Trisomia 21 o Sindrome di Down (SD)
2.4 La vita indipendente
In molte nazioni del mondo, i movimenti per l’autonomia delle persone con disabilità sono stati promotori di alcune delle più stimolanti ed efficaci azioni di riscatto sociale dello scorso secolo. Prima di tutto questo, le politiche in tema di disabilità vertevano sul paradigma riabilitativo,
focalizzandosi principalmente sui problemi della persona con disabilità, sulla sua inadeguatezza nel portare a compimento anche le più basilari azioni quotidiane come lavarsi o fare i lavori di casa, e sulla mancanza di preparazione nel trovare un impiego remunerativo.
Il nuovo paradigma proposto insiste sul concetto che i problemi delle persone con disabilità non siano solo fisici, ma spesso occorrano per l’eccessiva dipendenza da famigliari e professionisti. La patologia quindi non starebbe solamente nell’individuo ma anche nell’ambiente in cui vive, che non fornisce le occasioni a cui avrebbe diritto: le soluzioni dunque non si devono ricercare attraverso aiuto professionale aggiuntivo, ma piuttosto attraverso la difesa dei propri diritti per la rimozione di tutte le barriere, fisiche sociali e culturali.
In relazione al problema dell’abitazione, Dunn (1990) propone tre accorgimenti da apportare a questo nuovo paradigma. Per prima cosa, una casa risponde a molte altre necessità umane oltre all’indipendenza. Tra queste si possono citare la funzione di rifugio e di spazio personale sicuro, affiliazione e appartenenza, identificazione e prestigio, attenuazione di emozioni negative, il bisogno di vivere la natura. Gli stessi, o concetti analoghi, vengono applicati anche per le persone con
disabilità.
Inoltre, il nuovo paradigma si concentra ossessivamente sulle barriere fisiche all’interno delle abitazioni arrivando a escludere tutte le altre problematiche con cui una persona con disabilità è costretta a confrontarsi ogni giorno. Tramite una revisione della letteratura riguardante social housing, Dunn estrapola 25 variabili che hanno un certo impatto sulle famiglie e sugli individui. Queste variabili vengono poi suddivise in tre macro-ambiti: caratteristiche fisiche, aspetti sociali, gestione (Fig.2.3)
Infine, secondo Dunn gli sforzi dei movimenti per l’indipendenza delle persone con disabilità si concentravano troppo sulla mentalità dei professionisti del settore e non su quella del sistema politico-economico o sulle implicazioni che queste comportano sulla distribuzione delle risorse.
La ricerca evidenzia come gli inquilini siano molto preoccupati per le caratteristiche fisiche delle loro abitazioni e di come gli adattamenti alle stesse abbiano la più grande influenza prima di tutto sulla loro personale sicurezza e solo in secondo luogo sulla loro indipendenza. Un altro studio (DiGennaro Reed et al, 2014), basato su interviste a persone con disabilità, conferma che le maggiori barriere vertono sulla sicurezza personale e sulle abilità mancanti; queste due ricerche rilevano anche la solitudine (DiGennaro Reed et al), i servizi comunitari e gli aspetti di gestione (Dunn) come un altro degli aspetti più temuti. Questo dimostra come il problema dell’abitazione vada affrontato con uno sguardo più ampio dei meri adattamenti interni.
Secondo Dunn, i progetti di accessibilità delle abitazioni devono prevedere:
1. elenco degli adattamenti da eseguire;
2. valutazione delle priorità;
3. qualità e velocità di costruzione;
4. partecipazione degli utenti finali nel processo;
5. analisi degli spostamenti che gli utenti con disabilità devono compiere, dentro e fuori casa;
6. considerazione dei servizi di supporto necessari.
Fig. 2.3: le 25 variabili che impattano le strutture residenziali per persone con disabilità (Dunn, 1990, trad. L.Ciancarini)
Caratteristiche fisiche Aspetti sociali Gestione
Progetto Interni Gestione dell’abitazione
Densità e grandezza Demografia (età, reddito, etnia, ecc.) Gestione esterna
Forma e layout Bisogni speciali Gestione partecipata dall’inquilino
Altezza Cultura Gestione esclusiva dell’inquilino
Dotazioni di base Storia
Accesso e adattamenti
Architettura del paesaggio
Manutenzione Esterni Luogo di gestione
Manutenzione e conservazione Reputazione In situ
Aspetto Posizione e relazioni con le altre comunità Dall’esterno
Energie rinnovabili
Servizi comunitari Politiche e regolamenti
Accesso e disponibilità di servizi sociali, di
cura, educativi, ricreativi, ecc. Ammissione e allocazione Strutture comunitarie Regole
Livelli di affitto
Sicurezza dell’affitto
Sebbene la conquista dell’indipendenza sia una battaglia cruciale per la difesa dei diritti di tutte le disabilità, come si è già visto non tutte le disabilità sono state create uguali. La rimozione delle barriere architettoniche per disabili motori e sensoriali è stato sicuramente un passo epocale, che in larga parte deve ancora essere portato a compimento, ma le barriere culturali e spesso anche
famigliari che devono superare le persone con disabilità intellettiva sono le più tenaci e persistenti.
Le circostanze nelle quali una persona con disabilità intellettiva vive in famiglia sono state analizzate da numerose ricerche negli ultimi 40 anni. Alcuni studi citati da Cattermole (1988), basati su
interviste e questionari indirizzati a familiari e alle stesse persone con disabilità, hanno evidenziato i problemi e le difficoltà che sorgono quando una persona con disabilità intellettiva continua a vivere nella casa dei genitori senza che questi ricevano supporto esterno: sia la persona con disabilità sia i suoi cari vivono una vita di forti restrizioni e un’alta dipendenza l’uno dall’altro in tutti gli aspetti della vita.
Lo studio di Cattermole, sebbene datato, rimane un caposaldo per avere una panoramica piuttosto precisa su come vive una persona con disabilità mentale nella casa genitoriale. Il primo aspetto evidenziato sono le estreme limitazioni della vita sociale: gli amici più stretti sono i famigliari stessi o altre persone nell’ambito della disabilità e, visto che prendono parte a pochissime attività sociali ordinarie, hanno pochissime opportunità di entrare in contatto con persone normodotate.
Nonostante vivano all’interno della comunità, conducono vite quasi interamente segregate. Il secondo aspetto riguarda le abilità personali e le opportunità di metterle in pratica: solitamente gli viene concesso di fare attività casalinghe solo al più basso livello di indipendenza possibile e la stessa cosa è applicabile in tutti gli altri ambiti della loro vita, con i genitori che esercitano un alto grado di controllo e protezione.
«Mia zia era sempre quella che diceva “non sei fatto per viaggiare da solo” ecc. Erano sempre tutti preoccupati in caso avessi una crisi, tutto qua. Da allora mi è capitato di viaggiare, non ho avuto nessuna crisi e non ero neanche preoccupato. Quindi, se io non mi preoccupo, non capisco perché lo facessero loro. Mio padre uguale. Se mio fratello e io litigavamo, non potevamo picchiarci: «non lo toccare, potrebbe avere una crisi». Ma a me non importava. È troppa protezione. Lo so che lo facevano per il mio bene, ma erano troppo protettivi». 5
Cattermole (1988), trad. L.Ciancarini