esecuzione e di