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Capitolo II Studiare il lavoro che cambia

2.1 Il «sindacato nuovo»

2.1.4 Il Centro Studi di Firenze

La scuola di Firenze costituì il banco di prova nella pratica delle proposte teorizzate da Mario Romani e dai teorici del sindacato cristiano. In seguito trasferito a Fiesole, il Centro Studi fu un luogo in cui le personalità che maggiormente influenzarono la cultura della CISL misero le proprie conoscenze al servizio del sindacato in un’opera che aveva come obiettivo quello di formare la prima generazione di quadri. Eletta a sede di convegni internazionali, la scuola testimoniava l’impegno del sindacato “nuovo” anche nella circolazione dei saperi.

Fin dai suoi esordi la scuola sindacale adottò metodi di lavoro e un’impostazione secondo gli schemi provenienti dal mondo anglosassone; questo non solo per quanto riguarda i programmi di insegnamento, ma anche nella sua strutturazione.

La sociologia, disciplina che faticava ad imporsi nel nostro paese, penetrava attraverso esperienze come quella di Fiesole. I docenti della scuola applicavano metodologie e impiegavano un linguaggio ripresi dalle esperienze statunitensi, ma anche da culture sindacali europee in cui la sociologia del lavoro era stata assimilata e tradotta con codici maggiormente riconoscibili.

Se una grande parte del mondo cattolico italiano presentava una tendenza al rifiuto della sociologia del lavoro, il cattolicesimo milanese dimostrò maggiori elasticità ed apertura nei confronti delle scienze sociali. Questo era riconducibile a problemi pratici: il capoluogo lombardo, polo dello sviluppo e centro dell’economia italiana presentava le contraddizioni e i problemi dell’industrializzazione e solo nuovi strumenti e metodologie al passo con i tempi avrebbero permesso una lettura scientifica dei fenomeni.

Il mondo cattolico, stretto tra critica della società industriale e proposta per il superamento degli squilibri da essa prodotti da un lato e collaborazione per una maggiore produttività trovava in Milano lo snodo di queste problematiche e il maggiore centro di elaborazione teorica.

La CISL si dimostrò del resto propensa a sperimentare le nuove pratiche organizzative. Tra gli accordi che nel 1950 il Centro Studi di Firenze siglò, vi fu quello con l’Istituto di psicologia del CNR di Roma in merito ad un servizio di consulenza e collaborazione per la selezione degli allievi: «in tale schema di convenzione è contemplata la selezione psicologica degli aspiranti al Corso progettato da Codesta

Confederazione. Sono inoltre fissate altre possibilità di collaborazione su un piano più vasto e rispondente a necessità non clamorosamente evidenti in superficie ma strutturalmente indispensabili dal punto di vista funzionale e delle responsabilità politico-sociali»98.

La psicologia veniva assunta dunque nella costruzione di un organismo dedito allo studio dei problemi sociali del lavoro: «L’istituto nazionale di psicologia del C.N.R. è chiamato a funzionare come organo di consulenza tecnico-scientifica della Confederazione italiana Sindacati lavoratori per quanto riguarda gli aspetti psicologici di problemi sociali d’interesse della Confederazione stessa»99. Nei registri del corso del 1954-55 veniva indicato il momento della selezione come fondamentale per la scelta dei sindacalisti da formare mediante un test di psicologia sociale : «un programma formativo dovrà dare ai futuri dirigenti la conoscenza delle idee basi e dei fatti che necessitano sapere per svolgere il loro compito; cioè occorrerà far apprendere: le leggi sul lavoro, sulla sicurezza sociale, sulla legislazione previdenziale, i contratti di lavoro, le nozioni fondamentali di economia, le tecniche di produzione, la situazione economico-sociale del paese»100.

I compiti degli psicologi inoltre sarebbero stati quelli della formazione e della diffusione di pratiche che abbiamo visto negli stessi anni assumere un’importanza crescente anche in ambiti lavorativi:

«a) cura la determinazione dei criteri e dei metodi per il reclutamento e la selezione del personale da adibire agli uffici periferici e centrali della Confederazione e da avviare ai corsi di specializzazione; b) esercita la consulenza per l’impianto ed il funzionamento dei laboratori psicotecnici della Confederazione ai fini dell’orientamento professionale (per apprendisti, per minorati, ecc.); c) raccoglie ed adatta quanto risulta dall’esperienza diretta ed indiretta di psicologia generale ed applicata nei vari settori della vita italiana e della documentazione italiana e straniera; d) collabora allo studio della personalità psichica dei lavoratori nelle più varie situazioni di lavoro. In particolare cura studi e ricerche su: - L’orientamento e la selezione professionale – L’adattamento e il riadattamento produttivi – La qualificazione e la riqualificazione professionale – I profili attitudinali e le monografie di mestiere – Il riadattamento sociale dei minorati fisici e i, dei disoccupati, degli emigranti,

98 ACS CISL 20.16.5 Lettera di Ferruccio Banissoni alla CISL 23.10.1950.

99 ACS CISL 20.16.5 Schema di convenzione tra il Consiglio nazionale ricerche e la confederazione italiana sindacati lavoratori per il servizio di consulenza scientifico-tecnica per lo studio di problemi psicologici d’interesse sociale, 1950.

ecc. – Altri problemi riguardanti il lavoro (la fatica e il restauro, gli incentivi, i conflitti, la gioia del lavoro, scelta dei capi, ecc.) – Il gruppo lavorativo e l’adattamento dell’uomo alla macchina e viceversa – Il lavoro monotono – I problemi psicologici dell’apprendimento; e) collabora allo studio dei metodi di propaganda psicologica e ideologica ai fini dell’educazione sociale dei lavoratori e della organizzazione scientifica del lavoro»101.

Il fine dei corsi, che nel giro di sei anni subirono modificazioni strutturali, rimase quello di preparare dirigenti sindacali capaci di affrontare le realtà economiche con gli strumenti dell’analisi sociale e giuridica. Il programma di uno dei primi cicli di seminari esprimeva chiaramente il proposito di formare una cultura sindacale che, affondando le radici nella conoscenza della situazione economica reale, a livello nazionale e d internazionale, avrebbe chiuso ogni spazio all’approssimazione e agli slogan: «le lezioni affronteranno l’interpretazione della situazione economica italiana inserita nel quadro della congiuntura mondiale [...] un esame approfondito farà il punto del particolare modo di porsi dei problemi del lavoro e del sindacalismo nelle nostre circostanze ambientali, e gli sviluppi futuri in relazione all’evolversi della situazione economica»102.

Il progetto formativo a lungo termine della scuola sindacale di Firenze si inseriva nell’ottica dell’«instaurazione di una autentica tradizione sindacale»103 di cui parla Romano Lazzareschi, assistente presso il CS. Carew vede nella costruzione di un’identità sindacale forte l’elemento che maggiormente sarebbe stato perseguito al fine di distinguersi dall’impostazione della CGIL: «at Florence were taught that a union should operate as an association of its members, not, as CGIL unions did, as the general agent of some abstract notion of the working class, and that the factory was the main theatre of activity»104. L’educazione dei quadri, che non riguardava esclusivamente il loro impegno nella fabbrica, avrebbe avuto anche il compito di radicare negli iscritti il senso di appartenenza ad un nuovo modo di concepire il sindacato: «una vasta azione di educazione di tutti gli iscritti, mirante a stimolare ognuno di essi a meditare sui problemi, alla luce delle linee programmatiche della CISL, in modo da trasformare un’adesione generica al sindacato in un impegno constante, in una scelta consapevole»105.

101 Ibidem.

102 ACS CISL 20.16.5 Corso di studi per dirigenti provinciali, 1954.

103 R. Lazzareschi, Il centro studi nei primi anni di attività (1951-1953) in “Annuario del Centro studi Cisl” II, 1962-1963, p. 18.

104 A. Carew, Labour under the Marshall Plan. The politics of productivity and the marketing of management science, Manchester, Manchester University Press, 1987, p. 177.

I corsi impartiti alla scuola di Firenze non si sarebbero limitati alle lezioni frontali, ma avrebbero fornito gli spunti per riflessioni concrete su economia e società, il vero obiettivo della formazione «intesa come acquisizione di un metodo col quale accostare la realtà socio-economica, al fine di conoscerla correttamente e di dominarla con adeguate soluzioni di invenzione e di iniziativa»106.

Il primo corso del 1950 presentava una struttura fortemente orientata alla comprensione degli sviluppi economici nella loro complessità: «un primo periodo a carattere propedeutico e che ha per scopo di dare agli allievi il quadro formativo complessivo dell’ambiente economico tecnico e giuridico in cui il sindacato deve vivere e svolgere la sua azione […] il secondo periodo, o corso progredito, ha per scopo, oltre che di esaurire l’insegnamento delle materie […] di curare l’applicazione dei principi appresi nella prima parte del corso»107. Gli insegnamenti andavano da Il

pensiero economico degli ultimi due secoli tenuto da Siro Lombardini della Cattolica di

Milano a L’economia italiana dalla metà del secolo scorso alla prima guerra mondiale con il prof. Massacesi, che tenne anche un seminario sui Principi di economia e di

economia del lavoro. Il prof. Gasperini dell’Università di Sassari fu chiamato per

insegnare Economia italiana dopo la seconda guerra mondiale, il prof. Ardigò Dottrine

e fatti politici, il prof. Ardemani della Cattolica Elementi di economia e di organizzazione aziendale, il prof. Batta dell’ISTAT Elementi di statistica economica, il

prof. Buffa dell’Università di Torino Elementi di geografia economica ed economia

dell’azienda agraria. Ancora, il prof. Mira dell’ICAS di Roma insegnò I fatti economici negli ultimi due secoli, il prof. Amorth dell’Università di Modena Elementi di diritto costituzionale ed amministrativo, l’avvocato Galanti di Roma Elementi di diritto privato, il Consigliere di Stato Leonello Levi Elementi di legislazione sociale.

Nella seconda parte del corso il prof. Bozzola dell’Istituto Superiore per l’Apprendimento di Milano avrebbe insegnato Storia del movimento operaio e del

movimento sindacale e Storia della vita sindacale italiana, Mario Romani Storia delle dottrine sindacali, De Cesaris Diritto del lavoro e sindacale, infine per le tecniche

sindacali una serie di interventi di esponenti sindacali di diverse categorie completava il ciclo di studi. Il quadro fornito agli allievi era vasto e abbinava agli studi di storia del

106 Ivi, p. 20.

107 ACS CISL 20.16.3 Relazione sugli insegnamenti praticati al primo corso della scuola superiore di preparazione sindacale presso il centro studi – Firenze, p. 1.

sindacato principi di diritto ed economia. A questo si aggiungeva il corso assegnato a Mario Romani, l’insegnamento di sociologia del sindacato, seminario che «non ebbe una trattazione autonoma, ma rappresentò delle parentesi nelle lezioni del professor Romani e per inciso fu toccato in altre occasioni»108, a testimonianza di come la sociologia fosse la disciplina a cui le altre facevano riferimento.

I primi anni della scuola furono connotati dalla ricerca di una formula adatta a conferire agli allievi una formazione completa, evitando di sbilanciarla esclusivamente su tematiche sindacali. Dal 1953 l’insegnamento delle discipline storiche e sociologiche fu affidato a Mario Romani, Gianbattista Bozzola, Gaetano Ambrico di Matera, Maurilio Andriani di Firenze, Gustavo Jacono della Cattolica di Milano. Ai corsi tradizionali si affiancarono corsi di inglese a cura dell’United States Information Service.

L’ambizione della scuola rimaneva quella di fornire ai futuri quadri gli strumenti che consentissero loro di operare in situazioni diverse, ma tenendo presenti gli aspetti socio- economici: «il programma formativo dovrà cercare di sviluppare le capacità di valutazione delle idee e dei fatti in relazione all’ambiente entro il quale vengono ad essere poste. Si tratta insomma di misurare il grado di influenza che il dirigente sindacale saprà realizzare all’interno dello stesso sindacato (relazioni fra dirigenti e iscritti), nella comunità di lavoro (relazioni con i lavoratori e cogli imprenditori), nella comunità civile (relazioni con partiti, associazioni religiose, autorità locali, opinione pubblica, ecc.)»109.

I futuri quadri dovevano affrontare una parte pratica della formazione, che presupponeva la conoscenza diretta di problematiche e situazioni concrete di intervento, momento centrale del percorso di una formazione che trascendeva dalla semplice formula sindacale, l’allievo si sarebbe dovuto cimentare insomma in «inchieste e visite a organismi sindacali e aziendali per prendere cognizione di problemi esistenti in quelle comunità (comune, provincia, azienda) e prendere contatto con i dirigenti e lavoratori al fine di rendersi conto delle condizioni ambientali e psicologiche che di fatto condizionano qualsiasi attività o iniziativa dei dirigenti»110.

Se il corso di economia dell’azienda industriale prevedeva come insegnamenti i soggetti dell’economia industriale, il mercato, il finanziamento dell’industria, il bilancio, l’organizzazione sindacale e la produzione, la remunerazione e la produttività,

108 Ivi, p. 4

109 Ivi, p. 3 110 Ivi, p. 6.

le relazioni umane111, il programma di sociologia del sindacato introduceva gli allievi alle pratiche delle scienze sociali che in quegli anni trovavano diffusione in Italia e si articolavano in: «gli “atteggiamenti” come oggetto della ricerca sociologica,

L’“atteggiamento” sindacale, I fattori di “validità” dell’“atteggiamento” sindacale:

(ciò che o rende possibile e ne assicura la coerenza e l’istituzionalità rispetto ad una data situazione) a) i fattori soggettivi (i fattori che inducono i lavoratori ad adottare l’“atteggiamento” sindacale e riconoscerne l’istituzionalità relativa ai soggetti interessati); b) i fattori oggettivi (gli stessi relativi all’ambiente), Le vicende e i

problemi dell’“atteggiamento” sindacale nella situazione italiana»112.

Nel 1958 il corso per i quadri sindacali del settore metalmeccanico dimostrava la maturità raggiunta dalla scuola di Fiesole, per quantità di corsi e temi proposti. Il corso, tenuto dal 10 aprile al 14 maggio 1958 vedeva la partecipazione dei professori Saba, Pellegrini, Tani, Venturoli, Scotti, Zaninelli, Frandi che affrontavano 14 corsi seminariali.

Il ciclo di studio aveva l’ambizione di formare dei delegati preparati ad affrontare le questioni organizzative e produttive dell’azienda: «lo scopo che dobbiamo proporci è quello concreto di suggerire delle norme pratiche per risolvere il problema organizzativo di una azienda. È evidente come la soluzione non possa basarsi che su osservazioni dei fatti specifici»113. La CISL, in quanto sostenitrice dell’idea di un sindacato del dialogo, per assurgere al ruolo di interlocutore privilegiato della direzione aziendale aveva bisogno di quadri sufficientemente formati nelle questioni riguardanti la gestione.

Il corso per metalmeccanici si caratterizzava per la volontà di analizzare la società e il contesto economico in cui collocare l’azione sindacale: «descrizione sommaria di un sistema economico [...] l’andamento del reddito in Italia [...] la partecipazione del settore industriale interessato allo sviluppo economico generale del Paese [...] i rapporti che intercorrono fra una politica di sviluppo economico e la politica sindacale della CISL in Italia nel presente momento»114. I rudimenti di economia aziendale impartiti nel corso invece riguardavano la struttura dell’azienda in relazione alle sue conseguenze sociali: «l’azienda industriale come elemento motore per la formazione del reddito [...] problemi generali di organizzazione: predisposizione dei mezzi, acceleramento del lavoro individuale, programmazione della produzione e del controllo

111 Cfr. ACS CISL 23.10 Corso di economia dell’azienda industriale. 112 ACS CISL 23.10 Programma sociologia del sindacato

113 ACS CISL 72.1 Corso metalmeccanici 1958. 114 Ibidem.

(in particolare della produttività del lavoro e suo significato)»115; parallelamente venivano presi in considerazione gli aspetti concreti della produttività: «consistenza e caratteristiche delle aziende del settore industriale interessato [...] investimenti e loro redditività [...] relazione fra evoluzioni tecnologiche specifiche del settore e occupazione»116, infine i problemi più strettamente legati al sindacato.

La parte finale del corso si strutturava attorno agli obiettivi che la CISL intendeva raggiungere nell’immediato sul piano contrattuale: «il miglioramento del livello retributivo (nuove tecniche: la produttività, gli incentivi, le qualifiche e la valutazione delle mansioni, la valutazione dei meriti)»117 e considerava essenziale in questo senso l’instaurazione di un nuovo clima aziendale, basato sulla distribuzione delle responsabilità, sul dialogo e sulle comunicazioni: «il miglioramento delle relazioni di lavoro (il fatto umano: uomo, gruppo, azienda; la partecipazione dei lavoratori alle responsabilità direzionali; critica ai tentativi tradizionali di partecipazione e di inserimento di natura giuridico-istituzionale e in funzione del potere politico; significato e obiettivi della “consultazione”)»118.

La relazione conclusiva sul corso tenuto ai sindacalisti del settore chimico dal 27 maggio al 26 giugno 1958 costituisce un esempio dell’impostazione che stava alla base dei corsi di Fiesole: «ponendo l’intero programma sotto il profilo della dinamica del “fattore lavoro” (sia nei suoi aspetti più economici – occupazione, disoccupazione, modalità di prestazione, di remunerazione, di organizzazione del lavoro – sia di quelli sindacali)»119.

Il corso era strutturato in modo che il sindacalista potesse avere un quadro complessivo delle dinamiche aziendali sul piano organizzativo e legislativo. Per quanto riguarda le scienze organizzative, esse venivano accolte come una miglioria tecnica «lo studio dei tempi di lavorazione ha scopi perfettamente paralleli a quelli della scienza: si studiano rapporti fra quantità di lavoro eseguito e tempo impiegato»120. Il calcolo dei tempi era percepito non come un sopruso o uno strumento di sfruttamento, ma in quanto scienza organizzativa per la programmazione e la pianificazione, utile alla migliore distribuzione della fatica del lavoratore: «gli obiettivi d’impiego dei tempi di

115 Ibidem.

116 Ibidem. 117 Ibidem. 118 Ibidem.

119 ACS CISL 72.2.5 Relazione sul corso chimici 27 maggio 26 giugno 1958. 120 ACS CISL 72.1.6 Calcolo dei tempi di lavorazione, p. 1.

lavorazione sono quindi: rilevare dei tempi ed elaborare dei dati per creare una base di previsione del tempo di lavorazione da usare come elemento direttivo nelle varie fasi dell’organizzazione produttiva»121.

Come vedremo in seguito esponendo il pensiero di Silvio Leonardi, dell’Ufficio Studi della CGIL lombarda, andava in quegli anni diffondendosi tra i sindacalisti un atteggiamento pragmatico nei confronti della misurazione tempi e metodi. Tale atteggiamento proponeva una lettura che non si opponesse ideologicamente all’introduzione di quella che rimaneva una tecnica, che pur rischiava di divenire oppressiva, ma di studiarla per apportarvi le modifiche necessarie affinché fosse di beneficio per i lavoratori: «lo studio del lavoro eseguito dagli operai attuato col metodo analitico, suddividendo il tempo in elementi, ci segnala gli errori che compie l’operaio stesso e indica la via per giungere all’impianto di un sistema razionale di calcolo preventivo dei tempi di lavorazione [...] è appunto compito della scienza e della tecnica quello di prevedere quale sia l’ordine [...] il lavoro dell’uomo è sempre esistito ma lo studio dei tempi e dei movimenti tende a disciplinarlo per ottenere il massimo risultato»122. Per il sindacalista l’obiettivo doveva essere quello «concreto di suggerire delle norme pratiche per risolvere il problema organizzativo di una azienda»123: per questo un questionario diffuso tra i lavoratori avrebbe aiutato il sindacato a proporre miglioramenti alla direzione.

Il corso per il settore delle confezioni in serie presentava uno schema molto simile a quello di una inchiesta sociologica in quanto invitava ad analizzare secondo uno schema preciso la propria azienda: generalità, dimensioni, problemi di mercato, prodotto, organizzazione della produzione, studio del lavoro. Particolare attenzione era riservata alle relazioni umane, il cui impiego avrebbe dovuto occupare una parte rilevante del questionario: «esiste un regolamento aziendale? È soddisfacente o dà luogo a frequenti malcontenti? Si fa ricorso spesso a provvedimenti disciplinari [...] come vengono trasmessi i comandi [...] ? si raccolgono suggerimenti o reclami provenienti dalle maestranze e come (attraverso cassette dei suggerimenti – tramite i capi intermedi – attraverso la C.I. – altri modi e quali)? Esistono forme di consultazioni periodiche [...] ? esistono Comitati di Consultazione Mista?»124.

Sul ruolo del Comitato di Consultazione Mista nelle aziende, nell’archivio del

121 Ibidem. 122 Ivi, p. 2.

123 ACS CISL 72.1.6 Come porre in termini concreti il problema organizzativo, p. 1. 124 ACS CISL 73.1.4 Corso FUILA per il settore confezioni in serie.

Centro Studi sono presenti i fascicoli relativi all’industria tessile Bassetti. Presso tale azienda infatti, operava un Comitato Aziendale per la Produttività, al quale partecipavano i tre sindacati, che collaboravano con esponenti della direzione per cui «il principio del lavoro congiunto comporta per le parti l’adesione leale alla consultazione e alla collaborazione»125. Il caso proposto evidentemente costituiva un successo sul campo delle idee veicolate presso la scuola CISL e forniva un esempio concreto di come un organismo consultivo su problematiche tecniche potesse superare gli equivoci costituiti dalle Commissioni Interne.

Le parti attive nel comitato esplicitavano la volontà di seguire i principi che abbiamo visti esposti presso la scuola di Fiesole: «la collaborazione si prefigge di unire gli sforzi e gli intenti delle due parti per assicurare all’Azienda il buon successo sul mercato ed i più alti livelli di efficienza interna, sviluppando procedure e metodi migliori, riducendo gli sprechi e gli arresti sul lavoro e comprimendo i costi di produzione e le spese generali. Ciò avrà anche per effetto di rendere i prodotti accessibili ad un maggior numero di consumatori, di assicurare ai lavoratori il massimo livello di occupazione, la loro qualificazione e valutazione, l’incoraggiamento dell’iniziativa dei singoli e il miglioramento delle condizioni di lavoro e retribuzione»126.

Nella riunione del Comitato Aziendale del 27 febbraio 1958 i delegati sindacali, i rappresentanti delle maestranze e la direzione, discutendo del pattugliamento dei telai