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Capitolo II La legge Delrio

UNIONI DI COMUNI, CONVENZIONI E FUSION

3.1 Funzioni fondamentali delle Province

Il caposaldo delle funzioni attribuite alle province è l’art 118 II comma della Costituzione in cui si afferma, nell’ottica del principio di solidarietà, che i Comuni, le Province e le Città Metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge regionale e statale, secondo le rispettive competenze.

L’articolo, nonostante il progetto di riforma costituzionale che nel caso specifico prevedeva la soppressione della parola “province”, continua oggi ad essere il punto di riferimento e di coordinazione delle funzioni provinciali.

Tuttavia, dopo la bocciatura del sistema del 4 dicembre, non dobbiamo pensare di ritornare indietro, non del tutto, ma bisogna andare avanti, cioè di compiere una realizzazione più attuale della disciplina costituzionale e creare una sinergia tra i diversi livelli di governo. Prima di entrare nel merito della riforma si rende alquanto necessario una trattazione sul concetto di funzione propria, più appropriata rispetto al concetto di fondamentale e di come questa sia cambiata nel corso del tempo, a partire dalla prima definizione sistematica individuata dall’articolo 2 comma 4 lettera b) della legge 131/2003, la cd legge La Loggia.

Nell’impianto concettuale di prima attuazione della Costituzione fornito dalla cd. “legge La Loggia” (n. 131 del 2003), le funzioni fondamentali che il Governo avrebbe dovuto individuare in esecuzione della delega ricevuta dal Parlamento dovevano essere funzioni amministrative “connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente,

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soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento, tenuto conto, in via prioritaria, per Comuni e Province, delle funzioni storicamente svolte”.

L’obiettivo di consegnare all’ordinamento un elenco di funzioni fondamentali che rispettassero tali requisiti è stato perseguito diverse volte, sia dall’iniziativa legislativa parlamentare che da quella governativa.

Lo sforzo, tuttavia, non è stato premiato da risultati efficaci almeno fino alla legge 42/2009 e, anche dopo quella riforma, l’elenco delle funzioni fondamentali è rimasto precario e provvisorio, in attesa di una riforma organica del Testo Unico Enti Locali che però non è mai arrivata. Il concetto così come delineato dalla Legge La Loggia non è più utilizzabile per la legge Delrio1, per varie ragioni.

In primo luogo, la definizione di funzione fondamentale secondo la legge 131/2003 era costruita su un insieme di attributi linguistici concatenati che la connotavano in modo molto chiaro: erano perciò “fondamentali” le funzioni naturali e peculiari dell’ente, nonché indefettibili e obbligatorie.

Inoltre, esse potevano essere strumentali oppure finali a seconda della loro utilità alle finalità della macchina amministrativa, ovvero all’erogazione di servizi pubblici verso l’utenza servita.

Infine, per poter essere individuate come tali, le funzioni fondamentali dovevano essere tratte in via prioritaria dalle funzioni proprie, cioè da quelle storicamente svolte dal governo provinciale.

Già a una prima e superficiale lettura, le funzioni oggi individuate come fondamentali delle Province dall’art. 1, commi 85 e 88 della legge 56/2014 non rispettano più tutte le caratteristiche previste dalla legge 131/2003.

La legge 56/2014, infatti, per questo aspetto ha voluto segnare un taglio netta con il passato amministrativo delle Province, e con il principio

79 stesso di uniformità amministrativa invalso fin dalla “legge Rattazzi” del 1859.

Non solo.

Il Legislatore della 56/2014 ha definitivamente abbandonato anche il metodo di classificazione delle funzioni fondamentali che era stata in precedenza utilizzata per raggruppare le funzioni amministrative di competenza delle Province in aggregati omogenei secondo la scala “materie/funzioni/servizi”.2

Come si è detto, le materie dentro le quali si aggregavano le funzioni permettevano una lettura e un’interpretazione omogenea delle attività amministrative tra quelle destinate allo “sviluppo economico e attività produttive”, quelle rivolte al “territorio, ambiente e infrastrutture”, e quelle dedicate ai “servizi alla persona e alla comunità”.

A queste funzioni, contraddistinte dall’essere rivolte direttamente all’utenza esterna, la legge 42/20093 aveva poi aggiunto le funzioni cd. “strumentali” o altrimenti dette “di amministrazione generale, gestione e controllo”, cioè quelle funzioni effettivamente essenziali (nella logica della legge 131/2003) al funzionamento della macchina amministrativa di ciascuna Provincia.

Scendendo più nel dettaglio, quella stessa sistematica di classificazione delle funzioni veniva poi combinata con un altro criterio: si trattava, dei criteri contenuti nelle regole di formazione dei bilanci4, ovvero i criteri di classificazione contabile in “funzioni/servizi” antecedente alla riforma operata con il D.lgs. 118/2011; sistema che permetteva di analizzare ciascuna funzione secondo i dati finanziari di riferimento5.

2 Tecnica legislativa presente già nel D.P.R 616/1977 e confermata dalla legge 59/1997.

3 Legge sul federalismo fiscale; articolo 21, comma 4. 4 D.P.R 194/1996

5 Marco Orlando, Le funzioni fondamentali delle Nuove Province: genesi storica,

contenuti operativi, e questioni interpretative ancora aperte,

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80 Quel sistema di classificazione e interpretazione, che aveva una discreta “ratio” in termini di funzionalità, ha iniziato a essere demolito qualche anno prima della legge 56/2014, per effetto dei diversi interventi legislativi degli ultimi anni, successivi alla legge 42/2009 sul cd. “federalismo fiscale”.

L’evoluzione delle funzioni fondamentali delle Province ha segnato infatti una nuova tappa intermedia con gli interventi legislativi appartenenti alla stagione dal 2011 in poi, che sono stati caratterizzati in via generale dall’esigenza politica primaria di provvedere a un sostanziale svuotamento delle competenze amministrative dirette6, per mantenere in capo agli enti di area vasta un mero potere di coordinamento dell’attività dei Comuni, in vista della loro definitiva soppressione.

Da ultimo abbiamo poi il catalogo introdotto dalla legge 95/20127. Sappiamo che, per quanto riguarda le province (e le città metropolitane), tutto l’impianto del D.L. 95/2012 (tra cui, anche l’elenco di funzioni fondamentali) è stato poi dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 220/2013 della Corte Costituzionale, ma merita comunque di essere ricordato perché segna un passaggio fondamentale nell’analisi delle funzioni.

Non vi era più, infatti, nel D.L. 95/2012 alcun riferimento al d.P.R. 194/1996 e, pertanto, l’interpretazione delle funzioni (in particolare di quelle fondamentali) veniva lasciata priva di qualsiasi riferimento legislativo primario.

Inoltre, nell’elenco di nuove funzioni fondamentali disegnato da quel decreto non vi era più alcun riferimento alle cd. “funzioni strumentali, di amministrazione e controllo.

6 Da vedere in merito la critica di F. Merloni, in merito alla costruzione delle funzioni di area vasta come funzioni di (mero) coordinamento, in “Sul destino delle funzioni di area vasta, nella prospettiva di una riforma costituzionale del Titolo V”,

81 La disciplina voluta dal Governo Monti nel luglio 2012 è però rimasta in vigore soltanto un anno, senza produrre alcun effetto applicativo: poi, la citata sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2013 ha rappresentato il punto definitivo di svolta di un processo durato dieci anni e che nella realtà dei fatti non ha prodotto nulla.

Con la sentenza della Corte Costituzionale ci si trova di fronte ad una forte necessità di non ritornare al passato sul piano delle funzioni fino alle previsioni del TUEL: Di qui anche l’accelerazione che poi ha portato alla approvazione della legge Delrio che tra le altre cose ha fornito un punto di arrivo importante sul piano delle funzioni.

Il risultato delle stagioni di riforme degli ultimi dieci-undici anni è quindi il catalogo previsto dall’art 1, comma 85.

Entrando nel merito della legge Delrio possiamo dire come l’individuazione delle nuove funzioni fondamentali concorre ad esprimere la natura delle province come enti territoriali di area vasta; non è un caso che il comma 85 individui le funzioni fondamentali delle province affermando che esse le esercitano come enti di area vasta E che da ciò discenda non solo il criterio utilizzato dal legislatore per individuare le funzioni fondamentali, ma pure debba derivare quello per il riordino delle restanti funzioni, secondo l’ottica per cui l’area vasta è contemporaneamente ragione e limite dell’esistenza amministrativa delle province8, è confermato dall’accordo tra Stato e Regioni dell’11 settembre 2014, ove espressamente si afferma che «in capo agli enti di area vasta devono essere mantenute unicamente le funzioni coerenti con le finalità proprie di questi enti ai sensi di quanto previsto dal comma 3» dell’art. 1 della legge (§ Capitolo 2).

8 Marco Orlando, Le funzioni fondamentali delle Nuove Province: genesi storica,

contenuti operativi, e questioni interpretative ancora aperte,

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82 Come autorevolmente notato dalla Corte dei Conti, Sezione Autonomie9, le funzioni fondamentali stabilite dalla legge 56/2014 risultano essere dei complessi eterogenei di attività e di compiti amministrativi fra le quali coesistono singole e puntuali attività amministrative, aventi caratteristiche serventi di una o l’altra funzione (come la pianificazione territoriale o le autorizzazioni in materia di trasporto privato o addirittura la costruzione, gestione e regolazione delle strade), insieme a interi “comparti di materie”, cioè aggregati di differenti funzioni amministrative, com’è nel caso della tutela e valorizzazione dell’ambiente, o della assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

Tali ultime non giungono a costituire vere e proprie materie (secondo la tradizionale sistematica di classificazione) ma contengono al proprio interno un numero elevato e poco chiaramente determinabile di funzioni, servizi e attività amministrative.

Il legislatore della 56/2014, nel compiere la coraggiosa scelta verso la discontinuità rispetto alla tradizione, ha quindi prodotto un elenco di funzioni fondamentali che spaziano dal “micro” (i singoli compiti amministrativi, come la costruzione delle strade) al “macro” (quasi tutta la materia dell’ambiente), e ha scelto di dotare ciascuno di questi comparti della qualifica di “funzione fondamentale”, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p) della Costituzione. Questa scelta legislativa pone di nuovo il problema di comprendere quale sia l’ampiezza reale, in termini di compiti operativi, delle nuove funzioni fondamentali10.

E il problema è tanto più stringente, quanto più è visibile nel nuovo catalogo la dichiarata volontà del legislatore di non fornire un criterio

9 Cfr. la Deliberazione della Sezione delle Autonomie, n. 17/SEZAUT/2015/FRG del 30 aprile 2015

10 Marco Orlando, Le funzioni fondamentali delle Nuove Province: genesi storica,

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83 interpretativo univoco, lasciando che operino sul campo delle forze di contrattazione, negoziazione e accordo libere da vincoli vari.

La scelta produce ovviamente delle conseguenze anche sugli altri connotati delle “antiche” funzioni fondamentali, che erano stati definiti dalla legge 131/2003.

Si è ricordato che esse avrebbero dovuto essere non solo tratte in via prioritaria dalle funzioni proprie e tradizionali, ma anche naturali e peculiari dell’ente, nonché indefettibili e obbligatorie.

Ma chi definisce, oggi dopo la legge 56/2014, quali siano le funzioni “naturali” di un ente di area vasta? Chi ne può stabilire l’indefettibilità e l’obbligatorietà11? La risposta dovrebbe essere, naturalmente, che il soggetto competente a fornire queste qualifiche è lo Stato.

Questo non è del tutto vero poiché lo Stato – almeno in un caso, tra quelli contenuti nell’elenco dell’art. 1, comma 85 – ha definito le funzioni fondamentali attraverso una formulazione che lascia la possibilità di un sostanziale ampliamento o diminuzione del suo contenuto.

Ci si riferisce, ovviamente, alle funzioni di “…tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza”.

L’inciso “per gli aspetti di competenza” è infatti una delega in bianco12, rivolta sia al legislatore statale che a quello delle regioni, i quali sono abilitati a regolare (attraverso la rispettiva competenza legislativa) la dimensione reale delle funzioni in materia ambientale.

Sicuramente, non è una questione di regolazione della disciplina della funzione, che è normalmente possibile per effetto del riparto costituzionale di potestà legislativa, per tutte le funzioni amministrative

11 Davide Servetti, Il riordino delle funzioni provinciali nella Legge Delrio e nel primo

anno di attuazione, http://piemonteautonomie.cr.piemonte.it/cms/index.php/il- riordino-delle-funzioni-provinciali-nella-legge-delrio-e-nel-primo-anno-di-attuazione 12Marco Orlando, Le funzioni fondamentali delle Nuove Province: genesi storica,

contenuti operativi, e questioni interpretative ancora aperte,

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84 degli enti locali che rientrano nella competenza concorrente o esclusiva delle Regioni13.

Qui si tratta di qualcosa di diverso, e cioè del potere di regolare l’ampiezza stessa della funzione includendovi o escludendovi singole attività amministrative o loro aggregati funzionali.

E, in ultima analisi, si tratta del potere di determinare anche quanto le funzioni debbano essere, in concreto, naturali, peculiari, indefettibili e obbligatorie per l’ente.

Dunque, almeno in un caso, non è lo Stato a determinare la funzione fondamentale, ma è il combinato disposto dell’azione dei due legislatori. Questo non è l’unico esempio che si può fare per comprendere quanto in effetti la cd. “riforma Delrio” ambisca a innovare.

Nella legge 56/2014 vi è, infatti, anche un’altra specie di funzioni fondamentali, che presenta caratteristiche di ancora maggiore fragilità di fondamento ed elasticità di interpretazione.

Sono le cd. “funzioni esercitabili su intesa” tra le Province e i Comuni, sommariamente elencate nel comma 88.

Anch’esse devono essere qualificate come funzioni fondamentali: se non per altro, sono state infatti date nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lett. p) della Costituzione.

Ma sono funzioni fondamentali che, per stessa loro definizione, non possono essere indefettibili e obbligatorie poiché traggono la loro legittimazione sì da una previsione generale ed astratta, ma anche dalla concreta realizzazione di un accordo, un’intesa, che passa necessariamente dalla discrezione dei due livelli legislativi di governo. Anche in questo caso, ci troviamo dunque in presenza di un evidente segnale di discontinuità rispetto all’impianto concettuale della legge 131/2003: un segnale che, sommato agli altri già citati, deve farci considerare che il compimento del disegno programmatico contenuto

85 nel Titolo V della Costituzione novellata nel 2001, ha seguito la direzione dell’abbandono dei principi e dei criteri di delega forniti dalla sua prima, ormai desueta, legge attuativa.

La legge 56/2014 ha raggiunto lo scopo prefissato dal legislatore costituzionale del 2001, cioè quello di fornire un elenco di funzioni fondamentali delle Province.

Ma il nodo dell’interpretazione rimane ancora aperto.

Nel frattempo, è intervenuta la riforma dell’ordinamento contabile, nota come “armonizzazione14”.

Questa riforma parallela ci permette di leggere di nuovo le nuove funzioni fondamentali secondo il criterio ermeneutico del “bilancio”: un’operazione interpretativa alla quale le Province erano già ben abituate fino a tutta la legge 42/2009.

Ora si tratta quindi di combinare l’elenco di funzioni fondamentali contenuto nell’art. 1, commi 85, 86 e 88 della legge 56/2014 con la nuova classificazione delle spese per “missioni/programmi”. L’operazione pare portare i propri risultati e con essa si ottiene pertanto un quadro di riferimento interpretativo sufficientemente chiaro e stabile. Ne è conferma il fatto che tale criterio è diventato il più importante per racchiudere, in un numero limitato, le funzioni tra fondamentali e non fondamentali, ai fini del riordino di queste ultime.

Le “tabelle di mappatura15” che sono scaturite dal processo attuativo dell’Accordo Stato-Regioni del 11/9/2014 e dal correlato d.P.C.M 26/9/2014 (GU Serie Generale n.263 del 12-11-2014) ne sono la più grande prova, poiché esse sono l’unico parametro di riferimento che – in questi mesi – viene utilizzato nel confronto in atto tra Stato, Regioni e Autonomie Locali all’interno dell’Osservatorio Nazionale sull’attuazione della 56/2014, così come negli omologhi Osservatori

14 Marco Orlando, Le funzioni fondamentali delle Nuove Province: genesi storica,

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86 regionali, che stanno lavorando sul territorio al riordino delle funzioni non fondamentali.

Le voci presenti nelle tabelle sono 24 e rispecchiano l’articolazione in “missioni” e “programmi” di tutte le funzioni amministrative attualmente gestite dagli enti di area vasta:

1 - Istituti di istruzione secondaria

2 - Istituti gestiti direttamente dalla Provincia

3 - Formazione professionale ed altri servizi inerenti all’istruzione 4 - Biblioteche, musei e pinacoteche

5 - Valorizzazione di beni di interesse storico, artistico e altre attività culturali

6 - Turismo

7 - Sport e tempo libero 8- Trasporti pubblici locali 9 - Viabilità

10 - Urbanistica e programmazione territoriale 11 - Difesa del suolo

12 - Servizi di tutela e valorizzazione ambientale

13 - Organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale 14 - Rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore

15 - Caccia e pesca nelle acque interne

16 - Parchi naturali, protezione naturalistica e forestazione 17 - Tutela e valorizzazione risorse idriche ed energetiche 18 - Servizi di protezione civile

19 - Sanità

20 - Assistenza infanzia, handicappati e altri servizi sociali 21 - Agricoltura

22 - Industria, commercio e artigianato 23 - Mercato del lavoro

87 24 - Funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo16. Questa mappatura costituisce un punto di partenza molto importane ma non è sicuramente definitivo.

Quello che si può dire per certo è che l’ampiezza o meno delle funzioni fondamentali dipende anche dalla definizione delle funzioni non fondamentali i cui confini devono essere stabiliti dalle regioni in virtù del loro potere legislativo concorrente o esclusivo.

C’è quindi da aspettarsi un esito del processo di riordino sostanzialmente differenziato da Regione a Regione (§ capitolo 4), non soltanto per ciò che concerne l’eventuale riaccentramento delle funzioni o – viceversa - il mantenimento di assetti amministrativi decentrati presso gli enti locali.

C’è da aspettarsi anche un esito differenziato in ordine al contenuto operativo delle diverse funzioni, laddove – ad esempio – una funzione come la “tutela della flora e della fauna” in alcune regioni viene clusterizzata all’interno della materia “ambiente” e, in altre, all’interno della materia “agricoltura”.

Prima di passare ad esaminare le disposizioni della legge che riguardano le “altre” funzioni, occorre riferire brevemente sulle funzioni fondamentali delle province montane di cui al comma 3, secondo periodo.

Tra le novità della riforma è annoverabile anche l’istituzione di questa nuova “specie” del “genere provincia”, la quale si caratterizza essenzialmente sotto tre profili: la situazione geografica (o, meglio, geografico-amministrativa), che costituisce la condizione di accesso a questo status e i due conseguenti elementi di “specialità” costituiti dalla titolarità di un ulteriore gruppo di funzioni fondamentali e dalla possibilità di un’articolazione territoriale interna in zone omogenee dotate di competenze e organismi particolari17.

16 Cfr. L. 56/2014

88 Nonostante questo genere di nuove province sia in minoranza ne è importante lo studio sia per la rilevanza concreta nei territori di competenza sia nei confronti del riordino delle funzioni ordinarie e sui modelli di autonomia noti nel nostro ordinamento.

Può notarsi fin da subito l’ampiezza dei titoli di competenza riconosciuti quali funzioni fondamentali alle province montane.

“Cura dello sviluppo strategico del territorio”, “gestione dei servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo” e cura delle relazioni con gli enti territoriali, nazionali e stranieri con analoghe caratteristiche montane, anche a mezzo di accordi e convenzioni, rappresentano competenze che per certi profili potrebbero considerarsi inaccessibili alle stesse Regioni ordinarie.

L’indeterminatezza di tali formule, peraltro, potrebbe dar adito a qualche problema interpretativo, in particolare circa i rapporti tra questi enti, la propria Regione e i propri comuni che la titolarità di siffatte funzioni andrà a riconfigurare, nonché circa i limiti ai poteri provinciali nell’ambito delle relazioni esterne ai confini nazionali.

Sempre in ambito di funzioni fondamentali merita un approfondimento la funzione di pianificazione territoriale

La L 56/2014 conferma la competenza della provincia sull’area vasta ed include tra le funzioni fondamentali la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento.

Tuttavia, la diversa configurazione degli organi dell’ente intermedio, che non sono più ad elezione diretta, comporterà lo spostamento del baricentro decisionale sugli aspetti sovracomunali.

Fino ad oggi tali aspetti sono stati trattati in più strumenti di pianificazione (PTC dei parchi, piani di settore, alcuni piani associati, piani delle comunità montane, ecc), anche se il centro di coordinamento, lo snodo tra pianificazione territoriale e di settore ai diversi livelli, era collocato nel PTCP. Questo prevedono in generale le normative sul

89 governo del territorio di quasi tutte le regioni, anche se con modalità e finalità molto differenziate.

La pianificazione provinciale continua dopo la L 56/2014 ad avere un ruolo importante, ma con la nuova configurazione degli organi provinciali le decisioni sugli aspetti di area vasta si sposteranno e si andranno presumibilmente a ricollocare in una posizione intermedia tra