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Le sanzioni penal

Nel documento La residenza fiscale delle persone fisiche (pagine 102-108)

3 Profili di elusione e di evasione fiscale

3.3 Rischi e sanzion

3.3.2 Le sanzioni penal

Le sanzioni amministrative, come visto, non rappresentano l’unico rischio per i soggetti cui viene contestata la fittizia residenza all’estero.

È possibile, infatti, che il contribuente incorra in reati di tipo tributario che comportano l’irrogazione di sanzioni penali. Nell’attuale sistema penale tributario non esiste una fattispecie criminosa ad hoc che si confà perfettamente alla situazione indagata. È necessario, quindi, verificare in concreto se la situazione di fatto possa risultare conforme ad una delle norme incriminatrici

disciplinate dal D. Lgs. 74/2000, anche se si tratta di una verifica molto meno agevole di quanto possa apparire, per una serie di ragioni.

In primo luogo perché non tutte le situazioni di fittizia residenza estera risultano essere uguali, anzi. A fronte, ad esempio, di soggetti ai quali la “esterovestizione” della residenza consente di sfuggire a qualsivoglia prelievo di matrice italiana (perché non producono redditi altrimenti localizzabili in Italia alla stregua dei criteri di cui

all’art. 20 T.U.I.R.247), ve ne sono altri che, invece, vi effettuano prestazioni territorialmente rilevanti sotto il profilo impositivo (ad esempio perché mantengono la titolarità del diritto di proprietà su beni immobili situati in Italia).

Da ciò consegue che, almeno riguardo a tali situazioni, sono assoggettati al prelievo tributario nazionale248.

In entrambi i casi è necessario, per prima cosa, accertare se debba applicarsi la disciplina ex D. Lgs. 74/2000249 ed in caso di risposta affermativa, quale fra le varie ipotesi previste dalla norma, possa risultare utile nel caso di specie.

                                                                                                               

247 L’art. 23 del nuovo T.U.I.R. tratta dell’applicazione dell’imposta ai non

residenti disponendo che “Ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei

non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: a) i redditi fondiari;

b) i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali;

c) i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 50;

d) i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato;

e) i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni;

f) i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione: 1) delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell'articolo 67, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute; 2) delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; 3) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l'intervento d'intermediari, in mercati regolamentati;

g) i redditi di cui agli articoli 5, 115 e 116 imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti.”

248 M. Siena, “Il fenomeno della fittizia residenza estera nella prospettiva criminale tributaria” in “Il Fisco” n. 6/2003, pp. 1-9.

249 Si tratta del dispositivo che ha introdotto la nuova disciplina dei reati in materia

d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205. Il testo ha subito modifiche a seguito del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

Il Decreto in esame si apre con una disposizione che raccoglie le definizioni dei termini usati nel resto degli articoli, adottando una tecnica normativa molto usata nel campo del diritto comunitario250. Le definizioni utilizzate sono sette, elencate dalla lettera a) alla g). Successivamente, al Titolo II, dall’art. 2 all’art. 5 troviamo i “delitti

in materia di dichiarazione”.

Stiamo parlando dei casi di:

• dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

• dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici • dichiarazione infedele

• omessa dichiarazione .

Occorre adesso analizzare sinteticamente le diverse fattispecie, partendo dalla prima: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Si tratta della figura criminosa più grave tramite cui si punisce l’utilizzo in dichiarazione di fatture passive per operazioni inesistenti allo scopo di evadere l’imposta. Questo reato può essere commesso soltanto da soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili251 e, dunque, non rileva ai fini della nostra trattazione, avente ad oggetto le persone fisiche.

Di seguito, a fini compilativi, una breve descrizione della fattispecie. I soggetti attivi del reato sono tutti coloro i quali sono tenuti alla presentazione di una dichiarazione tra quelle penalmente rilevanti e cioè quelle annuali e quelle relative alle imposte sui redditi e all’Iva.

                                                                                                               

250 Questa tecnica dovrebbe facilitare l’attività interpretativa ma in realtà così non

è. Infatti, su numerosi punti della normativa, si sono aperti dibattiti e sono apparse interpretazioni anche diametralmente opposte.

Si parla, in questo caso, di reato a condotta bifasica; l’agente, cioè, deve esporre elementi passivi in dichiarazione e supportare tale indicazione con fatture o con altri documenti fittizi.

Il termine “fittizi” sta ad indicare l’utilizzo di elementi non reali252, inesistenti su un piano di fatto.

Dal punto di vista pratico, il reato di sostanzia nell’utilizzo in dichiarazione di suddetti valori riscontrabili nelle fatture.

Quindi, dal punto di vista probatorio, non è semplice la verifica in quanto è necessario prima di tutto riscontrare la “fittizietà” della fattura e, poi, provare che la dichiarazione risente di tale valore inesistente.

Elemento caratterizzante il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, comune a tutti i reati dichiarativi, è il dolo (specifico) di evasione253. Conseguentemente, il contribuente non risulta sanzionabile nel caso in cui l’alterazione venga fatta ad altri fini, anche illeciti.

Nel caso in cui, invece, si ritenga integrata la fattispecie ex art. 2, la pena prevista è la reclusione da un anno e sei mesi fino a sei anni. La seconda figura, prevista all’art. 3 del suddetto D. Lgs 74/2000, è la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

In questo caso si punisce l'indicazione in dichiarazione di elementi attivi inferiori al dovuto, ovvero l'indicazione di elementi passivi fittizi, supportati da una falsa rappresentazione delle scritture contabili ed avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento, diversi dall'utilizzo di fatture per operazioni

inesistenti.

                                                                                                               

252 B. Cartoni, “I reati tributari: definizioni e delitti in materia di dichiarazione”,

in "Il fisco" n. 45 del 2003, pp. 1-7.

253 Vi è stato chi ha distinto tra il reato di cui all'art. 2 e gli altri delitti dichiarativi,

precisando che il dolo specifico vi è solo nel primo caso, mentre è generico per gli altri reati.

Cfr. I. Caraccioli, “Il dolo dei delitti in materia di dichiarazione”, in "il fisco" n. 2/2001, pp. 420 e seguenti.

Rientrano in questa norma le fatture materialmente false254, i pagamenti "estero su estero" su conti appositamente creati, ovvero l'intestazione di conti correnti bancari a prestanome o l'interposizione di soggetti di comodo.

A seguito di un’importante sentenza della Suprema Corte255, rientra nella fattispecie anche il trasferimento fittizio della residenza verso paesi a fiscalità privilegiata.

La punibilità della condotta è subordinata al superamento contemporaneo di due soglie di punibilità, una commisurata all'imposta evasa, l'altra parametrata sulla percentuale tra elementi sottratti all'imposizione ed il totale degli elementi attivi indicati in dichiarazione.

È integrata la fattispecie quando:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro trentamila;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento

dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore ad euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in

diminuzione dell'imposta, è superiore al cinque per cento dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila.

All’art. 4 della normativa in analisi è prevista la fattispecie di dichiarazione infedele.

                                                                                                               

254 P. Veneziani, Commento all'art. 3, in I. Caraccioli-A. Giarda-A. Lanzi, Diritto e procedura penale tributaria, Padova, Cedam, 2001, p. 153.

255Cass. Sez. III, 10 aprile 2002, n. 13641, in "Impresa c.i." n. 6/2002, pp. 1058-

Il reato in questione ha natura residuale, lo si evince dal dispositivo del succitato art 4 del D. Lgs. 74/2000, il quale recita “fuori dai casi

previsti dagli art 2 e 3…”.

L’infedele dichiarazione si sostanzia in una divergenza tra il risultato economico dichiarato dal contribuente e quello che effettivamente è stato conseguito (il risultato economico reale).

Anche in questo caso, il legislatore ha previsto la doppia soglia di punibilità e la fattispecie di reato risulta integrata quando:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti

all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni256.

La dichiarazione infedele comporta la pena della reclusione da uno a tre anni.

Da ultimo, l’art 5 del D. Lgs n. 74/2000 disciplina il reato di omessa dichiarazione.

Questo si applica a tutti coloro i quali sono tenuti alla presentazione di una dichiarazione annuale. Il fatto materiale consiste nel non presentare una delle dichiarazioni annuali penalmente rilevanti entro il termine previsto dalla legge.

Al secondo comma, il legislatore concede uno spazio di

ravvedimento per il contribuente tardivo e distratto. È previsto, infatti, un periodo di novanta giorni dalla scadenza del termine naturale entro cui il contribuente può provvedere alla presentazione della dichiarazione per non subire conseguente penali. Entro tale termine il reato non sussiste.

                                                                                                               

256http://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/04/15/legge-sui-reati-

Allo stesso modo, il reato non c’è se il se il contribuente presenta una dichiarazione non firmata o redatta su un modello non conforme a quello prescritto.

La condotta è omissiva, ed è prevista una sola soglia di punibilità relativa all'imposta evasa.

Essendo richiesto il dolo di evasione, se il contribuente omette di presentare la dichiarazione, ma ha pagato tutte le imposte, non commette reato. La volontà dello stesso, infatti, in tal caso, non è quella di evadere257.

Sul punto è necessaria qualche precisazione. Dal punto di vista pratico, non è affatto semplice distinguere tra omissione dovuta a dolo di evasione ed omissione dovuta ad altri motivi.

Secondo la giurisprudenza, per provare il dolo, è necessario ricercare “nell’insieme della condotta dell’imputato” 258. Occorrerà, infatti, analizzare compiutamente la figura del contribuente nel caso di specie e capire se si tratta di una condotta dolosa o meno.

Concludendo sull’argomento, occorre menzionare l’art 6 del Decreto 74/2000 in cui il legislatore ha disposto l’inammissibilità di

punizione del tentativo per quanto riguarda le fattispecie di cui agli artt. 2, 3 e 4 del medesimo decreto.

Nel documento La residenza fiscale delle persone fisiche (pagine 102-108)