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2. CONNESSIONI CON GLI STUDI CULTURALI DI ERNESTO DE

2.1. La letteratura etnologica di Ernesto De Martino

In questo secondo capitolo ci concentreremo su alcuni degli studi etnologici di Ernesto De Martino. Essi sono il risultato di spedizioni interdisciplinari condotte sul campo, aventi come oggetto di studio e ricerca la cultura popolare e le sue manifestazioni magico-religiose nel

Mezzogiorno italiano degli anni cinquanta del secolo scorso. Inizialmente ci soffermeremo, se pur in maniera generale, sulla parte

teorica del pensiero di Ernesto De Martino, ponendo l’attenzione su alcuni dei suoi concetti principali: la genesi e la successiva maturazione della nozione di crisi della presenza e l’altro concetto che accompagna l’intero pensiero dell’autore, l’ethos del trascendimento, fondamentali per comprendere e leggere gli studi di De Martino. In secondo luogo descriveremo uno dei fenomeni osservati e studiati dall’équipe: il fenomeno cultuale del tarantismo. Studiandolo tenteremo di osservarne la pervasività e di evidenziarne le caratteristiche che lo rendono un fenomeno di invasione mentale .

Per il nostro scopo sarà particolarmente rilevante l’opera di De Martino definita come la sua trilogia sul meridione: Morte e pianto rituale nel

mondo antico85, Sud e magia86 e La Terra del rimorso87, soffermandoci nello specifico su quest’ultimo.

I tre testi studiano sul campo ( Lucania, Salento, Calabria ma anche Sardegna e Romania) le reazioni culturali ad una vita che concerne spesso situazioni di rischio: la perdita di una persona cara, il sopravvivere a ciò che minaccia lo svolgimento della vita quotidiana e il ritorno di situazioni passate mal esperite che tornano ad affacciarsi nella vita delle persone rendendo il loro agire intrappolato e inattivo. I rischi corsi da queste persone sono molto più reali di quanto si possa immaginare.

Le spedizioni etnografiche si svolsero tra il 1952 e il 1959 nel sud Italia. Al fianco di De Martino, direttore delle spedizioni, storico delle religioni ed etnologo, si sono associate più figure professionali: un’assistente sociale nella persona di Vittoria de Palma, figura molto importante perché compagna di vita e di studi di De Martino. Ella aveva il compito di guidare ed intermediare il rapporto tra le persone e gli studiosi.

Vi erano un musicologo, Diego Carpitella, un fotografo, Franco Pinna, un’antropologa, Amalia Signorelli, e un neuropsichiatra, Giovanni Jervis.

85

E. De Martino, Morte e pianto rituale nel mondo antico, op., cit,. 86

E. De Martino, Sud e magia,op.,cit.

D’altra parte, poiché la vita e la ideologia di una comunità contadina del Mezzogiorno, le sue condizioni materiali di esistenza e il modo col quale tali condizioni si riflettono nella mente di chi è impegnato a viverle, presentano una tale varietà di aspetti che assai difficilmente un solo studioso è in grado di possedere tutte le

competenze indispensabili per un’analisi completa88

.

Il lavoro di Ernesto De Martino e della sua équipe interdisciplinare porta con sé un’ideale pratico: documentare determinate risposte a situazioni- limite, non per classificarle come relitti folklorici di una cultura non ancora dissolta, ma per testimoniare e far dunque partecipare queste persone, i contadini poveri del meridione, ai diritti sociali e a quelli civili, facendoli così entrare nella storia.

Leggiamo le parole di De Martino:

Le ideologie e le forme istituzionali magiche lucane, secondo le indicazioni che risultano dalla presente inchiesta, fondano la loro sopravvivenza sulla frequenza e sull’ampiezza delle crisi di miseria psicologica in un ambiente in cui le persone non riescono ad apprendersi come operatori storici, come centri di iniziativa e di scelta

secondo categorie realistiche del pensiero e del comportamento89.

E qui che si configura l’ultima conclusione a cui ci sembra metta capo la nostra inchiesta: il cammino che conduce alla liquidazione delle sopravvivenze magiche in Lucania e nel resto del Mezzogiorno d’Italia passa per le trasformazioni sociali, per lo sviluppo della coscienza sindacale e politica, per il moltiplicarsi dei pubblici servizi e

88 E. De Martino, Sud e Magia, op., cit., p. 151 89

delle varie forme di assistenza, per il miglioramento delle condizioni igienico sanitarie,

per la diffusione del senso di sicurezza civile90.

Questo è il fine ultimo degli studi sulla cultura popolare nel Mezzogiorno di De Martino e della sua équipe: far entrare i contadini nella storia portando il loro sapere come testimonianza della loro cultura orale e permettere loro di abbandonare determinate conoscenze e credenze perché non più necessarie. Partecipare alla storia, per De Martino, vuol dire potersi affidare a leggi civili e diritti sociali che fanno le veci di quelle credenze diminuendo i rischi e aumentando la sicurezza civile e personale. Riportiamo le parole della premessa a Sud e Magia di Fabio Dei e Antonio Fanelli, per avere un quadro ancora più chiaro.

Nel linguaggio di De Martino sia la magia che il sud sono temi <<scandalosi>>. Per scandalo si deve intendere un fenomeno o un evento che, nel momento in cui cerchiamo di comprenderlo, scardina le nostre certezze e ci costringe a mettere in discussione le categorie usuali del nostro pensiero. La magia, come detto, spinge a ripensare la genealogia della ragione e dello stesso concetto di <<realtà>> […] è lo scoglio etico- politico su cui si infrangono i concetti di civiltà e progresso. È dalla combinazione di questi due <<scandali>>, epistemologico e politico, che nasce l’idea delle <<spedizioni>> etnografiche in Lucania e in Puglia […]. Da tali ricerche nascono Sud e Magia e altri due libri cruciali: lo studio sul lamento funebre (Morte e pianto rituale nel

mondo antico,1958) e quello sul tarantismo salentino (Terra del rimorso,1961).91

90

E. De Martino, Sud e magia, op., cit., p. 28. 91 Ivi, p. x.

Si può ritenere esagerato definire <<viaggio etnografico>> una spedizione che in poche ore porta da Roma a Matera. Ma ovviamente per de Martino è la distanza storico

sociale che conta non quella geografica92.

I territori della Lucania e del Salento non vanno intesi solo come terre, campagne assolate e quasi desertiche bisognose soprattutto in estate di un duro lavoro agricolo per essere produttive. Le terre di cui stiamo parlando strutturano, usando la terminologia di Slaby, uno specifico dominio sociale. La stessa stagione estiva assume un valore più ampio:

La stagione di cui si parla non è un complesso di nudi dati astronomici e

metereologici, di mutamenti nel regno animale o vegetale, di semplici opportunità lavorative, ma è la concretezza esistenziale dell’estate pugliese durante l’epoca compresa fra il Medioevo e il secolo XVIII, nei corrispondenti quadri economico- sociali dominanti nella regione e differenziati per luoghi e per periodi. […] Era in questa stagione che veniva deciso il destino dell’anno, si colmavano i granai e le celle vinarie, si pagavano i debiti: gli animi entravano in un’epoca di drammatica

sospensione, misuravano la forza e i limiti della fatica umana93.

L’epoca che, sul piano economico, significava la possibilità di pagare i debiti, sul piano simbolico si trasfigurava in un periodo in cui potevano essere pagati anche i debiti

esistenziali accumulati nell’anima94.

92 E. De Martino,Sud e magia, op., cit., p. XI.

93 E. De Martino, La Terra del Rimorso, op., cit., p. 179-180. 94

È questo il dominio in questione. Ne vien fuori un’immagine a coloritura drammatica fatta di fatica di fame e di sete, di contadini che vivono in condizioni non idonee per nessuna persona, oppressi dal faticoso e continuo lavoro nei campi con il quale non erano comunque in grado di sostenere in maniera efficiente le proprie famiglie. Un mondo molto labile, dove comunque le situazioni-limite venivano affrontate attraverso l’istituzione culturale di modelli comportamentali atti a superare quel rischio e la crisi che ne può seguire. Questi modelli di comportamento poggiano su impalcature affettive che operano sulle situazioni e si plasmano, plasmando a loro volta la vita di questi uomini. Per dare maggior forza all’immagine di questo mondo, ci rifacciamo alle parole di Ernesto De Martino contenute nelle Note lucane, presenti ne “Il cantiere di Sud e magia” in Sud e Magia. In queste note viene documentato un breve viaggio fra gli abitanti della Rabata, un quartiere molto povero di Tricarico in Lucania.

Tuttavia il fatto reale è che in questo scenario che sembra la negazione della storia vivono alcune migliaia di persone storiche. Vivono nel groviglio di tane che si addossano alle pendici alquanto brusche del colle di Tricarico, onde ne risulta un labirinto di sconnesse viuzze precipiti, sfogo di fogne della parte alta del paese. Vivono ma meglio si direbbe che contendono al caos le più elementari distinzioni dell’essere: la luce lotta qui ancora con le tenebre, e la forzata coabitazione di uomini e bestie suggerisce l’immagine di una specie umana ancora in lotta per distinguersi dalle specie animale. Rachitismo, artritismo e gozzo insidiano i corpi: eppure essi vivono. Eccoli

qua davanti a noi a raccontarci la loro storia95.

95

Il mondo contadino del meridione italiano veniva spesso considerato un insieme di persone ignoranti, analfabete e prive di istruzione. Per Ernesto De Martino e la sua équipe la situazione non era questa: << io non saprei definire altrimenti l’ignoranza che come mancanza di partecipazione personale alle domande reali che la vita pone, e come mancanza di impegno a rispondervi nel solco della tradizione. Ignoranti in questo senso ve ne sono dappertutto, fra gli analfabeti come fra gli alfabeti […].>> 96 Ernesto De Martino ha conosciuto molti dei contadini che popolavano la zona della Lucania e del Salento. Non erano solo fonti per lo studio della cultura popolare, ma in primo luogo erano persone vive, che hanno letteralmente messo a disposizione la loro voce. L’équipe era in grado di registrare attraverso apparecchiature specifiche, fornite ai ricercatori dalla RAI-TV, le voci di queste persone. Questo atto sollevava questioni di tipo etico in De Martino e negli altri studiosi, specialmente quando lo studio aveva come oggetto d’interesse i lamenti funebri, ovvero quei canti che venivano prodotti durante i funerali.

L’équipe si domandava se chiedere di ripetere un lamento funebre senza una vera situazione luttuosa fosse eticamente giusto. Vi era molta reticenza da parte delle lamentatrici nel riprodurre quei canti.

Ci sia infine consentito di ringraziare qui pubblicamente -e non importa se questo ringraziamento non raggiungerà coloro ai quali è destinato -tutte le contadine lucane che di buon grado ci fornirono le informazioni richieste, piegandosi alla ingrata fatica di rinnovare davanti ad altri, nella forma del rito, il cordoglio per i loro morti: strumenti, esse, di una scienza che non intendevano e per la quale pagavano senza saperlo un umile tributo di dolore. […] non sapremmo distinguere il nostro ringraziamento dal caloroso augurio che, se non esse, almeno le loro figlie o le loro nipoti, perdano il nefasto privilegio di essere ancora in qualche cosa un documento per gli storici della vita religiosa del mondo antico e si elevino a quella più alta disciplina del pianto che forma parte non del tutto irrilevante della emancipazione economica, sociale, politica e

culturale del nostro mezzogiorno97.

Era necessario creare un vero rapporto di fiducia con gli abitanti del luogo. Una volta superata l’iniziale diffidenza le persone si dimostrarono nei confronti dei ricercatori disponibili a produrre e rendere ufficiale la loro testimonianza, il loro sapere e la loro storia.

In suo un articolo pubblicato nella rivista Il Rinnovamento d’Italia nel 1952, riportato ne “Il Cantiere di Sud e magia”, in Sud e magia De Martino ha scritto:

Personalmente io ho esperienza dei contadini lucani, ne conosco parecchi per nome e per cognome, e per storia della loro vita: sono stato a lungo con loro, ho visitato le loro case, ho mangiato e bevuto con loro. Ebbene questi contadini non ponevano solo domande e in ogni caso la loro vita culturale non si esauriva nel domandare. La società li aveva lasciati nella miseria, aveva negato loro i potenti mezzi tecnici della cultura, il

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saper leggere e il saper scrivere, ma essi, come persone intere, non si erano mai rassegnati a recitare nel mondo la parte degli incolti, e sotto i momenti critici dell’esistenza, la nascita, il cibo, la fatica, l’amore e la morte, avevano costruito un sistema di risposte, cioè una vita culturale, formando così, di fronte alla tradizione

scritta della cultura egemonica, la tradizione orale del loro sapere98.

Abbiamo fin qui delineato il campo degli studi culturali che ci interessano per il presente lavoro; la cultura popolare del meridione italiano. L’autore di questi studi è molto più di un semplice etnologo che abbiamo visto avere un fine ultimo che va oltre la semplice documentazione e catalogazione di elementi folkloristici. Ci siamo soffermati su quel mondo contadino cercando di metterne a fuoco la desolazione, la drammaticità e allo stesso tempo il continuo brulicare di reazioni dei protagonisti di queste ricerche, essi reagiscono ad un rischio e lo fanno generando un sistema culturale.

Il rischio è praticamente ovunque nella vita di queste persone. Proprio su questo rischio ci concentreremo nel secondo paragrafo, cercando di capire se la dinamica transpersonale generata come risposta può essere studiata come caso di invasione mentale dovuto a impalcature affettive situate, costitutive del dominio sociale che definisce la realtà culturale.