2 Il trasferimento all’estero della residenza fiscale
2.10 Cenni: trasferta e distacco del lavoratore
La mobilità del personale è un fenomeno alquanto diffuso in ambito internazionale.
Il motivo principale di tale propagazione si riscontra nella possibilità di garantire e di soddisfare una maggiore economicità delle imprese interessate e una maggiore efficienza delle procedure
amministrative178.
178P.Valente, L. Vinciguerra, “Esterovestizione delle persone fisiche, centro degli interessi vitali e nomadismo fiscale”, IPSOA, 2016, p.272.
Con la previsione dell’istituto del distacco179, il datore di lavoro (distaccante) pone il proprio dipendente a disposizione di un soggetto terzo (distaccatario), a favore del quale il lavoratore presta la propria attività lavorativa.
Il distacco si sostanzia in un esercizio del tutto legittimo dei poteri direttivi facenti capo al datore di lavoro, a condizione che sussista il consenso da parte del lavoratore.
L’applicazione di tale istituto comporta una modifica delle modalità di esecuzione dell’obbligazione di lavoro gravante sul prestatore d’opera.
Tale modifica, però, non implica il venir meno dell’originario rapporto di lavoro ed il contestuale istaurarsi di uno nuovo presso il soggetto terzo beneficiario della prestazione lavorativa.
In tal caso, infatti, il rapporto di lavoro continua ad intercorrere tra la società italiana ed il lavoratore, nonostante l’avvenuto spostamento all’estero di quest’ultimo.
Affinché il distacco sia legittimo devono ricorrere due requisiti fondamentali che sono:
• la temporaneità, ovvero lo spostamento del lavoratore deve essere momentaneo e non definitivo
• la sussistenza di un interesse, in capo al distaccante, per tutta la durata del distacco180.
Connessa e collegata al primo requisito della temporaneità e considerata di grande importanza, è la previsione di un termine d’assegnazione e del successivo rientro in Italia del lavoratore.
179 Tale istituto, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico, trova applicazione in
base ai contenuti dell’art. 30 D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in
http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/03276dl.htm
180 La Corte di Cassazione, con sentenza del 17 marzo 1998 n. 2880, ha precisato
che il distacco deve essere provvisorio e deve esistere l’interesse del datore di lavoro distaccante. Devono sussistere ragioni correlate ad aspetti organizzativi o produttivi, la cui permanenza è richiesta per tutto il periodo di durata del distacco, in https://www.iusexplorer.it/Dejure/
Tale previsione può essere diretta (dal giorno x al giorno al giorno y, per tot mesi), oppure indiretta (con riferimento al tempo necessario per concludere un determinato lavoro).
Nel caso in cui il distacco si prolunghi oltre i termini previsti si verifica immediatamente una causa di illegittimità.
Per quanto riguarda, invece, il termine interesse del secondo requisito, bisogna considerarlo nella sua più ampia accezione. Tale espressione può declinarsi in interesse produttivo, commerciale, amministrativo, escludendo la possibilità che coincida con il mero prestito di manodopera, vietato nel nostro ordinamento.
L’interesse deve essere connesso allo svolgimento, da parte del lavoratore, di una determinata attività181 ed il suo venir meno determina la carenza di un requisito sostanziale e, dunque, il diritto- dovere del distaccante di revocare il provvedimento anche nel caso in cui sia stata comunicata una durata maggiore al lavoratore.
L’istituto della trasferta, invece, consiste nel mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa per sopravvenute esigenze di servizio.
Non esiste una vera e propria disciplina legale della trasferta: invero se ne occupano i contratti collettivi nazionali di lavoro, per quanto riguarda soprattutto i risvolti economici, e la giurisprudenza per i profili di diritto.
Affinché si verifichi, è necessario che vi siano circostanze tali da rendere necessario lo spostamento del lavoratore nel luogo in cui esse sono sorte, per il solo tempo necessario a garantire il loro soddisfacimento.
181La Corte di Cassazione, nella sentenza del 26 maggio 1993 n. 5907, ha chiarito
che “l’interesse deve essere rilevante, concreto e persistente talché, per stabilire
con quale soggetto intercorra effettivamente il rapporto, occorre accertare quale soggetto abbia un interesse persistente, con quale datore di lavoro sussiste una dipendenza non apparente e temporanea” in P.Valente, L. Vinciguerra, “Esterovestizione delle persone fisiche, centro degli interessi vitali e nomadismo
Ai fini del configurarsi dell’istituto, è necessario che sussista, e permanga per tutto il periodo, il legame del prestatore di lavoro con l’originario luogo di lavoro, definito al momento dell’assunzione182. Requisito necessario e al tempo stesso caratterizzante la trasferta è la
temporaneità.
Da questo punto di vista pare essere non dissimile dal distacco, previamente analizzato.
Tra i due istituti, però, intercorre una differenza sostanziale: infatti nella trasferta risultano preponderanti le esigenze di tipo
organizzativo che costituiscono l’espressione dell’esercizio del potere del datore di lavoro di decidere in quale luogo debba essere eseguita la prestazione lavorativa, a prescindere dal consenso del lavoratore (art. 41 Cost).
Dai due precedenti istituti, ovvero distacco e trasferta, il trasferimento differisce sotto il profilo della temporaneità.
Il trasferimento, infatti, determina una modifica definitiva del luogo della prestazione lavorativa e, dunque, della sede di lavoro.
Fondamentale disposizione di riferimento in tema di trasferimento è l’art. 2103 c.c., il quale stabilisce che il lavoratore “non può essere
trasferito da un’unità all’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
Si tratta di una norma fortemente garantista per il lavoratore, inserita nel Codice dal nostro legislatore al fine di evitare al prestatore
d’opera il disagio conseguente al mutamento del luogo di lavoro, con il presumibile allontanamento anche dal centro degli affetti e della famiglia183.
182 Al contrario, risultano irrilevanti il protrarsi dello spostamento per un periodo di
tempo più lungo e la coincidenza del luogo della trasferta con quello di un eventuale successivo trasferimento del lavoratore.
183 Rimane sottratto a tali garanzie il trasferimento del lavoratore da un ufficio o da
un reparto ad un altro appartenente alla stessa unità produttiva, cfr. Cass. 26 maggio 1999, n. 5153 in Mass. Giur. Lav., 1999, 1194.
Ai fini della nostra trattazione dovremmo analizzare quando sopra premesso con riferimento alla disciplina Irpef.
Innanzitutto si considera fiscalmente residente in Italia il lavoratore distaccato o in trasferta che, pur avendo trasferito la propria
residenza all’estero e stia svolgendo in quel luogo la propria attività lavorativa, mantiene il “centro dei propri interessi familiari e
sociali”, ovvero il “centro degli interessi vitali” nel territorio
italiano.
La giurisprudenza184 è univoca nel ritenere che gli adempimenti formali, quali la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione presso l’A.I.R.E., non siano sufficienti per escludere il domicilio o la residenza in Italia.
L’Amministrazione Finanziaria, infatti, può intraprendere un’attività di ricerca capillare di elementi di prova per contestare le risultanze anagrafiche ed individuare il vero “centro degli interessi vitali”. Precedentemente abbiamo analizzato tale nozione, con particolare riferimento all’attività investigativa, finalizzata a reperire gli elementi di prova in ordine alla sussistenza di legami familiari, interessi economici e professionali con un determinato territorio.