Il movimento di pensiero neoliberale nell’era della pia nificazione
2.2. La pianificazione statale fra le due guerre
2.2.3. I casi di Italia e Germania
Per quanto riguarda l’Italia fascista, la pianificazione economica si concre- tizzò attraverso l’adozione, a partire soprattutto dal 1925, di misure prote- zionistiche,90 e in seguito alla crisi del ’29, attraverso due direttrici fonda-
88Cfr. ivi, p.361.
89 Nella prima fase dovevano essere sviluppati i settori di base necessari per la diffusione
dell’industrializzazione nella seconda fase. Tali settori erano quello minerario, quello energeti- co, la siderurgia e la meccanica pesante (macchine utensili, materiale ferroviario, automezzi, at- trezzatura per centrali elettriche, armamenti). La prima fase dell’industrializzazione comincia alla fine degli anni venti (dopo che, nel 1926, erano stati raggiunti i livelli produttivi dell’industria del 1913) e termina con la ricostruzione postbellica nella seconda metà degli anni quaranta. La seconda fase comprende gli anni cinquanta e sessanta: essa ha dimostrato ancora l’efficacia del sistema economico sovietico e della sua politica di sviluppo, ma ha cominciato a rivelare i loro limiti e le loro debolezze. Infine, la terza fase, ossia quella della modernizzazione dell’industria fondata sul progresso tecnico è quella nella quale il sistema economico dell’Urss non è mai riuscita a entrare. Tale fallimento ha provocato la crisi degli anni settanta e ottanta, e infine il crollo del sistema economico sovietico alla fine degli anni novanta. Cfr. Castronovo V. (a cura di) (2000), op.cit., pp. 362-382.
90Nei suoi primi anni di governo (1922-25) il fascismo adottò una linea liberista e “produttivi-
sta”, volta cioè a rilanciare la produzione incoraggiando l’iniziativa privata e allentando i con- trolli statali. Con l’estate del 1925, la politica economica del governo subì una brusca svolta: il ministro delle Finanze De Stefani fu sostituito da Giuseppe Volpi, che inaugurò una politica fondata sul protezionismo, sulla deflazione, sulla stabilizzazione monetaria e su un più accen- tuato intervento statale nell’economia. Primo importante provvedimento in questo senso fu, nel ’25, l’inasprimento del dazio sui cereali. Lo scopo di questo provvedimento era il raggiungi-
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mentali: lo sviluppo dei lavori pubblici come strumento per rilanciare la produzione e attutire le tensioni sociali (e qui si può notare una certa analo- gia con le politiche messe in atto sia negli Stati Uniti di Roosevelt, sia nella Germania di Hitler); l’intervento, diretto o indiretto, dello Stato a sostegno dei settori in crisi. La politica dei lavori pubblici ebbe il suo maggiore svi- luppo nella prima metà degli anni ’30: furono realizzate nuove strade e nuovi tronchi ferroviari, costruiti nuovi edifici pubblici, fu varato il “risa- namento” del centro storico della capitale, e soprattutto fu avviato un gi- gantesco programma di bonifica integrale che avrebbe dovuto portare al recupero e alla valorizzazione delle terre incolte o mal coltivate.91
Per quanto riguarda l’intervento dello Stato a sostegno dei settori in crisi, il governo intervenne dapprima (1931) creando un istituto di credito pubblico (L’Ismi, Istituto mobiliare italiano) col compito di sostituire le banche nel sostegno alle industrie in crisi, e dando vita nel 1933 all’Istituto per la rico- struzione industriale (Iri), dotato di competenze eccezionalmente ampie.92
mento dell’autosufficienza nel settore dei cereali, sia attraverso l’aumento della superficie colti- vata di grano, sia attraverso l’impiego di tecniche più avanzate. Cfr. Sabbatucci G., Vidotto V.,
op. cit., pp. 149-151.
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Cfr. ivi pp. 151-153.
Il progetto di bonifica integrale, ostacolato sia dalle difficoltà della finanza pubblica, sia dalla resistenze dei grandi proprietari, fu attuato solo parzialmente. Fu però portata al termine, nel gi- ro di soli tre anni (dal ’31 al ’34), la sua parte più impegnativa e spettacolare: la bonifica dell’Agro Pontino, un vasto territorio paludoso e malarico a sud della capitale. Nel complesso furono recuperati alle colture circa 60.000 ettari (p.152).
92Cfr. Ibidem
Valendosi di fondi forniti in gran parte dallo Stato, l’Iri divenne azionista di maggioranza delle banche in crisi e ne rilevò le partecipazioni industriali, acquistando così il controllo di alcune fra le maggiori imprese italiane (fra le altre l’Ansaldo, l’Ilva e la Terni). Nei progetti originari, il compito dell’Istituto sarebbe dovuto essere transitorio, limitandosi al risanamento delle imprese
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Altresì, in seguito alla vittoriosa campagna contro l’Etiopia del 1935, la po- litica economica fascista venne sempre più ispirata da motivi di prestigio nazionale e condizionata dal peso delle spese militari e così, alla fine del ’35, Mussolini decise di rilanciare e intensificare la politica dell’autarchia, consistente nella ricerca di una sempre maggiore autosufficienza economi- ca, soprattutto nel campo dei prodotti e delle materie prime indispensabili in caso di guerra.93
La conquista del potere da parte di Hitler avvenne oltre un decennio dopo quella di Mussolini (1933); in compenso, il Partito nazista tedesco era atti- vo già dall’inizio degli anni ’20, e soffiava sul fuoco sia dello spirito nazio- nalistico offeso dalle esigenze dei vincitori, sia dal disordine economico le- gato all’iperinflazione.94
La dittatura nazista si instaurò nel 1933, e la piani- ficazione economica in questo caso si concretizzò attraverso la implemen- tazione di due obiettivi: la lotta contro la disoccupazione e la creazione di un’economia di guerra.95
Per quanto concerne l’implementazione del primo obiettivo, Hitler elaborò un piano quadriennale costituito da tre serie di mi-
in crisi, in vista di una loro “riprivatizzazione”. Accadde invece che quest’ultima risultò impra- ticabile e così l’Iri diventò, nel 1937, un ente permanente (p.153).
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Cfr. ivi, pp. 160-162.
Nel concreto, l’autarchia si tradusse in una ulteriore stretta protezionistica, in un più intenso sfruttamento del sottosuolo e in un incoraggiamento alla ricerca applicata, soprattutto nel campo delle fibre e dei combustibili sintetici. Molte industrie (chimiche, metallurgiche, meccaniche e minerarie) trassero dall’autarchia cospicui vantaggi. Tuttavia, i risultati finali dell’autarchia non furono brillanti. L’autosufficienza rimase un traguardo irraggiungibile, nonostante il progresso in alcuni settori. L’indice della produzione industriale crebbe, ma piuttosto lentamente. Crebbe- ro anche i prezzi, e ciò comportò un peggioramento nei livelli di vita delle classi popolari (p.160).
94Cfr. Collotti E. (1962), La Germania nazista, dalla repubblica di Weimar al crollo del Reich
Hitleriano, Giulio Einaudi Editore, Torino, pp. 9-33.
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sure. Primo: programma di lavori pubblici sulla falsariga di quello del fa- scismo italiano. Secondo: sussidi al settore privato per la costruzione di abitazioni. Terzo: misure di spartizione del lavoro.96 Tra il giugno 1932 e il dicembre 1934, la disoccupazione si riduce di oltre la metà, passando da 5,5 a 2,5 milioni di persone.97
La creazione di un’economia di guerra avviene nell’ambito di un piano quadriennale varato nell’ottobre 1936. Lo scopo primario era l’accresci- mento delle risorse da destinare al riarmo, in modo da rendere la Germania indipendente dalle risorse straniere. L’economia venne suddivisa in sei set- tori, e a capo di ciascuno di essi venne posto in pratica un ufficiale dell’e- sercito. Le suddette misure portarono a una crescita economica rapida: nel 1937 il PIL aumentò dell’11% e nel 1938 di un ulteriore 10%.98 Le spese militari crebbero costantemente, e nel 1938 assorbivano ben il 28% della spesa pubblica.99 Grazie anche al colossale programma di riarmo, che nel 1939 porterà all’inizio della Seconda guerra mondiale, lo Stato tedesco fu
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Cfr. ivi, p.978.
Le misure per la spartizione del lavoro erano molto numerose, e andavano dalla riduzione della durata dell’orario di lavoro, alla mobilitazione dei giovani per il servizio del lavoro, passando per il divieto, in pratica, di più di uno stipendio per nucleo familiare, la concessione di buoni al- le donne sposate che non lavoravano, le esenzioni fiscali per le collaboratrici domestiche.
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Cfr. ivi, p.979.
98Cfr. Ibidem
Da buon indicatore del programma di armamenti, la produzione di acciaio, già in forte crescita dal 1933, nel 1937 compie un del 14% e raggiunge i 23 milioni di tonnellate, che corrispondono alla produzione complessiva di Regno Unito, Francia e Belgio.
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in grado di assorbire la disoccupazione, che nel 1938 raggiunge il minimo storico dell’1% della popolazione attiva.100