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Gli Stati Uniti di Reagan

Nel documento Il neoliberalismo. Per una storicizzazione. (pagine 113-125)

Il neoliberalismo in pratica

3.4. Gli Stati Uniti di Reagan

Le politiche neoliberali applicate da Ronald Reagan durante i suoi due mandati di presidenza presentano varie analogie rispetto all’esperienza po- litica della Thatcher descritta nel paragrafo precedente: proprio come quest’ultima, anche il presidente americano fu fautore della supply-side economics e di politiche monetariste volte a sradicare l’inflazione; altresì, anch’egli ebbe un atteggiamento rigido e intransigente nei confronti dei sindacati, e in generale mise fortemente in risalto la necessità di attuare un generale ridimensionamento del peso dello Stato nella vita dei cittadini. In tal senso, come la Thatcher, egli attuò rilevanti tagli delle tasse per stimola- re l’iniziativa economica privata, promosse politiche di deregulation, e mi- se in luce la necessità di contenere la spesa pubblica e le prerogative dello Stato assistenziale. Tuttavia, almeno per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i risultati raggiunti da entrambi furono controversi: la Thatcher fu in grado di diminuire il debito pubblico, ma non fu in grado di ridimensio- nare in maniera significativa le spese relative al Welfare State. Per quanto concerne Reagan, i risultati in termini di controllo della spesa si rivelarono insoddisfacenti: durante i suoi due mandati, infatti, il debito pubblico au-

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mentò (anche in relazione a un deciso aumento delle spese militari), il bi- lancio federale fu costantemente in disavanzo, così come la situazione rela- tiva alla bilancia dei pagamenti. Infine, per quanto riguarda il ridimensio- namento dello Stato assistenziale, alcune significative decurtazioni di spesa furono effettivamente fatte ma, nel complesso, proprio come nel caso della Thatcher, non vi fu alcuna rivoluzione realmente strutturale in tal senso. Un altro aspetto che accomuna la Thatcher e Reagan è costituito dall’aumento delle diseguaglianze economiche dei cittadini durante le loro rispettive esperienze di governo: come abbiamo visto, negli 11 anni di governo That- cher, l’entità di reddito disponibile per il segmento più ricco dei cittadini inglesi aumentò sensibilmente, mentre quella relativa al segmento più po- vero diminuì; una situazione analoga si verificò altresì durante l’era Rea- gan, come vedremo tra poco. Un ultimo aspetto che accomuna i due statisti è la difficile congiuntura economica che entrambi si trovarono ad affrontare all’inizio dei loro mandati: proprio come la Gran Bretagna, infatti, anche gli Stati Uniti alla fine degli anni settanta non si trovavano in una situazio- ne economica positiva: durante la presidenza Carter (1977-1981) la crescita del PIL era stata modesta (2,5%), la disoccupazione si era mantenuta a un tasso tra il 6 e l’8%, e l’inflazione era salita fino all’impressionante cifra del 18% nel 1980.231

231Cfr. Niskanen A.W, Moore S., Supply-Side Tax Cuts and the Truth about the Reagan Eco-

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La campagna di Ronald Reagan, iniziata nel 1980, la quale lo avrebbe por- tato alle presidenza il 20 gennaio del 1981, si inseriva dunque all’interno della difficile situazione economica statunitense in cui, in particolare, infla- zione e disoccupazione avevano raggiunto livelli preoccupanti. Per arginare tale situazione, Reagan (come già aveva fatto la Thatcher) propose una strategia economica fondata sulla supply-side economics e su ricette mone- tariste (che prese il nome di Reaganomics), prendendo spunto da varie fon- ti, tra cui la Proposta Kemp-Roth,232 le tesi di Milton Friedman (il quale fu, tra l’altro, consigliere di Reagan nella campagna presidenziale del 1980),233

di Robert Lucas,234 della cosiddetta New Public Finance School,235 e dell’economista Arthur Laffer.236

La Reaganomics venne riassunta da Mar-

analysis/supplyside-tax-cuts-truth-about-reagan-economic-record

232La proposta Kemp/Roth prende il proprio nome da Jack Kemp, deputato repubblicano, e Wil-

liam Roth, senatore del Delaware, i quali nella metà degli anni ’70 avevano presentato un pro- getto di legge per una riduzione del 30% della tassa sul reddito da realizzarsi in tre anni al ritmo annuale del 10%. Tale riduzione, secondo loro, avrebbe generato adeguati incentivi dalla parte dell’offerta, i quali a loro volta avrebbero incrementato gli investimenti e stimolato la crescita economica. Cfr. Mammarella G (1988), L’America di Ronald Reagan, Laterza, Roma-Bari, p.33.

233In particolare, l’importanza delle teorie di Friedman è legata sia alle sue critiche nei confronti

della Curva di Phillips (rapporto inversamente proporzionale tra disoccupazione e inflazione), la quale era utilizzata dai keynesiani per giustificare interventi di spesa da parte dello Stato a favo- re della domanda aggregata per diminuire la disoccupazione; sia, ovviamente, alle tesi moneta- riste. Cfr. Collins M.R. (2007), Transforming America, politics and culture during the Reagan

years, Columbia University Press, New York, p.62.

234L’influenza di Robert Lucas, che sarà insignito del Nobel per l’Economia nel 1995, è legata

alle teorie sviluppate negli anni’70 nell’ambito della Rational expectations School, secondo cui, in poche parole, qualsiasi intervento pubblico di pianificazione economica è del tutto futile, in quanto gli individui sono in grado di utilizzare le informazioni e i segnali dei mercati in maniera molto più efficiente rispetto allo Stato. Cfr. ibid.

235 La tesi principale di questa scuola di pensiero è che la tasse disincentivano fortemente

l’attività economica, e distorcono le prospettive di risparmio e di investimento. Di conseguenza, occorre che lo Stato riduca la tassazione al minimo, così incentivare l’attività economica. Tra i membri di questa scuola di pensiero: gli economisti di Harvard Martin Feldstein e Lawrence Summers, e l’economista di Stanford Michael Boskin. Cfr. ivi, p.63.

236Arthur Laffer è l’economista che ha introdotto la Curva di Laffer, la quale costituisce uno dei

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tin Anderson, consigliere politico di Reagan, all’interno del Policy Memo- randum No 1, il quale costituì il manifesto elettorale del futuro presidente: nel Memorandum, si parlava di un taglio fiscale del 30% da attuare nell’arco di tre anni, di tagli alla spesa pubblica, di un vigoroso programma di deregulation, e della necessità di attuare una politica monetaria restritti- va di stampo monetarista (controllo della base monetaria e manovra dei tas- si d’interesse) per combattere l’inflazione.237

L’applicazione di tali provve- dimenti, nelle intenzioni di Reagan, avrebbe stimolato la crescita economi- ca e, allo stesso tempo, ridimensionato il ruolo del potere pubblico nell’economia, favorendo l’iniziativa privata.238

La riduzione fiscale, in particolare, avrebbe dovuto rilanciare gli investimenti, generando attività economiche in misura tale da accrescere le entrate fiscali e azzerare il defi- cit di bilancio (che nel 1981 si attestava al 2,7% del PIL).239

Una volta eletto, Reagan iniziò subito a mettere in atto la sua ricetta eco- nomica: con l’Economic Recovery Tax Act del 1981 predispose una ridu- zione delle tasse sul reddito (income tax) del 5% per il 1982, e del 10% ri-

in poche parole, si tende a dimostrare che un basso livello di tassazione è più auspicabile rispet- to a uno elevato, sia per le casse pubbliche che per l’economia nel suo complesso: per l’economia nel suo complesso, in quanto una tassazione contenuta stimola l’iniziativa economi- ca, gli investimenti e, dunque, la crescita economica. Per quanto riguarda le casse pubbliche, in- vece, una bassa tassazione è considerata auspicabile poiché, in sostanza, le minori entrate inizia- li vengono più che compensate a lungo termine da quelle generate dall’aumento dell’attività economica che, portando un aumento del benessere fra i cittadini, fa sì altresì di produrre un aumento del numero degli attori economici che saranno in grado successivamente di contribuire al mantenimento del fisco. Un’alta tassazione, di contro, deprimendo gli investimenti e l’attività economica, genererebbe entrate nettamente minori per lo Stato. Cfr. Mammarella G., op.cit., pp.33-34.

237Cfr. Collins M.R., op. cit., pp. 67-68. 238Cfr. ivi, p.70.

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spettivamente nel 1982 e nel 1983, per un totale del 25% in tre anni (poco meno del 30%, dunque, presente all’interno della proposta Kemp/Roth). L’aliquota massima venne ridotta dal 70 al 50%, e la minima dal 14 all’11%.240

Altri sgravi minori riguardarono la riduzione della tassa straor- dinaria sui profitti petroliferi, sulle donazioni, sulle eredità e sulle liquida- zioni. Gli sgravi fiscali alle persone fisiche erano differenziati e applicati in modo tale da favorire i redditi più alti, secondo un concetto tipico della fi- losofia della supply-side, secondo cui, costituendo i ricchi l’elemento più attivo e dinamico nell’assumere nuove iniziative economiche, essi dovesse- ro essere maggiormente favoriti e stimolati al risparmio e all’investimento; i benefici economici apportati da questi, poi, avrebbero favorito indiretta- mente anche le fasce più povere della società.241

Per quanto concerne la politica monetaria, Reagan sostenne la svolta mone- tarista inaugurata dal Presidente della FED Paul Volcker nel 1979 (che Reagan stesso riconfermerà a capo della banca centrale nel 1983), restrin- gendo l’offerta e aumentando i tassi d’interesse al fine di combattere l’inflazione: la crescita di basa monetaria, già ridotta dal 7% nel 1979 al

240

Cfr. Mammarella, op. cit., p. 70;

Cowan E., “Reagan’s 3-Year, 25% Cut in Tax Rate Voted by Wide Margins in the House and Senate” , July 30, 1981 in http://www.nytimes.com/1981/07/30/politics/30REAG.html

241Si tratta della cosiddetta Teoria del trickle-down (o dell’effetto a cascata), secondo cui, per

l’appunto, i benefici elargiti ai ceti più abbienti (in termini di alleggerimento fiscale) favorisco- no necessariamente la società nel suo complesso, comprese le fasce più povere e disagiate. Se le tasse sono basse, infatti, gli individui e le imprese sono portate a investire di più; i maggiori in- vestimenti producono un aumento dell’attività economica, incentivano la creazione di nuovi po- sti di lavoro per cui, in poche parole, apportano un beneficio che interessa l’economica (e la so- cietà) tutta. Cfr. http://www.investopedia.com/terms/t/trickledowntheory.asp

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6% nel 1980, venne portata al 5% nel 1981,242 mentre i tassi d’interesse nominali passarono dall’11,5% del 1980 al 14% del 1981.243

Gli sgravi fi- scali, tuttavia, non produssero immediatamente alcuna crescita dell’attività economica, concorrendo anzi a un aggravio del deficit di bilancio, che tra il 1981 e il 1982 raddoppiò;244 altresì, come riferisce Blanchard, le politiche monetarie restrittive, pur portando a una diminuzione dell’inflazione, con- tribuirono a condurre l’economia in recessione nel 1982, e a causare un sensibile aumento della disoccupazione.245 La recessione, comunque, fu breve, e nel 1983 l’economia era già in ripresa: dal 1982 al 1983 il PIL pas- sò da un tasso negativo del -2,5% a uno positivo del +3,5%, e l’inflazione si stabilizzò al 3,5%. Il tasso di disoccupazione rimaneva alto (9,5%), ma sarebbe diminuito negli anni successivi.246 Il problema principale restava quello del deficit di bilancio, causato soprattutto dall’ingente spesa militare e dai tagli alle tasse: a riguardo, Reagan tentò di apportare delle soluzioni, ridimensionando alcune voci della spesa sociale e predisponendo un au- mento delle tasse nel 1982 (con il Tax Equity and Fiscal responsibility Act), ma tutto ciò non servì a far registrare particolari miglioramenti, anche perché nel 1986 vennero applicate nuove riduzioni fiscali, e la spesa milita-

242Cfr. Cooper J.(2012), Margaret Thatcher and Ronald Reagan: A very political special rela-

tionship, Palgrave Macmillian, New York, p.52.

243 Cfr. Blanchard J.O., “Reaganomics”, Economic Policy, Vol. 2, No. 5, The Conservative

Revolution (Oct., 1987), pp. 15-56. Vedi in particolare p. 20.

244Cfr. Mammarella, op. cit., p. 64. 245Cfr. Blanchard J.O., art.cit., pp. 27-29.

Tra il 1981 e il 1982, la disoccupazione passò dal 7,5 al 9,5%, il PIL da +1,9% a -2,5%, mentre l’inflazione dal 9,7 al 6,4%.

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re continuò a restare elevata. Per quanto concerne, in particolare, le ridu- zioni del 1986, esse furono suggellate all’interno del Tax Reform Act, con cui il top marginal rate sulla tassa sul reddito venne ulteriormente ridotto dal 50 al 28%, mentre l’aliquota minima venne alzata al 15%.247 In tal mo- do, dunque, si tendeva a stimolare ancor di più la propensione alla spesa e all’investimento per i ceti più abbienti riducendo, di contro, le capacità di spesa dei ceti medio-bassi in quanto, per l’appunto, la quota da pagare per questi ultimi venne innalzata.

Un rilevante aspetto della Reaganomics è costituito dalle politiche di dere- gulation: vennero tolti infatti i controlli sui prezzi della benzina e, sulla scia dei provvedimenti già presi da Carter, vennero rimosse varie restrizioni nei mercati riguardanti il traffico aereo, ferroviario, la fornitura di energia elet- trica e la fornitura dei servizi finanziari. Rispetto alla deregolamentazione finanziaria, in particolare, va citato il The Garn-St. Germain Act (1982), con il quale si liberalizzarono i tassi d’interesse che gli Istituti di credito e risparmio (S&Ls) potevano offrire ai loro clienti per il deposito e il succes- sivo investimento dei loro capitali (ponendo, dunque, tali istituti in forte concorrenza tra loro), e con il quale allo stesso tempo si consentì a tali isti- tuti di investire i depositi dei clienti stessi in attività potenzialmente molto

247 Cfr. Magazzino C., “The economic policy of Ronald Reagan: between supply-side and

Keynesianism”, European Journal of Social sciences, Vol.27, No.3, 2012, pp. 319-334; vedi in particolare p. 323.

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profittevoli, ma anche ad alto rischio.248 Secondo l’economista Paul Krug- man, il German Act fu un provvedimento di grande rilevanza, in senso ne- gativo, in quanto diede agli istituti di credito la licenza di scommettere con il denaro dei risparmiatori, ponendo di fatto le basi per il disastro dei presti- ti subprime che anticipò la crisi economica del 2008.249

Per quanto concerne, poi, l’atteggiamento nei confronti dei sindacati, em- blematico rimane l’episodio dello scontro tra il presidente e la Professional Air Traffic Controllers Organization (PATCO), ossia il sindacato dei con- trollori di volo, il quale fu espressione di quell’intransigenza e volontà di delegittimazione nei confronti delle associazioni di lavoratori organizzati, tipica dei regimi politici neoliberali, che venne replicata dalla Thatcher nel 1984 nei confronti del sindacato dei minatori inglesi, come descritto nel pa- ragrafo precedente. Nel caso di Reagan, tuttavia, la risoluzione dello scon- tro durò soltanto 48 ore (dal 3 al 5 agosto 1981), ossia il tempo sufficiente a licenziare più di 11.000 controllori di volo che avevano proclamato uno sciopero di massa, chiedendo aumenti di paga, riduzione dell’orario di la-

248

Collins M.R., op. cit., pp. 81-87.

Gli istituti di credito e risparmio (S&Ls), denominati anche thrifts, sono istituti di credito che, come sottolinea Collins, negli anni settanta erano fortemente regolamentati. Infatti, la Regula-

tion Q fissava il tasso d’interesse che tali istituti potevano pagare ai loro clienti per il deposito e

l’investimento dei capitali di questi ultimi (il 3%), e inoltre impediva agli istituti stessi di inve- stire al di fuori dei mutui immobiliari a lungo termine, con l’applicazione di un tasso d’interesse del 6%. Tuttavia, prima con il Depositary Institutions Deregulation Act del 1980 emanato da Carter, e poi soprattutto con il Germain Act emanato da Reagan, i limiti posti dalla Regulation

Q vennero eliminati, e agli istituti di credito venne concesso sia di offrire tassi d’interesse varia-

bili ai loro clienti sia, inoltre, di investire i capitali di questi ultimi nelle attività più disparate, comprese attività finanziarie ad alto rischio.

249Cfr. Krugman P., “Reagan did it”, May 31, 2009,

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voro, e maggiori benefici pensionistici. Poco dopo la proclamazione dello sciopero, Reagan aveva dichiarato: “I must tell those who failed to report for duty this morning that they are in violation of the law, and if they don’t report for work within 48 hours, they have forfeited their jobs and will be terminated”.250 Mai parole furono più profetiche: deciso a non cedere alle richieste dell’organizzazione (che pur lo aveva sostenuto nella campagna presidenziale), e puntando sull’illegittimità dello sciopero, poiché contro la legge federale, 48 ore dopo Reagan annunciava ufficialmente il licenzia- mento dei lavoratori, e implicitamente proclamava la fine della PATCO e il sopravvento della volontà politica su quella dei sindacati.251

Reagan fu Presidente degli Stati Uniti dal gennaio 1981 al gennaio 1989. Otto anni di politiche neoliberali fondate sulla supply-side, sul monetari- smo, sulla deregulation e sul generale tentativo di ridurre il ruolo dello Sta- to a favore del mercato hanno contribuito a produrre risultati contrastanti; in primis, per quanto concerne la crescita economica, la disoccupazione e l’inflazione, i riscontri furono sicuramente positivi: in media, il PIL crebbe dal 1981 al 1989 a un tasso medio del 3,2% (comprendendo anche la reces- sione del 1982), sensibilmente al di sopra del 2,5% registrato durante la

250

Cit. in Barnes B., “Robert Poli, who led 1981 strike that led Reagan to fire traffic controllers, dies at 78”, Sept.23, 2104, http://www.washingtonpost.com/national/robert-poli-who-led-air- traffic-controllers-union-in-1981-strike-dies-at-78/2014/09/23/8ccd0e44-4267-11e4-b47c- f5889e061e5f_story.html

251Cfr. ibid. e Taino D. “In 48 ore 11.359 licenziamenti e aprì la strada alla Thatcher”, 7 giugno

2004, in

http://archiviostorico.corriere.it/2004/giugno/07/ore_359_licenziamenti_apri_strada_co_9_0406 07022.shtml

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presidenza Carter;252 per quanto concerne la disoccupazione, quando Rea- gan diventò presidente il tasso era del 7,6%, toccando il picco del 9,5% nel 1982. Tuttavia, dal 1983 in poi, la situazione andò progressivamente mi- gliorando, finché, a conclusione del secondo mandato, la percentuale dei disoccupati scese fino al 5,5%.253 Sull’inflazione indubbiamente furono raggiunti i risultati più eclatanti, grazie soprattutto alle politiche restrittive adottate da Volcker le quali, tuttavia, come già detto, esacerbarono la re- cessione del 1982: dal 18% del 1980 l’inflazione scese, infatti, fino al 4,1% del 1988.254 Giungendo alla questione della spesa pubblica, per quanto Reagan, durante la campagna presidenziale, avesse posto la necessità del contenimento del bilancio tra le sue priorità (anche al fine di diminuire il peso dello Stato, in primis dello Stato assistenziale, nella vita dei cittadini), le cose andarono in maniera sensibilmente diversa rispetto alle sue inten- zioni: anzitutto, il bilancio federale fu costantemente in deficit: quest’ultimo salì fino al 6,3% del PIL nel 1983, e si mantenne in media sul 4,2%.255 Il debito pubblico, altresì, passò dal 27% del PIL nel 1981 al 42% nel 1989.256 Come già accennato, le ragioni legate all’aumento del deficit e del debito furono, anzitutto, gli ingenti tagli alle tasse (soprattutto nei con-

252Cfr. Niskanen A.W, Moore S., art.cit., p.3 253

Cfr. ivi, p. 4; Blanchard O., art.cit., p.28.

254Cfr. Niskanen A.W., Moore S., art. cit, p.4. 255

Cfr. Tolchin M., “Paradox of Reagan budgets: austere talk vs record debt”, Feb.16, 1988, in

http://www.nytimes.com/1988/02/16/us/paradox-of-reagan-budgets-austere-talk-vs-record- debt.html; vedi altresì Glassman K.J., “The facts about budget deficits: how the Presidents truly

rank”, Nov.7, 2012, in http://www.forbes.com/sites/jamesglassman/2012/07/11/the-facts-about- budget-deficits-how-the-presidents-truly-rank/

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fronti dei ceti più abbienti), i quali determinarono una netta diminuzione delle entrate per lo Stato. Vi è poi la questione delle spese militari, che au- mentarono progressivamente tra il 1981 e il 1989, passando dai 134 miliar- di di dollari del 1981 ai 282 del 1988, mantenendo una media di circa il 6% del PIL.257 Infine, vi è la questione dello Stato assistenziale il quale, pur su- bendo delle restrizioni in alcuni suoi programmi, non subì alcun ridimen- sionamento veramente strutturale, né tantomeno grosse diminuzioni in ter- mini di spesa, sia per la sovente opposizione da parte del Congresso, sia per il timore di gravi ripercussioni sul piano sociale. Come mette in luce Pier- son, Reagan operò tagli all’edilizia pubblica, ai buoni pasto per i poveri (food stamps), ai sussidi di disoccupazione, e tentò di ridimensionare i pro- grammi Medicare e Medicaid (i due programmi di assistenza sanitaria per i meno abbienti introdotti dal Presidente Johnson nel 1965).258 Nonostante i tagli a queste singole voci, tuttavia, rispetto al 1980, ultimo anno della Pre- sidenza Carter, la spesa complessiva per la sicurezza sociale, che ammon- tava al 12,44% del PIL, non subì grosse variazioni negli otto anni successi- vi, e anzi si mantenne in media entro un tasso leggermente maggiore (poco più del 13%), seppur lontano anni luce rispetto alla media dei maggiori

257Cfr. ivi, p.14.

258Cfr. Pierson P. (1994), Dismantling the Welfare State? Reagan, Thatcher and the politics of

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paesi europei.259 Comunque sia, dunque, i tagli alle tasse, l’aumento delle spese militari, e il mancato ridimensionamento dello Stato assistenziale contribuirono a mantenere alta la spesa pubblica e a far esplodere deficit e debito, portando Reagan ad aumentare la dimensione e il peso dello Stato (almeno in termini di spesa), anziché, com’era nelle sue intenzioni, a dimi- nuirli. In aggiunta a ciò, gli Stati Uniti nell’era Reagan ebbero anche un di- savanzo medio della bilancia commerciale del 2,1% (in pratica, ciò signifi- cava che essi importavano più di quanto esportassero), con la conseguenza

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