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Definitio

Cum veteres usi sint his vocibus, Μονόφωνον, Ἀντίφωνον, Ὁμόφωνον, Διάφωνον, Σύμφωνον, Ἀσύμφωνον, nobis Dissonum idem sonabit, quod Ἀσύμφωνον, Consonum idem quod Σύμφωνον, cujus sunt differentiae, Identicum, quod pro Ὁμοφώνῳ usur- pabimus; et non Identicum, quod pro Διαφώνῳ. Et Identici erunt duae species, uniso- num, et Identicum ex opposito.

Definitio

In Geometria differunt vocabula Pars et Partes. Pars enim dicitur, cujus est Totum secundùm certam proportionem Multiplex, puta duplum, triplum, quadruplum; Partes verò, quando non solum et unicum Totum, sed aliqua Totorum multitudo fuerit illa- rum Multiplex. Ut, una septima, dicitur Pars, quia totus circulus, est septuplum hujus partis: at tres septimae dicuntur non Pars sed Partes, quia summa trium circulorum, est septuplum hujus arcus.

Hic verò nos hac distinctione non utemur; sed Partem dicemus tam unam quàm alteram dictarum portionum; hoc est, omnis portio longitudine effabilis, dicetur nobis Pars; cum hac tamen restrictione, si fuerit non major semicirculo.

C

APItolo

I

l

A CAuSA DEllE CoNSoNANzE

Definizione

Sebbene gli antichi utilizzassero questi termini, Mονόφωνον, Ἀντίφωνον, Ὁμόφωνον, Διάφωνον, Σύμφωνον, Ἀσύμφωνον, per noi «dissonante» suonerà allo stesso modo che Ἀσύμφωνον, «consonante» allo stesso che Σύμφονον: quest’ultimo si differenzia in «identico», che adotteremo al posto di Ὁμοφώνον, e «non identico», al posto di Διαφώνον. «Identici» saranno a loro volta di due specie: «unisono» e «identico per opposizione».

Definizione

In geometria i vocaboli «parte» e «parti» differiscono: è detta «parte», infatti, ciò di cui l’intero è multiplo secondo una certa proporzione, come il doppio, il triplo, il quadruplo; si hanno «parti», invece, quando non un solo ed unico intero, ma un certo numero di interi sarà multiplo di queste. Così un settimo è detto parte, poiché l’intero cerchio è il settuplo di quella parte; ma tre settimi non sono detti parte, bensì «parti», poiché la somma di tre cerchi è il settuplo di quell’arco.

Qui ad ogni modo non utilizzeremo questa distinzione, ma chiameremo parte tanto l’una quanto l’altra delle dette porzioni; indicheremo perciò come parte ogni porzione esprimibile in lunghezza,1 con la restrizione, tuttavia, che non sia maggiore di un se-

micerchio.

È invece detto residuo quel che rimane quando una porzione esprimibile è sottratta

1 Si veda Libro I, Definizione XII: «Ci sono diversi gradi di conoscenza, alcuni lontani, alcu- ni vicini. Il primo e più vicino grado si ha quando conosco una linea e posso dimostrare che sia uguale al diametro o che un piano, anche se formato in un altro modo, sia uguale al quadrato del diametro. Qui la misura conosciuta perfettamente, cioè per sé stessa e in un unico atto, misura il conoscibile»; Definizione XIII: «Nel secondo grado, nel quale il diametro viene diviso in un certo numero di parti uguali, o nello stesso modo il suo quadrato: la linea o il piano dato è uguale a una o più di queste parti. Tale linea viene detta in greco ρητή μήκει, esprimibile in lunghezza. Tale area vie- ne detta semplicemente ρητὸν, esprimibile (effabile). Il numero è infatti la lingua dei geometri». Precedentemente nella Definizione VIII era stato chiarito il concetto di quantità conoscibile: «Viene detto conoscibile ciò che è immediatamente misurabile mediante il diametro, se è una linea, mediante il quadrato del diametro, se è una superficie; o ciò che almeno viene formato da quantità tali che, con metodo certo e geometrico, attraverso una serie anche lunga, dipendono comunque dal diametro o dal suo quadrato. In greco viene detto γνώριμον ».

nus existens semicirculo.

Valde necessaria est distinctio Residui à Parte, quia potest esse Pars consona, ejusque Residuum dissonum, ut videbimus.

Definitio

Chorda hîc sumitur non pro subtensâ arcui circuli, ut in Geometria, sed pro omni longitudine, quae apta est ad sonum edendum; et quia sonus per motum elicitur; in abstracto chorda intelligenda est de longitudine motus cujuscunque, vel de quacunque alia longitudine, etiam mente conceptâ.

Axioma I

Diameter circuli, et latera figurarum Radicalium lib. I. explicatarum, quae propriam habent demonstrationem, determinant partem circuli, consonantem cum toto circulo.

Quomodo circulus tendi possit, ut sonitum edat, et quomodo affigendus cavo corpori, ut resonantia existat, vel ab uno signo, ut totus sonet, vel à duobus, ut partes; id longum hic erit explicare; sic tamen exordiendum fuit, quia non tantùm de cantu agitur, qui est harmonia cum sonis concreta, sed etiam sub- intelligi debet intervallum abstractum à sonis. Quod cantum attinet, sufficit chordam in rectum extensam sic dividi posse, ut dividitur, cùm est in circulum contorta, à latere ftgurae inscriptilis.

dall’intero, purché non sia minore di un semicerchio.

È veramente necessaria la distinzione tra residuo e parte, poiché, come vedremo, la parte può essere consonante, e il suo residuo dissonante.

Definizione

Per corda qui s’intende non quella sottesa all’arco di un cerchio, come in geometria, ma ogni lunghezza atta ad emettere un suono; e poiché il suono viene prodotto da un movimento, ‘corda’ deve essere intesa in astratto come la lunghezza di un qualsiasi moto, o qualsiasi altra lunghezza, anche se concepita dalla mente.

Assioma I

Il diametro del cerchio, e i lati delle figure fondamentali illustrate nel Libro I, che hanno una dimostrazione propria,2 determinano una parte del cerchio che è consonan-

te con l’intero cerchio.

Come un cerchio possa essere teso, affinché emetta suono, e come possa essere fissato a un corpo cavo, affinché ci sia una risonanza, sia da un unico punto, cosicché suoni interamente, o da due, in modo che suonino diverse parti, sarebbe lungo da spiegare qui. S’è tuttavia dovuto cominciare in tale modo poiché non ci si deve occupare solo della musica in quanto armonia dei suoni concreti, ma deve essere anche inteso l’intervallo astratto dal suono. Per ciò che concerne la musica, è sufficiente che una corda tesa in linea retta possa essere divisa nello stesso modo in cui è divisa dai lati delle figure inscrivibili quando è disposta in cerchio.

2 Si veda Definizione IX: «La dimostrazione (demonstratio) di una quantità che debba essere descritta o conosciuta è la sua deduzione dal diametro, attraverso i possibili intermedi, in greco

πόριμα»; Definizione X libro I: «Si ha una dimsotrazione propria quando il numero degli angoli

della figura stessa o della figura relazionata ad essa avente il numero dei lati doppio o la metà, formi il termine medio nel determinare il rapporto tra il lato e il diametro». La definizione X si riferisce in particolare alla divisione della figura nei suoi triangoli costituenti. Nella Definizione V era stato introdotto il termine describere: «Descrivere una figura significa determinare con atto geometrico il rapporto tra le linee sottese dagli angoli e le gambe degli angoli; da ciò che si è de- terminato, costruire i triangoli fondamentali della figura e, messi insieme i triangoli, completare la figura stessa»; nella VII il termine scire: «Conoscere, in ambito geometrico, significa misurare tramite una misura nota; la cui misura nota, nell’interesse nostro dell’inscrizione in un cerchio, è il diametro del cerchio».

Corollarium

Consonantiae infinitae sunt, quia figurae demonstrabiles infinitae.

Nondum autem est tempus dicendi de concordantiarum delectu, qui sese non profert valde porrò. Pythagorei hîc in numeris suis, ut causis, quaesiverunt metas magnitudinis intervallorum consonorum, quas solus humanus auditus illis figit, qui non est infinitae potentiae. Est igitur illa coarctatio numeri concordantiarum Harmonicis intervallis abstractis tantùm accidentaria, non verò causalis. Ipsi etiam hodierni Musici metas Pythagoricas egrediuntur; ut de Harmonijs coelestibus jam taceam.

Axioma II

Quo gradu lateris demonstratio distat a primo, eodem gradu et partis circuli, per latus rescissae, consonantia cum toto circulo, recedit ab unisoni consonantia perfectis- sima: seu quae sors est figurae, cujus est latus, inter figuras caeteras; eadem sors est consonantiae illius, inter caeteras.

Hoc axioma inferius usurpabitur ad delectum concordantiarum habendum, causâ suavitatis.

Axioma III

Latera figurarum Regularium Stellarumque indemonstrabilia, determinant partem circuli, dissonantem à toto circulo; sic etiam latus figurae demonstrabile quidem, sed non per se, nec demonstratione propria. Vel pro defectu demonstrationis propriae, ac- cerse ex Lib. II. defectum congruentiae: utroque modo excluditur Quindecangulum.

Hoc axioma absolvet integritatem causae concordantiarum, quam ego substituo, repudiatis Pytha- goreorum numeris abstractis.

Corollario

Le consonanze sono infinite, poiché le figure dimostrabili sono infinite.

Non è infatti ancora tempo di parlare della scelta delle concordanze che, di per sé, non ci dice molto della sua natura. A tal riguardo i Pitagorici videro nei loro numeri, in quanto cause, i termini della grandezza degli intervalli consonanti, che possono essere stabiliti solo dall’udito umano, che non ha potere infinito. Il restringimento del numero delle concordanze a degli intervalli armonici astratti è per- tanto accidentale, non certamente causale. D’altra parte gli stessi musici odierni oltrepassano i termini pitagorici, per non parlare delle armonie celesti.

Assioma II

La consonanza ottenuta tra la parte del cerchio rescissa dal lato e l’intero cerchio, si allontana dalla consonanza perfettissima dell’unisono nello stesso grado in cui la dimo- strazione del lato dista dal primo grado.3 Detto altrimenti: la sorte che ha, tra le varie

figure, la figura a cui appartiene il lato, è la stessa sorte che avrà quella consonanza tra le altre.

Questo assioma di ordine inferiore sarà usato per scegliere le consonanza in base alla loro gradevo- lezza.

Assioma III

I lati delle figure regolari e delle stelle indimostrabili determinano una parte del cerchio che è dissonante con il tutto; lo stesso avviene per il lato di una figura dimostra- bile, che non è però tale non per sé stessa, né per dimostrazione propria. Altrimenti, al posto della mancanza di una dimostrazione propria, ci si richiami alla mancanza di congruenza nel Libro II: in entrambi i modi si esclude il pentadecagono.4

Questo assioma rende conto compiutamente della causa delle consonanze, che io sostituisco ai ripu- diati numeri astratti dei Pitagorici.

3 Grado di conoscenza. I vari gradi di conoscenza sono già stati illustrati da Keplero nel libro I, dalla Definizione XII in poi.

4 Definizione XIII, Libro II: «Son dette incongrue le figure piane regolari inscritte nel cer- chio (che siano iscrivibili), che non solo non possono formare, sia da sole che con altre figure piane dello stesso genere o di un altro, una figura solida, diversa da una imperfetta che possa essere iscritta in una superficie sferica, ma inoltre non possono ricoprire il piano, sia tramite sé stesse o con stelle del loro genere, o con figure e stelle di un altro genere a loro vicino».

Corollarium

Dissonant igitur hae partes à Toto 1. 2. 3. . . . . 7 1. 2. – 4. . . . 9 1. 2. 3. 4. 5. . . . 11 1. 2. 3. 4. 5. 6. . . . . . 13 1. – 3. – 5. – – . . . 14 1. 2. – 4. – – 7. . . . . . 15 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. . . . . 17 1. – – – 5. – 7. – . . . . 18 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. . . 19 Et sic in infinitum.

Axioma IV

Figurae, quae cognatas habent demonstrationes laterum, pariunt etiam cognatas Harmonias.

Per hoc axioma probabitur origo et causa Proportionum Harmonicarum ex superfluo.

Axioma V

Chordae vel arcus circuli, tensionis aequalis, habentes inter se, causa longitudinis, eandem proportionem, quae est inter Partem vel Residuum circuli et Totum circulum; Consonantiam etiam vel dissonantiam habent eandem, licet inter alios terminos vel sonos illa contineatur.

In abstracto sic intelligatur, quòd circulus cum parte sua, constituat proportiones certas Harmonicas: quae in quibuscunque inveniantur terminis alijs, seu sonis, seu motibus mutis, semper sint Harmonicae.

Additur autem hoc Axioma ideò, quia non omnes Proportiones Harmonicae immediatè ex ipso circulo oriuntur, primâ statim ejus sectione per figuram Regularem, sed accedunt aliquae ex se prioribus propa- gatae, usque ad certam Metam: ut in propositionibus videbimus.

Corollario

Queste parti5 sono dunque dissonanti con il tutto.

1. 2. 3. . . . . 7 1. 2. – 4. . . . 9 1. 2. 3. 4. 5. . . . 11 1. 2. 3. 4. 5. 6. . . . . . 13 1. – 3. – 5. – – . . . 14 1. 2. – 4. – – 7. . . . . . 15 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. . . . . 17 1. – – – 5. – 7. – . . . . 18

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. . . 19 E così via all’infinito.

Assioma IV

Le figure che hanno dimostrazioni affini dei lati generano a loro volta armonie affini.

Per mezzo di questo assioma sarà ampiamente comprovata l’origine e la causa delle proporzioni armoniche.

Assioma V

Le corde o gli archi di cerchio di uguale tensione, aventi tra loro la stessa proporzio- ne, in quanto a lunghezza, che vi è tra la parte o il residuo del cerchio e l’intero cerchio, hanno anche la stessa consonanza o dissonanza, quand’anche essa sia compresa tra altri termini o suoni.

Sia compreso in astratto il motivo per cui il cerchio stabilisce con una sua parte determinate pro- porzioni armoniche: queste, in qualsiasi altro termine, suono, o movimento muto siano ritrovate, sono sempre armoniche.

A motivo di ciò si aggiunge questo assioma, poiché non tutte le proporzioni armoniche provengono immediatamente dalla prima divisione del cerchio stesso tramite una figura regolare, ma certe si aggiun- gono prolungandosi dalle loro stesse proporzioni precedenti fino a uno certo termine, come vedremo nelle proposizioni.

L’applicazione dell’assioma è nelle proposizioni VII e VIII.

Causa Harmonia- rum Metaphysica

Axioma VI

Cùm duae Chordae sonos ediderint Identicos, vox tertia, consonans earum uni, con- sonabit et alteri; dissonans verò ab unâ, dissonabit et ab altera, qualibuscunque diversis etiam consonantijs vel dissonantijs.

Nota in subjecto poni speciem Identisoni, in Praedicato Genus Consoni; ut haec duo intelligamus; Primò, non sequi, Duae consonant qualitercunque, ergò e tertia consonat utrique, vel dissonat ab utra- que. Hoc enim est falsum de Genere, verum verò de specie Identisonorum: deinde, nec hoc sequitur, si tertia consonat uni Identisonorum aliquâ certâ consonantia, consonabit et alteri eâdem specie conso- nantiae; hoc enim non semper verum esset, quod declarabo exemplo, licet ex anticipato. Sint duae voces, facientes diapason G et g; sit tertia d, illa facit cum G diapente; ergo etiam cum g consonat, at non per Diapente, sed per diatessaron.

Vsus autem praecipuus hujus axiomatis est Prop. IV.

Axioma VII

Cum duae Chordae vel Voces ediderint sonos Identicos, vox tertia existens cum illa- rum unâ Identisona, etiam cum illarum alterâ identicè consonabit.

Quod in priori axiomate generaliter non potuit affirmari, id jam in specie verum est de Identisonantia. Vsus est in Prop. III.

De his igitur Axiomatibus, praesertim de quinque prioribus, speculatio est sublim- is, Platonica, Fideique Christianae analoga, ad Metaphysicam, adque doctrinam de Anima spectans. Geometria enim, cujus partem hûc spectantem libri duo priores sunt complexi, Deo coaeterna, inque Mente divina relucens, exempla Deo suppeditavit, ut in hujus libri praeambulo dictum, exornandi Mundi, ut is fieret Optimus et Pulcheri- mus, denique Creatoris similimus. Dei verò Creatoris imagines sunt, quotquot Spiritus, Animae, Mentes, suis singulae corporibus sunt praefectae, ut illa gubernarent, mover- ent, augerent, conservarent, adeòque et propagarent.

Cùm igitur typum quendam Creationis sint complexae suis munijs: leges etiam cum Creatore easdem observant operis, ex geometriâ desumptas: gaudentque proportion- ibus ijsdem, quibus Deus est usus, ubicunque illas invenerint, sive nudâ speculatione, sive interpositis sensibus, in rebus sensui subjectis; sive etiam sine discursu Mentis, per occultum et concreatum instinctum: sive Deus ipse proportiones hasce in corporibus et motibus expresserit invariabiliter; sive quadam Geometricâ necessitate materiae in infinitum dividuae, motuumque per materiae quantitatem, inter infinitas proportiones

La causa metafisica delle armonie

Assioma VI

Quando due corde emettono suoni identici, una terza voce, che è consonante con una di quelle, sarà consonante anche con l’altra; se è invece dissonante con una, lo sarà anche con l’altra, di qualunque tipo sia la consonanza o la dissonanza.

Per capire meglio questi due concetti va notato che è posta come soggetto la specie indentisonante, come predicato il genere consonante; in primo luogo, se due corde sono in qualsiasi modo consonanti, non consegue che una terza sia consonante con entrambi, o dissonante. Questo è infatti falso per quanto riguarda il genere, vero invece per quanto riguarda la specie degli identisonanti: ma del resto non ne segue che se la terza è consonante con uno degli identisonanti per una qualche consonanza, sia consonante con l’altro per la stessa specie di consonanza; questo infatti non corrisponde sempre a verità, come mostrerò in quest’esempio, che valga da anticipazione. Siano due voci,6 facenti la diapason G e g; sia una terza

d, che faccia con G una diapente: essa è dunque consonante anche con g, ma non in relazione per

quinta, bensì per diatessaron.

La principale applicazione di questo assioma è nella proposizione IV.

Assioma VII

Quando due corde o voci emettono suoni identici, essendoci una terza voce indenti- sonante con una di quelle, essa sarà consonante in maniera identica anche con l’altra.

Ciò che nel precedente assioma non si è potuto affermare generalmente, è qui vero in modo specifico per l’identisonanza.

L’applicazione si ha nella proposizione III.

L’indagine su questi assiomi, in particolare sui cinque precedenti, è dunque sublime, platonica e conforme alla fede cristiana, e rivolta alla metafisica e alla dottrina sull’a- nima. La geometria, infatti, alla cui parte riguardante queste cose son legati i due libri precedenti, coeterna a Dio, nella cui mente divina riluce, fornì modelli a Dio, come det- to nell’introduzione di questo libro, per ordinare il mondo, affinché fosse ottimo, ma- gnifico e infine somigliantissimo al Creatore. Tutti gli spiriti, le anime, le menti, sono in verità immagini del Dio Creatore, e ognuno di essi è messo a capo dei loro singoli corpi, affinché li governino, muovano, alimentino, conservino e in particolare li perpetuino.

Poiché quindi comprendono, nelle loro funzioni, un qualche tipo della creazione, essi, assieme al Creatore, osservano anche nelle attività le medesime leggi desunte dalla geometria, provando godimento per le stesse proporzioni di cui Dio si servì, in qualsiasi modo le trovino, sia con la pura speculazione, sia, attraverso i sensi, nelle cose soggette ad essi, sia anche senza un processo mentale, ma per un istinto nascosto e concreato ad essi: e questo sia che Dio stesso abbia espresso invariabilmente queste stesse proporzioni nei corpi e nei moti; sia che, per una certa necessità geometrica della materia infini- tamente divisibile, e dei moti per la quantità della materia, fra le infinite proporzioni

Experimentum mi- rabile in chordis.

non harmonicas, occurrerint etiam harmonicae istae suis temporibus, et sic non in ESSE, sed in FIERI consistant. Nec tantum gaudent Mentes, Dei imagines, proportion- ibus ijs: sed utuntur etiam ijsdem pro legibus ad peragenda sua munia proportionesque, easdem in motibus suorum corporum, quâ licet, exprimendas. Exempla luculenta duo proferent libri sequentes, unum ipsius Dei Creatoris, qui proportionibus harmonicis dispertitus est motus coe1orum; alterum Animae illius, quam Naturam sublunarem dicere solemus, cientis Meteora ad praescriptum proportionum, quae occurrunt in Radiationibus Astrorum. Tertium igitur et hujus libri proprium exemplum esto Ani- mae humanae, adeòque et pecudum quadamtenus. Illae enim perceptis proportionibus Vocum harmonicis gaudent, non harmonicis tristantur; à quibus Animae affectibus illae (Harmonicae) Consonantiae indigetantur, hae (non harmonicae) Dissonantiae. Quod si accesserit etiam altera proportio harmonica, vocum sonorumque longorum et brevium, causâ temporis; tunc illae corpora sua saltationibus, linguas pronunciationi- bus ad easdem leges movent: huc opifices Malleorum ictus, huc milites gressum accom- modant; vivunt omnia, durantibus Harmonijs, torpescunt ijsdem disturbatis.

Haec et similia, Consilij sint, Instinctusve, hoe est Mentis opus: an etiam Naturae El- ementorum, Materiaeque necessitate fiat, ut temperies sensibus commoda nulla possit esse; nisi quae constet proportionibus figurarum harmonicis; id variè disputatum fuit à philosophis: quaerentibus omnibus, unde existat illa suavitas, quae auribus allabitur ex proportione vocum, quâ suavitate Consonantias definimus. Qui ad Materiam et Motum Elementorum inclinant, exemplum afferunt hoc, per se quidem sanè quàm mirabile, quòd Chorda pulsata chordam aliam non pulsatam secum in sonitum trahit, si tensa fuerit sibi consonè, dissonè tensam immotam re1inquit. Hoc cùm non possit ullius Mentis ministerio fieri, quia sonus, hoc causatus, Mentem aut intellectum non habet; sequitur ut id contemperatione motuum fieri dicamus. Sonus enim Chordae, habet acumen vel gravitatem, à celeritate vel tarditate vibrationis, qua tota chordae longitudo libera vibratur; nec insunt hae sonorum differentiae primò et immediatè in