CAPITOLO 2: LA PRODUZIONE DEI RIFIUTI, LO SMALTIMENTO E IL RICICLO
2.1 Cenni storici del fenomeno
I rifiuti hanno sempre preoccupato le comunità degli uomini, creando vari problemi, perché anche nei secoli, e millenni, scorsi esisteva un problema di “gestione” dei rifiuti.
Fin dalla preistoria i rifiuti, per lo più di natura organica, venivano accumulati in fosse ai margini degli insediamenti umani. La tendenza di gettare ed abbandonare i propri rifiuti trova radice nella preistoria quando scarti e residui venivano riversati ovunque senza preoccuparsi di come dovessero essere smaltiti. In realtà il sistema non presentava gravi problemi, poiché i rifiuti erano per lo più modesti e soprattutto perché gli uomini si spostavano frequentemente da un territorio all’altro82
.
Le cose cambiarono quando l’uomo diventò sedentario per cui dovette iniziare a fare i conti con i cumuli di rifiuti. Fino a quel tempo i rifiuti erano costituiti prevalentemente da materiali riutilizzabili. Infatti, il cibo scartato andava agli animali, soprattutto maiali, le ceneri erano utilizzate per lavare i tessuti e gli escrementi erano trasformati in concime. Le stoffe erano rare e costose, e dunque erano utilizzate fino all’ultimo. I metalli erano rari e gettarli via era impensabili. Il vero problema dei rifiuti arriva con la nascita dei grandi imperi e conseguentemente con la fondazione delle prime città.
Tuttavia con la nascita delle prime città, l’accumulo dei rifiuti divenne un problema non di poco conto, e così già attorno all’anno 1000 nacquero le prime organizzazioni urbanistiche dove la produzione di rifiuti delle attività produttive era tenuta lontano dalle abitazioni o dalle strade importanti della città83.
A Roma, città che contava un numero incredibile di abitanti, durante l’era imperiale romana venne creata la Cloaca Massima84, prima rete fognaria della storia, rappresenta certo un modo nuovo e moderno per affrontare il problema dei rifiuti in città. Non solo, i romani furono i primi creatori dei servizi pubblici di raccolta e smaltimento dei rifiuti e il loro modello urbano fu esportato in tutto l’impero e funzionò fino alla fine del’impero stesso.
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M. SANTOLOCI, V. VATTANI, “Rifiuti solidi e liquidi: gestione trasporto, stoccaggio depositi e dintorni”, Diritto ambiente Edizione, 2009, pag 15-24.
83Vedi “Dalla scarsità all’infinito, sintesi del panorama mondiale dei rifiuti”, 2009, Philippe Chalmin Catherine
Gaillochet.
84
E. SORI, “Il Rovescio della produzione, i rifiuti in età pre-industriale e paleo tecnica”, il Mulino, Bologna, pag 30.
55 La Prima Rivoluzione industriale ha introdotto una nuova mentalità, quella dello sfruttamento massiccio delle risorse, rinnovabili e non, che per forza di cose ha determinato un forte aumento di materiali residuali di scarto, e in generale della produzione dei rifiuti.
La macchina a vapore venne impiegata in ogni ambito di produzione e si costruirono grandi fabbriche, situate solitamente lungo i corsi dei fiumi in modo da poter scaricare i rifiuti direttamente nelle acque, creando il fenomeno dell’inquinamento idrico.
Sempre più gente cominciò a trasferirsi nelle città, contribuendo allo spopolamento delle campagne, e le città si riempirono di gente e ovviamente anche di rifiuti.
Da questo momento la produzione di rifiuti solidi urbani risente del fatto che i residui non sono più costituiti dai soli scarti alimentari, ma anche da una lunga serie di materiali non biodegradabili (metalli, plastiche, etc.) e pericolosi. Si pose dunque il problema di ideare e realizzare sistemi di trattamento per smaltire in sicurezza questa nuova tipologia di rifiuti. È a questo punto che il “sistema rifiuti” inizia a diventare un problema complesso con numerose implicazioni di carattere ambientale, economico, sociale e legislativo.
In Germania, a partire dal 1800 fu introdotto l’uso di raccogliere i rifiuti domestici accanto alle case nelle cosiddette “fosse del pattume”.
Poi si ebbe l’arrivo della “macchina spazzatrice”: trainata da un cavallo e guidata da un solo uomo, poteva ripulire in un’ora una superficie stradate pari a quella coperta da quattro netturbini in un giorno intero di lavoro. Brevettata da Joseph Whitworth, entrò in funzione nelle strade di Manchester (Inghilterra) nel 1841: le scope, attaccate a una catena avvolta su pulegge e fissata all’asse del carro, giravano grazie a ingranaggi.
Non meno stupore aveva destato un’altra invenzione inglese: il “Distruttore”, l’antenato dei moderni inceneritori. Questa fornace municipale fu eretta a Paddington (Londra) nel 1870: seguirono altri impianti, più efficaci e meno inquinanti.
Tra la fine dell’ ’800 e i primi del ’900, nonostante l’industrializzazione, il regime di produzione dei rifiuti generato dalla società era comunque modesto rispetto alla nostra cultura consumistica e – soprattutto – rispetto al nostro sempre più diffuso stimolo culturale dell’ “usa e getta”. Si rammendavano i calzini ed i vestiti logori, gli animali domestici si nutrivano degli avanzi del cibo e producevano del concime prezioso per i giardini. Le massaie facevano la spesa con la cesta e la brocca per il latte. Il riscaldamento domestico, grande fonte di inquinamento della nostra era moderna, era a legna o a carbone ma vi era differenza tra i due tipi di combustibile. Infatti la prassi voleva che la cenere di legna da ardere potesse essere facilmente e proficuamente utilizzata per lavare i panni, dato il suo alto contenuto di soda.
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Invece, la cenere di carbone andava gettata via (e quindi produceva rifiuto) perché non poteva essere utilizzata per tali scopi.
I metalli in circolazione al contrario erano pochi poiché ancora troppo rari e preziosi per essere gettati via senza essere sfruttati al massimo, esisteva comunque il “rottamaio” che aveva la funzione sociale ed economica di ritirare le pentole rotte o gli altri oggetti domestici in metallo in disuso; esso costituiva un vero e proprio soggetto che faceva recupero di rifiuti metallici in quanto li acquistava e li rivendeva o riutilizzava in cicli secondari veri e propri. I vestiti, le lenzuola ed i tessuti in genere erano anch’essi troppo preziosi per essere trascurati o gettati via prima di essere ridotti veramente al minino tollerabile. Ed anche dopo tale limite, diventavano stracci: per casa, per fare pannolini per neonati, per fasce e bende, eccetera. Oggi nessuno pensa a riparare le cose, che del resto sono fatte per durare poco ed essere rimpiazzate da altri modelli e questo in tutti i settori. Si pensi ad un computer, un qualsiasi elettrodomestico che spesso dopo pochi mesi – se con un minimo danno – non trova più nessuno che lo ripari e comunque una riparazione costa più dell’acquisto del modello successivo che è già uscito e che ci attrae perché presenta una funzione in più. Buona parte dei nostri rifiuti moderni sono rappresentai da beni che nell’economia dell’inizio del secolo scorso sarebbero stati utilizzati e riutilizzati fino allo sfinimento.
La conseguenza di questa vertiginosa crescita dei rifiuti non può che essere una progressiva difficoltà di gestire i sistemi conseguenti. Ed il rifiuto è diventato un problema mondiale e globalizzato, che investe anche aree lontane dal superfluo e dalla industrializzazione forzata poiché sono queste le zone del mondo che fanno troppo spesso le spese di tale situazione, essendo state di fatto trasformate in siti di smaltimento dei peggiori rifiuti industriali: oggi i più micidiali rifiuti dell’industria planetaria si trovano nelle periferie del mondo che non contano nel loro territorio neppure un’industria.