3. I TARANTATI
3.4. Il caso reale di latrodectismo di Pietro di Nardò
Citiamo dal lavoro di Amalia Signorelli.
Pietro di Nardò. Il tarantato, di anni 50, è sposato con tre figlie e un figlio sposato:
convivono tutti nella stessa casa colonica. È assegnatario dell’Ente Riforma: il podere di h. 9, è costituito in buona parte da pascolo e per il resto è coltivato a tabacco, olive e grano, vite. Il pascolo può essere utilizzato per l’allevamento del bestiame solo dall’autunno alla primavera, perché d’estate la mancanza d’acqua lo rende improduttivo. L’esiguità della superficie destinata a seminativo non consente la produzione di foraggio se non a scapito del grano e del tabacco, che d’altra parte sono culture indispensabili all’unità familiare perché forniscono l’uno il <<pane>> e l’altro la <<moneta>>. In questo quadro l’allevamento del bestiame è effettuato su una scala ridotta: in autunno si comprano alcuni vitelli, li si crescono sfruttando il pascolo spontaneo e all’inizio dell’estate li si rivendono al più vicino macello comunale o a un
incettatore. L’abitazione è una casa colonica dell’Ente Riforma. 180
Il caso di Pietro è importante, perché è l’unico dovuto ad un reale avvelenamento da morso di ragno sui ventuno casi osservati e studiati dall’équipe.
Secondo quanto ci riferì il medico dell’ospedale di Nardò che l’ebbe in cura durante il periodo di ricovero, si trattava di un palese caso di ladrotectismo: il malato presentava agitazione psicomotoria con obnubilamento del sensorio, dolore violentissimo al capo, dolore diffuso a tutto il corpo e agli arti, spiccata rigidità dolorosa alle masse muscolari,
iperemia congiuntivale, ritenzione urinaria che si protrasse per due giorni.181
Il tratto che colpisce è che sugli effetti di avvelenamento reale da morso di ragno si innestarono plasmandovisi le disposizioni affettive del fenomeno culturale del tarantismo. La taranta e il sistema culturalmente coerente che comporta, permea e modula anche l’unico reale caso di crisi tossica da latrodectismo.
L’episodio iniziale era avvenuto, come si è detto, di notte mentre Pietro dormiva accanto alla trebbia, ma già al momento in cui una puntura dietro l’orecchio lo risvegliò, l’immagine della taranta gli attraversò la mente, e comincio a mettersi in movimento un determinato sistema tradizionale di significati simbolici. I familiari ed i vicini non ebbero dubbio, e la diagnosi si precisò: <<È taranta>>. Dismesso dall’ospedale di Nardò, dove era stato ricoverato a dispetto di questa diagnosi, egli era oramai diventato
tarantato, stimolato dalla musica, dal ballo e dai colori182.
181
E. De Martino, La terra del rimorso, op., cit., p. 99. 182
De Martino riferisce che il tarantato ballò per quattro giorni al suono della musica del piccolo ragno: la tarantella. Nonostante le cure mediche dell’ospedale, Pietro è comunque contagiato. La crisi tossica di cui è
vittima non è di tipo biologico ma culturale. È divenuto tarantato. Sul fenomeno biologico di latrodectismo si innesta assorbendolo e
inglobandolo totalmente il fenomeno culturale del tarantismo, che andrà ad adattarsi sempre di più a quell’orizzonte mitico-rituale situato nel dominio. Di rilevante c’è anche il fatto che Pietro ebbe più di una crisi durante l’anno e per di più “fuori stagione”: una nel dicembre del 1955 e l’altra a gennaio del 1956. Stagione insolita per il fenomeno culturale del tarantismo che di solito si manifesta durante i primi mesi d’estate. Abbiamo già detto che la stagione estiva può essere compresa come una struttura ambientale situata, nel senso teorizzato da Slaby, del dominio in questione, in grado di indurre disposizioni affettive ben precise e di attuare censure e ricompense sui vari comportamenti
This is recursive subject-formation or “existential modulation” if anything is— individuals crucially contribute to make up the social domains they are part of, but they are themselves shaped and molded by these domains in turn. Both goes on at the same time, in a myriad of intersecting and overlapping ways—tiny contributory acts, the
simultaneous giving and receiving of form, shaping and being shaped.183
Il modello dell’affettività situata di Slaby permette di osservare i modi in cui l’implicazione ricorsiva di determinate disposizioni condivise, all’interno delle operazioni dei modelli comportamentali di affettività del dominio, modulino la mente e dunque la personalità individuale. Nel caso specifico di Pietro di Nardò egli sviluppa sensibilità al ballo, ai colori e alla musica perché divenuto tarantato.
Riferiamoci ancora una volta alle parole di Slaby:
While on the one hand realized by the many contributory affects, expressions, interactions, performances of the individual employees, supported by structuring features of the workplace such as architecture or purposefully arranged equipment, this overall affective climate at the same time exerts profound formative influences on the affective experiences and affective engagements of the individuals that regularly dwell
therein184.
Il caso di Pietro mostra la potente pervasività del fenomeno culturale del tarantismo. Esso è stato in grado di oltrepassare indenne ricoveri ospedalieri, cure e diagnosi mediche per permeare la mente di Pietro e renderlo partecipe di quell’orizzonte simbolico mitico-rituale culturalmente condizionato e condiviso che definisce il tarantismo. Le crisi di Pietro inizialmente sono così invadenti da non poter essere assoggettate all’influenza della stagione elettiva del fenomeno del tarantismo.
184
Rivolgiamoci alle parole di De Martino.
Nel dicembre del’ 55, fuori stagione, ebbe un’altra crisi occasionata dal fatto che
mentre era a farsi la barba dal barbiere- violinista, qualcuno nel retrobottega- forse non senza provocatoria malizia- prese a suonare la chitarra: allora Pietro si <<scazzicò>>, e dovette essere portato in calesse nella sua casa di Campagna, dove, appena giunto, chiese ardentemente i <<suoni>>. Giunse infatti da Nardò la comitiva dei suonatori, guidata dal barbiere–violinista, e Pietro si abbandonò sfrenatamente alla danza: andava danzando per campi, al suolo o in piedi, seguito dalla comitiva di suonatori che cercavano come potevano di disciplinare col ritmo questa frenesia, e di impedire che il loro cliente cadesse in qualche fosso o si facesse del male. A gennaio del’ 56, ancora
fuori stagione, altra crisi e altro ballo, poi più nulla fino a quest’anno. 185
Nel susseguirsi del tempo Pietro assunse come orizzonte di svolgimento della sua crisi i modelli mitico-rituali che strutturano il fenomeno del tarantismo secondo disposizioni affettive e comportamenti condivisi tramandanti culturalmente nella comunità contadina. La stagione estiva diventò anche per Pietro stagione elettiva di crisi, si era adattato e assoggettato ai modelli comportamentali condivisi e tramandati.
Riportiamo la crisi che ebbe Pietro, nel mese di giugno (stagione elettiva di insorgenza del tarantismo), qualche giorno prima dell’arrivo dell’équipe.
Pietro era su un carro da fieno, quando improvvisamente, cominciò ad assumere <<il comportamento dell’avvelenato>>, e a provarne le esperienze relative: portato a casa già accennava a voler danzare, ma i suoni mancavano, e Pietro, in mancanza di meglio, cercava di soddisfare la sua fame di ritmo picchiando col pugno sul tavolo o sulle sedie. Poi sopraggiunse la solita comitiva guidata dal barbiere-violinista, e Pietro poté ballare
185
con piena soddisfazione, nei campi e in casa, dalle otto di sera all’una di notte. L’affabulazione mitica tradizionale cui partecipavano parenti e amici, riplasmava in un nuovo ordito ciò che erano originariamente i fili dei reali avvenimenti storici: così, per esempio, nel racconto che ci resse la sorella del tarantato, l’episodio iniziale non si era svolto di notte, ma la taranta aveva morso il fratello <<a mezzogiorno>>, che è l’ora
elettiva in cui mordono le tarante del mito186.
Un altro aspetto rilevante del caso era il rapporto che Pietro instaurò con San Paolo. Egli parlava con il Santo e solo lui poteva udirne la voce e vederne la figura.
Un altro aspetto di questa tessitura simbolica era dato dal rapporto con S. Paolo. Durante le pause fra ballo e ballo, Pietro dialogava col Santo […]. La voce del Santo ci diceva Pietro giungeva alle orecchie proprio dall’esterno, ma non era limpida e chiara come quella delle altre persone: risuonava lontana e bassa, come di voce ascoltata al
telefono187.
Il giudizio che la famiglia espresse nei confronti della taranta era negativo o per meglio dire rancoroso. Il tarantismo portava con sé una dimensione che era anche economica. I comportamenti stravaganti di Pietro, le giornate di lavoro perse e le spese sostenute dalla famiglia per pagare i suonatori, ogni volta che si presentava una crisi, avevano portato in negativo l’economia della famiglia. Dato che Pietro di crisi ne ha avute più d’una
186
E. De Martino, La terra del rimorso, op., cit., p. 100. 187
all’anno gli unici conti in positivo erano quelli dei suonatori delle orchestrine.<< A un certo punto, nel corso del racconto della sua danza per i campi accompagnato dall’orchestrina, Pietro commentò con un melanconico sospiro: <<Ma vedete un poco che cosa si mette a fare un padre di famiglia come me!>> >>.188 Quest’ultima frase racchiude tutta l’insofferenza e l’impossibilità di Pietro di dominarsi e controllarsi nei confronti della taranta che morde e avvelena.
188
3.5 La dimensione politica e sociale in Jan Slaby ed in Ernesto De Martino. .
Riteniamo che vi sia un altro aspetto della teoria di Slaby che può essere avvicinato alla studio della dimensione politica del fenomeno del tarantismo.
Per Slaby e anche per De Martino i risultati delle plasmazioni, siano essi sistemi di reazioni culturalmente coerenti o siano la modulazione delle proprie disposizioni affettive attraverso strutture situate di un dominio sociale, hanno implicazioni che, in ultimo luogo, sono politiche.
Secondo Slaby, gli stati mentali individuali sono molto simili a mosse pubbliche in una “partita” governata da regole o impegni assunti e acquisiti
da ogni componente del dominio a causa delle loro mosse o azioni. Sono i complessi schemi socio-normativi che vincolano attraverso
l’abitudine e l’assunzione di determinati modelli comportamentali i singoli stati mentali delle persone. La plasmazione e la costituzione di determinate capacità mentali individuali implicano la questione di ciò che è normativamente adeguato, ovvero qualcosa degno di approvazione riflessiva da parte delle persone coinvolte. Per Slaby le due questioni sono inseparabili.