Remo BARTOLOMEI (*) , Antonio L. CONTE (*), Antonio ROMANO (*)
(*) WWF Italia, Via Po 25/C – 00136 Roma, 06844971, [email protected]; [email protected]; [email protected];
La ricerca sugli anfibi, svolta nel Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese a cura del WWF Italia, é la più dettagliata e completa mai effettuata sul territorio della Basilicata che dal punto di vista erpetologico risulta essere la regione meno indagata in Italia.
Scopo della ricerca è stato quello di censire le specie presenti nel Parco e definirne distribuzione e dati ecologici.
Il lavoro di ricerca ha permesso di acquisire un altissimo livello di conoscenza del patrimonio erpetologico presente nell’area protetta, sono state infatti rilevate 12 specie, 368 siti di presenza e 621 records di specie. La ricerca ha messo in luce una particolare relazione tra anfibi e siti di riproduzione artificiali. Abbeveratoi e vasche sono infatti utilizzati da quasi tutti gli anfibi del Parco come ambienti acquatici riproduttivi ma per alcune specie costituiscono i siti preferenziali.
Tali osservazioni rendono necessaria, per ogni efficace strategia di salvaguardia degli anfibi, la conservazione e la gestione dei siti acquatici di origine antropica a supporto di quanto evidenziato recentemente dalla IUCN, che individua come imprescindibile strategia conservazionistica, nella regione mediterranea, la tutela dei siti acquatici artificiali in ambiente rurale.
In riferimento ai siti di Rete Natura 2000 Basilicata identificati all’interno dell’area Parco come Aree 1 (core areas), si segnala l’anomala condizione per cui gran parte dei siti di presenza delle specie prioritarie si trova al di fuori dei 12 SIC presenti nel Parco. Questa evidenza è in netto contrasto con il principio secondo cui un’area sottoposta a tutela dovrebbe essere un sito rappresentativo del massimo numero possibile di comunità biotiche.
Questo ci porta a considerare necessaria una Gap Analisys finalizzata ad evidenziare le aree che necessitano di tutela e che non rientrano attualmente all’interno della rete dei siti di Importanza Comunitaria.
Bibliografia
Romano A., Bartolomei R., Conte A.L., Fulco E. (2012), “Amphibians in Southern Apennine: distribution, ecology and conservation notes in the Appennino Lucano, Val d’Agri e Lagonegrese National Park (Southern Italy)”, Acta Herpetologica, 7 (2), 203-219.
3.3
Biodiversità e patrimonio agrario nella ZPS del Parco Nazionale del Pollino
Susanna DE MARIA(*), Angela DE CRISTOFARO(*), Mauro MUSTO(*), Pierangelo FRESCHI(*),Anna Rita RIVELLI(**)
(*)Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali, Università della Basilicata, Via dell’Ateneo Lucano 10,
85100, Potenza. Tel. 0971.205382. E-mail: [email protected]
(**)Componente del Consiglio Direttivo, Ente Parco Nazionale del Pollino, Rotonda, Potenza. Tel. 0973.669357
La ZPS lucana così come l’intero territorio del Parco del Pollino, custodisce un vero e proprio patrimonio di biodiversità compresa quella agraria che contribuisce e assicura produzioni agroalimentari tipiche e di qualità. Da recenti indagini, finalizzate alla ricognizione e mappatura delle risorse genetiche di interesse agrario a rischio di erosione e degli agricoltori “custodi” di tale biodiversità nel Parco (A.A.V.V., 2010), è emersa una inestimabile ricchezza di ecotipi e varietà locali di cereali, leguminose, orticole e fruttiferi. Di questi ultimi sono state censite circa 40 specie e 519 varietà di antichi fruttiferi, il cui indice di ricchezza è risultato particolarmente elevato in diversi SIC della ZPS del versante lucano. Oltre che in piccoli coltivi, i fruttiferi si rinvengono, a volte, come alberi monumentali, isolati o raggruppati, quasi selvatici o selvatici veri. Inoltre, nella ZPS sono state rilevate numerose varietà locali e genotipi di cereali e orticole, di cui diverse sono già incluse nella lista dei prodotti tipici di eccellenza (certificati IGP e DOP, presidio Slow Food, o iscritti nel Registro dei Prodotti Tradizionali della Regione Basilicata). Tra le specie erbacee meritano di essere citate: il grano carosella, antica varietà di grano tenero risalente al Regno delle due Sicilie (“carusedda ianca e russa” con cariossidi bianche e rosse); la melanzana bianca e i peperoni di Senise (IGP), le cui bacche rosse, di forma appuntita, a tronco o a uncino, sono commercializzate allo stato fresco, secche in collane (serte) o macinate in polvere; i fagioli bianchi (DOP) e il tondino o poverello bianco, i cui semi si distinguono per l’elevato contenuto proteico e la rapida cottura; il pomodoro costoluto di Rotonda, eccellente per le insalate, i cui frutti sono piuttosto grandi, di colore rosso intenso, irregolari nella forma, globosi e costoluti (da cui il nome); la melanzana rossa di Rotonda (DOP) con bacche di piccole dimensioni, di forma tondeggiante e colore rosso-arancio intenso. Nel versante calabro, merita di essere citata la lenticchia di Mormanno, prestigiosa antica varietà, caratterizzata da semi molto piccoli con diverso colore del tegumento che è stata recuperata di recente nel comune di Mormanno dove anziani agricoltori tuttora la coltivano su piccolissime superfici (Gallo, et al., 2009).
A fronte di tale patrimonio, dal confronto dei dati dei censimenti ISTAT 2001 e 2011, si rileva in maniera preoccupante, una diminuzione significativa delle superfici agricole e una variazione nella ripartizione tra le principali colture. In particolare si è registrata una diminuzione del 18% della superficie agricola totale; tra le colture, i seminativi (cereali e foraggere) si sono ridotti del 12%, le ortive del 63%, gli oliveti ed i frutteti del 23% e la vite del 74%. A tale decremento è corrisposto un aumento del pascolo (circa 6%) e dei boschi. Circa il 9% è rappresentato da terreni incolti o lasciati da tempo in stato di abbandono colturale con conseguenti problemi di degrado e rischi ambientali (e.g. sviluppo incendi) e ripercussioni sull’economia locale legata alle attività del settore agro-alimentare, soprattutto quello delle produzioni certificate e di qualità. Una quota significativa di tale superficie è occupata da cespuglieti o colonizzata da vegetazione in stato di evoluzione naturale.
Bibliografia
A.A.V.V. (2010). Gli antichi fruttiferi del Pollino. I quaderni dell’ALSIA n. 10. pp. 110.
Gallo L., Piergiovanni A.R., Lioi L., Magnifico V. (2009). Il recupero di un prestigioso ecotipo calabrese: la lenticchia di Mormanno. Italian Journal of Agronomy. 4(4): 333-338.
3.4