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Trisomia 21 o Sindrome di Down (SD)

3. Strategia progettuale

3.1 Caso studio: La Casa Comune, Milano

Si sono poi cercati dei casi studio da cui ricavare dei paradigmi progettuali su cui fare affidamento per la presente tesi. Sebbene il numero di progetti dedicati a persone con disabilità stia crescendo negli ultimi anni, la ricerca di edifici residenziali totalmente accessibili di tipo non-assistenziale o slegato da logiche di terapia non ha prodotto molti risultati. Vi sono ormai studi professionali di architettura che investono la loro intera attività in questo campo, come i londinesi GA Architects che fin dal 1996 si sono specializzati nella progettazione di spazi ed edifici pensati per bambini e adulti autistici, ma sono disponibili soltanto foto o schemi concettuali dei vari interventi; ogni richiesta di approfondimento non ha trovato risposta. Anche tutti quei piccoli progetti di ristrutturazione privata non riescono ad emergere, manca dunque una raccolta sistematica di progetti legati alla disabilità, soprattutto per il residenziale.

L’unico risultato che si ritiene utile approfondire è quello legato al gruppo no-profit La Comune, che nasce a Milano nel 1987 come Associazione sportiva dilettantistica, con il dichiarato obiettivo di sfruttare le potenzialità educative e formative dello sport per bambini, adulti e anziani. A fianco di questa, è poi nata l’Associazione di promozione sociale omonima che si occupa di corsi a carattere non sportivo, di aggregazione, socializzazione e coesione sociale. Proprio da questa seconda entità sono nati gli innovativi progetti di residenzialità per ragazzi con disabilità.

Il progetto La Casa Comune nasce in via sperimentale nel 2013, per rispondere alla sempre più pressante problematica del diritto alla vita indipendente per giovani con disabilità intellettivo- relazionale che, come si è già detto, hanno usualmente due scenari: rimanere in famiglia, non diventando mai adulti, o andare in una comunità, non raggiungendo mai l’indipendenza e la piena realizzazione di sé. Viene deciso dunque di investire sul valore di promozione della persona a partire proprio dal riconoscimento dei giovani e delle giovani con disabilità in quanto persone adulte e portatrici di esigenze di autonomia ed autodeterminazione. L’idea vincente alla base del progetto consiste nel ritenere la convivenza tra persone differenti auspicabile oltre che possibile. In più, oltre ai concreti cambiamenti che questo intervento vuole perseguire, vi è anche l’intento di favorire una trasformazione culturale rispetto all’idea di autonomia e dell’essere adulti delle persone con

disabilità.

Tutte queste premesse portano all’istituzione di una residenza in cui affiancare studenti o giovani lavoratori a ragazzi con disabilità intellettive e man mano che questi ultimi cresceranno, si dovranno cercare sempre coinquilini coetanei. La distinzione è essenziale perché, come giustamente tiene a specificare l’Associazione, la casa è affidata alle persona con disabilità, mentre gli studenti risultano solo locatari con contratti annuali di affitto: alla fine dei 12 mesi, ogni inquilino può valutare se continuare l’esperienza o cercarsi un’altra sistemazione. Gli studenti o giovani lavoratori non rivestono un ruolo educativo, bensì rappresentano un decisivo strumento di stimolo ed esempio ai ragazzi con disabilità e di supporto al lavoro che viene svolto dall’equipe di specialisti non residente.

Gli studenti o giovani lavoratori possono godere di un canone mensile di vitto e alloggio

decisamente vantaggioso per il frenetico mercato immobiliare milanese: pagano in media 200€ al mese per coprire il solo vitto, perché nella spesa complessiva della casa rientrano, oltre all’acquisto dei generi alimentari, anche tutte le attività che si fanno collettivamente, come il cinema o una cena in pizzeria; gli extra, dunque fuori dal fondo comune, sono le spese strettamente personali quali medicinali e vestiario e le uscite singole. In cambio gli studenti o giovani lavoratori hanno degli obblighi ben precisi e necessari per la corretta prosecuzione del progetto. Viene ad esempio chiesta una presenza serale, quindi entro le 19 almeno uno deve essere in casa e gli altri comunque non possono stare fuori tutta la notte, salvo rare eccezioni da concordare. Inoltre, agli inquilini viene chiesto di riverberare le scelte degli educatori di quel momento, rafforzandole in modo positivo: ad esempio, se si sta insegnando ad un ragazzo con disabilità come fare il bucato, l’inquilino non dovrebbe caricare la lavatrice al posto suo perché andrebbe a rovinare il lavoro svolto dagli educatori per portare il ragazzo all’autonomia.

L’equipe di pedagogisti ed educatori non residente sviluppa un percorso educativo individualizzato per ogni ragazzo con disabilità, i cui obiettivi di autonomia e autodeterminazione di ogni giovane coinvolto sono studiati, condivisi e monitorati costantemente. Nel progetto educativo, inoltre, non sono compresi solamente i traguardi raggiungibili all’interno della casa, ma anche tutto quello che riguarda l’esterno, fra tutti la nuova relazione con la famiglia di origine e con l’ambiente lavorativo o del centro diurno. L’obiettivo dell’equipe è quella di diventare via via sempre più non necessaria e diradare nel lungo periodo gli interventi.

Il primo appartamento viene creato nel 2014 in zona San Siro e per finanziarlo in origine viene scelto il regime di accreditamento previsto dal Comune di Milano; oggi invece tutti gli appartamenti funzionano con fondi erogati grazie alla Legge 112/2016 sul Dopo di noi e su un progetto

concordato con il Comune. Questo primo progetto vede protagoniste due giovani ragazze con 6

disabilità e tre coetanee normodotate in uno spazio di 114 m2 fornito dal Comune di Milano.

Nel settembre 2018 vengono inaugurati in zona Isola il secondo e il terzo appartamento, uno sopra l’altro, per far fronte ad una richiesta sempre maggiore di famiglie di persone con disabilità. La Casa2 (di circa 100m2) è solo maschile ed è affidata a due ragazzi con disabilità e due coinquilini,

uno studente e un giovane lavoratore. La Casa3 (200 m2 circa) invece è femminile ed ospita quattro

ragazze con disabilità e tre loro coetanee, due giovani lavoratrici e una studentessa.

Fig. 3.2: Casa2, a sinistra, e Casa3, a destra, planimetrie fuori scala (Associazione La Comune, 2019)


Per quanto riguarda i costi di gestione, la normativa è per certi aspetti regionale e per altri nazionale. Si noti che i due regimi non

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sono complementari, ma l’uno esclude l’altro.

A. Regime di accreditamento (regionale): la regione Lombardia stabilisce la somma necessaria per vivere autonomamente (42,97€/giorno, 1289,10€/mese). Una quota di questa somma è a carico delle famiglie, in proporzione alle provvigioni di indennità che riceve per il proprio congiunto (285€ per la pensione di invalidità in Lombardia, con eventuali ulteriori 700€ circa per l’indennità di accompagnamento); la restante parte è a carico del Comune. Schematizzando:

- 109€ a carico della famiglia, il resto a carico del Comune (senza indennità di accompagnamento); - 542€ a carico della famiglia, il resto a carico del Comune (con indennità di accompagnamento).

I pro del regime di accreditamento sono che la famiglia ha dei costi molto ridotti, nella misura di una quota di quello che comunque percepisce. I contro sono che tecnicamente non si possono scegliere le persone con cui vivere, poiché si si sta semplicemente dando la disponibilità di posti letto al Comune, che stila una graduatoria. Nella pratica è ormai prassi fare una legittima convenzione col Comune, in cui si specifica che si accettano inquilini «previa valutazione»; c’è di più, in realtà si scelgono prima le persone da inserire e successivamente si fanno iscrivere alle liste per completare l’accordo. Secondo quanto stimato dall’Associazione, circa 160 persone in Lombardia godono dei servizi garantiti da questo regime.

B. Regime del Dopo di noi (nazionale e regionale): la Legge 25 giugno 2016, n.112 prevede un sostegno economico a favore del disabile grave, ovvero con una disabilità del 100%, che rimane «privo di sostegno familiare». È importante specificare che la norma non è intesa solo per coloro che non hanno nessuno a fianco, ma anche nel caso in cui la famiglia non possa più far fronte ai pesanti oneri che il sostegno al congiunto con disabilità comporta, evenienza purtroppo molto più frequente. Questa persona ha quindi diritto ad uscire di casa e vivere in autonomia. Per far ciò, lo Stato eroga una somma pari al massimo all’80% delle spese

Camera Camera Bagno Bagno Soggiorno e Cucina Bagno Camera Camera Camera Camera Bagno Soggiorno e Cucina Bagno

L’equipe dell’Associazione si è detta molto soddisfatta del modello ad appartamenti vicini tra loro, poiché ha favorito un più forte senso di appartenenza, con cene comunitarie e supporto tra inquilini di entrambe le unità abitative. L’unico aspetto dell’organizzazione degli appartamenti in cui si tiene conto dei diversi gradi di disabilità è nella divisione delle camere, tutti gli altri spazi sono ad abilità miste.

Nel 2020 è prevista l’apertura di un altro appartamento maschile, Casa4, destinati all’inserimento di giovani con disturbi dello spettro autistico, in particolare con Sindrome di Asperger.

Alcuni ragazzi hanno fatto prima la transizione verso l’autonomia abitativa e poi quella lavorativa, mentre altri hanno fatto l’inverso. Due ragazze lavorano nel campo della ristorazione, come aiuto cuoche in un ristorante vicino casa o al McDonald; sono stati fatti progetti ad hoc su loro,

coinvolgendo a tutti i livelli persone adeguatamente formate. Altri tre ragazzi invece sono impegnati come volontari nei centri diurni.

In data 8 ottobre 2019 l’autore ha potuto visitare i due appartamenti in zona Isola e parlare brevemente con alcuni dei suoi inquilini. Tutti si sono rivelati entusiasti dell’esperienza che stanno vivendo: i due coinquilini della casa maschile sono ormai al secondo anno di permanenza, segno che la convivenza è funzionale e piacevole.

Visitando l’Associazione e gli appartamenti che essa gestisce, si riceve la piacevole sensazione, confermata poi dai dati e dai colloqui con le persone coinvolte, di trovarsi davanti ad un progetto davvero funzionante e con benefici tangibili per tutti: i ragazzi e le ragazze con disabilità vivono in un luogo sicuro e accogliente, dove sono seguiti e ricevono un sostegno positivo e misurato; gli studenti e i giovani lavoratori hanno a disposizione un’abitazione a costi decisamente sostenibili e hanno l’occasione di conoscere direttamente il mondo della disabilità, sviluppando positive modalità di relazione e convivenza nella diversità e sperimentando in modo diretto la corresponsabilità verso l’altro e i suoi bisogni.

A conferma di ciò, si riporta la testimonianza di Simona, una delle coinquiline di Casa1 e

studentessa di medicina: «L’amatriciana di mia nonna è imbattibile. Però, se escludiamo mia nonna, quella di Martina è la numero uno. In questi anni è nata una grande amicizia. Ma soprattutto è maturata in me la convinzione di quanto possa essere reciprocamente utile e di quale impatto - più ampio - sulla comunità possa generare questo tipo di convivenza: aiuto, supporto, crescita». E gli studi? «Sono in regola con gli esami. E ho fatto mia un’idea di integrazione diversa. Sorprendente, d’impatto e assolutamente autentica». 
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http://www.fondazionelacomune.org/2018/01/11/dalla-casa-comune-1-a-due-nuovi-progetti-di-cohousing-per-persone-con-

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