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Il Regno Unito della Thatcher

Nel documento Il neoliberalismo. Per una storicizzazione. (pagine 101-113)

Il neoliberalismo in pratica

3.3. Il Regno Unito della Thatcher

Margaret Thatcher giunse al potere nel maggio 1979 in un’atmosfera di malcontento diffuso. Il Regno Unito era emerso dalla Seconda guerra mon- diale vittorioso ma esausto, vicino la bancarotta e pesantemente indebitato con gli Stati Uniti. Il Governo laburista, insediatosi subito dopo la fine del- la guerra, aveva abbracciato, come molti altri Stati in Europa, il compro- messo keynesiano caratterizzato, da una parte, dall’adozione da parte dello

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Stato dell’obiettivo della piena occupazione in politica economica, dall’altra dall’impegno nell’implementazione del Piano Beveridge. Altresì, il ruolo dello Stato nell’economia e nella società si era accresciuto note- volmente anche grazie all’implementazione di ampie nazionalizzazioni (come si è già visto) e programmi di edilizia pubblica. Tra gli anni cinquan- ta e gli anni sessanta il paese aveva partecipato del generale benessere eco- nomico europeo, pur crescendo meno rispetto alla media degli altri paesi,195 ma negli anni settanta la situazione economica peggiorò sotto vari aspetti: rispetto agli anni sessanta, il tasso di disoccupazione passò dal 2 al 4% (toccando il 7% nel 1979), l’inflazione dal 3,5 al 12,6% e la crescita del Pil dal 3,3 al 2,3%.196 In un contesto di tale crisi, l’intero compromesso keyne- siano del secondo dopoguerra venne messo sotto attacco, spianando la stra- da alla rivoluzione neoliberale che la Thatcher inaugurò a partire dal 1979.197

Il neoliberalismo thatcheriano fu caratterizzato sin dall’inizio da due ele- menti fondamentali: il monetarismo e la supply-side economics (politica dal lato dell’offerta). In base al primo elemento, compito economico primario del governo diveniva il garantire il valore della moneta (ossia, la stabilità

195Il PIL reale pro-capite crebbe in media del 2,5% contro una media europea del 4,0%. Cfr. Ei-

chengreen, op. cit., p.20.

196Cfr. Magazzino C. (2010), La politica economica di Margaret Thatcher, Franco Angeli, Mi-

lano, p.20.

197Sul legame tra crisi economica degli anni settanta e crisi del compromesso keynesiano in Re-

gno Unito vedi Jackson M.P, “Thatcherism and the public sector”, Industrial Relations Journal 45:3, May 2014, pp. 266-280 (in particolare pp. 266-270); Gamble A., “Privatization, Thatche- rism, and the British State”, Journal of Law and Society, Vol. 16, No. 1, Spring 1988, pp. 1-20 (in particolare pp. 1-3).

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del suo potere d’acquisto), attraverso il rigido controllo dell’offerta di quest’ultima, che la Thatcher attuò soprattutto tramite lo strumento dei tassi d’interesse. Per quanto riguarda invece la supply-side economics, essa può essere intesa, in generale, come una scuola di pensiero la quale favorisce gli interventi del governo sul lato dell’offerta, sostenendo che la crescita economica può essere prodotta in modo efficace attraverso un insieme di azioni, da parte dello Stato, le quali mirino a rimuovere le barriere che im- pediscono agli individui e alle imprese private (che costituiscono l’offerta, per l’appunto) di produrre beni e servizi e di investire i loro capitali.198

Nel concreto, le politiche della supply-side coincisero con un insieme di provvedimenti con i quali la Thatcher applicò politiche “improntate al rigo- re”, razionando la spesa pubblica; inoltre ridimensionò i poteri delle Trade Unions; favorì la flessibilità del mercato del lavoro e la mobilità degli input di produzione (abolizione dei controlli su prezzi, cambi e dividendi); priva-

198 Un rilevante aspetto della supply-side economics è costituito dall’importanza attribuita al

mantenimento di un basso livello di tassazione (soprattutto per quanto riguarda le imposte diret- te), in quanto considerato, quest’ultimo, un importante elemento di stimolo della crescita eco- nomica. Una bassa pressione fiscale farebbe aumentare infatti gli incentivi al settore privato (e diminuirebbe l’intromissione dello Stato nella sfera privata individuale), i quali si tradurrebbero in un incremento del tasso d’impiego, della produttività e del livello complessivo dell’output per dati prezzi. La domanda, e quindi i consumi, sarebbero trascinati verso l’alto a seguito della cre- scita della produzione. Alla base di questo modello teorico vi è la concezione secondo cui l’individuo sarebbe condizionato negativamente dalla pressione fiscale nel calcolo razionale che guida le sue scelte economiche. Ossia, un livello di tassazione troppo elevato diventerebbe un freno all’investimento privato, perché ne abbasserebbe le prospettive di profitto futuro. L’obiettivo di politica economica che deriva dalla struttura teorica proposta dalla supply-side

economics sarebbe quindi quello di far aumentare, attraverso una diminuzione delle tasse,

l’offerta di lavoro (che porterebbe a incrementare la produzione, dunque l’occupazione, dunque in ultimo la domanda aggregata) e di innalzare il livello degli investimenti privati. Cfr.

http://www.laffercenter.com/supply-side-economics/ e

http://www.treccani.it/enciclopedia/supply-side-economics_%28Dizionario-di-Economia-e- Finanza%29/

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tizzò un’ampia gamma di imprese pubbliche; attuò politiche di deregula- tion e semplificazione burocratica; favorì un generale arretramento dell’intervento pubblico in materia di politica industriale.199

Come sottolinea Gamble A., le politiche neoliberali applicate dalla That- cher vanno inserite all’interno di una visione della società più complessa, caratterizzata dalla creazione di una free economy and a strong State: si tratta, in poche parole, dell’idea che affinché un’economia possa essere realmente libera e fondata sul principio di concorrenza, è necessario che vi sia uno Stato forte, che non si pieghi agli interessi dei gruppi organizzati (nel caso della Thatcher l’esempio più lampante è costituito dalla rigidità nei confronti delle richieste delle Trade Unions), e che fondi la sua azione sulla creazione delle leggi e delle istituzioni che permettano ai mercati di autodeterminarsi, limitando al minimo le interferenze esterne. Il raggiun- gimento della stabilità monetaria e le politiche dalla parte dell’offerta an- davano in questa direzione.200 Altresì, il monetarismo e la supply side eco- nomics erano due elementi considerati tra loro interdipendenti. Infatti, co- me ebbe a dire nel 1981 Geoffrey Howe, allora Cancelliere dello Scacchie- re nel primo governo Thatcher

Il fine ultimo deve essere il ritorno dell’economia britannica alla crescita e alla pro- sperità: la sconfitta dell’inflazione è una condizione cruciale per tutto ciò. L’altra è il

199Cfr. Bissel P., Richardson J., Seyd P., Whiteley F.P. “Thatcherism and the conservative par-

ty”, Political Studies, Vol.42, Issue 2, pp. 185-203, 1994. Vedi in particolare p. 195.

105 miglioramento della performance dell’economia, tramite una maggiore flessibilità e adattabilità al cambiamento tecnologico e agli sviluppi delle condizioni dei mercati. En- trambi gli obiettivi sono vitali.201

E ancora, in un discorso del 1988

Abbiamo sempre chiaramente affermato che lo scopo centrale della politica macroeco- nomica sia quello di portare l’inflazione sotto controllo e farla diminuire, e che sia com- pito della restante politica economica, quella microeconomica dal lato dell’offerta, di rendere più competitiva l’economia.202

La Thatcher governò in Inghilterra per ben tre legislature (1979-1983; 1983-1987; 1987-1990). Nei primi quattro anni di governo, la politica eco- nomica si concentrò principalmente sulla lotta all’inflazione attraverso l’approccio monetarista: i tassi d’interesse furono elevati (così da disincen- tivare la domanda di moneta), e allo stesso tempo si operò una riduzione moderata dell’obiettivo di crescita dell’offerta di moneta, da un’oscillazione annua compresa nella forchetta dell’8-12%, a una compresa tra il 7-11%.203 Dalla parte della supply-side, sin dal 1979 si attuò la libera- lizzazione finanziaria, attraverso l’abolizione dei controlli valutari (ossia delle restrizioni legali sulla quantità di valuta straniera che i cittadini bri- tannici potevano acquistare), e di quelli sui salari, sui prezzi e sui dividendi. In più, l’aliquota massima dell’imposta personale sul reddito venne ridotta

201Cfr. Magazzino C., op. cit., p. 63. 202Cfr. ivi, p. 61.

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dall’83 al 60%, ma vennero aumentate le imposte indirette.204

Sebbene l’inflazione fu sensibilmente ridotta (dal 22% del 1980 a poco meno del 5% nel 1983), le politiche monetarie restrittive e i tagli di spesa depressero la domanda aggregata: la disoccupazione schizzò così alle stelle (3,3 milioni di persone nel 1983), e l’economia andò in recessione tra il 1980 e il 1981.205 Considerati i risultati economici tutt’altro che positivi, è plausibile affermare che a salvare la Thatcher da una sconfitta pressoché certa alle nuove elezioni politiche fu la sua abilità nella vicenda delle Falkland Islands (1982): grazie a questa vicenda, la Lady di ferro vide risalire in ma- niera insperata la propria popolarità tra l’opinione pubblica britannica, e, secondo il giornalista Simon Jenkins, l’operazione valse nell’immediato almeno un 10% dell’aumento dei consensi nei confronti dei tory.206

Con la vittoria alle elezioni del 1983, iniziò così il secondo mandato della That- cher, che verrà rinnovato per una terza e ultima volta nel 1987. Il secondo e il terzo mandato furono improntati ancora sulla lotta all’inflazione, ma so- prattutto sull’accelerazione della politica della supply-side, incentrata su due obiettivi: l’innalzamento di produttività del sistema economico attra-

204

Cfr. http://www.margaretthatcher.org/essential/biography.asp#ess78-83 e Magazzino C.,

op.cit., pp. 74-76.

205Cfr. “The Thatcher years in statistics”, 9 Apr.2013, in

http://www.bbc.com/news/uk-politics- 22070491

206 Cfr. Jenkins S., “How Margaret Thatcher’s Falklands gamble paid off”, 9 Apr.2013, in

http://www.theguardian.com/politics/2013/apr/09/margaret-thatcher-falklands-gamble

Sull’importanza fondamentale della vittoria nelle Falklands per la rielezione della Thatcher vedi anche l’articolo della BBC “1983: Thatcher triumphs again”, in

http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/vote_2005/basics/4393313.stm ; vedi altresì “Mar- garet Thatcher obituary: War on the Left and in the Falklands: re-election”, 8 Apr.2013, in

http://www.telegraph.co.uk/news/politics/margaret-thatcher/8094153/Margaret-Thatcher- obituary-War-on-the-Left-and-in-the-Falklands-re-election.html

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verso l’incentivazione dell’iniziativa privata, e la progressiva riduzione del livello di imposizione fiscale. Per quanto concerne il secondo punto, l’aliquota base dell’imposta sui redditi fu portata dal 33% (nel 1978) al 27% (nel 1987), mentre l’aliquota massima, già ridotta al 60% nel 1979, fu portata al 40% nel 1988.207 Per quanto concerne, poi, l’incentivazione del settore privato, un impatto enorme ebbe lo smantellamento dell’impresa pubblica attraverso le privatizzazioni: nel giro di sei anni (1981-1987) fu- rono privatizzate, tra le altre, la British Telecom, la British Gas, la British Petroleum, la Britoil, la British Airways, la Jaguar, la Rover, la Rolls- Royce e la British Steel. Attraverso le privatizzazioni, soltanto con quelle intraprese tra il 1984 e il 1987, nelle casse dello Stato affluirono oltre cin- que miliardi di sterline. Un altro risultato fu quello di ridurre di oltre la me- tà la quota delle aziende pubbliche nell’economia nazionale, e di diminuire il numero degli occupati del settore pubblico da otto a tre milioni di uni- tà.208 Un ulteriore passo nel cammino delle privatizzazioni fu altresì la ven- dita agli inquilini, a prezzi agevolati, di 1,25 milioni di immobili di proprie- tà dei comuni, cominciata già nel 1979, e che determinò anch’essa un rile- vante afflusso di entrate nelle casse pubbliche.209

207Cfr. Magazzino C., op.cit., p.89.

208Cfr. Senker P., “Ten years of Thatcherism: triumph of ideology over economics”, The Politi-

cal Quarterly, Vol.60, Issue 2, Apr.1989, pp. 179-189 (in particolare pp. 187-188); Gamble A., art. cit., pp. 7-13; Magazzino C., op. cit., pp. 98-99.

209Cfr. Reitan A.E.(2003), The Thatcher revolution.Margaret Thatcher, John Major, Tony Blair

and the transformation of modern Britain 1979-2001, Rowman & Littlefield Publishers, Ox-

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Fra il 1984 e il 1985 la Thatcher consolidò la propria autorità piegando le resistenze dei sindacati, che fino ad allora avevano avuto in Gran Bretagna un grandissimo peso politico, e la cui influenza, in seguito allo scontro con la Lady di ferro, fu notevolmente ridimensionata: nel marzo 1984 il Natio- nal Coal Board (l’agenzia governativa che controllava l’industria del car- bone) annunciò l’intenzione di tagliare pesantemente i sussidi al settore carbonifero, con conseguente perdita del posto di lavoro per migliaia di minatori. Come risposta, la National Union of Mineworkers (NUM), il po- tente sindacato dei minatori guidato da Arthur Scargill, proclamò uno scio- pero su scala nazionale che durò quasi un anno, coinvolgendo decine di migliaia di lavoratori, e che portò anche a numerosi scontri violenti tra i manifestanti e la polizia. Nonostante l’imponenza dello scontro, il governo non indietreggiò di un solo millimetro rispetto alle sue posizioni iniziali, e così, il 3 marzo 1985, il NUM decise, previa votazione, di porre fine allo sciopero, accettando gli ingenti esuberi che si sarebbero concretizzati in se- guito ai tagli che sarebbero stati effettuati.210 Il sindacato uscì fortemente indebolito dallo scontro, mentre la Thatcher poté continuare a implementa- re il proprio programma neoliberale: in seguito allo sciopero vengono ina- sprite le leggi in materia sindacale,211 e nel 1986 vengono deregolamentati i

210 Per approfondimenti sugli scioperi del 1984-85, vedi Winterton J., Winterton R. (1989),

Coal, crisis and conflict: the 1984-85 miners’ strike in Yorkshire, Manchester University Press,

Manchester.

211Per legge si dichiarò lo sciopero illegale, qualora non fosse stato precedentemente approvato

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mercati finanziari attraverso la cosiddetta Big Bang Reform.212 In più, tra il 1988 e il 1989 i tassi d’interesse raddoppiarono dal 7,5 al 15% (al fine sempre di contenere l’inflazione), e nel 1988 la Thatcher introdusse la con- troversa poll tax (o flat tax), tra l’altro già caldeggiata da Milton Friedman nella sua opera Capitalism and freedom. In sostanza, si trattava di una im- posta patrimoniale calcolata in base alla popolazione e non al reddito, uguale per tutti i cittadini del Regno Unito: per uguali livelli di servizi pub- blici comunali, si faceva pagare la stessa cifra a tutti i percettori di redditi, indipendentemente dall’ammontare di questi ultimi.213

Introdotta in Scozia nel 1989, e in Inghilterra e in Galles nel 1990, la poll tax si rivelò estrema- mente impopolare, e anche vari esponenti tories espressero perplessità sull’opportunità di mantenerla in vigore.214

Il 31 marzo del 1990 una mani- festazione al centro di Londra contro la misura della Thatcher, a cui parte- cipano circa 100.000 persone, degenera in violenza: il risultato fu di 113 feriti (tra cui 45 poliziotti) e 340 arresti.215 Nonostante ciò, anche in questo

tazione a scrutinio segreto. In aggiunta, i capi sindacali avrebbero dovuto rispondere in sede ci- vile dei danni provocati dalle agitazioni risultate non conformi alle regole. Per effetto di tali ri- forme in materia di lavoro e sindacale, nel corso degli anni ottanta i sindacati persero il potere di limitare l’entrata a nuovi lavoratori (ossia, di restringere l’offerta di lavoro sul mercato) nei set- tori da essi controllati, determinando, in ultima analisi, una diminuzione dei differenziali salaria- li tra lavoratori sindacalizzati e non. Cfr. Magazzino C., op. cit., p.104.

212Cfr. Moran M., “Thatcherism and financial regulation”, The Political Quarterly, Vol.59, Is-

sue 1, Jan.1988, pp. 20-27.

213

Cfr. Magazzino C., op. cit.,pp. 123-124.

214Tra gli oppositori all’interno del Partito Conservatore, vi erano Michael Heseltine, ex Mini-

stro dello Sviluppo Economico, e l’ex Cancelliere dello Scacchiere Nigel Lawson.

Cfr. Filo della Torre P. “La Thatcher insiste: la Poll Tax non si tocca”, 29 Apr.1990, su

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/04/29/la-thatcher-insiste-la- poll.html

215Cfr. “1990: violence flares in poll tax demonstration”,

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caso, il Primo ministro non appariva minimamente incline a modificare (e men che meno a ritirare) la nuova imposta. Tuttavia, la sua popolarità e la sua stessa autorità all’interno del Partito erano ormai irrimediabilmente compromesse: in aprile, i sondaggi davano ai laburisti un vantaggio sui conservatori di oltre il 20%,216 e il primo novembre Geoffrey Howe, allora Vice-Primo ministro e ultimo membro ancora in carica della squadra di go- verno del 1979, rassegna le dimissioni poiché in contrasto con le politiche euroscettiche del Primo ministro.217 Ormai isolata all’interno del suo parti- to, e con la sua autorità messa ulteriormente in discussione dalla vittoria ri- sicata, al primo turno, contro Michael Heseltine per l’elezione del rinnovo della leadership del Partito conservatore, Margaret Thatcher decide di di- mettersi il 22 novembre, dopo 11 anni alla guida del governo.218

Per quanto concerne i risultati economici ottenuti dalla Thatcher, prendia- mo anzitutto in considerazione tre indicatori fondamentali: la crescita del PIL, l’inflazione e il tasso di disoccupazione. Nell’arco degli ultimi due Governi laburisti (Harold Wilson 1974-76; James Callaghan 1976-1979) prima dell’avvento della Thatcher, il PIL aveva avuto una crescita media

216

Cfr.http://www.bbc.co.uk/news/special/politics97/background/pastelec/ge92lab.shtml

217Cfr. “Howe resigns over Europe policy”,

http://news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/november/1/newsid_2513000/2513953.stm

Come sottolinea Magazzino C., la Thatcher, oltre a essere accanitamente contro l’ipotesi dell’adozione, da parte del Regno Unito, di una moneta unica europea, era altresì contraria all’entrata della sterlina nel Sistema Monetario Europeo. Cfr. Magazzino C., op. cit., pp. 126- 127.

218Cfr. Parry T. “Margaret Thatcher 1925-2013. The poll tax disaster and the Prime Minister’s

downfall”, 9 Apr 2013, http://www.mirror.co.uk/news/uk-news/margaret-thatcher-dead-poll- tax-1820775

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del 2,1%, l’inflazione si era mantenuta in media sul 15,6% e il tasso di di- soccupazione era al 4,8%.219 Nell’arco dei tre Governi Thatcher, la crescita economica non ha registrato miglioramenti rispetto ai due governi prece- denti, mantenendosi in media tra il 2 e il 2,2%;220 la disoccupazione, inve- ce, è aumentata, mantenendosi per gran parte degli anni ottanta oltre il 10%, e assestandosi intorno al 7% nel 1990.221 Un successo raggiunto dalla Thatcher è costituito indubbiamente dalla lotta all’inflazione: dal 22% del 1979, fu portata nel 1982 a meno del 5%, e da lì restò più o meno stabile per poi risalire fino al 10% nel 1990.222 Altri risultati positivi sono legati, altresì, alla diminuzione del debito pubblico, della pressione fiscale nel suo complesso, delle imposte dirette e indirette.223 La spesa pubblica, che nel 1979 costituiva il 45% del PIL, aumentò fino a oltre il 47% tra il 1980 e il 1985, per poi diminuire fino al 39% entro il 1990.224 Ingenti risparmi di spesa vennero dalle privatizzazioni (compresa la vendita agli immobili pubblici agli inquilini) e dal taglio agli impieghi pubblici.225 Riguardo ai

219

Cfr. Jackson M.P., art. cit.,p. 269.

220

Cfr. Magazzino C., op. cit., p. 133 e Trumpbour J., “Margaret Thatcher, the Thatcherite intel- lectuals and the fate of Keynes”, Industrial Relations Journal, Vol. 45, Issue 3, May 2014, pp. 250-265 (in particolare p. 256).

221Cfr. Matthews D., “A look back at Margaret Thatcher’s economic record”, 8 Apr.2013, in

http://www.washingtonpost.com/blogs/wonkblog/wp/2013/04/08/a-look-back-at-margaret- thatchers-economic-record/

222Cfr. Ibid. 223

Come sottolinea Magazzino C., tra il 1980 e il 1991 il debito pubblico passò dal 54,37 al 34,90%, la pressione fiscale dal 35,49 al 35,17%, le imposte dirette dal 13,44% al 12,83% e le imposte indirette dal 15,96% al 15,81%. Cfr. Magazzino C., op. cit., p. 133.

224 Cfr. Pym H. “Margaret Thatcher: how the economy changed”, 8 Apr.2013,

http://www.bbc.com/news/business-22073527

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singoli centri di spesa, furono tagliati i sussidi di disoccupazione,226 la spe- sa in Ricerca e Sviluppo,227 mentre per quanto riguarda Istruzione e Sanità la percentuale di spesa rispetto al PIL si mantenne più o meno costante nell’arco delle tre legislature.228

I pilastri del Welfare State britannico (Na- tional Health Service e scuola pubblica), dunque, non furono smantellati, anche se furono introdotti elementi di concorrenza sia tra le scuole che tra gli ospedali.229 Infine, nel complesso l’era Thatcher fu un periodo caratte- rizzato da un sensibile aumento delle diseguaglianze economiche: dal 1979 al 1990, infatti, i valori del Coefficiente di Gini passarono da 0.25 a 0.35. Nel concreto, ciò significò, tra l’altro, che il reddito del 10% della popola- zione più povera diminuì dell’1,4%, mentre quello del 10% più ricco au- mentò di oltre il 5%.230

Per riassumere, dunque, durante i tre Governi Thatcher non vi fu un au- mento della crescita economica rispetto ai governi precedenti e, anzi, vi fu un aumento non trascurabile sia della disoccupazione che delle disegua- glianze tra ricchi e poveri. In compenso, l’inflazione fu combattuta con successo, e si ebbe una diminuzione della pressione fiscale e del debito

226

Cfr. Magazzino C., op. cit., p.109. Dal 70% del salario (metà anni settanta) al 50% (metà an- ni ottanta. 227 Cfr. ivi, pp. 113-114. 228Cfr. ivi, p. 115. 229 Cfr. ivi p.119 e pp.121-122.

Vedi altresì Laurance J., “Margaret Thatcher’s impact on the NHS”, 8 Apr.2013,

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/margaret-thatchers-impact-on-the-nhs- 8564758.html

230Cfr. Hauser R., Becker I (ed. By) (2000)., The personal distribution of income in interna-

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pubblico. Per quanto concerne la spesa pubblica, infine, vi fu una sensibile diminuzione soltanto dal 1985 in poi.

Nel documento Il neoliberalismo. Per una storicizzazione. (pagine 101-113)