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Capitolo II Studiare il lavoro che cambia

2.2 La sociologia alla Camera del Lavoro

2.2.1 Silvio Leonardi e la programmazione economica

Tra i protagonisti del dibattito che dopo il 1955 aprì una nuova stagione del sindacato, Silvio Leonardi fu tra i dirigenti più capaci di contribuire con idee innovative e letture che guardavano anche al contesto internazionale della ricerca sociale. Leonardi, a capo del Ufficio Studi Economici della CdL milanese dal 1954 al 1957, rappresentò per la CGIL quello che Romani, con la sua idea nuova di azione sindacale, fu per la CISL.

Per ricostruire il percorso che portò Leonardi a dimostrarsi una delle figure centrali nella svolta sindacale, può essere utile ripercorrere la sua esperienza del dopoguerra. Già nel 1946, infatti, l’ingegnere, uscito dalle fila della Resistenza, approdò all’Istituto per la Ricostruzione Industriale, dove collaborò con Gino Martinoli, una delle figure di manager pubblici che maggiormente influenzò il pensiero organizzativo dei decenni Cinquanta e Sessanta.

Martinoli e Leonardi, con alle spalle un periodo di servizio presso l’Ufficio Studi dell’Olivetti di Ivrea, giunti all’IRI presero in carico il compito di riorganizzare il settore delle produzioni meccaniche, teorizzando una “rivoluzione dei tecnici” che avrebbe dovuto, nelle loro intenzioni, cambiare il modo di operare e di pensare dei dirigenti delle partecipazioni statali.

Dal 1946 un’eterogenea composizione di tecnici provenienti da esperienze politiche diverse diede vita alla breve esperienza della Sottocommissione Industria Alta Italia

164 V. Foa, La centralità, cit., p. 28. 165 Ibidem.

(SIAI). Partendo dal presupposto che le difficoltà economiche non fossero imputabili alle distruzioni belliche, ma che «i maggiori problemi del settore risiedevano altrove»166, la SIAI individuava nell’arretratezza dei metodi di organizzazione scientifica del lavoro la principale debolezza italiana. Tale network si propose di «riprendere quel “lavoro di studio” circa l’organizzazione scientifica del lavoro che, per quanto non generalizzato, era comunque stato intrapreso in molte aziende italiane nel periodo tra le due guerre»167. Secondo Fabio Lavista la presenza di un tecnico iscritto al PCI come Leonardi accanto a “pianificatori liberisti” non era un controsenso, ma parte di un progetto riformista volto alla modernizzazione industriale: «sulla centralità dell’impresa e sull’importanza di analizzarne il funzionamento, gli equilibri interni, i meccanismi produttivi insisteranno anche alcune componenti minoritarie della sinistra e del sindacato»168.

Lontano da impostazioni ideologiche, Leonardi era consapevole dell’importanza di comprendere i processi produttivi dall’interno, evitando di conformarsi alle critiche aprioristiche rivolte ad una ipotetica “stanza dei bottoni”. Conscio del fatto che per fare questo fosse necessaria un’opera di responsabilizzazione e comunicazione, stimava che dovesse essere proprio l’IRI ad accollarsi il compito di imprimere allo sviluppo italiano un’impronta riformista. Come scriveva nel 1946, l’ingegnere riteneva fondamentale che fosse l’IRI a pianificare e armonizzare lo sviluppo industriale: «Iri dovrebbe assumere in forma decisa e definitiva le caratteristiche di organo tecnico al servizio dello Stato. A tal fine l’Istituto dovrebbe sviluppare e opportunamente riorganizzare i servizi Studi e Piani in modo da mettersi in grado di fornire agli organi di governo – o se loro richiesto o per propria iniziativa – ampie ed esaurienti documentazioni sui problemi aventi attinenza con l’intervento statale nell’economia della nazione [...] realizzandosi così la possibilità di formulare direttive ed adottare provvedimenti secondo piani armonicamente elaborati»169.

Leonardi esprimeva una visione progressista della modernizzazione auspicando un’alleanza tra tecnici e classe operaia. Lavista sembra scorgere una consonanza tra le critiche che Leonardi muoveva al movimento operaio con quelle che Martinoli

166 F. Lavista, Cultura manageriale e industria italiana. Gino Martinoli fra organizzazione d’impresa e politiche di sviluppo (1945-1970), Milano, Guerini e associati, 2005, p. 28.

167 Ivi, p. 27. 168 Ivi, p. 33.

muoveva alla struttura capitalistica italiana: «era necessario che sia i tecnici abbandonassero posizioni preconcette di tipo “tecnicista”, come quelle di chi considerava i rapporti di produzione come una componente apolitica che sarebbe stata modificata dal solo progresso tecnico, sia che il sindacato rigettasse l’arroccamento su atteggiamenti “volontaristici”, tipici di quelle correnti ortodosse che vedevano nella conquista del potere politico il solo mezzo utile per trasformare la struttura sociale»170.

Il 30 agosto 1946 Gino Martinoli chiedeva a Silvio Leonardi di partecipare agli studi IRI sugli incentivi, decisione concordata con Pasquale Saraceno. Martinoli lamentava una volontà diffusa tra gli imprenditori di soppiantare tecniche produttive organizzative, facendo così ritardare il processo di sviluppo, già messo a dura prova: «anche sotto la spinta di facili slogan politici, si sono in molte aziende abbandonati i cottimi, o questi sono stati falsati nella loro natura, travolgendo con se, in tutto o in parte, l’ingente lavoro di studio, più o meno scientifico ed obiettivo a seconda della serietà delle aziende stesse, e di analisi dei tempi di lavorazione, cui spesso va connesso il problema tecnico delle condizioni più idonee di lavoro e di studio dei movimenti»171. Leonardi aderì a questo progetto affrontandone le contraddizioni e scegliendo di confrontarsi direttamente con questioni organizzative spinose, che di lì a poco sarebbero state al centro del conflitto nelle lotte contro il cosiddetto “supersfruttamento”.

Martinoli, lamentando il discredito nei confronti dello studio dei tempi, riteneva di primaria importanza rivedere le esperienze fino ad allora compiute in quella direzione: «lo studio dei metodi per analizzare i tempi di lavoro fa parte dell’organizzazione scientifica del lavoro, sconfina con la tecnologia vera e propria, con lo studio fisiologico della fatica, e perfino con la psicotecnica [...] Circa lo studio dei premi e degli incentivi si tratta di esaminare sia nei testi italiani che americani, i principali sistemi proposti, ed esaminarne i pregi ed i difetti, i punti deboli ed i limiti di applicazione»172.

A Leonardi veniva affidato il compito di prendere in esame diversi sistemi di incentivi, e proporne uno, da adottare presso le industrie meccaniche IRI, ma anche di formulare un possibile progetto di coinvolgimento dei lavoratori: «per poter svolgere un’opera di propaganda e di persuasione nei riguardi delle masse per l’adozione di uno o di determinati sistemi d’incentivo»173.

170 F. Lavista, Cultura manageriale, cit., p. 34.

171 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera da G. Martinoli a S. Leonardi del 30 agosto 1946.

172 Ivi. 173 Ivi.

In seguito, allargando la collaborazione agli ingegneri Zanetti dell’Olivetti e Scherillo dell’OM di Brescia, Martinoli oltre alla struttura in cui articolare il lavoro, insisteva sull’importanza della comunicazione degli obiettivi e sulla necessità del consenso «dare una notevole importanza al fattore pubblicitario, onde fare in modo che il sistema che s’intende applicare possa riuscire bene accetto alle masse lavoratrici»174. A questo proposito lanciava una proposta che voleva lo Stato a garante dell’applicazione di metodi organizzativi al reale servizio della produttività e non del semplice sfruttamento: «sarà poi da esaminare se l’analisi del lavoro [...] non debba essere fatta stabilmente ad opera di tecnici che non dipendono direttamente da aziende, ma che appartengono allo Stato, e sono controllati dai Sindacati dei lavoratori»175.

Al suggerimento di Martinoli di guardare ai modelli di Misurazione Tempi e Metodi in uso presso l’Olivetti e la FIAT e di consultare la rivista “Tecnica ed organizzazione” Leonardi rispondeva di essere intenzionato ad appoggiarsi alle biblioteche dell’United States Information Service e all’Associazione per i rapporti culturali con l’URSS176, per trarre spunto dalle esperienze di pianificazione del New Deal e dei Piani Quinquennali sovietici.

Il 4 ottobre Martinoli chiedendo a Leonardi di trasferirsi a Milano per compiere gli studi sul lavoro, allegava un elenco di opere a cui fare riferimento tra cui Bottazzi e Gemelli, Il fattore umano del lavoro; Lichtner, Time study and job analysis; Merrik,

Time studies as a basis for rate setting; Pellegrini, L’organizzazione del lavoro in uno stabilimento per costruzioni meccaniche; Gilbreth, Etude des mouvements appliquées177. Una bibliografia incentrata sull’organizzazione del lavoro e sulle recenti scoperte provenienti dagli USA, la quale ci permette di capire come Leonardi si accostasse senza pregiudizi alle scienze organizzative.

Nei primi mesi del lavoro di Leonardi all’IRI furono coinvolte numerose aziende. A cominciare dal 31 ottobre, l’IRI inviò all’ingegner Zanetti dell’Olivetti, all’ingegner Borello

174 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di G. Martinoli a S. Leonardi del 14 ottobre 1946.

175 Ivi.

176 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di S. Leonardi a G. Martinoli del 6 settembre 1946.

177 E ancora Freund, Cronometraggio e organizzazione aziendale; Maynard e Stegemerten, Operation analysis; Fossati, Corso di organizzazione scientifica del lavoro; Bruzzone, Il calcolo dei tempi nelle lavorazioni meccaniche; Madussi, La determinazione dei tempi improduttivi nelle lavorazioni meccaniche; Hegner, La determinazione preventiva dei tempi nelle lavorazioni meccaniche; Nider, Cronometraggio dei tempi di lavorazione; Diemer, Wage payment plansthat reduced production costs; Peano, È possibile disciplinare il cottimo? Cfr. IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di G. Martinoli a S. Leonardi del 8 ottobre 1946.

della Navalmeccanica di Napoli, a Scherello dell’ARAR di Livorno, a Cesati della SAFFA di Milano una serie di direttive rispondenti a principi di razionalizzazione uniti a prospettive di misurazione scientifica del lavoro per condividerli ed applicarli. Alla Ercole Marelli178, alla Pirelli179, alla SAFAR Società apparecchi radiofonici180, alle officine Viberti181, alla Lancia182, ma anche alla rivista “La voce dei padroni”183 di Milano si chiedeva di condividere i dati del Servizio Tempi per avere un ampio spettro di dati e misurazioni.

Leonardi, che continuava ad essere iscritto al PCI, chiese il parere del partito, per scongiurare possibili equivoci: «è opportuno che vengano chiariti degli indirizzi più precisi possibile»184. Dietro questa collaborazione, del resto, c’era l’idea, condivisa da Leonardi, di una collaborazione tra IRI e PCI in prospettiva di una pianificazione intesa come dialettica tra conflitto e organizzazione del lavoro, urgenza confermata anche nella lettera a Di Gioia del PCI185.

Nel momento in cui era ancora in piena elaborazione teorica la prospettiva dei Consigli di Gestione, Leonardi ritenne opportuno chiarire le potenzialità insite nella ricerca sull’organizzazione del lavoro, con un ragionamento teso a focalizzare la possibilità di una crescita del benessere generale: «si ritiene possibile realizzare una razionale organizzazione del lavoro senza l’applicazione di salari ad incentivo? [...] sotto la direzione dei Consigli di Gestione non sarebbe possibile organizzare un movimento di carattere nazionale per organizzare il lavoro e conseguentemente la produzione?»186.

178 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione dell’Ercole Marelli di Milano del 6 novembre 1946.

179 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione della Pirelli di Milano del 6 novembre 1946.

180 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione della S.A.F.A.R. di Milano del 6 novembre 1946.

181 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione delle officine Viberti all’IRI del 18 dicembre 1946.

182 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione dell’IRI alla Lancia di Torino del 7 gennaio 1947.

183 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera dell’IRI alla Direzione de “La voce dei padroni” di Milano del 6 novembre 1946.

184 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di S. Leonardi a Bruzio del 27 novembre 1946.

185 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di S. Leonardi a Di Gioia del 10 dicembre 1946.

186 IRI-ASEI, Busta 093 numerazione nera – Corrispondenza con Silvio Leonardi, Lettera di S. Leonardi a Bruzio del 3 dicembre 1946.