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Questa espressione indica soprattutto tre tipologie di disabilità:

• la cecità, o ipovisione, con visus non superiore a 3/10;

• la sordità, o ipoacusia, con perdita uditiva superiore a 25 decibel in entrambe le orecchie;

• la sordocecità caratterizzata dalla compresenza delle due disabilità sensoriali visive e uditive.

La disabilità sensoriale pregiudica spesso la vita di relazione e la comunicazione, ma anche la vita autonoma e quella quotidiana.

L’ipovisione è quella condizione di riduzione permanente della funzione visiva che non permette a un individuo il pieno svolgimento della sua attività di relazione, la conduzione di una normale attività lavorativa, il perseguimento delle sue esigenze ed aspirazioni di vita.

L’acutezza visiva o acuità visiva o visus è definita come la capacità dell’occhio di risolvere e percepire dettagli fini di un oggetto; essa viene misurata in decimi, così come le lunghezze vengono misurate in metri. Un occhio viene definito normale, o emmetrope, quando la sua visione naturale è pari ai dieci decimi, anche se il valore dei 10/10 preso come riferimento non è l’acutezza visiva massima ma è il valore definito cut-off per una visione considerata normale.

Sul piano legislativo, l’ipovisione è sempre stata correlata all’entità del visus; solo recentemente sono state introdotte e considerate anche le alterazioni del campo visivo. Con la Legge del 3 aprile 2001 n.138 è stata infatti introdotta una nuova classificazione per le minorazioni visive, in cui si

considerano cinque diverse classi, tre per l’ipovisione e due per la cecità:

• ipovisione lieve, quando il visus corretto è maggiore di 2/10, ma non superiore a 3/10, o quando il campo visivo presenta un residuo perimetrico inferiore al 60%;

• ipovisione medio-grave, quando il visus corretto è maggiore di 1/10, ma non superiore a 2/10, o quando il campo visivo presenta un residuo perimetrico inferiore al 50%;

• ipovisione grave, quando il visus corretto è maggiore di 1/20, ma non superiore a 1/10, o quando il campo visivo presenta un residuo perimetrico inferiore al 30%;

• cecità parziale, quando il visus corretto è inferiore oppure uguale a 1/20 e maggiore di 3/100 o quando il campo visivo presenta un residuo perimetrico inferiore al 10%;

• cecità totale, quando il visus corretto è inferiore a 3/100 e quando il residuo perimetrico è inferiore al 3%.

Secondo i dati INPS , nel 2016 in Italia vi erano 116.932 persone cieche invalide, mentre secondo 2

l’OMS nel mondo ci sono almeno 300 milioni di persone con disabilità visiva grave, un dato che secondo l’ente è destinato ad aumentare, anche se c’è da notare come gli ipovedenti siano in numero nettamente maggiore dei ciechi (di circa sei volte). Le cause di questo fenomeno sono molteplici: sicuramente al primo posto figura l’invecchiamento della popolazione, mentre il miglioramento, in termini di prevenzione e terapia, che l’oftalmologia ha fatto registrare negli ultimi anni riesce a bloccare allo stato di ipovisione molte gravi patologie che in passato avrebbero certamente portato alla cecità.

I deficit della funzione uditiva vengono, invece, definiti ipoacusie e dal punto di vista clinico- audiometrico vengono schematicamente in tre forme principali:

• Ipoacusie di trasmissione o conduzione: sono legate ad alterazioni di tipo malformativo, traumatico e più spesso infiammatorio dell’apparato di trasmissione dei suoni. Le ipoacusie di trasmissione non determinano mai una diminuzione molto grave, il deficit in genere non supera i 50-55 dB in quanto rimane integro il sistema di percezione;

• Ipoacusie neurosensoriali, dovute a cause che agiscono sull’apparato di percezione;

• Ipoacusie di tipo misto, legate a fattori che agiscono sull’apparato di trasmissione e su quello di percezione contemporaneamente o in tempi successivi, ed è l’evenienza più frequente. Si tratta di eventi malformativi, distrofici, traumatici, flogistici. La gravità della lesione dipende in larga misura dalla maggiore o minore compromissione delle strutture neurosensoriali.

Secondo le stime dell’OMS, soffre di ipoacusie disabilitanti almeno il 5% della popolazione

mondiale, ovvero 466 milioni di persone in tutto il mondo, ed è stimato che questo dato è destinato a raddoppiare entro il 2050, per meccanismi analoghi a quelli già citati per la cecità. 3

2.2.1 Linee guida per la progettazione

In assenza di visione, la persona dipende in prima battuta dal suo udito, un fatto che permette di sviluppare significativamente il riconoscimento delle percezioni uditive. Di contro, il senso della vista diventa primario per chi ha disabilità uditive. Studi come quello di Rhyl (2010) sull’uso dei sensi delle persone con disabilità sensoriale in uno spazio architettonico forniscono alcune importanti informazioni sugli specifici requisiti progettuali necessari per incrementare la fruibilità e la qualità architettonica nei confronti di questo particolare gruppo di utenti. Inoltre, aiutano a farsi un’idea più precisa sugli output sensoriali a cui chiunque è sottoposto, dal momento che anche chi non ha disabilità registra le esperienze sensoriali, sebbene inconsciamente.

Si introduce quindi il concetto di accessibilità sensoriale che diviene decisivo per garantire a chiunque la possibilità di partecipazione e una vita adeguata in un determinato spazio. Il termine accessibilità, in conseguenza delle leggi sulle barriere architettoniche, viene principalmente usato per

http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2389&area=prevenzioneIpovisione&menu=prevenzione

qualificare un progetto che segua la suddetta normativa, ma come si è già detto questo non è sufficiente a garantire eque opportunità. Ryhl sostiene inoltre che la stessa ricerca nel campo della disabilità, in architettura si concentra per lo più sulla fruibilità e sulle disabilità motorie e che i pochi studi sulla disabilità sensoriale si limitano a lavorare su senso dell’orientamento e comunicazione, e non tentano quasi mai di stabilire dei precisi requisiti progettuali da considerare ogniqualvolta si vogliano correlare le necessità delle disabilità sensoriali e il vivere in uno spazio architettonico di qualità.

Per i ciechi, l’udito e il tatto sono i sensi primari attraverso i quali riconoscere e vivere lo spazio architettonico. Le proporzioni e le qualità acustiche sono percepite quasi come sinonimi, poiché grandi spazi aperti hanno per natura una bassa qualità acustica e dunque una bassa qualità architettonica per questo gruppo di utenti. Una stanza dalla geometria complessa, soprattutto in sezione, può essere molto problematica: una differenza di quota come tre gradini può porre lo stesso livello di disturbo all’orientamento e alla comunicazione di un vano scale. Le aperture sono

importanti poiché forniscono un collegamento con l’esterno; inoltre, una luce filtrata è preferibile a quella diretta, che può causare dolori agli occhi.

Gli ipovedenti possono contare anche sulla vista residua sebbene possa variare moltissimo a seconda dei casi. Le persone che vedono di più provano benessere nell’osservare l’esterno attraverso grandi finestre e aperture; al contrario, coloro che hanno meno vista residua preferiscono un’illuminazione più soffusa e uniforme in tutte le zone della casa. Uno spazio di bassa qualità acustica è meno disabilitante rispetto al primo gruppo di utenti, ma rimane comunque la prima causa di malessere all’interno di uno spazio.

Visione e tatto sono i sensi primari per le persone sorde, che hanno bisogno di grandi spazi aperti per ricevere almeno le informazioni visive di attività che non possono sentire. Grandi aperture e ampi spazi sono equamente importanti e mutuamente interconnessi; l’una senza l’altra porta ad una perdita significativa di qualità architettonica percepita. Si tratta dunque di raggiungere la giusta sinergia di proporzioni spaziali, apertura delle finestre e connessione visiva. Inoltre, le finestre dovrebbero dispiegare la vista in più direzioni, stando però attenti a non aprire viste dietro ad

elementi di disturbo come scale anti-incendio o insegne pubblicitarie, che sono anzi causa di fastidio per le persone sorde.

In tutti i casi è opportuno che l’architettura sia abbinata alla presenza di facilitatori, dispositivi che aiutano queste persone a muoversi liberamente e a svolgere le attività a cui si dedicherebbe chiunque. È molto importante, per le persone disabili, che l’architetto riesca a celare il tentativo di rendere agevole l’uso di quell’ambiente, effettuando delle scelte di tipo inclusivo. Esistono, infatti, dei

facilitatori che, opportunamente collocati all’interno dell’edificio che si vuole rendere accessibile per i non vedenti, aiutano il visitatore nell’orientamento e nei movimenti. Si tratta principalmente di dispositivi che stimolano l’utilizzo dei sensi diversi dalla vista, come avviene quando si installa un percorso olfattivo, con il quale il non vedente viene guidato dagli aromi percepiti dal suo olfatto, oppure quando si opta per le più tradizionali mappe tattilo-visive, utili all’orientamento e alla percezione nello spazio.