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Il Welfare State

Il movimento di pensiero neoliberale nell’era della pia nificazione

2.3. La pianificazione nel secondo dopoguerra 1 Il ruolo dello Stato nel secondo dopoguerra

2.3.3. Il Welfare State

Come mettono in risalto Conti F. e Silei G., l’espressione Welfare State o Stato del benessere, che ormai è passata all’uso comune come sinonimo di Stato sociale, è riferibile storicamente solo a una precisa fase di sviluppo dei sistemi di sicurezza sociale, quella cioè che, sulla scorta di elaborazioni compiute negli anni quaranta del novecento, fu avviata nel Regno Unito subito dopo la Seconda guerra mondiale e che poi finì con l’influenzare

139Per approfondimenti sull’importanza del ruolo dell’IRI nel contesto economico italiano del

secondo dopoguerra, vedi Ciocca P. (2015), Storia dell’IRI, 6. L’IRI nella economia italiana, Editori Laterza, Roma-Bari, in particolare pp. 129-161.

140Cfr. ivi, pp. 86-90.

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molte delle riforme attuate negli altri paesi europei.142 In particolare, come afferma Ritter A.G., il Welfare State fu messo in relazione con il noto piano sul riordinamento del sistema britannico di sicurezza sociale di sir William Beveridge, presentato al Parlamento nel 1942, e con la legislazione sociale dei governi laburisti del 1945-51, basata in parte su di esso.143 A partire dal Regno Unito, il concetto è stato fatto proprio da sempre più paesi e ha ini- ziato, dalla seconda metà degli anni quaranta, la sua marcia trionfale.

La definizione di Welfare State, tuttavia, non è univoca;144 essa comprende, in ogni caso, il mutamento delle forze di mercato attraverso il perseguimen- to da parte dello Stato della sicurezza sociale dei cittadini.145 In generale, si può dire che il Welfare State indica una idea di Stato inteso come entità che

142Cfr. Conti F., Silei G., op. cit., p.9.

143Cfr. Ritter A.G. (1996), Storia dello Stato sociale, Editori Laterza, Roma-Bari, p.12.

144Ritter distingue, a riguardo, la definizione data nel 1977 dai sociologi Norman Furniss e Ti-

mothy Tilton, i quali distinguono tre tipologie di Stati interventisti: lo Stato positivo, che privi- legia l’assicurazione sociale, e si basa sull’individualismo e sulla tutela di interessi corporativi. Esso non garantisce alcun surrogato della proprietà per tutti i cittadini, esclude di fatto i lavora- tori senza un posto stabile, e utilizza l’assicurazione sociale come strumento di controllo sociale. L’esempio emblematico di questo primo tipo è costituito dagli Stati Uniti. Vi è poi il social se-

curity state (Regno Unito), che persegue una politica di piena occupazione, garantisce a tutti i

cittadini (compresi i non assicurati) il diritto a un reddito minimo e tende a un’uguaglianza di opportunità, non a un’uguaglianza materiale. Infine, vi è il social welfare state (Svezia), che si basa sui principi di uguaglianza, cooperazione e solidarietà, sostituisce completamente i pro- grammi dell’assicurazione e dell’assistenza sociale con servizi pubblici uguali per tutti, tenta di ridurre i divari salariali, aspira alla piena occupazione grazie alla cooperazione tra governo e sindacati, e cerca di dare ai lavoratori un ruolo politico dominante. Mentre per lo Stato positivo è completamente respinto il termine Welfare State, esso viene accettato per le altre due tipolo- gie. Un’ulteriore definizione viene data dallo storico britannico Asa Briggs, che definisce il

Welfare State come uno Stato che si preoccupa di garantire alle famiglie un reddito minimo, di

limitare il grado di insicurezza, e di assicurare a tutti i cittadini i migliori livelli raggiungibili in relazione a una sfera convenuta di servizi sociali. Cfr. ivi, pp. 13-15.

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La sicurezza sociale si persegue con misure di tutela del reddito in caso di vecchiaia, invali- dità, malattia, infortunio e disoccupazione, con gli assegni familiari, con l’assistenza sanitaria e l’edilizia sociale. Fanno parte di essa anche le misure volte a eguagliare le diverse possibilità iniziali del singolo, con l’istruzione e la formazione statale e la redistribuzione parziale del red- dito da parte del sistema fiscale, nonché con la regolamentazione del mercato del lavoro e con provvedimenti di tutela delle condizioni lavorative. Cfr. ivi, p.21.

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ha il dovere di assicurare un basilare benessere ai propri cittadini, attraver- so una molteplicità di interventi legislativi e l’implementazione di determi- nati servizi finanziati attraverso la spesa pubblica.

Il Welfare State nacque nel Regno Unito dapprima come mera espressione semantica e poi come vero e proprio insieme di provvedimenti sociali du- rante i difficili momenti della guerra contro il nazifascismo. L’importanza del rapporto che Beveridge presentò in Parlamento nel 1942 non risiedeva tanto nell’originalità delle proposte avanzate, quanto nella lucidità e nella organicità degli interventi che vi erano postulati. In pratica si teorizzava un deciso intervento dello Stato per garantire a ciascun cittadino la pienezza dei suoi diritti sociali attraverso la creazione di un sistema che lo seguisse “dalla culla alla tomba”, assicurandogli reddito (ossia lavoro), alimentazio- ne, alloggio, istruzione e cure mediche.146 A cercare di dare concreta attua- zione al progetto di Beveridge fu chiamato, dopo la vittoria nelle elezioni del 1945, il partito laburista guidato da Clement Attlee, il quale si impegnò sin da subito a presentare alla Camera dei Comuni una serie di disegni di legge di riforma: preceduti dalla riforma degli assegni familiari (1945), nel corso del 1946 vennero quindi approvati i primi provvedimenti che costi- tuirono la struttura portante del Welfare State britannico; questi riguardaro- no, tra gli altri, le assicurazioni obbligatorie e quelle sociali (National Insu- rance Act), e la legislazione sugli infortuni sul lavoro (National Insurance

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Industrial Injuries Act), la quale si caratterizzò per i forti contenuti univer- salistici. Un’altra tessera di rilievo di questo mosaico fu costituita dalla creazione di un Sistema Sanitario Nazionale finanziato in larga misura dal- lo Stato attraverso il prelievo fiscale, e caratterizzato dalla gratuità dei ser- vizi e dal fatto di essere esteso indistintamente a tutti i cittadini.147 Nel 1948 vennero poi varate la National Assistance, con la quale si disciplinarono i sussidi destinati a quei cittadini che avessero dimostrato il loro status di bi- sognosi, e altre disposizioni in tema di assistenza sociale diretta soprattutto ai minori.148

Se il Regno Unito entrò nell’immaginario collettivo come la patria del Wel- fare State, ugualmente feconda e originale, e anch’essa orientata verso cri- teri marcatamente universalistici, fu la stagione di riforme sociali che si aprì nell’Europa del Nord dopo la fine della Seconda guerra mondiale. I si- stemi di welfare elaborati in questi anni nei paesi scandinavi risentirono in- dubbiamente delle idee di Beveridge, e denotarono non poche analogie con quanto stava facendo il governo laburista in Regno Unito.149

147Cfr. ivi, p.110. 148

Cfr. ivi, p.111.

149A parte l’influenza di Beveridge, il quadro di riferimento del welfare scandinavo fu offerto

soprattutto dalle teorie di economisti come Wigfoss, Wicksell e i suoi allievi della Scuola di

Stoccolma (Myrdal, Lindhal, Ohlin) e dall’esperienza della Folkhempolitik (“Politica del focola-

re”) dei governi “rosso-verdi” (cioè imperniati sulla coalizione tra partito socialdemocratico e partito dei contadini) che si erano costituiti in Svezia nel 1932 e in Norvegia nel 1935 (ivi, p.112). Per provvedimenti più importanti in materia di welfare nei paesi scandinavi durante il dopoguerra vedi ivi, pp. 112-113 e Ritter A. G., op. cit., pp. 146-148.

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Sull’esempio britannico del Piano Beveridge, ma anche per cercare solu- zioni adatte a fronteggiare la difficile situazione sociale, nell’immediato dopoguerra un po’ in tutta Europa si formarono commissioni di studio inca- ricate di vagliare le possibili ipotesi di revisione dei principali schemi pre- videnziali e assistenziali.150

All’inizio degli anni cinquanta, pur con evidenti differenze tra paese e pae- se, in tutta l’Europa occidentale mutarono le condizioni per l’avvio di quel- lo che è stato definito il “periodo d’oro” dell’economia. Questa fase di cre- scita, destinata a protrarsi per oltre un ventennio, coincise con la progressi- va espansione dello Stato sociale e anzi la influenzò in maniera decisiva. Al di là delle differenziazioni, l’effetto fu quello di trasformare profondamente i sistemi di protezione sociale, accrescendo il loro livello di copertura. Que- sto processo comportò conseguentemente un maggiore impegno organizza- tivo e soprattutto di natura finanziaria da parte dello Stato. Le spese per le politiche sociali crebbero costantemente in tutti i principali paesi europei fino a superare, al cadere degli anni cinquanta, il 10% del Pil.151 Tra il 1960 e il 1980, poi, la cosiddetta “età d’oro dell’intervento pubblico”,152

la spesa pubblica in generale, e quella sociale in particolare, aumentò ulteriormente

150Cfr. Conti F., Silei G., op. cit., p.114. 151

Nel 1959, la spesa per la sicurezza sociale (le cui principali voci comprendono “malattia e maternità”, “infortuni”, “pensioni vecchiaia”, “disoccupazione”, “assegni familiari” e “sanità”) equivaleva al 10,4% nel Regno Unito, al 12% in Italia, e addirittura al 15,4% in Germania. La spesa maggiore, un po’ in tutti i paesi, era quella riguardante le pensioni di vecchiaia (in Ger- mania essa equivaleva addirittura al 59,2% dell’intera spesa sociale). Cfr. ivi, p. 122 e p. 133, in particolare la Tabella 4.3 e la Tabella 4.5.

152Espressione ripresa da Tanzi V., Schucknet L. (2007), La spesa pubblica nel XX secolo, una

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e in maniera sensibile: in Francia, la spesa pubblica per sussidi e trasferi- menti passò durante questo ventennio dall’11,4% al 24,6% del Pil, in Nor- vegia dal 12,1% al 27%, e in Olanda addirittura dall’11,5% al 38,5%.153 Nel corso degli anni sessanta, inoltre, l’espansione degli schemi di prote- zione sociale fu un fenomeno che non rimase circoscritto all’Europa occi- dentale, ma ampliò i suoi confini un po’ ovunque, comprese quelle realtà, come gli Stati Uniti e il Giappone, tradizionalmente più restie all’idea di un’espansione dell’intervento pubblico in questo ambito. Fra il 1960 e il 1970, infatti, la percentuale del Pil destinata a finanziare la protezione so- ciale crebbe in questi paesi a un ritmo persino più elevato rispetto ad alcuni Stati europei, anche se il divario con il vecchio continente non venne col- mato.154

153Cfr. ivi, p. 31, Tabella II.4

Le voci di spesa comprendono quattro categorie principali: istruzione, sanità, pensioni, disoccu- pazione. Cfr. ivi, pp. 32-40.

154Cfr. Conti F., Silei G., op. cit., p. 146 Tabella 5.2 e pp. 147-149.

In particolare, nel caso degli Stati Uniti la spesa pubblica destinata alla protezione sociale passò dal 6,8% del Pil nel 1960 al 9,6% nel 1970. A riguardo, particolarmente attive si mostrarono le amministrazioni democratiche di quegli anni, con John F. Kennedy, ma soprattutto con il suo successore Lyndon Johnson. Quest’ultimo, in particolare, promosse alcune importanti leggi a carattere sociale. Oltre al Civil rights Act, che disciplinava finalmente la cosiddetta “questione razziale”, ponendo fine alla discriminazioni tra bianchi e neri, nel corso del 1964 l’amministrazione Johnson lanciò quella che venne definita una “guerra totale contro la pover- tà”. Il primo provvedimento in questa direzione fu l’Economic opportunity Act, il quale preve- deva lo stanziamento di ingenti fondi federali che dovevano servire, fra l’altro, per qualificare i disoccupati reinserendoli nel mercato del lavoro e per fornire un’istruzione adeguata ai bambini delle famiglie più povere. Poi, in vista delle elezioni presidenziali del 1964, Johnson presentò un programma politico che ruotava intorno all’idea di una “Grande Società” (Big Society), ispirata ai principi del New Deal rooseveltiano e da realizzare attraverso un ambizioso progetto di ri- forme sociali. Uno dei primi atti, una volta eletto presidente, riguardò il sistema sanitario, che fino a quel momento non prevedeva alcuna forma obbligatoria di assicurazione. Per porre rime- dio a ciò, nel 1965 vennero approvati due differenti schemi di protezione pubblici contro il ri- schio malattie: il Medicare e il Mediacaid. Riguardo all’istruzione, vennero poi emanati prov- vedimenti con cui venivano stanziati fondi federali per le scuole e per il finanziamento di borse

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