• Non ci sono risultati.

L’esperimento neoliberale nel Cile di Pinochet

Nel documento Il neoliberalismo. Per una storicizzazione. (pagine 92-101)

Il neoliberalismo in pratica

3.2. L’esperimento neoliberale nel Cile di Pinochet

Il colpo di stato del 1973 e il regime che fu installato in seguito rappresen- tano uno dei momenti di maggiore rottura nella intera storia economica, po- litica e sociale del Cile, che prima di questo evento era una democrazia in cui le autorità politiche erano rinnovate periodicamente attraverso libere elezioni e in cui venivano in linea di massima rispettati i diritti umani e le libertà civili. In seguito al colpo di stato che portò al potere il generale Au- gusto Pinochet, invece, l’instaurazione di una dittatura militare cambiò ra- dicalmente le cose: il Congresso venne abolito, le libertà fondamentali ne- gate, e i dissidenti brutalmente repressi. Per quanto riguarda l’aspetto eco- nomico, da un modello di sviluppo basato sull’ISI, con un forte intervento dello Stato come promotore, finanziatore e produttore diretto all’interno dell’economia, si passò a un modello incentrato sul neoliberalismo, il cui fine era quello di trasformare il Cile in una economia fondata sul libero mercato e orientata alle esportazioni.179 L’inizio della trasformazione

179Cfr. Fortin C., “The failure of repressive monetarism: Chile, 1973-83”, Third World Quarter-

93

dell’economia cilena avviene nel 1975, con l’implementazione della cosid- detta shock therapy, proposta da Milton Friedman in uno scambio epistola- re con Pinochet, e in una situazione in cui in Cile l’inflazione ammontava al 379.2% e vi era tra l’altro una forte recessione in corso.180 La ricetta pro- posta dall’economista americano per risollevare il Cile dalla crisi era la se- guente: da una parte, bisognava combattere l’inflazione attraverso un taglio netto dell’offerta d moneta (Monetarismo), e ciò poteva essere fatto anzitut- to attraverso una drastica riduzione della spesa pubblica; dall’altra, occor- reva applicare una serie di misure che liberassero i mercati dall’interferenza pubblica stimolando, di contro, l’iniziativa privata: tra queste, la liberaliz- zazione del tasso di cambio, dei prezzi e dei salari; la privatizzazione delle imprese pubbliche; l’eliminazione delle barriere commerciali.181

L’implementazione della shock therapy proposta da Friedman poté avveni- re con successo grazie al contributo fondamentale di un gruppo di econo- misti cileni che si erano formati sotto i suoi insegnamenti presso l’Università di Chicago (per questo denominati Chicago boys), e i quali vennero posti da Pinochet in ruoli politici e istituzionali di primo piano. 182

180

Cfr. Paus A.E.,“Economic growth through neoliberal restructuring? Insights from the Chile- an experience”, The Journal of developing areas, Vol. 29, No.1 (Oct., 1994) ., pp.31-56; p. 37, in particolare Table 3.

181Il testo integrale della lettera di Friedman a Pinochet, come già menzionato precedentemente,

è consultabile su

http://www.naomiklein.org/shock-doctrine/resources/part2/chapter3

182Il fenomeno dei Chicago boys va inserito nell’ambito del Progetto Cile (a sua volta parte del

Point Four Program) avviato dagli Stati Uniti negli anni cinquanta, al fine di diffondere la

scienza economica occidentale nelle università latino-americane. Attraverso tale iniziativa, nel 1956 viene siglato un accordo tra la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Santiago e

94

Tra questi, Sergio de Castro venne nominato Ministro delle finanze (1976- 1982); Paolo Baraona Ministro degli Affari economici (1976-78) e Sergio de la Cuadra vice-governatore della Banca centrale.183

A partire dal 1975, dunque, ha inizio la rivoluzione neoliberale: la spesa pubblica viene sensibilmente tagliata (solo nel 1975 si ha una diminuzione della spesa del 27%),184 le imprese nazionalizzate durante il governo Al- lende vengono privatizzate, i controlli sui prezzi rimossi e le tariffe applica- te sulle importazioni progressivamente diminuite, fino a giungere all’introduzione di una tariffa uniforme del 10% su tutti i prodotti entro il 1979. Altresì, vengono liberalizzati i movimenti di capitale e i tassi d’interesse.185

Nel 1978, Pinochet dichiarò che la prima fase di ristruttura- zione economica era completa; allo stesso tempo, introdusse un nuovo pac- chetto di riforme (le cosiddette Sette modernizzazioni), il quale era finaliz- zato a estendere i meccanismi di mercato (in primis il principio di concor-

l’Università di Chicago, il quale, a partire da quell’anno fino ai primi anni settanta, consentì a più di 150 studenti cileni di studiare negli Stati Uniti e di entrare a contatto con le idee di Friedman e dei suoi discepoli. In seguito alla vittoria di Salvador Allende, nel 1970, molti dei

Chicago boys si riunirono nel Monday Club, ossia un think tank che si pose in netta contrappo-

sizione rispetto al nuovo governo e, in particolare, al programma di massicce nazionalizzazioni e spesa pubblica che esso stava mettendo in atto. Il Monday Club ottenne consensi non soltanto tra gli economisti di ispirazione neoliberale, ma anche tra imprenditori, membri della marina e appartenenti al movimento gremialista, e vari suoi membri entreranno poi a far parte dell’entourage di Pinochet. Cfr. Mirowski P., Plehwe D., op. cit., pp. 308-316.

183

Cfr. Mirowski P., Plehwe D. (ed by.), op. cit., pp. 322-323.

184Cfr. Foxley A. (1983), Latin american experiments in neoconservative economics, University

of California Press, Berkeley, p. 55.

185Cfr. Paus A. E., art. cit., pp. 38-39 e Foxley A., op. cit., pp. 61-65.

Più in generale, come sottolinea Foxley, delle 507 imprese in mano pubblica nel 1973, ne rima- sero soltanto 15 nel 1980; per quanto concerne le banche, delle 19 pubbliche nel 1973, ben 15 vennero privatizzate. Il progressivo ritiro dello Stato dall’attività economica venne altresì ac- compagnato da una sostanziale diminuzione degli impiegati pubblici, la cui percentuale cadde del 21% fra il 1974 e il 1978.

95

renza) in sette settori sociali cruciali: il lavoro, l’agricoltura, l’istruzione, la sanità, la sicurezza sociale, la giustizia e la pubblica amministrazione.186 I settori della sanità e dell’istruzione vennero liberalizzati, così come il si- stema pensionistico.187 Per quanto riguarda il lavoro, invece, venne emana- ta una nuova legislazione che prevedeva, tra le altre cose, limitazioni al di- ritto di sciopero e l’introduzione della concorrenza tra le organizzazioni sindacali. Le contrattazioni collettive vennero abolite, e vennero introdotte solo a livello delle singole aziende; per quanto riguarda gli scioperi, invece, essi erano consentiti per un periodo massimo di sessanta giorni, trascorsi i quali i lavoratori venivano automaticamente licenziati. Altresì, durante uno sciopero le aziende potevano assumere lavoratori temporanei per colmare la forza lavoro mancante.188

Nella tabella sottostante, un sunto delle maggiori trasformazioni avvenute nell’economia cilena con l’avvento del regime.189

186

Cfr. Paley J. (2001), Marketing democracy, power and social movements in post-dictatorship

Chile, University of California Press, Berkeley, pp. 75-77.

187

Le responsabilità in questi settori, di fatto, vennero trasferite dallo Stato al settore privato. La giunta militare sostituì il Sistema sanitario nazionale con un sistema di assicurazioni totalmente private (ISAPRES), e il sistema pensionistico pubblico venne depotenziato con l’introduzione delle possibilità per i cittadini di rivolgersi a fondi pensione privati (AFPs). Per quanto riguarda la scuola, invece, lo Stato introdusse ingenti finanziamenti alle scuole private a discapito di quelle pubbliche. I cittadini che non potevano permettersi di rivolgersi ai servizi ora offerti dal mercato, comunque, avevano sempre la possibilità di rivolgersi al pubblico (ad es. per quanto riguarda scuola e sanità), anche se quest’ultimo garantiva soltanto i servizi essenziali. Cfr. ivi, p. 75.

188Cfr. Foxley A., op. cit., pp. 104-107.

189La tabella è presente nella tesi di laurea di Ricci S., Il milagro chileno: il monetarismo e la

ricetta economica della Scuola di Chicago, Relatore: prof. Giuseppe di Taranto, Luiss Guido

96

Insieme ai cambiamenti appena menzionati, l’essenza del Cile neoliberale trovò la sua suggellazione nel 1980, con l’emanazione di una nuova Costi- tuzione, la quale aveva la caratteristica peculiare di non essere pienamente applicabile per nove anni dalla sua approvazione. Nel frattempo, avrebbe prevalso una serie di regolamenti di emergenza transitori. Sotto la nuova Costituzione, altresì, venne definito un periodo di transizione che sarebbe

97

durato diciassette anni: solo dopo tale periodo il presidente sarebbe potuto essere liberamente eletto come nelle democrazie occidentali, e intanto era vietata la presenza del Parlamento e la costituzione di partiti politici. Il pre- sidente in carica (Pinochet), inoltre, aveva il potere, in ogni momento, di dichiarare unilateralmente lo stato di emergenza, durante il quale i diritti individuali potevano essere temporaneamente soppressi. Anche l’habeas corpus non avrebbe avuto alcuna validità legale in tal caso. In più, alle for- ze armate veniva conferito il ruolo di garantire l’ordine sociale. Nello stes- so tempo in cui la libertà politica e di associazione venivano soppresse per un lungo periodo di transizione, la libertà economica veniva tuttavia garan- tita, anche grazie ai risultati dello shock treatment e delle sette modernizza- zioni citate poc’anzi.190 L’influenza delle teorie di Hayek nella stesura della nuova Costituzione e nella giustificazione del “regime di transizione” erano evidenti: secondo l’opinione dei Costituenti, venendo da un sistema politi- co (quello democratico di ispirazione socialista durante il governo Allen- de), in cui lo Stato favoriva non l’interesse generale, bensì gli interessi di pochi gruppi organizzati a cui era assoggettato, il regime militare rappre- sentava per il Cile un’entità necessaria, poiché essa si caricava dell’onere di costruire una società che si sarebbe retta su di un sistema di regole generali, imparziali e valevoli per tutti nello stesso modo, senza che esse fossero condizionate dalla pressione di interessi settoriali. In questo senso, soltanto

98

le regole impersonali del mercato avrebbero permesso il raggiungimento dell’eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Il ruolo del regime, dunque, con la nuova Costituzione diveniva ufficialmente quello di imporre una serie di regole che permettessero al libero mercato di funzionare al me- glio, e nient’altro. Una volta assicurata la libertà economica, ne sarebbe conseguita altresì la realizzazione della libertà politica. In altre parole, l’esistenza del regime militare veniva considerata come un fenomeno emi- nentemente temporaneo, il quale sarebbe stato superato una volta consoli- dato, per l’appunto, un sistema di regole che avesse dato vita a un libero mercato interamente basato sulla concorrenza. Poste le basi per l’esercizio di una completa libertà economica, la fase di transizione si sarebbe conclu- sa, e le libere elezioni sarebbero state ripristinate. Ma, fino a quel momen- to, un regime di transizione era necessario per evitare di ricadere nel totali- tarismo del governo Allende. La nuova Costituzione venne ufficialmente nominata Constitution of liberty, in omaggio a una delle maggiori opere scritte da Hayek, le cui teorie avevano costituito, per la stesura della Costi- tuzione stessa, decisa fonte di ispirazione, come appena accennato.191

Pinochet rimane al potere dal 1973 al 1990, anno in cui cade la dittatura e viene eletto democraticamente il nuovo presidente Patricio Azòcar, che re- sta in carica fino al 1994.

191Per chiarimenti sulla connessione tra le teorie di Hayek e la stesura della Costituzione cilena

vedi Silva P, art.cit., in particolare pp. 395-400; Mirowski P. & Plehwe D. (ed by.), op. cit., pp. 326-329.

99

La politica economica applicata in Cile durante il regime è stata oggetto di profonde controversie. Facendo una comparazione fra gli indicatori ma- croeconomici principali durante il governo Pinochet (1973-89) e durante i governi di Alessandri (1958-64), Frei (1964-70) e Allende (1970-73) si può notare dalla tabella che la performance economica durante il regime fu, sot- to alcuni aspetti, più deludente rispetto agli altri governi, e sotto altri mi- gliore.192

Il regime di Pinochet registrò una discreta crescita del PIL (anche se infe- riore rispetto ai governi Frei e Alessandri), un buon incremento medio della produzione agricola, mineraria e della pesca, e anche un sensibile aumento delle esportazioni rispetto ai governi precedenti. Anche rispetto al tema del- la lotta all’inflazione, se consideriamo che fra il 1970 e il 1973 essa si man-

100

teneva in media sul 218.1%, i risultati portati a casa dal regime furono più che positivi. D’altra parte, la produzione industriale calò sensibilmente ri- spetto ai precedenti governi, così come il consumo medio pro-capite e gli investimenti. Altresì, durante il regime la disoccupazione schizzò alle stelle mantenendo un tasso medio del 16,9%.

In più, si registrò anche una sensibile diminuzione del tasso medio dei sala- ri, come si nota dalla tabella sottostante (con periodo di riferimento 1970- 1982).193

101

Un ultimo aspetto da sottolineare è quello relativo alla concentrazione della ricchezza: come sottolinea Foxley, nel 1978 cinque conglomerati economi- ci privati controllavano il 53% degli assets delle 250 più grandi industrie cilene, e nove conglomerati (inclusi i cinque appena citati) l’82% del setto- re bancario.194

Per concludere, dunque, se la trasformazione in senso neoliberale dell’economia cilena si rivelò efficace nel combattere l’inflazione, nell’aumentare le esportazioni e nello stimolare alcuni settori produttivi, essa tuttavia non produsse una rimarchevole crescita economica (almeno in confronto ai precedenti governi), e si rivelò deleteria per quanto riguarda la produzione industriale, il consumo pro-capite, la disoccupazione, il tasso medio dei salari e la distribuzione della ricchezza.

Nel documento Il neoliberalismo. Per una storicizzazione. (pagine 92-101)