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Il mercato dei capitali e gli indici di borsa

Nel documento La finanza etica islamica (pagine 85-89)

IL MERCATO DEI CAPITALI SHARIA'AH COMPLIANT

FONDI DI INVESTIMENTO ISLAMIC

3.4 Il mercato dei capitali e gli indici di borsa

In generale l’investimento in azioni ordinarie è ammesso dalla legge shariatica (ovviamente le azioni non devono essere di società che svolgono attività proibite dalla legge coranica); tuttavia alcuni studiosi sottolineano la grande differenza esistente tra una partnership di tipo islamico (musharakah), che presuppone una piena partecipazione all’iniziativa economica, e una moderna partnership di tipo occidentale. Più problematica invece è l’ammissibilità delle azioni privilegiate e ogni altro strumento partecipativo che limita la partecipazione alle perdite o che garantisca un profitto certo. La posizione prevalente tra i giuristi islamici è la non accettazione di questi strumenti30, anche se in alcuni paesi emergenti con ordinamenti favorevoli alla finanza islamica sono diffusi31; inoltre non dovrebbero essere ammesse le azioni di società che presentano nel passivo dello stato patrimoniale debiti di lunga durata e nel conto economico interessi passivi (anche attivi se la società permette il pagamento dilazionato a propri clienti incassando anche interessi). Tuttavia, la consapevolezza che nella prassi corrente tutte le imprese fanno ricorso, anche se in piccola parte, al debito, ha portato i giuristi islamici a proporre dei financial ratio s volti a discriminare le situazioni ammissibili da quelle vietate. In conformità al principio di

30 Ad esempio il Dow Jones Islamic Market Index esclude le preferred stocks dal paniere degli strumenti islamici. 31 Bahrein, Malaysia e Pakistan

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maggioranza, nel caso in cui attività vietate siano inscindibilmente connesse ad attività lecite, il giudizio di compliance con la sharia’ah tiene conto di quale attività lecita o vietata sia prevalente. I frutti delle attività vietate devono, tuttavia, essere sottoposti ad un’attività di “purificazione”; nel caso di azioni detenute da fondi comuni di investimento islamici, la purificazione, che ha luogo attraverso la devoluzione in beneficienza degli introiti, può essere effettuata direttamente dal sottoscrittore del fondo o, più raramente, dal fondo stesso (Gomel, 2010). I principali ratio s proposti si basano sui rapporti tra debito e totale del passivo e tra asset che generano interessi e il totale dell’attivo.

Per sintetizzare l’andamento degli strumenti finanziari, negli ultimi anni sono stati prodotti alcuni indici specializzati in prodotti sharia’ah compliant; la gestione dell’indice prevede, di solito, la supervisione di uno Sharia’ah Board che valuta, in base ad uno screening settoriale e finanziario, se il titolo di una società possa o meno essere inserito nell’indice.

Il principale indice islamico di borsa è il DJIM (vedi 3.1) che è composto da oltre 70 sotto indici, di cui 10 focalizzati sull’Europa e sull’area euro. I criteri di screening adottati dal DJIM, poi successivamente adottati dall’AAOIFI, sono di fatto divenuti uno standard per l’industria finanziaria islamica.

Il processo di creazione di un indice, così come il processo di selezione di un fondo comune che porta a un universo di titoli ammessi dai precetti religiosi è composto da diverse fasi; partendo dall’intero universo investibile, il comitato shariatico e il gestore del fondo applicano i seguenti screen sul portafoglio (Porzio, 2009):

Settore di appartenenza della società. Il portafoglio Sharia’ah compliant deve escludere società le cui attività principali siano legate ai seguenti settori:

 bancario, finanziario e assicurativo poiché le società operano in base al tasso di interesse e gestiscono l’incertezza;

 produzione, lavorazione e commercializzazione della carne di maiale;  produzione e commercializzazione di alcool;

 entertainment in senso lato, escludendo le società che possiedono casinò o partecipazioni in attività come l’editoria pornografica, società legate alla musica e ai cinema;

 produzione di armi;  tabacco;

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 parametri finanziari relativi al debito, ai titoli fruttiferi di interesse e ai crediti (Elgari, 2002);

 il debito non deve eccedere il 33% del valore di mercato della società. Questo quoziente finanziario è il più importante per la definizione di un portafoglio. La legge shariatica si focalizza sul modo in cui una società acquisisce risorse finanziarie poiché se le forme di finanziamento sono permesse, allora lo sono anche gli utili generati. Dal momento che il debito è remunerato con l’interesse non è accettato, una parte importate della struttura del capitale non è accettabile. Secondo le parole del profeta, “Il giudizio deve essere basato sulla maggioranza, non sulla minoranza” e il tasso soglia, in termini percentuali, tra minoranza e maggioranza è stabilito nel 33%. Ecco quindi che il debito è accettato nei limiti del 33%, livello oltre il quale non rientrerebbe più nel concetto di minoranza;

 la somma tra la liquidità e le attività fruttifere di interesse non deve eccedere il 33% del valore di mercato della società. Il motivo di tale parametro si ravvisa nella volontà di escludere dal portafoglio società che abbiano un ammontare eccessivo di interest bearing securities, cioè di attività fruttifere di interessi (che ricadono nella proibizione della riba) o di liquidità in portafoglio, per evitare la tesaurizzazione;

 crediti e liquidità devono essere inferiori al 50% del valore di mercato della società. In questo caso si ipotizza che i crediti non riscossi siano relativi a vendite con pagamento differito di beni permessi secondo i canoni religiosi. Allo stesso modo, si ipotizza che i crediti non riscossi siano relativi a vendite con pagamento differito di beni permessi secondo i canoni religiosi. Allo stesso modo, si ipotizza che l’azienda non abbia crediti relativi a finanziamenti che ha concesso e sui quali percepisce un tasso di interesse. Al totale di crediti e liquidità non si applica il livello del 33%, perché i crediti possono sorgere da due fonti, una permessa (la vendita con pagamento differito) e la seconda vietata (crediti relativi a prestiti remunerati). Applicare, quindi, un livello del 33%, penalizzerebbe una fonte lecita di guadagno.

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A queste esclusione devono essere aggiunte le società che il board non ritiene conformi ai precetti religiosi come, ad esempio, alcune catene della grande distribuzione che smerciano alcolici oppure derivati della carne di maiale che potrebbero essere escluse dal portafoglio.

Il processo di screening così rappresentato sembrerebbe semplice e automatico: in realtà vi sono aziende o settori che sono al confine tra l’essere ammessi e l’essere proibiti e che richiedono l’intervento dello Sharia’ah board che ne analizzerà il caso specifico per poi emettere un parere. Si riporta qui di seguito un esempio della compagnia aerea British Airways (Porzio 2009): apparentemente il titolo non ha motivo di essere escluso dal portafoglio, le compagnie aeree infatti sono acquirenti di ingenti quantità di carburante e aiutano, nell’ottica islamica, l’economia dei paesi produttori di petrolio. Tecnicamente però, la società in oggetto vende a bordo, con il duty free, alcolici e sigarette, quindi andrebbe dunque esclusa dal portafogli. In alternativa alla British Airways il board potrebbe preferire compagnie di bandiera di paesi islamici, come ad esempio la Kuwait Airlines o la Saudia, ma queste società non sono quotate e, se lo fossero, dovrebbero comunque rispettare i parametri finanziari. Questo vorrebbe dire che, in ultima analisi, in assenza di società compliant, il settore aereo non avrebbe l’opportunità di essere inserito nel portafoglio.

Dal punto di vista generale, il problema relativo alla illeceità dell’interesse è molto importante nel contesto islamico. La maggior parte delle società attive nel mercato dei capitali nello svolgere le proprie attività, si basano sul tasso di interesse, ad esempio depositando i propri fondi presso le banche che poi andranno a accreditare interessi; e questo crea grossi problemi di liceità per i fondi.

Gli Sharia’ah scholars si sono spesso concentrati sulle problematiche del rapporto tra società che si indebitano pagando un tasso di interesse e società che investono in interest bearing securities e l’aderenza alle regole del Corano.

Alcuni studiosi per dare una soluzione al problema, hanno posto le seguenti questioni (Porzio, 2009):

 se è vero che investire secondo il tasso d’interesse è vietato, è anche vero che la tesaurizzazione è altrettanto vietata, poiché rende improduttivo un mezzo che dovrebbe essere invece usato per il miglioramento della società musulmana. Seguendo questo schema di ragionamento, è necessario trovare un giusto

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compromesso per consentire agli investitori un utilizzo consentito e produttivo dei propri beni;

 i mercati mobiliari dei paesi islamici sono poco sviluppati e non vi è un grosso ricorso al capitale. Le banche islamiche non sono, tranne alcune eccezioni, così solide e capitalizzate da permettere da sole lo sviluppo e il finanziamento delle aziende dei paesi musulmani. Per questa ragione si è spesso ragionato sul modo di aiutare lo sviluppo dei mercati in contesto islamico: da un punto di vista pratico, escludere le banche occidentali dal finanziamento/investimento, aggrava la situazione e ritarda lo sviluppo.

A queste considerazione e alle critiche rivolte a chi include società che agiscono in base alla riba, si risponde secondo due scuole di pensiero (Usmani, 2002):

1. gli studiosi più ortodossi ritengono che la detenzione di titoli di una società che opera in modo non consentito voglia dire, in pratica, accettare tale prassi. Da questo assunto deriva che queste società devono essere escluse dal portafoglio;

2. un’altra corrente di pensiero, invece, ritiene che, poiché le decisioni vengono prese a maggioranza, il singolo investitore non abbia realmente la possibilità di influenzare il comportamento della società. Il singolo azionista ha però il dovere morale di palesare in assemblea il proprio disaccordo e di agire perché la società tenga dei comportamenti leciti. A fronte del loro investimento, i sottoscrittori- investitori ricevono un certificato che dà loro titolo a ricevere parte dei profitti guadagnati dal fondo. Le società inserite nel portafoglio gestito devono tenere comportamenti conformi, nella conduzione degli affari e nel settore di riferimento, alla legge coranica.

Una volta stabilite le regole per la costruzione dell’indice (o del fondo), il gestore dovrà attenersi a delle regole per la relativa gestione e l’utilizzazione degli strumenti finanziari.

Nel documento La finanza etica islamica (pagine 85-89)