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Cenni storic

Nel documento La finanza etica islamica (pagine 73-75)

Possibile utilizzazione in contesto non

3.1 Cenni storic

La nascita della finanza islamica è fatta coincidere con la fondazione della Cassa di Risparmio di Mit Ghamr nel 1963; l’istituto bancario ebbe un buon successo, soprattutto per il mix di ideologia occidentale e orientale con cui si svolgeva l’attività bancaria e dopo cinque anni di operatività, a causa delle diffidenze del governo egiziano, ne fu imposta la chiusura. Per alcuni anni la finanza islamica visse una fase di stasi: dopo l’esperienza di Ahmad al- Najjar e la nascita della Taabung Haiji in Malesia (la più vecchia istituzione finanziaria islamica esistente) ci vollero più di dieci anni perché la finanza conoscesse un vero e proprio sviluppo. Nel 197321 la grande crisi petrolifera rilasciò, nei paesi della Lega Araba, un ingente ammontare di capitali provenienti dagli importatori occidentali grazie all’aumento del prezzo del petrolio; i Paesi del Golfo si ritrovarono con le risorse necessarie per avviare lo sviluppo del sistema economico.

Nel 1974 fu fondata la Dubai Islamik Bank, cioè la prima banca commerciale Araba moderna non posseduta dal governo; essa operava nel Golfo, dove il reddito pro-capite era elevato, l’agricoltura inesistente e dove l’industria petrolifera richiedeva infrastrutture moderne e ingenti investimenti.

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Durante la celebrazione del Yom Kippur (il giorno dell’espiazione), l’Egitto invase i territori israeliani. Durante i combattimenti Egitto e Siria furono aiutati e supportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani, mentre Israele fu appoggiata da Usa e Paesi europei. Per punire l’Occidente con la sua politica filo-israeliana i Paesi arabi appartenti all’Opec (Organization of the Petrolium exporting Countries) bloccarono le esportazioni di petrolio verso questi Paesi. Il prezzo del petrolio nel 1974 sfondò quota 12$ al barile (record storico per quell’epoca) e continuò a salire per tutti gli anni ’70 e ’80. La crisi ebbe ripercussioni su tutte le economie occidentali.

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Nel 1975 fu fondata, per iniziativa del Ministero delle Finanze di alcuni paesi arabi riuniti presso l’Organization of the Islamic Conference22, l’Islamic Development Bank (IDB) con sede a Jebba in Arabia Saudita. Lo scopo dell’IDB era quello di promuovere lo sviluppo socio economico di tutte le comunità musulmane in accordo con i precetti della Sharia’ah; in realtà si tratta di gestire il grosso quantitativo di petroldollari accumulati nel periodo della crisi petrolifera, indirizzandoli verso le nazioni in via di sviluppo, utilizzando ovviamente strumenti privi di interesse.

Nel 1979 l’Iran fu il primo paese a islamizzare tutto il sistema bancario, seguito poi dal Pakistan e infine nel 1992 dal Sudan. Altri Paesi invece, come la Malesia e il Bahrain, iniziarono a promuovere un sistema di dual banking, in cui la finanza islamica veniva sviluppata parallelamente a quella convenzionale.

Negli anni novanta l’interesse per la finanza islamica coinvolse anche le istituzioni e i mercati dei paesi occidentali: alcune banche convenzionali inaugurarono sportelli islamici all’interno delle proprie sussidiarie operanti nell’area o costituirono delle filiali interamente sharia’ah compliant (Gomel, 2010). Contestualmente le due principali autorità monetarie mondiali (Federal Reserve e Bank of England) iniziarono ad occuparsi del fenomeno, così come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale23. Nel 1995 vennero quotati i primi due indici di borsa relativi a strumenti finanziari rispettosi dei precetti religiosi islamici, ossia conformi alla legge shariatica: Dow Jones Islamic Market Index (DJIM) e il Financial Times Islamic Index. Il DJIM fu lanciato nel 1999 in Bahrain ed è stato il primo indice creato per gli investitori in cerca di investimenti conformi alle leggi islamiche; l’indice misura le prestazioni di un universo globale di titoli azionari investibili applicando la stessa metodologia utilizzata per il Dow Jones Index (indice generale di mercato che cerca di fornire il 95% di copertura del mercato di 44 paesi), e due livelli di screening. Il primo livello rimuove le aziende coinvolte in prodotti come l’alcool, prodotti di carne di maiale, servizi finanziari tradizionali come le banche e le assicurazioni, servizi di intrattenimento (alberghi, casinò, gioco d’azzardo, ecc), tabacco e armi di difesa. Il secondo livello di screening del DJIM sulla base di indici finanziari, ha lo scopo di rimuovere le aziende basate sul debito e

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Organization of the Islamic Conference: vi aderiscono 57 Stati dal Medio Oriente, Africa, Asia Centrale, Caucaso, Balcani, Sud-Est Asiatico, Asia Meridionale e Sud America che hanno deciso di unire le loro risorse e combinare i loro sforzi al fine di salvaguardare gli interessi reciproci e promuovere lo sviluppo dei propri popoli e dei musulmani in tutto il mondo. Le lingue ufficiali dell’Oic sono: arabo, inglese e francese (www.oic-oci.org)

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La Banca Modniale, oltre ad aver costituito nel 2010 un working group per la promozione della finanza islamica, ha emesso, attraverso l’IFC (Iternational Finance Corporation), un prestito obbligazionario shari’ah compliant (sukuk) del valore di 100 milioni di dollari, collocato sui mercati di Dubai e Bahrein.

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livelli di reddito di interesse nei loro bilanci. Il Finacial Time Islamic Indeces, sviluppato da FTSE Group, invece è composto da una gamma di indici Shariah-compliant progettati per soddisfare le esigenze degli investitori islamici a livello globale. Sulla base dei titoli large e mid caplo screening viene effettuato da consulenti esperti in sharia’ah compliant.

Fino a oggi, nonostante i ripetuti scandali che hanno colpito il sistema finanziario arabo negli anni ‘9024

, la finanza islamica ha continuato a crescere a ritmi molto sostenuti in tutti i settori; si stima che l’industria dei servizi finanziari islamici sia presente in quasi 50 paesi, sia a maggioranza musulmana che non, e che gestisce fondi oltre i 750 miliardi di dollari e che continua a crescere a ritmi del 10-15% all’anno.

Nel documento La finanza etica islamica (pagine 73-75)