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3. I TARANTATI

3.1. Le persone

Il terzo capitolo di questo studio pone l’attenzione sulle singole persone, ovvero i protagonisti dello studio sul tarantismo di De Martino e della sua équipe: i tarantati. Furono ventuno le persone tarantate scelte come base della ricerca che si prestarono allo studio e fornirono la loro testimonianza159. Approfondiremo i casi documentati da De Martino in cui la pervasività del fenomeno del tarantismo si manifesta in modo palese ed evidente, questo per avvalorare la tesi secondo la quale il tarantismo può essere inteso come un fenomeno di invasione mentale, come lo teorizza Jan Slaby. Fu premura dell’équipe imparare a rapportarsi alle persone del luogo non come reperti e documenti ma come persone vive. In questo si rivelò fondamentale il lavoro dell’assistente sociale Vittoria de Palma.

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Riportiamo in semplice forma di elenco tutti i ventuno delle persone coinvolte: Anna di Nardò, Assunta di Avetrana, Carmela di S. Pietro Vernotico, Caterina di Taviano, Concetta di Cànnole, Cosimo di Nardò, Cristina di Nardò, Donato di Matino, Filomena di Cerfigliano, Giorgio di Galàtone, Giovanna di Maglie, Immacolata di Taviano, Maria di Nardò, Matilde di Cutrofiano, Michele di Nardò, Paola di Tuglie, Pantalea di Guiggianello, Peppina di Nardò, Rita di Alezio, Rosaria di Nardò.

Rivolgiamoci alle parole di Ernesto de Martino,

Tuttavia ci parve opportuno accogliere nell’équipe una assistente sociale, che in forma discreta e nei limiti consentiti dal carattere storico-religioso dell’indagine, ci ricordasse che i tarantati e quanti erano impegnati nel tarantismo non erano soltanto <<documenti>> per una ricostruzione storica ma persone vive di una società definita, cittadini dello Stato Italiano, e che se nella prospettiva storico–religiosa erano da trattare come documenti, ciò avveniva soltanto per un’astrazione altrettanto necessaria quanto

provvisoria […]160.

La questione fu molto sentita da De Martino e venne trattata spesso nei suoi scritti. In “Problemi di intervento di Ernesto De Martino e Vittoria De Palma”161

in appendice a la Terra del rimorso, la questione del rapporto etico tra ricercatori e le persone si ripresenta:

Si trattava di piegare le <<persone>> -in questo caso contadini e contadine del Salento- ad assumere un ruolo al quale non erano preparati, cioè quello di <<documenti>> per una ricerca storica, e di sgombrare per gli studiosi la via verso un rapporto che per alcuni di essi era desueto, o reso difficile dal temperamento, dalle

abitudini professionali, o semplicemente dall’ostacolo del dialetto162.

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E. De Martino, La terra del rimorso, op., cit., p. 57. 161

Ivi, p. 385. 162

Nel fenomeno del tarantismo non era unicamente coinvolto il soggetto tarantato, ma prendevano parte anche suonatori, familiari e soprattutto il pubblico, cioè la comunità contadina che si accalcava alle porte delle abitazioni (i bassi) in cui avvenivano le cure domiciliari. De Martino riferisce che nel 1959 in Salento il fenomeno culturale del tarantismo influenzava l’ideologia e il comportamento di migliaia di persone.

Faremo in seguito riferimento alle informazioni contenute in “Dati relativi alle condizioni economiche dei tarantati di Amalia Signorelli”163, in appendice a La terra del rimorso: qui vengono riportati i nomi accompagnati dalla rispettiva località di provenienza dei ventuno soggetti tarantati. Vengono inoltre riportate informazioni personali e familiari sulla vita di queste persone.

Particolarmente rilevante per il nostro studio saranno quei casi di tarantismo in cui si manifesta in modo evidente la pervasività e la forte influenza del fenomeno. La discendenza familiare dell’avvelenamento da primo morso, la ripetizione annua del fenomeno e la capacità di permeazione che si manifesta in alcuni casi specifici sono per il nostro studio caratteri rilevanti, in quanto permettono di osservare il continuo assoggettamento delle disposizioni individuali delle singole persone.

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Questo è causato dall’interazione tra il soggetto e le strutture ambientali situate presenti nel dominio del Mezzogiorno. In questo modo il tarantismo, risultato di queste interazioni, può essere compreso anche come fenomeno di contagio emotivo dovuto ad un invasione esterna che, nel nostro caso, è anche un avvelenamento esterno.

Nonostante lo studio di Jan Slaby ,“Mind Invasion: Situated Affectivity and the Corporate Life Hack”, che abbiamo approfondito nel primo capitolo di questo studio, tratti casi più moderni e attuali, ovvero situazioni vissute dalla maggior parte di noi, crediamo che avvicinare o meglio utilizzare la teoria dell’affettività situata in relazione al fenomeno del tarantismo studiato da De Martino, possa far ancor più luce sul modo in cui agisce l’affettività situata. Il fenomeno del tarantismo è lontanissimo dal nostro ordine simbolico culturalmente condizionato e anche detto, usando la terminologia di Slaby, dominio sociale. Il fatto che sia per noi un mondo lontano potrebbe permetterci di superare quel problema che Slaby riscontra nello studio della portata dell’affettività situata in casi culturali contemporanei. Il problema consisterebbe nel fatto che a noi, essendo già da sempre inseriti in un dominio sociale, risulterebbe molto difficile studiare l’effetto e l’ampiezza di quelle strutture situate che plasmano anche noi stessi.

This issue is so vexing because the very subjects whose evaluative outlooks are needed to make these critical assessments are themselves the targets—and ultimately, the “products”—of these formative influences. Affective attachments to and within complex social domains are a crucial dimension among those factors that constitute us as persons. Accordingly, it might seem questionable whether there can even be so much as a space for critical assessment of those very domains, practices and routines which have brought about our subjective and evaluative perspectives in the first place. How can there be enough critical distance when it is in fact the case that, plainly, we are our

sustained affective attachments (Berlant, 2012; see also Butler, 1997, 2015)? 164

Cercheremo seguendo questa strada di avvalorare la nostra tesi secondo la quale il tarantismo risulta avere quei caratteri che lo rendono un fenomeno di invasione mentale. Osserveremo e studieremo attraverso i casi specifici di tarantismo la portata e la notevole forza pervasiva a cui in quel preciso momento storico culturale quelle persone erano assoggettate.

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