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La teoria dell'affettività situata di Jan Slaby e gli studi culturali di Ernesto De Martino. Studio sulla portata dell'affettività situata all'interno del fenomeno culturale del tarantismo e le sue implicazioni.

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INDICE

INTRODUZIONE……….…5

1. LA TEORIA DELL’AFFETTIVITÀ SITUATA………...11

1.1. Affetto ed emozioni: impegno attivo temporalmente espanso……11

1.2. Teorie di costruzione di nicchia………..20

1.3. Critica al modello utente-risorsa……….32

1.4. Un nuovo punto di partenza………44

2. CONNESSIONI CON GLI STUDI CULTURALI DI ERNESTO DE MARTINO……….52

2.1. La letteratura etnologica di Ernesto De Martino……….52

2.2. Il rischio: la crisi della presenza………..61

2.3. L’ethos del trascendimento……….72

2.4. Il fenomeno culturale del tarantismo………..77

3. I TARANTATI……….98

3.1. Le persone……….98

3.2. Il caso di tarantismo in madre-figlia: Caterina e Immacolata di Taviano………...103

3.3. Il caso di tarantismo della siciliana Paola di Tuglie…………....112

3.4. Il caso reale di latrodectismo di Pietro di Nardò………116

3.5. La dimensione politica e sociale in Jan Slaby ed in Ernesto De Martino………...123

(3)

CONCLUSIONI………128

APPENDICE………130

Cristo si è fermato a Eboli: L’opera sul meridione di Carlo Levi e

l’influenza su Ernesto De Martino

………...130

(4)

INTRODUZIONE

In questo studio tratteremo due autori e due discipline lontane fra loro. Il primo autore è Jan Slaby, attualmente professore di filosofia alla Freie Universitӓt di Berlino, le cui aree di studio si articolano, solo per citarne alcune, fra la filosofia delle emozioni, la filosofia della mente e, molto

importante per noi, lo studio interdisciplinare dell’affettività. Ci concentreremo sul suo articolo“Mind Invasion: Situated Affectivity and

the Corporate Life Hack”1, che tratta la teoria dell’affettività situata. Vedremo che per Slaby l’affettività è qualcosa di molto complesso, strutturata in un’intensa dinamica transpersonale che lega le persone fra loro e le ancora sintonizzandole anche al proprio ambiente. L’autore userà al posto di “ambiente” il termine “dominio sociale”. Tale dominio vedremo essere in grado di modellare profondamente le disposizioni affettive individuali di chi lo abita.

Il secondo autore è Ernesto De Martino. Egli è stato etnologo e storico delle religioni, con importanti studi di filosofia alle spalle. Il suo interessamento alla cultura popolare del Mezzogiorno degli anni ’50 lo ha portato a concentrarsi su fenomeni culturali fino ad allora poco studiati: la magia popolare, il lamento funebre e, di notevole importanza per il nostro

1 J. Slaby “Mind Invasion: Situated Affectivity and the Corporate Life Hack.”, Frontiers in Psicology, 2016, vol. 7, article 266.

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studio, il tarantismo. L’obiettivo ultimo delle varie spedizioni compiute da De Martino e dalla sua équipe interdisciplinare nel meridione italiano era quello di rendere le conoscenze subalterne2 del popolo del meridione un sapere ufficiale e riconosciuto. Il fine era quello di permettere a queste persone, i contadini poveri del Mezzogiorno, di entrare nella storia del resto d’Italia e partecipare così ai diritti civili e sociali che non esistevano ancora nelle loro terre.

Ad un primo sguardo gli ambiti di studio dei due autori non potrebbero sembrare più lontani, ma riteniamo sia possibile immaginare un dialogo fruttuoso fra di loro..

Nel testo di Slaby sono presenti alcuni aspetti che ci hanno spinto ad avvicinare la sua teoria dell’affettività situata al fenomeno culturale del

tarantismo. Uno di tali aspetti è la critica al modello utente-risorsa. Per Slaby non è utile applicare all’affettività situata il modello di una

persona isolata che si rapporta ad una risorsa per migliorare o assicurarsi la propria esperienza. Un utente non è mai isolato, ma arriva sempre da una precedente relazione con un ambiente, e non si rapporta con consapevolezza ad un’unica risorsa, ma come vedremo si inserisce in una dinamica dell’affettività più complessa. Piuttosto che utilizzare il modello utente-risorsa, Slaby propone di parlare di invasione mentale.

2

Per “subalterno” si intende qualcosa che si trova in una posizione gerarchicamente inferiore, in questo caso la cultura contadina è spesso vista come inferiore rispetto a quella del resto d’Italia.

(6)

Questo concetto rende perspique situazioni in cui non è esattamente l’individuo con le sue decisioni consapevoli e personali ad impiegare una risorsa mentale per perseguire determinati obiettivi. Altro fattore importante è l’interesse di Slaby per la normatività. Nel momento in cui veniamo ancorati ad un ambiente assumiamo spesso in modi irriflessivi le norme che vigono al suo interno. Dunque la questione risulta avere implicazioni politiche e morali. Lo stesso Slaby propone l’unione interdisciplinare con studi culturali per comprendere meglio la portata della teoria dell’affettività situata. L’autore tematizza una difficoltà insita nello studiare le implicazioni che derivano dall’essere ancorati al dominio e il seguente sviluppo di disposizioni affettive individuali. Spesso assumendo irriflessivamente a livello normativo determinate istanze non è semplice rendersi conto se queste contengano o meno contraddizioni o se siano salutari per la nostra persona. Questo perché noi siamo inglobati e plasmati dalle stesse strutture su cui vogliamo riflettere, ed è difficile riuscire ad isolarle. Eccoci dunque arrivati al perché del nostro interesse sul fenomeno del tarantismo. Essendo esso lontano sia temporalmente sia socialmente dal nostro ambiente (o dominio sociale), può essere studiato in maniera più obiettiva e distaccata (non senza una certa meraviglia ed empatia), e sarà così possibile osservare la pervasività del fenomeno e la dimensione priva di potere decisionale e inconsapevolezza che lo induce, mostrando così la portata della teoria dell’affettività situata al suo interno.

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Dobbiamo a De Martino quello che sappiamo sul fenomeno culturale del tarantismo salentino grazie alla sua opera La terra del rimorso3. L’autore ha inoltre approfondito altri studi come quello sul fenomeno della magia popolare in Lucania in Sud e magia4, e quello sul lamento funebre con Morte e pianto rituale nel mondo antico5.

Riteniamo che possa essere interessante e produttivo avvicinare due autori lontani fra loro, evidenziando la portata della teoria di Slaby attraverso lo studio sul fenomeno culturale del tarantismo di De Martino.

In primo luogo esporremo la teoria dell’affettività situata di Jan Slaby soffermandoci sui concetti chiave: il significato di dominio sociale, la dinamica dell’affettività, la nicchia affettiva, le strutture situate e la critica al modello utente-risorsa.

Nel secondo capitolo ci concentreremo su Ernesto De Martino, illustrando le sue opere più importanti e descrivendo il suo campo di studi. Descriveremo il dominio sociale in cui si plasma il tarantismo e dunque parleremo del Mezzogiorno degli anni ’50. Ci soffermeremo sulle strutture situate del dominio che lo rendono tale e che, plasmandosi con gli abitanti danno vita a fenomeni di tipo culturale.

3

E. De Martino, La Terra del rimorso, Contributo ad una storia religiosa del sud, il Saggiatore, S.r.l., Milano 2015. Prima edizione: il Saggiatore, Milano, 1961.

4

E. De Martino, Sud e Magia, Edizione speciale con le fotografie originali di F. Pinna, A. Gilardi e A. Martin e con l’aggiunta di altri testi e documenti del cantiere lucano, a cura di Fabio Dei e Antonio Fanelli, Donzelli editore, Roma, 2015

5

E. De Martino, Morte e pianto rituale nel mondo antico, Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, introduzione di Clara Gallini, Bollati Boringhieri editore, Torino, 1958, 1975, 2008 , 2018.

(8)

Successivamente analizzeremo la parte più teorica del suo pensiero, cercando di spiegare i concetti di “crisi della presenza” e di “ethos del trascendimento”, necessari per comprendere la sua trilogia sul meridione. A questo punto introdurremo il fenomeno culturale del tarantismo. È opera di De Martino la dimostrazione del tarantismo come di un fenomeno prettamente culturale circoscrivibile al territorio salentino, escludendo così la causa biologica o psicopatologica del fenomeno.

Nel terzo capitolo tratteremo nello specifico il tarantismo e i suoi protagonisti, ovvero le persone classificate come tarantate, coinvolte in prima persona nella ricerca di Ernesto De Martino. Faremo riferimento alla teoria di Jan Slaby, mostrando ed evidenziando quei caratteri che secondo il nostro studio permettono di comprendere il tarantismo come un fenomeno di invasione mentale.

In ultimo, proponiamo in appendice un breve confronto tra l’immagine del meridione che traspare da Ernesto De Martino e quella che descrive un altro autore, Carlo Levi, che nel suo romanzo Cristo si è fermato a Eboli6,

affrontava la questione meridionale già anni prima.

6

C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Saggi introduttivi di Italo Calvino e Jean Paul Sartre, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2014.

(9)

Questo lavoro è il risultato dell’unione degli studi di due autori tra loro lontani nel tempo e apparentemente non legabili insieme. Come vedremo

però, l’interesse interdisciplinare è qualcosa che accomuna entrambi. Ci auguriamo che l’aver avvicinato i loro studi possa condurre ad un

punto di vista più ampio, che consiste nell’ approfondire e nell’osservare la portata della teoria dell’affettività situata e allo stesso tempo la complessità e la pervasività del fenomeno culturale del tarantismo.

(10)

1 LA TEORIA DELL’AFFETTIVITÀ SITUATA

1.1 Affetto ed emozioni: impegno attivo temporalmente espanso

Che cosa s’intenda con la parola “affettività” è tutt’altro che scontato. Normalmente associamo alla parola affetto un significato che ha a che fare con la capacità e le inclinazioni di una persona a provare determinati sentimenti, circoscrivibili all’interno dell’amicizia, dell’affezione del bene e del calore. Provare affetto per qualcuno è di solito qualcosa di bello, soprattutto se reciproco, non ricevere affetto da qualcuno potrebbe essere un’esperienza tutt’altro che positiva.

Per Slaby l’affetto risulta essere qualcosa di molto più complesso e di ampia portata. Lo definisce come un’intensa dinamica transpersonale che lega i vari interagenti e allo stesso tempo li ancora al loro ambiente. È una dinamica che trascende le emozioni individuali categoriali (come per esempio la paura, la vergogna, la gelosia e molte altre) permettendone in un certo qual modo la manifestazione.

Much of my specific angle of interest in this article concerns affect in the sense of intensive transpersonal dynamics that link various interactans while also anchoring

them in their surrounding7.

L’ambiente che ancora questi agenti a sé è da Slaby chiamato dominio sociale.

7

(11)

Some clarification is in order on my employment of the concept “social domain”, as it plays a crucial role in the present account. It is difficult define and demarcate social domains in a precise manner, as the so many different varietes of them-large and small, official and informal, persistent or transiet, materially circumscribed or just

institutionally demarcate, in all sorts of different ways8.

Per fare maggior chiarezza su cosa sia un dominio sociale e in che modo esso modella profondamente la nostra affettività ancorandoci a sé, Slaby propone un esperimento mentale molto utile alla comprensione: immaginiamo di essere degli stagisti inesperti al nostro primo giorno di lavoro. Si noterà fin da subito come gli altri dipendenti parlano e si muovono in modi molto simili tra loro che a noi stagisti, al nostro primo giorno di lavoro, appaiono quasi alieni.

Imagine you begin as an inexperienced intern in a large company. […] You find the regular employees speaking, acting, moving, and comporting themselves in ways that are unfamiliar to you in various ways. Not only will their work routines be new to you, but also their stiles of interacting, of comporting themselves, of resonanting affectively with one another, the ways of address, of conversing with superiors, the use of humor to begin a conversation or deflate a moment of tension when and how to display certain feelings openly (enthusiasm maybe, or pride after an achievement), or suppressing

others (no fear, no insecurities), and so on9.

8 J.Slaby, “Mind Invasion: Situated Affecrivity and Corporate Life Hack”, cit. p. 8. 9

(12)

A noi stagisti immaginari, nuovi al lavoro dell’azienda, verrà chiesto di imparare come devono essere eseguite le normali routine di lavoro.“You will have to habituate in various informal ways as well, in order to become “one of them”” 10

.

Quel “one of them”, diventare come uno di loro, in questo caso come uno dei dipendenti, includerà in modo cruciale numerose forme di comportamento affettivo particolare. Quel che fino a questo punto dell’esperimento mentale è chiaro è che in questo momento, a me stagista, l’azienda appare una terra estranea, un dominio sociale a cui ancora non partecipo. L’esperimento mentale di Slaby continua. Adesso non siamo più stagisti ma abbiamo raggiunto una posizione importante e ci viene assegnato un dipendente inesperto al suo primo giorno di lavoro.

Quello che si scopre osservando è questo:

Seeing the novice stagger around the office insecurerly, unsure even of how to talk, how to sit, when to smile, whom (and how ) to ask for advice, it occurs to you how profoundly you yourself have been inculcated into the company’s specific “style of

play” (a mixture of doing and being, always on display)11

.

Ci rendiamo conto di essere stati anche noi degli stagisti e di quanto lo stile interno della compagnia ci abbia influenzato profondamente.

10

J. Slaby,“Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack,” cit. p.1. 11 Ibidem.

(13)

I stop this little finctional exscursion into the corporate world at this point. With it, I want to point to one of those expanded zones of contemporary life in which human affectivity is profoundly framed and modulated so that the affective and emotional disposition of an individual squarely fall in line with the interaction routine prevalent

in these domains12.

Qualunque sia il modo del dominio, in minima parte ci deve essere un’organizzazione mirata: occorre che i confini siano riconoscibili, per quanto sfocati e mutevoli. Slaby intende quindi quel particolare scenario in cui un dominio sociale attira gli individui in determinate modalità di interazione affettiva. Nella maggior parte dei casi questi ambienti o scenari fanno in modo che si formi una sintonizzazione che produce abitudine agli stili affettivi e ai modelli di interazione presenti in quel dominio, che sono più che semplicemente presenti, essi sono normativi del dominio sociale in questione, in altre parole ciò che rende quel dominio ciò che è. Che cosa caratterizza un dominio sociale è il fatto che la domanda e l’effetto, modellano profondamente la personalità individuale.

L’azienda di lavoro è solo un esempio di modulazione affettiva, qualcosa di simile continua la sua attività nel mondo dell’educazione, dell’università, dello sport e in molti altri domini.

(14)

Dunque abbiamo visto che l’affetto è una intensa dinamica transpersonale che lega gli individui fra loro ma anche al dominio sociale in questione. Vediamo da vicino cosa comporta intendere l’affetto come una dinamica. L’autore propone la ripresa di una schematizzazione per cercare di far chiarezza sulla comprensione dell’affetto.

Thus understanding of affect, prevalent especially in the field of “cultural studies” (e.g., Massumi, 2002; Gregg and Seigworth, 2010) can then be differentiated further

into the following three closely connected subclasses13.

Part of the point of the following considerations is that these three dimensions are densely interrelated, notably in the outside- in direction: i.e., a particular sustained “affective arrangement” prevalent in a social domain (type 3 above) regularly evokes both occurrent scenes of affective relatedness (type 1) and there by, over time, habituates individuals’ standing capacities or dispositions to affect and be affected in

specific ways (type 2)14.

13

J. Slaby, “Mind Iinvasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack,” cit. p.2 . 14 Ivi, p. 2-3.

(15)

Soffermiamoci sulle tre suddivisioni:

1) Episodi occasionali di situazioni che colpiscono e sono a loro volta colpite

2) Disposizioni affettive individuali, nel senso delle capacità di una persona di risonanza affettiva in modi specifici

3) Modelli di istituzione sociale di affettività inerente al dominio: particolare clima affettivo o modalità/predefinite di relazioni affettive che caratterizzano un determinato luogo come può essere quello di lavoro.

Le tre suddivisioni della dinamica dell’affetto sono strettamente interconnesse. Partecipare ad un dominio sociale (n. 3), implica sia l’essere colpiti da determinate situazioni affettive (n.1), ma anche la possibilità di sviluppare sulla base delle disposizioni affettive del dominio, delle inclinazioni a disposizioni affettive individuali (n.2).

Quel che cambia, a causa delle disposizioni di affettività relazionali prevalenti nel dominio, è la capacità di modulare e cambiare le mie disposizioni affettive. Per Slaby affetto ed emozioni, come vedremo andando avanti con il nostro studio, non sono mai semplicemente questione di stati interni né solo modi stretti di essere colpiti, ma di solito comprendono sequenze di impegni attivi con il mondo. Occorre prestare attenzione a quelle forme di affettività relazionali, sociali e dinamiche invece che ai singoli casi emotivi.

(16)

Per spiegare il concetto di emozione come impegno attivo è molto importante per Slaby lo studio di Griffiths e Scarantino, “Emotion in the Wild”15.

In it, the authors propose a naturalistic, social-psychology-, and evolutionary-biology-inspired account of emotions as strategic moves within social relationships that are profoundly embedded within environmental structures, both synchronically and

diachronically16.

Le dimensioni temporali diacronica e sincronica permettono di considerare le emozioni come impegno attivo temporalmente espanso poiché le due dimensioni forniscono un incontro:

Moreover, Griffiths and Scarantino’s distinction between a diachronic and synchronic dimension of these embedding structures provides a valuable methodological directive for further work: these two dimensions make for separate strands of analysis in a candidate case of situated affect, thus in forming about both, direct on-going (“on-line”) environmental shaping of affective processes and the longer-term historical

development of the support structures in question17.

15 Griffiths, P. E., and Scarantino, A. (2009). “Emotion in the Wild”, in the Cambridge Handbook of Situated Cognition, eds P. Robbins and M. Aydede (Cambridge: Cambridge university Press) p. 437-453. 16

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack,” cit., p. 3. 17 Ivi, p. 4.

(17)

Slaby considera fondamentale questa concezione di affettività come impegno attivo di Griffith e Scarantino:

This highlights the way in which affectivity might be a matter of repeated acts of active

structuring of the environment by an agent or a group of agents, with the aim to

achieve relational goals and to effect changes in the world that are conducive to the

agents’18

.

Un altro concetto fondamentale per lo studio sull’affettività situata è quello di impalcatura ambientale. Nello studio di Griffith e Scarantino quello che, secondo Slaby, non è chiaro è se queste impalcature ambientali siano in grado di diventare a sua volta costitutive della persona che vi agisce affettivamente.

Instead, they emphasize the less ontologically committing notion of environmental

scaffolding. An external scaffold—a concept introduced by Clark (1997) with a nod to

Vygotsky, (1986 [1962])—is any item or structure in the environment that provides reliable support for cognitive processes, so that cognitive routines will regularly exploit these structures to enhance their functionality and effectiveness. Prime examples are public language and other symbol system and notations, but also other artifacts such a

computer,[…]19

.

18

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack,” cit. p.3. 19

(18)

Dunque, alla luce di tutto quello di cui abbiamo parlato possiamo dire che esistono dei domini sociali strutturati in impalcature affettive. Essi modulano e strutturano in modo diacronico e sincronico l’affettività di chi vi partecipa. Per noi è importante vedere oltre le singole emozioni categoriali: è necessario accorgersi che esse sono strutturate e modulate su impalcature ambientali affettive.

Per i due autori, Griffith e Scarantino, è l’individuo stesso ad attuare intenzionalmente le mosse strategiche all’interno delle strutture ambientali. Slaby invece sostiene che le impalcature affettive non sono solo uno sfondo sul quale agire o da utilizzare attraverso un impegno strategico, ma con molta probabilità diverranno costitutive della persona che le vive. Inoltre non è detto che l’individuo agisca consapevolmente e intenzionalmente, come sostenuto dagli autori di “Emotion in the Wild”.

(19)

1.2 Teorie di costruzione di nicchia

Il concetto di impalcatura ambientale viene approfondito da Slaby utilizzando come riferimento uno studio di Colombetti e Krueger,, “Scaffolding of the affective mind”20

. Questa teoria è un approccio più ampio dell’idea d’impalcatura ambientale. I due autori si rifanno alla nozione biologica di nicchia.

Colombetti and Krueger (2015) have expanded upon the groundwork provided by Griffths and Scarantino with their own proposal on affective scaffolding, inspired by the philosopher of biology Sterelny (2010, 2012). They follow Sterelny in transposing work in evolutionary niche construction theory (cf. Smee et al., 2003; Odling-Smee and Laland, 2009) to human social life, then adding affectivity to the mix to

enrich the picture of the socially scaffolded mind21.

L’approccio di costruzione di nicchia sostiene che gli organismi modificano il loro habitat in modi diversi, mentre la loro forma funzionale continua ad essere plasmata dallo sfondo della loro rispettiva nicchia. Si arriva dunque a complessi processi di co-costruzione di organismi e del loro ambiente in modi molto più intricati rispetto al tempo evolutivo.

20 G. Colombetti, J. Krueger,”Scaffoldings of the Affective Mind.” Philos. Psychol.28, 1157–1176, 2015. 21 J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p 4.

(20)

An exemplary case is again language, originally a cultural technique to which present-day human nervous systems are complexly adapted so that it is pointless to ask whether

language was ultimately “cultural” or “biological” (Deacon, 1997)22.

Per Slaby il progresso di questa teoria di nicchia consiste nell’idea di un’interazione evolutiva ricorsiva tra organismo e ambiente invece di una storia lineare di adattamento graduale di una specie. Per Colombetti e Krueger le nicchie affettive sono i sottodomini della vita sociale umana, efficaci nel generare ricorrenti esperienze affettive. Gli esempi più ricorrenti sono i differenti generi musicali e le varie forme di disposizioni tecnologiche per inquadrare e migliorare l’esperienza di ascolto:“ For instance, music and the various socio- technological arrangements that enable, frame and enhance the listening experience, is an obvious case in point: is a subdomain of social life that is effective in engendering recurring affective experiences” 23.

22

J. Slaby,“Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit, p. 4. 23

(21)

Colombetti e Krueger affrontano dei casi di impalcatura affettiva interpersonale su cui Slaby vuol porre l’attenzione: i due autori discutono vari scenari in cui è possibile che la compagnia di amici o familiari possa portare a sentimenti positivi affidabili che diventano disposizioni profondamente radicate.

This brings into play a broad array of scenarios, from the mildly comforting feelings of familiarity we have in the presence even of co-workers or casual acquaintances to the intensive emotions and deep background feelings we experience in the presence of our

dearest companions24.

Dunque la teoria delle impalcature e delle costruzioni di nicchia vede l’individuo come capace di sviluppare, mostrare e aggiustare gli stili corporei affettivi. Per i due autori esibiamo stili affettivi corporei differenti a seconda dei casi specifici di sotto domini sociali, o nicchie affettive, a cui partecipiamo.

Important for our purposes is the fact that one’s style is not fixed; rather, we exhibit different styles in different niches. For example, contrast how one’s style transforms when teaching a classroom full of undergraduates, say, with interacting with one’s partner or children, meeting professional colleagues for the first time, or going out for the evening with a group of old friends. Certain styles only seem to manifest — (...) — when scaffolded by the presence of specific social groups. (Colombetti and Krueger,

2015, 1169)25.

24

J. Slaby,“Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit, p. 5. 25 Ibidem.

(22)

Slaby nel suo studio riflette su un’implicazione di queste considerazioni. L’assorbimento di diversi stili affettivi corporei mostra una tendenza a quella che l’autore chiama porosità situazionale del soggetto mentre partecipa e attraversa i vari domini sociali impalcati affettivamente. L’attenzione posta allo stile affettivo corporeo mette in luce un altro aspetto fondamentale; “[…] as a dynamic “transit zone” between individual, social group, and material niche, the notion of affective-bodily style is specifically relevant […]” 26.

L’agente agisce e vive in svariati domini sociali, che abbiamo visto essere vari: ufficiali, informali, grandi o molto piccoli, alcuni ben delineati altri sfocati ma comunque sempre minimante demarcati. Questi domini sociali sono strutturati su specifiche impalcature affettive che sono ciò che rendono quel dominio tale. Abbiamo visto nel primo paragrafo come le emozioni e l’affettività sono state definite come un impegno attivo che si attua sia sul piano sincronico sia su quello diacronico, creando un incontro tra due dimensioni temporali. Partecipare affettivamente e attivamente ad un dominio sociale vuol dire che i nostri stili affettivi corporei essendo qualcosa di poroso, possono essere modellati dalle impalcature affettive

26

(23)

situate del dominio che, diverranno parti costitutive del soggetto che le vive in modo non del tutto consapevole.

This is recursive subject-formation or “existential modulation” if anything is— individuals crucially contribute to make up the social domains they are part of, but they are themselves shaped and molded by these domains in turn. Both goes on at the same time, in a myriad of intersecting and overlapping ways—tiny contributory acts, the

simultaneous giving and receiving of form, shaping and being shaped27.

Per Slaby il soggetto non agisce sempre intenzionalmente utilizzando a proprio vantaggio dispositivi per migliore l’esperienza e produrre delle strutture affettive affidabili, ma le impalcature affettive situate all’interno dei domini sociali sono sia modellate dal soggetto sia esse stesse modellanti, rendendo alla fine quest’ultimo abitante e membro di quel dominio.

In una nota esplicativa del suo articolo l’autore insiste su un punto:

Importantly, domains and practices—and accordingly, also affective interaction patterns— are co-constitutively interrelated so that we can not simply assign some spatial or material setting to pre-existing practices or affective interactions. A crucial

(24)

source in the background is Heidegger, in particular his explication of “existential

spatiality” (Heidegger, 1962 [1927], §§23, 24)28

.

Approfondire la nozione di spazialità esistenziale è molto utile per aggiungere qualcosa di fondamentale alla comprensione del dominio sociale. Esso non è semplicemente un contesto al quale adattarsi o nel quale spostarsi, non è localizzabile nello spazio come comunemente può essere un oggetto. Soffermiamoci sull’opera di Heidegger Essere e Tempo 29

: i paragrafi presi in considerazione appartengono alla sezione C del capitolo terzo: “La Mondità del Mondo”. La sezione C è a sua volta composta dal paragrafo 22 “La spazialità dell’utilizzabile intramondano”, par. 23 “La spazialità dell’essere-nel-mondo” e dal par. 24” La spazialità dell’Esserci e dello spazio”.

Scrive Heidegger:

Il posto e la molteplicità dei posti non possono esser intesi come il <<dove>> di un

qualsiasi esser-semplicemente-presenti delle cose30.

Il “mondo-ambiente” non si insedia in uno spazio dato precedentemente, […] il

rispettivo mondo scopre la spazialità dello spazio che gli è proprio31.

28 J. Slaby, “Mind Iinvasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit, p 8. 29

M. Heidegger, Essere E Tempo, trad. it. di P. Chiodi, a cura di F. Volpi, Longanesi, Milano 2005. 30

Ivi, p. 130. 31

(25)

La spazialità dell’esserci (che è essenzialmente diversa dalla semplice presenza), non può significare né la sua presenza in un luogo dello “spazio cosmico” né il suo essere utilizzabile in qualche posto. L’uno e l’altro sono modi d’essere dell’ente intramondano. L’esserci è “nel” mondo nel senso del commercio familiare che si prende cura dell’ente che si incontra nel mondo.[…] la sua spazialità rivela i caratteri del dis- allontanamento

e dell’orientamento direttivo32.

Viene ripensata dunque la concezione di spazio e di come l’ente, che è l’Esserci, si rapporta ad esso. Faremo ora riferimento al testo di Adriano Fabris Essere e Tempo di Heideigger33 per una maggiore comprensione dei caratteri della spazialità;

[…]è possibile mettere il luce i due caratteri che sono propri in generale, della spazialità dell’essere-nel-mondo. Nel par. 23 sono considerati due aspetti dell’Esserci, i quali rendono possibile l’incontro con gli enti a portata di mano e che rivelano, per dir così,

una tendenza essenziale alla vicinanza da parte dell’Esserci34

.

Il dis-allontamento spiega Fabris è inteso in un senso attivo:

Nei termini cioè di quell’atteggiamento, che è proprio dell’esserci in relazione al suo ambiente, volto a far scomparire la distanza, a portare qualcosa nella vicinanza (e a far

sì che noi ci collochiamo vicino qualche cosa), procurandocela e curandoci di essa35.

32

M. Heidegger, Essere E Tempo, op., cit., p. 132-133. 33

A. Fabris, "Essere e tempo" di Heidegger. Introduzione alla lettura, Carocci, Roma 2010. 34

Ivi, p. 81. 35

(26)

L’altro carattere, quello dell’orientamento direttivo, viene così descritto:

Indica quell’orientarsi dell’esserci in un mondo che è condizione per realizzare qualsiasi avvicinamento. […], l’esserci, nella sua tendenza alla vicinanza e in virtù della sua capacità di orientamento sempre già data, è colui che fa spazio. Che mette ogni cosa al

suo posto […]36

.

Dunque se il dominio sociale teorizzato da Slaby va inteso in questo senso, i domini non sono semplicemente collocabili nello spazio con il soggetto al loro interno, ma lo spazio è qualcosa di preliminare rispetto all’incontro dell’individuo con gli elementi di questo.

Invece lo spazio come modalità dell’esser-nel-mondo, è un terzo rispetto al soggetto e all’oggetto: è dunque qualcosa di apriorico, di preliminare rispetto a ogni incontro

intramondano con l’utilizzabile37.

Con il termine utilizzabile, lo vedremo meglio in seguito, si intende ciò che si trova subito alla nostra portata, ciò che utilizziamo nella nostra quotidianità. L’esserci si rapporta allo spazio attraverso la tendenza alla vicinanza con le cose inerenti al dominio, uno scoprirsi vicini, dove scoprire qualcosa vicino ha questo significato:

Vicino a sé significa: nell’ambito di ciò che è innanzi tutto utilizzabile in base alla visione ambientale preveggente. L’avvicinamento non si orienta su un io-cosa fornito di corpo, ma sull’essere-nel-mondo prendente cura ovvero su ciò che in esso di volta in

36

A. Fabris, Essere e Tempo di Heidegger, op. cit. p 81-82. 37 Ivi, p.

(27)

volta incontra. La spazialità dell’esserci non è quindi determinata mediante la

indicazione del luogo in cui una cosa cosa-copro sarebbe semplicemente presente38.

L’ente scopre la vicinanza di ciò che è inerente al mondo attraverso un portar vicino, che abbiamo visto significare rapportarsi a qualcosa, procurarsela e prendersene cura. Heidegger precisa che il dis-allontanamento non ha che fare con una valutazione esplicita e misurabile della lontananza di qualcosa dall’esserci. La lontananza non è intesa come distanza.

Diciamo: <<dista una passeggiata>>, <<è lontano una fumata di pipa>>. <<è a due passi>>. Queste misure indicano non solo che non c’è alcuna intenzione di <<misurare>>, ma che la lontananza valutata è propria di un ente a cui si accede sotto la guida della visione ambientale preveggente propria del prendersi cura. Anche quando ricorriamo a misure più precise <<Di qui a casa c’è una mezz’ora>>, si tratta sempre di una stima.[…]questa durata è sempre interpretata in termini di <<preoccupazione

quotidiane abituali>>39.

Ciò che si ritiene <<più vicino>> non è affatto ciò che ha la minor distanza << da

noi>>. Il <<più vicino>> è ciò che è disallontanato dalla portata media dei nostri

apparati percettivi, visivi e prensili40.

38

M. Heidegger, Essere E Tempo, op. cit., p. 136. 39

Ivi, p. 134.

(28)

I domini sociali e le impalcature affettive al loro interno non si mostrano come qualcosa di collocabile e misurabile precisamente nello spazio, ma permettono all’ente di muoversi attraverso un orientamento che dirige il portarsi vicino qualcosa, che abbiamo visto non essere una misurazione precisa di distanza ma un dis-allontanamento, prendendosi cura della cosa in modo “maneggiante e usante”41 all’interno di un commercio di rapporti nel mondo. Il termine mondo assume questo significato: “Mondo ha qui un significato preontologicamente esistensivo, e si hanno, di nuovo, due diverse possibilità: il mondo come mondo comune <<pubblico>> o il mondo-ambiente <<proprio>> e più vicino (privato)”42.

Il lasciar venir incontro, costitutivo dell’essere-nel-mondo, <<è un dare spazio>> . questo dare spazio, che chiamiamo anche <<concedere spazio>>, è il rilasciare

l’utilizzabile alla sua spazialità43

.

Fabris chiarisce ulteriormente:

Le cose con cui di solito abbiamo a che fare non sono innanzi tutto gli oggetti di una conoscenza che si determina secondo una forma teorico-percettiva […] essi si configurano, piuttosto come ciò che viene usato, maneggiato, manipolato nelle nostre pratiche. Si tratta, cioè di quegli enti intramondani dei quali ci <<prendiamo cura>>, che ci <<procuriamo>> e con cui abbiamo a che fare nel nostro quotidiano commercio

con essi44.

41

M. Heidegger, Essere e Tempo, op., cit., p. 89. 42

Ivi, p. 87. 43

Ivi, p. 140. 44

(29)

I domini sociali trattati nella teoria dell’affettività situata non hanno dunque un’ubicazione spaziale precisa come neanche il soggetto che si muove al suo interno può essere una semplice questione di estensione e presenza, (Slaby chiama questo modo semplicistico di vedere il mondo modello utente-risorsa. È molto critico verso questo tipo di orientamento, ma lo vedremo nello specifico nel paragrafo successivo). Il rapporto in questione con le strutture situate di un dominio mira a portarsi vicino l’utilizzabile con cui interagire e rapportarsi all’interno dello spazio, uno spazio che può essere definito solo dall’esserci, come essere-nel-mondo.

La spazialità è in generale scopribile soltanto sul fondamento del mondo, sicché lo spazio contribuisce a costituire il mondo, e ciò in corrispondenza con la spazialità essenziale dell’Esserci stesso relativamente alla sua costituzione fondamentale di

essere-nel-mondo45.

In conclusione dopo aver visto il particolare modo di concepire la spazialità di un dominio sociale e di come l’ente si orienta in esso, riportiamo citandola un’annotazione di Slaby che renderà più chiaro il tutto:“[…] it is not a user going about her business with a suitable tool, but rather a whole new “agent” or assemblage with a different range of operational capacities” 46.

45

M. Heidegger, Essere E Tempo, op. cit., p. 143. 46

(30)

L’ente e il meccanismo delle impalcature affettive situate non proseguono come entità separate, ma co-formano un sistema complesso, unico e integrato. Questo modo di pensare ai rapporti è chiamato approccio di complementarietà47, considerato il più adatto da Slaby per cogliere la ricchezza della teoria dell’affettività.

.

47

L’approccio di complementarietà si contrappone a quello di parità. In generale quest’ultima tendenza vede l’individuo come un utente isolato che agisce intenzionalmente utilizzando un dispositivo a sua volta isolato, rimanendo entrambi due sistemi separati. Slaby è molto critico nei confronti di quest’ultimo approccio.

(31)

1.3 Critica al modello utente/risorsa

In questo paragrafo vogliamo mettere in luce un atteggiamento teorico verso cui Slaby è molto critico, il modello utente/risorsa: punto di partenza per la maggior parte degli studi riguardanti l’affettività situata. Questo modello vede una consapevolezza individuale dell’utente, che è colui che si prefigge un compito ben definito attraverso l’impiego intenzionale di un equipaggiamento o l’utilizzo di un’impalcatura ambientale, la risorsa. L’attenzione si focalizza su casi principali in cui un singolo agente impiega un singolo dispositivo isolato. Questo è l’approccio di parità, ma per Slaby queste questioni andrebbero trattare con un approccio di complementarietà e concepire come risultante un sistema integrato fatto di entrambe le parti.

Riportiamo un esempio di cosa intende Slaby per modello utente/risorsa; il caso della borsetta di Colombetti e Krueger, usato dai due autori per mostrare la formazione di una nicchia affettiva personalizzata.

A handbag —including its contents— functions as a highly portable, self-styled collection of technologies specifically chosen for regulating affect: charms and tokens for good luck and peace of mind, which influence one’s appraisal of, and ability to cope with, specific situations; photos, assorted mementos (such as old theatre tickets and restaurant receipts), snippets of notes, and letters from loved ones that bring about fond memories of individuals and elicit specific feelings; and small weapons or tools that

(32)

affect one’s awareness of one’s action possibilities, which accordingly generate feelings

of confidence, power, and security. (Colombetti and Krueger, 2015, 1163)48.

Analizzando l’esempio, vediamo che è in gioco la regolazione degli affetti attraverso la borsetta. Slaby osserva che può risultare molto difficile e ambiguo distinguere tra i tantissimi dispositivi di induzione affettiva e quale di essi sia costitutivo dell’impalcatura ambientale.

This description of the handbag as a portable, customized affective niche helps bring home the pervasiveness of such forms of affective scaffolding in general, both in the private spaces of the home and in the designed spaces of civilized life (cinemas, shopping malls, event arenas of sports and entertainment, modern workplaces, etc.). It also accentuates the relevance of material culture to affective scaffolding, a theme so far under-appreciated in the philosophy of emotion. Such a broad array of examples might raise doubts: If just any odd affect-inducing object were an instance of affective

scaffolding, the proposal would be vacuous49.

Fiducia, trinceramento, individualizzazione sono i criteri usati da Colombetti e Krueger per distinguere gli induttori occasionali degli affetti da quelli sostenuti e regolati che meritano il nome di impalcatura affettiva.

The famed handbag case, the ways of relying on music in order to feel better during tedious tasks such as workouts, or the affective practice of engaging one’s interlocutors

and friends by the well-dosed employment of humor all fit into the user/resource grid50.

.

48

J.. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p.4. 49

Ibidem. 50 Ivi, p.6.

(33)

L’intenzionalità e il comportamento individuale di chi riempie la propria borsa sembra essere sotto il suo controllo. Egli agisce consapevolmente e in pieno potere per personalizzare il proprio ambiente e raggiungere stili affettivi corporei duraturi e affidabili.

But even where the broader milieu is explicitly acknowledged as a structural scaffold, there still seems to be an urge to foreground individual intentions and individual

comportment, at least in many of the examples under discussion51.

Per Slaby il modello utente /risorsa non è il modo corretto di leggere questi rapporti affettivi. L’individuo in questo modello viene considerato come un utente dato, formato e in grado di scegliere e utilizzare lo strumento o la risorsa più appropriata per raggiungere i suoi scopi. Per l’autore è probabile che questo modo di pensare sia preferibile, poiché le persone appaiono come agenti in pieno controllo delle proprie intenzioni e facoltà.

Modern city- and office-dwellers might like to think of themselves in this presumably

emancipated way as sovereign agents in full control of their affairs52.

51

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 6. 52 Ibidem.

(34)

Il modello utente/risorsa porta con sé due atteggiamenti su cui Slaby si sofferma. La prima è la tendenza alla naturalizzazione dell’utente:

But besides a dangerous tendency to naturalize the consumer as a template for personhood, this way of thinking risks missing out on a large variety of inadvertent

structuring effects that happen outside or at the fringes of our individual purview53.

Per l’autore è corretto parlare di invasione mentale. Questo termine tende a racchiudere modi in cui non è esattamente l’individuo con le sue decisioni personali ad impiegare una risorsa mentale per perseguire determinati obiettivi.

The term “mind invasion” is intended to capture some of the ways in which it is exactly not my individual decision to employ a mind tool in the pursuit of my self-avowed goals, but rather forms of pervasive framing and molding effected by aspects of technical infrastructure and institutional realities (Protevi, 2013; see also Verbeek,

2011)54.

In these cases, the relevant “affective intentionality” at play in a given scenario is not the intentionality of the individuals involved, but rather that which is structurally

implemented in a distributed manner in the social domain in question55.

53

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 6. 54

Ibidem. 55

(35)

L’altra tendenza del modello utente/risorsa riguarda il disinteresse per la normatività.

Like much work in the naturalistic strands of philosophy of mind and the philosophy of cognitive science, authors writing on the situatedness of the mind often seem unwilling to sufficiently distinguish between a process-oriented and a normative understanding of

its subject matter (Cash, 2010; Rouse, 2015)56.

Questa disattenzione ha fatto in modo che non si riconoscesse il profondo inquadramento sociale della mente rispetto a modelli socio-normativi.

[…], where individual mental states are more like public moves in a rule-governed game—or like the commitments and entitlements accrued to the games’ players in virtue of their moves (see Brandom, 1994)—it will be more natural to assume that complex socio-normative patterns enable and constrain individual mental states, often in ways that are not explicitly reflected-about—thereby transcending the scope of the

user/resource model57.

Per Slaby la questione della costituzione delle capacità e degli stati mentali individuali è inseparabile dalla questione di un’organizzazione normativamente adeguata della realtà socio-politica in generale. Si parla di politica perché dato l’orientamento espanso della mente per approvare in modo riflessivo l’organizzazione normativamente adeguata in una realtà sociale, la mente umana risulta essere una questione più che politica, molto lontana dal modello utente/ risorsa.

56

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate life Hack” cit., p. 6. 57 Ivi, p. 6-7.

(36)

Per l’autore una persona è sempre inserita in un dominio sociale sin dai primi momenti di vita. L’individuo del modello utente/risorsa non può essere isolato, ma è il risultato di una qualche dinamica affettiva inerente ad un dominio sociale al quale la persona partecipa. Non esiste per l’autore una mente che non sia invasa socialmente.

[…] namely that there might not be fully constituted “users”—i.e., autonomous individuals—to begin with, at least in many concrete cases of mental resp. affective situatedness. Instead, the environmental resource in question—including the normative communal practices it figures in—will it self play a role in bringing about and enabling the agent, and transforming her or him in various ways. This material-discursive subject constitution or “subjectification” is not restricted to early phases of development, but it is a matter of effective framing and re-molding of subjectivity and selfhood throughout

adult life58.

La posizione che vede una persona già da sempre inserita in un dominio sociale, richiama un altro riferimento ad Essere e Tempo di Heidegger.

There is no moment in the life of a human being where it is not informative exposure to

ongoing, already developed social activity (which of course includes all sorts of

affective interactions). Even an infant is situated in all but a context-free, a-historic constellation. An infant’s sphere of belonging is inevitably one that is massively pre-arranged, full of epoch-culture and milieu-specific habituations, discourses, But let us rather focus on affective interaction scenarios in adulthood. Always already, in any domain or sphere of social life whatsoever, there is the regular commerce, the

58

(37)

established “Betrieb” of affective interaction, to use (Heidegger, 1962 [1927]) apt term

for domain-specific business-as-usual59.

Abbiamo precedentemente visto il modo in cui intendere lo spazio del dominio e anche quelle caratteristiche della spazialità dell’Esserci. Il concetto di visione ambientale preveggente può essere illuminante per comprendere il fatto che siamo già da sempre in un mondo che si prospetta per noi aperto, nel senso di schiuso. Abbiamo parlato nel precedente paragrafo dell’utilizzabile, in riferimento alla spazialità caratterizzata dal dis-allontamento e dall’orientamento direttivo. Un utilizzabile è un mezzo per, non è mai uno strumento isolato, ma rimanda sempre ad una totalità di mezzi.

Il commercio che usa e manipola non è però cieco, perché ha un suo modo di vedere che guida la manipolazione, conferendole la sua specifica adeguatezza alle cose. Il commercio col mezzo sottostà alla molteplicità dei riferimenti costitutivi del <<per>>.la

visione connessa a un disporsi del genere è la visione ambientale 60.

59

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 9. 60 M. Heidegger, Essere e Tempo, op., cit., p.

(38)

Faremo ancora una volta riferimento a Fabris, per chiarire concetti importanti.

Un mezzo non è mai isolato, ma è sempre inserito in un particolare contesto. Ciò è dovuto alla specifica struttura del mezzo stesso, caratterizzata dal suo intrinseco rimandare a qualcosa d’altro […]. E dunque, considerata nella nostra pratica quotidiana, una stanza non è affatto ciò che viene racchiuso entro quattro mura, ma è piuttosto

l’ambito stesso del nostro abitare61

.

Fabris parla di un esempio proposto da Heidegger a proposito del rapporto che abbiamo con gli utilizzabili.

Io non mi rapporto affatto, adeguatamente al martello se mi domanda che cosa esso è, se lo comprendo semplicemente come un oggetto, ma lo comprendo invece usandolo, quindi se esso si manifesta come è nella sua utilizzabilità. Insomma solo nella dinamica

del martellare il martello si mostra in quanto tale62.

La pratica dell’uso dei mezzi, infatti non è cieca, ma non è nemmeno legata ad un’asettica contemplazione, a una semplice visione (Sicht). Essa risulta orientata, piuttosto da una comprensione dei rimandi che sono propri dei mezzi, da una sorta di anticipazione dei possibili collegamenti attraverso cui essi dinamicamente si rivelano,

dalla percezione preliminare di ciò che avviene nel mondo circostante63.

61

A. Fabris, Essere e Tempo in Heidegger, op., cit., p.72. 62

Ibidem. 63

(39)

Questa particolare visone che ci orienta nelle pratiche quotidiane di uso degli utilizzabili è la visione ambientale preveggente, o avvedutezza. L’atteggiamento pratico risulta già da sempre guidato da uno specifico orientamento, “[…]tanto che ogni pratica e ogni uso sono sempre <<avveduti>> ”64.

Quando la visione ambientale preveggente risveglia un rimando ad un a-che, e con esso la totalità dell’opera, l’intera <<officina>>, vengono in chiaro, e precisamente come ciò in cui il prendersi cura soggiorna già da sempre. Allora il complesso dei mezzi non si illumina come qualcosa mai visto finora, bensì come un tutto già costantemente visto sin dal principio nel corso della visione ambientale preveggente. Con questo <<tutto>>

si annuncia il mondo65.

Quindi un individuo non è mai isolato, poiché si trova già da sempre in un mondo, un ambito preliminarmente dischiuso dove i rapporti di uso e la capacità di osservazione si attuano di volta in volta attraverso i rimandi a cui il mezzo fa riferimento. Ci rendiamo conto di questi rimandi quando un mezzo si manifesta non adatto o rotto per quella funzione; il suo venir meno improvvisamente emerge dallo sfondo del mondo in cui si collocava ed è in sua assenza che se ne avverte la mancanza.

64

A. Fabris, Essere e Tempo in Heidegger, op., cit., p. 73. 65 M. Heidegger, Essere E Tempo, op., cit., p.

(40)

L’assenza oppure il guasto di un utilizzabile, al cui utilizzo eravamo così abituati, rompe la catena di rimandi all’interno della quale ci muovevamo con avvedutezza nella nostra pratica quotidiana. In tal modo ci rendiamo conto della funzione di quell’utilizzabile, del per che cosa e del con che cosa ai quali esso rinvia nel suo uso.

Tutto ciò, nelle nostre pratiche, risulta sempre già compreso.66

La visone ambientale preveggente chiamata anche avvedutezza, fa in modo che nessuno sia fuori dal mondo, permette di utilizzare un mezzo per qualcosa di altro, di vederne i rimandi e di accorgerci della loro assenza quando un utilizzabile si rivela inadatto. Dunque potrebbe essere questa visione ambientale preveggente a fare in modo che una persona sia da sempre inserita in un mondo e in un commercio di rapporti con ciò che si presenta come qualcosa che deve essere usato, per giungere all’opera ultima attraverso il prendersi cura. “L’opera raccoglie la molteplicità dei rimandi entro cui si incontra il mezzo” 67

.

Essere nel mondo significa immedesimarsi, in modo non tematico e secondo la visone ambientale preveggente, coi rimandi costituivi dell’utilizzabile propria della totalità dei

mezzi. Il prendersi cura è già sempre sul fondamento di una familiarità con il mondo68.

66

A. Fabris, Essere E Tempo di Heidegger, op., cit., p.75. 67

M. Heidegger, Essere E Tempo, op., cit., p. 93. 68 Ivi, p. 100.

(41)

Ricapitolando, quello che abbiamo visto in questo paragrafo sono le carenze del modello utente/risorsa; carenze che si manifestano nelle tendenze a naturalizzare l’individuo, considerandolo come già formato e isolato e a disinteressarsi dell’aspetto socio normativo e di conseguenza a tutto l’ambito di quella politica della mente che ha che fare con ciò che per me risulta normativamente adeguato. Il modello utente/risorsa risulta troppo semplicistico per poter studiare la portata dei fenomeni affettivi situati. Abbiamo poi provato a fare luce sul modo in cui una persona abiti già da sempre in un dominio sociale facendo riferimento ad Heidegger e alla visione ambientale preveggente come ciò che ci permette di muoversi in un mondo preliminarmente schiuso che risulta a noi familiare.

Entrambe le tendenze implicano che l’individuo e la risorsa ambientale non vengano intesi come un sistema unico ma come due entità isolate che nel tempo restano separate. L’individuo nel modello utente/risorsa non è un “altro” dopo l’interazione con la risorsa ambientale. Quel che Slaby mostra è come sia l’agente sia l’impalcatura affettiva situata siano costitutivi l’un dell’altro, formando e formandosi nei domini sociali e riflettendo norme-socio-politiche.

The countless contributory acts which, taken together, make up human reality, and the norms, rules and standards that presumably “apply” to this human reality are not two separate spheres, ontologically distinct. It is not embodied, physical reality on the one

(42)

side and abstract, ideal rules or “ideas” on the other—instead, acts and rules, instances

and patterns are co-constitutive, on the same ontological plane.69

Tutto ciò produce quella complessa dinamica, fatta di tre momenti strettamente interconnessi (vedi par.1.1) che è l’affettività definibile come invasione mentale. La questione in gioco per Slaby ha a che fare con la soggettivazione affettiva, un fenomeno di invasione esterna o espansione delle zone della mia affettività, che permette di modellare la soggettività individuale in modo continuativo e co-formativo interagendo con le strutture ambientali affettive situate in un dominio sociale.

(43)

1.4 Un nuovo punto di partenza

Siamo quindi arrivati all’ultimo paragrafo di questo primo capitolo. Ci soffermeremo su quello che intende Slaby quando parla di un nuovo modo di approcciarsi allo studio dell’affettività situata, con una proposta molto più adatta alla complessa realtà umana.

A key meta-insight that can be transferred from performativity theory to studies of affectivity is the acknowledgment that the adequate starting point for the orizing human affectivity is not the isolate dindividual confronting an affect-eliciting stimulus. The adequate starting point rather is complex distributed affectivity al ready prevalent in a social domain: the on going back and forth of affective interaction, relational dynamics,

patterns of affective engagement as it has solidified over time70.

Occorre partire dalla complessa affettività distribuita già prevalente in un dominio sociale che sulla base del continuo andare avanti e indietro dell’interazione affettiva, forma dinamiche relazionali e modelli di impegno affettivo che durano e si solidificano nel tempo manifestandosi nel fenomeno del contagio emotivo, portando così a situazioni descritte come casi di invasione mentale.

70J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p.8-9.

(44)

Vediamo come Slaby descrive il fenomeno.

Emotional contagion, various synchronic, mimetic responses on a basic affective-bodily level combine with explicit demands and sanctioning on part of the established domain members to ensure the new comer is soon swayed into and attuned with the prevailing style of affective interaction, with the affective modes of being demanded and prized by

the domain in questio..71

Dunque le persone abituate a determinati modelli affettivi di un dominio sociale possono rafforzare o sanzionare l’affettività di colui che entra nel dominio, sia consapevolmente che inconsapevolmente, in modi sottili attraverso gesti insignificanti, espressioni e stili affettivi fisici che manifestano approvazione o disapprovazione, incoraggiamento o scoraggiamento.

A seamless censoriousness inheres human affectivity, exerted constantly in all sorts of small ways. Add to it the various atmospheres, collective feeling tones and affective styles and energy levels that inhere social places and spaces— likewise helping to sway

the novice over time into consonant attunement.72.

71

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit, p. 9. 72 Ibidem.

(45)

Prendiamo ora in considerazione un esempio riportato da Slaby per comprendere la struttura di un sentimento di invasione mentale. Il caso a cui si fa riferimento è uno studio di Melissa Gregg, teorica culturale, la quale si sofferma su una tendenza moderna inerente al luogo di lavoro che può risultare a noi più familiare. Gregg chiama questa tendenza “Presence Bleed” 73, ovvero presenza sanguinante.

Consider what cultural theorist Melissa Gregg has called the “presence bleed” of contemporary knowledge work (aka “immaterial labor”): the tendency, decisively facilitated by interactive technologies, that work time encroaches on what formerly were off-hours—for instance, when office workers tend to be online and available for work-related communication night and day, no matter whether on weekends or during

holidays (Gregg, 2011)74.

Il lavoro moderno non obbliga il lavoratore ad essere presente in un determinato luogo con orari di lavoro rigidi e fissi, ma al giorno d’oggi il lavoro tende a diffondersi nei luoghi privati delle singole persone, nelle loro case, nelle loro cucine e nelle camere. In luoghi che normalmente sono adibiti al tempo extra-lavorativo. “[…] eroding the bounds that once separated work time from leisure”75.

Presence bleed explains the familiar experience whereby the location and time of work become secondary considerations faced with a “to do” list that seems forever out of

73

M. Gregg, Work’s Intimacy. Cambridge: Polity. 2011. 74

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 9. 75

(46)

control. It not only explains the sense of responsibility workers feel in making themselves ready and willing to work beyond paid hours, but also captures the feeling of anxiety that arises in jobs that have a never-ending schedule of tasks that must be fulfilled—especially as they are not enough workers to carry the load. (. . . ) With the increased use of digital technology, workloads that may have been acceptable to begin with are show to accumulate further expectations and responsibilities that aren’t being recognized—and never will be, if home-based work continues to go unremarked. The purported convenience of the technologies obscures the amount of additional work they

demand (Gregg, 2011, 2)76.

Questo caso per Slaby è un caso utile alla comprensione del fenomeno di invasione mentale. Si parte da una situazione più che reale e si cerca di capire cosa c’è dietro all’altissima disponibilità tecnologica e dietro agli aumentati compiti di lavoro. La presenza sanguinante non deriva da queste due situazioni, ma sotto la continua disponibilità dei lavoratori e dietro l’operosità continua, son celate delle tendenze affettive pervasive. Si tratta dunque di una struttura mentale di vasta portata con complessi modelli di affetti e relazioni affettive che svolgono importanti ruoli operativi all’interno dell’ambiente di lavoro.

Feelings of guilt, of responsibility, various fears, and anxieties are part and parcel of this near-ubiquitous constellation, but also the excitement of connection, the thrill of being part of the action as it unfolds, or the many petit affections that spring up in workplace contacts—contacts which, not incidentally, have been rebranded as “friends” in the online culture of social networking (Gregg, 2011, ch. 5 and 6). It is this rampant blend

76

(47)

of feelings and affective tendencies that characterized the contemporary dispositive of

white-collar work in developed societies77.

Tra i vari tipi di affetti in questione, Slaby ne prende in considerazione uno in particolare: la paura di essere sopraffatti da tutti quei messaggi ricevuti, ma ancora in attesa, dopo un periodo di inattività lavorativa.

[…] the anxieties of disconnection, being at risk of missing relevant developments in the office. Further, we find a recurring craving for the ambivalent satisfaction that constant communication provides, but certainly also those painful emotions of searing self-beratement as guilt or shame—creeping upon one in face of potential shortcomings

in fulfilling one’s work demands or failure of living up to office etiquette78

.

L’ansia da disconnessione permette a Slaby di mettere in luce un caso, per quanto apparentemente semplice, di invasione mentale: il possesso e l’uso di un account di posta elettronica.

There is an excitement, a certain restless expectancy about possessing an active e-mail account, as all even only remotely connected participants in the information economy

will readily testify.[…] we tend to eagerly await them, keep checking our inboxes

repeatedly, and do it on all sorts of occasion over and over again. E-mail is part of a double-edged strategic constellation in which affectivity plays a pivotal role. The excitement inherent in the communication and connectedness enabled by e-mail is the tied up with a frantic anxiety about losing track or being left out of relevant procedures

at work79.

77

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 10. 78 Ibidem.

(48)

Viene precisato che non sono i singoli dispositivi tecnologici a creare fenomeni di invasione mentale, poiché è l’infrastruttura alla quale appartengono a filtrare attraverso essi dando vita a schemi e modelli affettivi invasivi. L’esempio della borsetta di Colombetti e Krueger permette una selezione personalizzata di oggetti, mentre le tecnologie di comunicazione di cui scrive Slaby non sono sotto il nostro controllo.

These devices and the communicative infrastructure they belong to are double-edged in that they exert structuring pressures on everyday routines, including affective tendencies. While they enable communicative feats of various kinds and remote access to the workplace and to relevant flows of information, they establish affective habits of rampant attentiveness, lead to hectic efforts in staying tuned, kindle anxieties of disconnection, and often provide sustained access to a sphere of activity and relatedness that quickly exceeds what an individual employee can reliably process. The world of unlimited access, while empowering, also encroaches upon various spheres of

existence80.

Non sempre i domini sociali con le infrastrutture affettive danno luogo ad esperienze piacevoli, ma possono dar luogo a dipendenze non salubri e a stili affettivi nocivi per se stessi e per chi ci sta accanto, sostenendo la disuguaglianza e distruggendo i nostri legami collettivi.

In a more general sense, the adult human mind is structurally invaded—this is the point of the niche construction perspective, namely, that man-made environments back-form the mental make-up (and much else) of its regularin habitants. And it is surely difficult to clearly demarcate those mental structures, contents or processes that are in a specific

80

(49)

way privileged as the “true self” or the kernel of the autonomous person, from those structures, contents, or processes that are recognizable as alien impositions from without The human mind is always inevitably a partial crystallization of its ambient culture—it often reflects more than consciously adopts the templates, contents, and habitual st yles

prevalent in its formative surround81.

Quello che Slaby ha dimostrato viene riassunto nella seguente tesi:

All of this provides backing for the claim I developed more abstractly above: socially instituted structures of feeling, concretely realized in domain-specific ways in technological infrastructures and affective interaction routines, affective styles, and comportments of domain members, exert far-reaching structuring effects upon those

that dwell in these domains.82

Rimangono ancora due questioni per noi importanti: la prima riguarda quelle strutture che danno luogo ad abitudini affettive dannose, a questa Slaby ne connette un’altra: come facciamo a renderci conto di ciò, se noi stessi siamo in qualche modo già da sempre plasmati e modulati da un dominio?

This issue is so vexing because the very subjects whose evaluative outlooks are needed to make these critical assessments are themselves the targets—and ultimately, the “products”—of these formative influences. Affective attachments to and within complex social domains are a crucial dimension among those factors that constitute us

as persons.[…] How can there been ough critical distance when it is in fact the case

that,plainly, we are our sustained affective attachments (Berlant, 2012; see also Butler,

1997, 2015)? 83

81

J. Slaby, “Mind Invasion: Situated Affectivity and Corporate Life Hack” cit., p. 11. 82

Ibidem. 83

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